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Autore: xshesagleek    29/10/2015    5 recensioni
|Newtmas|AU|OOC|
Newt è uno studente di legge a Chicago, appena trasferitosi da Plymouth.
Un giorno, tornato da una giornata stressante di lavoro nello studio legale, incontra un barista totalmente diverso da lui, con un segreto che nessuno sa, che però lo attira tremendamente.
Che cosa succederà tra i due?
Genere: Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Minho, Newt, Thomas
Note: AU, OOC | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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thirteenth chapter.

Let's start with the truth,
'Cause it gets you in the end.

 

Il periodo natalizio, per Newt, era sempre stato quello più bello di tutto l'anno.
Lo aspettava con impazienza, proprio come da bambini aspetti Babbo Natale sotto l'albero, pronto a coglierlo con le mani nel sacco non appena avesse messo il tuo regalo, quello tanto agnognato, sotto l'albero che tu e i tuoi genitori avevate montato con tanta cura.
Almeno, per Newt era sempre stato così.
Avendo una tipica famiglia di quelle unite, tutti felici, e contenti, e aperti anche mentalmente, fortunatamente, passavano sempre le vacanze natalizie tra gioie e risate, scintillii e tavole piene di buon cibo che la madre preparava, puntualmente, da una settimana prima. Erano sicuramente quelli, i ricordi più gioiosi che il biondino si portava dietro.
Ed erano a quei ricordi che la sua mente fece collegamento mentre tirava fuori il grosso valigione nero. Il Natale si avvicinava sempre di più, Newt poteva sentirlo battere alla porta. Aveva cominciato ad intravedere i primi sconti nei negozi, le prime lucine per le viuzze di Chicago, i primi addobbi natalizi che adornavano le vetrine di quella grande città.
E lui sarebbe presto tornato a Plymouth. 
Non poteva negare che, per quanto Chicago gli avesse rubato il cuore, le sue origini, i suoi genitori, la sua città natale, erano tutte cose che gli mancavano. E allora aveva deciso di prendersi qualche giorno di ferie anticipate, chiedendo gentilmente al signor Ankin, che gliele aveva concesse con un sorrisetto quasi dispiaciuto. Avevano tutti, bene o male, saputo della storia con Thomas ed il suo essere spacciatore, e avevano anche capito che Newt, la sera in cui si era ubriacato, ci aveva dato giù davvero pesante.
Ma come potevano biasimarlo? L'unica cosa che voleva fare era dimenticare tutto ciò che era successo con quel ragazzo, e se per farlo doveva andarsene dall'altra parte dell'oceano allora ben venga, l'avrebbe fatto. Inoltre i suoi genitori gli avevano chiesto più e più volte di tornare, perché gli mancava, perché volevano consolarlo un po' e perché non lo vedevano da quando, circa quattro mesi prima, era partito per approdare in America.
Issò la valigia sul letto, la guardò, la contemplò per qualche minuto come se essa potesse avere tutte le risposte a cui Newt aspirava maledettamente, poi si decise a muoversi e ad impilare i vestiti che si sarebbe portato nella sua città natia. Non sarebbe rimasto lì per sempre, oh, no. 
Si sarebbe preso un bel po' di tempo per pensare e poi sarebbe tornato lì. Aveva già pensato a salutare Minho, Brenda, anche Teresa, a dirla tutta, e aveva parlato con lo stesso signor Ankin.
Che, oltre che concedergli ferie anticipate, gli aveva anche detto di prendersi tutto il tempo che voleva, che loro l'avrebbero aspettato lì a braccia aperte. Evidentemente il trauma che Newt aveva sorbito con tutta la storia del caso, che ora avevano passato ad un altro studio legale, per questioni burocratiche, aveva fatto rammollire un po' tutti, lì dentro, portandoli a provare quasi compassione per l'inglesino.
Ed era proprio ciò che non voleva.
Non gli piaceva essere guardato mentre si pensava "Oh, povero Newt!", avrebbe preferito essere preso a parolacce, avrebbe preferito sentirsi chiamare "coglione", avrebbe preferito qualsiasi cosa tranne la compassione. Era un'emozione che lui stesso schifava, perché era inutile, e faceva sentire inutile anche te.
Prese con forza una pila di maglioni pesanti che aveva sistemato sulla trapunta ed un movimento anomalo catturò la sua attenzione. Per terra, ora, giaceva un pezzo di carta. Rimase un paio di secondi a guardarlo, come se potesse alzarsi in piedi e dire "Hey, sono mr. foglietto di carta, perché non mi raccogli e mi leggi?!". E poi pensò che stava pensando cose davvero idiote.
Sbuffò e lo raccolse, quasi con forza, come se gli stesse antipatico, quel povero ed inutile pezzo di carta, strappato da chissà dove. Forse era semplicemente una nota che si era fatto per ricordarsi di--
"E' strano il fatto che ci incontriamo sempre quando sei ubriaco, non trovi?
Non ho mai creduto nel destino, Newt, ma se qualcosa o qualcuno lì sopra ha deciso di farci incontrare un motivo ci sarà. 
Sono stato stupido, ma vorrei avere modo di spiegarti. Newt io penso di 
Dammi un'altra un'ultima possibilità, e ti dimostrerò che ne valgo valiamo la pena.
Thomas."

