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Autore: determamfidd    30/10/2015    2 recensioni
Alcune cose sono troppo diverse. Alcune persone cambiano troppo.
Thorin e Frerin non potranno mai essere chi erano prima, ma ciò non significa che non possono essere ancora fratelli.
Genere: Angst, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Frèrin, Thorin Scudodiquercia
Note: Traduzione | Avvertimenti: nessuno
- Questa storia fa parte della serie 'Le Appendici di Sansukh'
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La storia si svolge nell'intervallo di tempo fra il capitolo 1 e il 4 di Sansûkh. La storia originale può essere trovata qua.

Il primo mese è il più duro.

Thorin è confuso, il suo volto tirato in linee di incredulità e dolore. I suoi occhi sono scuri e pieni di rabbia. Ha gli incubi. È pieno di un terribile, feroce senso di colpa.

Frerin gli sta vicino. Thorin è troppo alto ora (è stato troppo alto per più di un secolo) e decisamente troppo pesante perché Frerin lo sorregga, ma ci proverà.

Ci proverà.


Il secondo mese è meglio. Un poco.

Thorin alza lo sguardo, ogni tanto. Loro madre ha iniziato a tranquillizzarlo dopo i suoi incubi. I loro nipoti lo seguono preoccupati. Frerin si sente inutile e superfluo, troppo giovane e troppo poco importante per fare qualsiasi differenza.

Almeno Thorin sta mangiando. Non parla.

(Thorin una volta diceva tutto a Frerin.)

Frerin cerca di non lasciare che ciò lo ferisca. Sorride a suo fratello, afferra le sue braccia e dà pacche sulla sua schiena, e scherza come facevano un tempo.

Questo Thorin è troppo vecchio ora, e troppo duro, per ridere con lui. Suo fratello è abbastanza vecchio per essere suo nonno – e, come suo nonno, è troppo stretto nella presa del lutto e della vergogna per ascoltare.


Il terzo mese è decisamente brutto.

È come se non fosse mai arrivato nelle Sale di Mahal. Praticamente scompare, nascosto nella sua forgia e poi scappa alla Camera di Sansûkhul, rifiutando ogni compagnia.

In un'esplosione di rabbia, Frerin vorrebbe non aver mai mostrato a Thorin le acque del Gimlîn-zâram. Ha aspettato così tanto.

Thorin passa per le Sale come nebbia, e Frerin non riesce a catturarlo.

Loro padre prende Frerin da parte un giorno, e gli chiede perché il suo volto sembra così tetro. Frerin esclama: «Mi manca, va bene? E lui non mi guarda nemmeno!»

Thráin sospira e la sua grande mano alza il mento di Frerin. Frerin dovrà sempre guardare gli altri dal basso verso l'alto. Frerin non ha mai avuto l'opportunità di crescere.

«Sapere che siamo intrappolati in questo limbo – saperlo davvero, nelle tue ossa... È una cosa difficile alla quale abituarsi, figliolo» disse Thráin dolcemente «Dagli tempo. Riavrai tuo fratello.»

Frerin seppellisce la testa nella vasta barba di Thráin e mormora: «no non lo riavrò. Non come prima.»


Il quarto mese è orribile.

Frerin cerca di essere paziente, ci prova davvero. Ma Thorin è di nuovo qui, anche se è silenzioso. Quando parla, la sua voce è bassa e priva di emozioni. I suoi improvvisi scatti di rabbia sono selvaggi e persino spaventosi.

Quindi Frerin prova a unirsi a lui nel suo lavoro nelle fucine. Thorin ha sviluppato fantastiche abilità di fabbro, e nulla che Frerin riesca a fare è anche lontanamente paragonabile. Un tempo lavoravano fianco a fianco, ma ora Frerin è lo studente e Thorin il maestro. Lo odia, ma lo sopporta per tutto il tempo possibile, solo per restare vicino alla forza e alla presenza che per lui ha sempre voluto dire sicurezza.

