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Autore: _grey    26/10/2015    2 recensioni
Una notte qualsiasi in quell'inferno chiamato Purgatorio.
Genere: Angst, Romantico, Slice of life | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Castiel, Dean Winchester
Note: Missing Moments | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Ottava stagione
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* I personaggi non mi appartengono in quanto realmente esistenti (almeno nella mente di Eric Kripke che è un genio assoluto). Con questa shot non intendo offenderli né ci guadagno qualcosa, quanto ciò descritto non rappresenta la realtà né la vuole rappresentare ed è tutto frutto della mia mente malata.





-Fa freddo Dean.
-Lo so Cass, lo so. Stringi forte le braccia al petto, passerà.

Erano sette mesi che erano rinchiusi lì. Sette dannati mesi.
Duecentododici giorni, cinquemilaottantotto ore.
I minuti non sapeva contarli, ma presumeva che fosse una cifra molto vicina alle trentamila unità.
Un'infinità di tempo che lo aveva provato, forgiato, cambiato e poi cambiato un'altra volta ancora.
Aveva perfino fatto amicizia con un vampiro, roba che avrebbe fatto rabbrividire qualsiasi altro cacciatore sano di mente.
Ma Benny gli aveva fatto ritrovare Cass e ora li stava conducendo verso il portale, verso la salvezza.

-Non funziona, ho ancora freddo.
Il Purgatorio, quel maledetto.
Lo odiava non tanto perché era un universo parallelo dal quale sarebbe stato impossibile uscire senza l'aiuto del vampiro e nemmeno per le infinite anime deplorevoli che lo popolavano.
Non per il senso di inquietudine, non per il terrore, non per le urla e i rumori spaventosi.
No, lo odiava perché era terribile leggere l'angoscia palese negli occhi di Castiel, sapere che si addossava la colpa di tutta quella situazione, vedere il suo disincanto e la sua voglia di arrendersi in balia del destino che era convinto di meritare: quello che lo avrebbe condotto verso la morte.
Non voleva più vivere, cazzo.
Ma Dean non glielo avrebbe permesso, nemmeno se ciò avesse significato morire lui stesso.
Brutto figlio di puttana, sarebbe andato a riprenderlo in Paradiso, all'Inferno, o da qualsiasi altra parte finissero gli angeli quando esalavano l'ultimo respiro.

-Vieni qui, avanti.
Allargò le braccia e le tese in sua direzione, le mani ormai ricoperte di calli crearono ombre rassicuranti alla luce del fuoco che crepitava tra i letti di foglie tenendo lontane le bestie immondi che popolavano quel posto.
Avrebbe voluto avere del sale, qualche pistola, proiettili d'argento e tutto l'armamentario con cui era abituato a lavorare.
Avrebbe voluto trovare un po' di conforto da offrire a quel povero angelo per avvolgercelo come un mantello sicuro e rassicurante.
Ma non aveva nient'altro che se stesso, dannazione.
-Vieni Cass, avvicinati a me.
Castiel lo guardò a metà tra il riconoscente e l'imbarazzato, poi fece correre il suo sguardo tra il corpo di Benny steso all'estremità ovest di quel cerchio improvvisato, lo scintillare del fuoco e lo stesso Dean. Il profondo blu di quegli occhi che ormai conosceva tanto bene, sembrò scintillare non appena si posarono sul caldo rifugio nel petto che gli stava offrendo, salvo poi abbassarsi verso la nuda terra velati da un alone di tristezza.

-Non posso Dean, sono di guardia. Tu pensa a riposarti.
Cass si strinse nel trench coat sporco e logoro nascondendo le mani sotto le ascelle e, spingendo le ginocchia verso il busto, assunse una posizione fetale che impietosì Dean facendolo al contempo ribollire di rabbia.

-Ti ho detto di venire qui. Forza prima che congeliamo entrambi.
Castiel si alzò sedotto dalle sue parole e girò intorno al fuoco prima di raggiungere il giaciglio del cacciatore. Si inginocchiò davanti al suo volto e Dean si fece poco più in là per permettergli di sdraiarsi.
Nessuno parlava, nessuno pensava, erano solo due corpi che cercavano un po' di sollievo l'uno nell'altro.
Perché era solo questo ciò che facevano, Dean se lo ripeteva in continuazione quasi si volesse convincere di quelle supposizioni, come se cercasse di negare quel coinvolgimento emotivo che, brutto figlio di puttana, Castiel gli aveva sempre suscitato.
Benny mugugnò e si girò sull'altro fianco rivolgendo ad entrambi le spalle.
Sapeva, eccome se sapeva.
Il fatto che facesse finta di ignorare era un notevole punto in suo favore.
-Vieni Cass, fatti scaldare.
La sua voce si era abbassata di qualche tono, il corpo era scosso da un calore interno che percepiva solo con l'imbrunire. Ogni sera, ogni notte, quando Castiel non ce la faceva a rimanere nel suo letto da solo e cercava in lui la giusta consolazione a tutte le sue pene.
Non aveva bisogno di dormire e questo era un bene perché Dean sapeva che i pensieri che lo avrebbero tormentato una volta chiuse le palpebre, sarebbero stati troppo pesanti e terribili da sopportare anche per un angelo come lui.
Castiel ruotò il busto e sdraiandosi di lato attaccò la sua schiena al petto di Dean.
La sporgenza delle costole lo punse dritto al cuore facendogli provare una sensazione di dolore che sembrò averglielo diviso in due metà esatte.
Entrambe sanguinavano.
-Non è colpa tua Castiel. Non è colpa tua.
Glielo sussurrò direttamente contro l'orecchio e lo sentì sobbalzare scosso da un fremito che, in circostanze normali, avrebbe attribuito ad un singhiozzo dato dalle lacrime.
Ma Castiel non poteva piangere, a lui non era permesso nemmeno quel privilegio.
  
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