Seguiva un indirizzo, un indirizzo totalmente sconosciuto a Newt, ma evidentemente facilmente raggiungibile con i mezzi, o Thomas non glielo avrebbe mai nominato. Si sedette sul letto, lo sguardo ancora fisso su quel pezzo di carta che aveva cominciato ad odiare. Perché?
Perché proprio ora che aveva deciso di andare avanti il passato gli si ripresentava davanti agli occhi, graffiandolo come unghie su una lavagna, producendo quel sibilo che tanto faceva rabbrividire Newt? Proprio come stava facendo ora.
Strinse il pugno che conteneva il bigliettino di carta, producendo su di esso delle piccole pieghe, incartando le parole tra di loro, creando una palla di carta che buttò successivamente a terra, scagliandola contro il lato del cestino che teneva vicino al comodino.
Si passò nervosamente una mano fra i capelli, alzandosi, intento ad ignorare totalmente quel bigliettino, perché no, non c'era mai stato un "noi" e non ci sarebbe potuto essere. Aveva intenzione di trinciare tutti i rapporti con Thomas. Non lo avrebbe più cercato, non si sarebbe più ubriacato, non avrebbe mai più fatto cose del genere.
Poi realizzò un'ulteriore cosa: Thomas aveva scritto quel biglietto la sera che lo aveva riportato nel suo appartamento, quando si era ubriacato insieme a Minho e Brenda per tentare di dimenticare tutti gli avvenimenti che in quel periodo sembravano averlo preso di mira, tutta la sfiga che si era catalizzata contro di lui. E da quella notte era passato un po' di tempo.
Erano due giorni che, d'altronde, Thomas non aveva dato più segni di vita. Probabilmente, dato che Newt non si era presentato all'appuntamento, aveva dato per scontato che non voleva più vederlo. Quel pensiero, invece che farlo andare fiero delle sue decisioni, gli provocò solamente un tuffo al cuore.
Si immaginò Thomas, stretto nel cappotto invernale, col cappuccio tirato su come suo solito. Fermo, in strada, da solo, con il nevischio che cominciava ad adornare Chicago a cadergli sul volto. Volto segnato dalla delusione di non vedere la figura di Newt avvicinarsi alla propria, o di non ricevere sue notizie affatto.
E quando si immaginò quella scena dovette scivolare con la schiena lungo il fianco del letto, perché gli provocò un dolore al petto per niente trascurabile. Possibile che quel ragazzo gli fosse entrato così tanto dentro? Che in così poco tempo fosse diventato il suo veleno, veleno che Newt aveva riconosciuto come tale e scelto, alla fine.
Thomas era la droga di Newt.
Per quanto gli facesse male ammetterlo, Thomas era la sua droga, e ne era consapevolissimo.
Fu per quel motivo che prese il cellulare con le mani tremanti, aprendo l'applicazione dei messaggi e scorrendo la rubrica lentamente, come se a quel nome non ci volesse arrivare.
Eppure sentiva una parte del cervello che fremeva tant'era la voglia di vederlo, di vedere il suo stupidissimo nome su di uno schermo, di rivedere il suo volto in condizioni di sobrietà.

(14.32)
Hai dieci minuti di tempo per scusarti/spiegarti o quello che è.
Ci vediamo al Fagiolo tra mezz'ora.

Rilesse quel messaggio parecchie e parecchie volte, prima di trovare la forza di inviarlo.
Con gambe tremanti, poi, si alzò in piedi e prese il cappotto pesante, insieme con la sciarpa, l'aria natalizia aveva portato con sé anche un bel vento freddo, che penetrava nelle ossa del ragazzo esile, facendolo rabbrividire.
Sapeva, tuttavia, che ora non era per quel motivo, che stava rabbrividendo.

