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Autore: Stria93    28/10/2015    0 recensioni
[Carmilla]
Era questo Carmilla: era il tranquillo e dondolante fluire dell'acqua che è paziente ed erode la roccia poco a poco, ma semina indicibile distruzione quando, con inattesa violenza, rompe gli argini; era la leggerezza eterea e inconsistente dell'aria che, in un istante, può farsi tornado; era uno di quei fiori dall'aspetto delicato e fragile ma dal profumo tanto intenso da provocare le vertigini; era il fuoco che riscalda piacevolmente le serate d'inverno e che, inaspettatamente, morde la carne di chi è tanto incauto da avvicinarsi troppo.
Genere: Dark, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: FemSlash
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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carmilla

I want to love you but I better not touch
I want to hold you, but my senses tell me to stop
I want to kiss you but I want it too much
I want to taste you but your lips are venomous poison
You're poison, running through my veins
You're poison
I don't want to break these chains”


“Poison” - Alice Cooper





Quando Laura si ritirò in camera sua quella sera, una sottile striscia rosso cupo venava l'orizzonte a ovest, oltre le cime degli alberi che fremevano sotto la frusta del vento e circondavano la solitaria dimora che la giovane condivideva col padre e con pochi altri ma che, ultimamente, era diventata anche la casa, sebbene temporanea, della ragazza più misteriosa che avesse mai conosciuto.
Non che, nei suoi diciannove anni, ella avesse avuto molte occasioni di confrontarsi con altre donne che non fossero Madame Perrodon o la signorina De Lafontaine, men che meno con le giovani della sua età; eppure la sua poca esperienza, unita al suo istinto, le suggeriva che Carmilla non fosse affatto una persona qualunque.
C'era qualcosa nei suoi modi languidi, nella sua crepuscolare bellezza, nella voce amabile e nella sua risata argentina. Qualcosa a cui Laura non riusciva a dare un nome ma che le ispirava sensazioni potenti, indistricabili e mai provate prima.
E naturalmente le davano molto da pensare anche quegli strani accessi d'ira e passione che, talvolta, imporporavano le sue gote di porcellana e accendevano i suoi occhi di un tripudio di fiamme, come se l'Inferno stesso prendesse ad ardere in quelle iridi di ossidiana, ma che, così come esplodevano all'improvviso, si estinguevano con la stessa disarmante rapidità, lasciandole un profondo senso di disorientamento e confusione.
Se Laura avesse dovuto descrivere l'amica paragonandola agli elementi della natura, come spesso facevano i poeti di cui leggeva, l'avrebbe accostata all'immagine del mare, alle volte quieto e pigro nel suo moto ondoso e nella sua indifferenza verso le barche che scivolavano placide sulla sua superficie, ma che, all'istante, poteva farsi scuro, minaccioso e implacabile, tanto da inghiottire tra i flutti ogni cosa si trovasse malauguratamente tra le sue acque tempestose.
È incredibile quanto ciò che si teme possa esercitare un'attrazione fatale alla quale ogni tentativo di opporsi risulta vano, come la falena che viene inesorabilmente attirata verso la fiamma della lanterna nelle notti estive.
Era questo Carmilla: era il tranquillo e dondolante fluire dell'acqua che è paziente ed erode la roccia poco a poco, ma semina indicibile distruzione quando, con inattesa violenza, rompe gli argini; era la leggerezza eterea e inconsistente dell'aria che, in un istante, può farsi tornado; era uno di quei fiori dall'aspetto delicato e fragile ma dal profumo tanto intenso da provocare le vertigini; era il fuoco che riscalda piacevolmente le serate d'inverno e che, inaspettatamente, morde la carne di chi è tanto incauto da avvicinarsi troppo.
Laura arrossì. Sapeva che certe fantasie mal si addicevano alle ragazze per bene, ma da quando aveva incontrato quella giovane, la sua mente sembrava spesso giocarle quel tipo di scherzi, inducendola voluttuosamente ad indugiare sulle idee più proibite e scandalose e, tuttavia, così dolci.
In più di un'occasione, era arrivata a desiderare il tocco di Carmilla su di sé, a volte tenero e carezzevole, altre duro e deciso, quasi brutale quanto il morso di una fiera che tiene tra le zanne la sua preda che si dibatte disperatamente.
La spaventavano quei momenti, quando le dita e le braccia di quella giovane, in apparenza tanto esile, si tramutavano in una fredda morsa d'acciaio che la paralizzava e la stringeva fino a farle male; quando i discorsi dell'amica si facevano contorti e insensati, animati da un ardore divampante come il delirio della febbre.
E allora un istinto primordiale si ridestava in lei. Una voce proveniente dagli antri più reconditi del suo animo le sussurrava all'orecchio un perentorio avvertimento, un solerte invito ad allontanarsi, a fuggire da quella creatura dolcissima eppure pericolosa come il più letale dei veleni che s'instilla in una piccola ferita sul collo e, senza fretta, uccide la vittima dall'interno in una lenta e sfiancante agonia alla quale non si può che abbandonarsi dopo aver desistito da ogni vano intento di resistenza.

  
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