Thomas aveva aspettato.
Aveva aspettato invano, molto tempo, seduto su una panchina sgangherata di uno dei tanti parchi che si trovava nelle vicinanze di casa sua, lì, nella fredda Chicago invernale.
Aveva aspettato per ore, seduto a rimirare ogni persona che passasse, tentando di vedere in loro qualcosa di Newt, di riconoscere la sua chioma biondo cenere, di riconoscere il suo andamento leggermente zoppicante, che si era provocato quando, da bambino, aveva avuto la brillante idea di tuffarsi dal muretto di casa sua per vedere se riuscisse a volare. Uno degli ennesimi aneddoti che proprio lo stesso Newt gli aveva raccontato in una delle tante giornate passate insieme.
E, Dio, se gli mancavano quelle giornate. 
Aveva fatto di tutto per rovinare quel rapporto senza neanche accorgersene. Era stato così stupido a concedersi quell'unico momento di debolezza, quello che aveva avuto quando era uscito il primo giorno con Newt. Quello che aveva creato una voragine, che poco poco era andata aprendosi, e che alla fine aveva risucchiato entrambi nella propria oscurità.
La sua mano sembrava essersi congelata, quel giorno, mentre, in piedi col volto riverso al Fagiolo, fumava una delle sue tante sigarette. Una delle poche droghe a cui non riusciva a resistere.
Osservò le nuvolette di fumo fuoriuscire dalle sue labbra, quasi rapito, come se esse potessero effettivamente avere delle risposte alle milioni di domande a cui cercava ancora di dare una rispsota.
Aveva aspettato molto tempo, nei giorni precedenti, dopo l'accaduto con Newt ubriaco. Aveva aspettato su diverse panchine, aveva cambiato posizione, aveva fumato molti pacchetti di sigarette diverse, ma Newt non era mai arrivato. E Thomas sapeva perfettamente che non poteva pretendere niente, perché era stato lui la causa di tutto quello. Era stato lui ed il suo dannatissimo passato, a causare un enorme e gigantesco casino nel quale entrambi erano caudti vittime. 
La cosa peggiore era che Thomas aveva capito solo in quei momenti, quanto fosse importante per lui un ragazzo biondo, dalla corporatura esile, ma ben bilanciata. Un ragazzo con quegli enormi occhi marroni, profondi, che ogni volta gli avevano riservato solo grossa felicità, eccetto nell'ultima volta in cui lo avevano guardato, quell'unica e tremenda volta in cui Thomas, al loro interno, vi aveva letto solo delusione.
Ma quando, voltandosi, li incontrò nuovamente, non potè fare a meno che affogare al loro interno per un paio di minuti, perdendosi in quelle iridi color cioccolato fuso, che a lui tanto piaceva. Deglutì, quasi a vuoto.
« Newt. »
Non disse nient'altro, pronunciò solamente il suo nome, beandosi un'ennesima volta del suono di quelle quattro lettere che scivolavano tra le sue labbra.
Le guance di Newt erano arrossate dal freddo, così come il naso. Aveva i capelli leggermente scarmigliati, per via del vento che improvvisamente andava alzandosi, le mani nelle tasche del cappotto pensate, e le iridi ferme in quelle di Thomas, così simili alle proprie.
Newt lo guardava. Impassibile, Newt spostava gli occhi su ogni piccola curva del volto di Thomas, su ogni piccolo neo, che aveva rimirato, nel pallore della luna, quasi troppe volte. Osservava il suo naso all'insù, che gli trasmetteva un senso di dolcezza. Guardava Thomas e capiva quanto non avrebbe mai potuto fare nulla per dimenticarlo.
« Sono qui. E, come ti ho detto, hai dieci minuti per spiegarti, ho delle cose da fare. »
Le parole probabilmente gli uscirono molto più duramente di come avrebbe voluto. Ma cos'altro poteva fare? Thomas era lì davanti ai suoi occhi, e non sapeva se dirsi felice o arrabbiato nero, quindi nel dubbo scelse la seconda.
« Oh, sì, certo. Io ... in realtà, Newt, volevo solamente dirti che ho rovinato tutto. Lo so, mi dispiace, ne sono consapevole e sinceramente non so se posso prometterti che ciò che hai visto non si ripeterà, perché io sono fatto così, è da molto, moltissimo tempo che io sono fatto così. Non posso assicurarti nulla, Newt. Se non un'unica singola cosa: tu per me sei qualcosa di importante, e mi dispiace, ma devo dirtelo Newt. Non rinuncerò facilmente a te, dovessi fare i salti mortali, non rinuncerò facilmente a te. »
Furono parole che si dissolsero nel vento, mentre Newt le ascoltava con ferocia, quasi a volerle divorare, farle sue, incanalare nel suo cervello per non farle più uscire. Newt voleva perdonarlo. Voleva farlo con tutte le sue forze perché le cose che Thomas gli aveva detto erano esattamente le stesse che lui pensava.
E Newt voleva crederci. Voleva credere a quelle parole portate via dal vento di metà Dicembre che soffiava sui loro volti, infreddoliti, rossi a causa dell'emozione del momento e del pungente freddo che li trapassava. Newt voleva crederci e voleva sperare che ci fosse una minima possibilità per loro due perché era probabilmente l'unica cosa che, nella sua vita, aveva avuto più valore di tutte.
Ed in così poco tempo, Thomas per lui era diventato un fulcro, una colonna portante, un ragazzo che aveva preso il suo cuore in tempo record. Ma come poteva perdonarlo altrettanto facilmente, altrettanto velocemente dopo ciò che non aveva avuto il coraggio di dirgli, dopo ciò che, invece, aveva avuto il coraggio di fare?
Sospirò, causando delle piccole nuvolette di vapore davanti alle sue labbra screpolate, spostando lo sguardo in quello di Thomas. Aveva bisogno di tempo. Aveva bisogno di più tempo perché doveva capire cosa voleva e perché doveva capire cosa significava per lui fino in fondo quel ragazzo dai capelli castani e dagli occhi scuri e profondi.
« Sto partendo. »
Ed invece, dalla bocca gli uscirono solo quelle due parole.
Thomas sentì il cuore fare un tonfo sordo dentro il suo petto, cadere e finire fino a terra, sbriciolato da due semplici parole che Newt aveva pronunciato con voce flebile.
Stava partendo.
« Dove vai? »
« Plymouth. Almeno per le vacanze di Natale, tornerò quando avrò le idee più chiare. Anche per quanto riguarda noi due, Thomas. Voglio ... vorrei davvero perdonarti, ma ho bisogno di tempo, di riflettere e di passare un po' di giorni da solo, lontano da qui, da te. »
« Newt ... »
Provò, Thomas, ma non gli uscirono altre parole.
Sarebbe partito per più di un mese, e quando sarebbe tornato sarebbe stato diverso. Avrebbe avuto qualcosa da dirgli, qualche risposta da dargli, e Thomas sperava con tutto sé stesso che sarebbero state risposte positive, perché lui ce l'avrebbe messa tutta pur di non ripetere lo stesso errore.
« Tornerò, okay? Io ... ho solo bisogno di questo, Tommy, di tempo. »
Fu un attimo, nemmeno se ne accorse che il suo cervello ricollegò quel soprannome al ragazzo di fronte a lui. Scivolò dalle sue labbra come se fosse stata un'abitudine di un tempo andato, di un ricordo passato e vissuto, come lui aveva vissuto loro due.
Eppure sembrò così giusto e sbagliato al tempo stesso.
Nel vento freddo di Dicembre, due cuori facevano i conti con le conseguenze di alcune azioni sbagliate, due ragazzi si guardavano negli occhi e, silenziosamente, si salutavano.
Fu solamente quando Newt scivolò via, assicurandogli che sarebbe tornato, che non lo avrebbe lasciato senza risposte, che dagli occhi di Thomas scesero delle lacrime fredde, solitarie, salate.
E si disse che probabilmente, quello, era solamente il prezzo da pagare per ciò che aveva fatto.


NdA:
BLAME IT ON THE SCHOOOOOOOL, DON'T BLAME IT ON ME! DON'T BLAME IT ON ME!
Okay, no davvero, mi scuso per i ritardi con cui sto pubblicando tutti i capitoli ma ho avuto delle settimane che infernali è dire poco a scuola.
Consiglio: se state per andare in quinto liceo rifiutate l'offerta e andate avanti.
ALLORA. Passiamo alla ff. Comunicazione di servizio, ragazzi: il prossimo capitolo è l'epilogo. Avevo in mente di fare un salto temporale, ma visto come mi è uscito fuori questo, di capitolo, ancora non so bene come farlo, se di tanto, di poco, di medio (?), insomma, è ancora un #wip, quindi per ora godetevi l'angst di questo.
Non preoccupatevi, aggiornerò appena potrò dato che per un po' ho i giorni liberi da ogni tipo di studio eccessivo e/o scervellamenti dietro biofermentatori vari. 
Come al solito ringrazio tutte le ragazze del #TeamCulopesche che seguono questa fanfiction dall'alba dei tempi, nel lontano Agosto. Ah, i bei tempi. Poi ringrazio tutte le 21 persone che l'hanno messa tra i preferiti, facendola entrare nelle storie più popolari della sezione di TMR! Le 40 persone che l'hanno messa tra le seguite e le 6 che invece l'hanno messa nelle ricordate. Ringrazio moltissimo le solite persone che continuano a recensirla costantemente, ormai sapete chi siete. Soprattutto ringrazio Ele aka norawasabi a cui posso sempre rompere per le idee che mi vengono su nuove ff.
Ah, brace yourself, perché ho in mente una marea di nuove idee, alcune delle quali già mezze scritte.
Quindi ci sentiamo al prossimo aggiornamento, babies. Love u all. <3
  
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