«No, fermo» dice Thorin, allungandosi sopra la sua spalla per afferrare il metallo «Non l'hai scaldato abbastanza. Finirà in pezzi.»

Frerin ingoia il suo risentimento e annuisce. «Lo farò» dice testardamente.

Thorin fa un passo indietro, la bocca una linea dura e le mani alzate. Le sue mani sono enormi, come quelle di loro padre.

(Le mani di Frerin sono più piccole persino di quelle di Fíli.)

Rimette la spada nelle fiamme, e la guancia di Thorin si contrae. Poi fa un passo avanti a scuote la testa. «No, no! Idiota. Devi mettere nella parte più calda delle fiamme. Vedi?»

Frerin molla l'elsa – aveva lavorato così tanto su quell'elsa – e senza una parola esce dalla porta della forgia e non ritorna.


Il quinto mese, Frerin tiene il broncio.

Un sacco.

I suoi nipoti bussano alla sua porta, ma lui non sopporta la loro compassione. Sono più grandi di lui. È osceno. È ingiusto. Non gli importa davvero di Frerin – solo del fatto che Thorin è nervoso per Frerin.

Non lo chiamano nemmeno zio.

Gli ringhia di andarsene, e lo fanno. O almeno Kíli lo fa. Fíli rimane ancora un momento.

«Sei ingiusto, lo sai» dice il Nano biondo. Sono molto simili, Frerin e Fíli. Avrebbe avuto quell'aspetto, un giorno? Sarebbe stato alto come suo padre e Thorin, o basso come sua madre e Fíli?

«Cosa ne sai tu» ringhia Frerin «di ingiustizia!»

Fíli sembra triste, ma finalmente se ne va. Frerin piange nelle sue pellicce e si addormenta con la bocca asciutta e gli occhi che bruciano.


Il sesto mese Frerin emerge, ma non guarda suo fratello o i suoi nipoti, e non parlerà ad alta voce, non importa quanto loro nonna lo sgridi e disapprovi.

Sua madre sembra delusa. Taglia profondo quanto la lama che terminò la sua vita.

Evita la sua famiglia e rimane in camera sua. A volta visita il Gimlîn-zâram, e guarda Dís piangere e piangere, il grigio che lampeggia nei suoi capelli scuri. La sua sorellina.

Anche lei è più vecchia di lui. Lei divenne una madre e una reggente e una gioielliera, e Frerin è ancora questo.

Tutti l'hanno lasciato indietro.


Il settimo mese, Thorin prende la sua manica e borbotta: «Vieni con me.»

Frerin lo guarda storto, ma lo segue. Lui l'ha sempre seguito. È il secondo figlio.

Thorin lo riporta alla forgia, dove dà a Frerin un pugnale perfettamente bilanciato, brillante come il dente di un drago. Quasi non ci sono decorazioni. Thorin non è uno per i lavori sfarzosi.

«È bello» dice, e guarda suo fratello. Thorin sorride quando i loro occhi si incrociano.

«È tuo»

Frerin batte le palpebre, e sa che la domanda è scritta sul suo volto.

«Bene, allora» dice Thorin, e il suo sorriso diventa un ghigno quando estrae una spada dalla peculiare sagoma dalla rastrelliera «iniziamo?»

Frerin si mette in guardia automaticamente e Thorin gli corre addosso, ed è così forte, così veloce! È ridicolo, ed è meraviglioso. Lui perde in modo spettacolare, ma sta ancora ghignando quando la loro sfida finisce.

«Così va meglio» dice Thorin fermamente, e la sua grande mano dà un colpetto leggero sulla nuca di Frerin «Così è come dovrebbe essere.»

Frerin sorride da un orecchio all'altro.


L'ottavo mese, Frerin pensa un sacco.

Thorin è ossessionato dalle visite al Gimlîn-zâram, e Frerin ha un sacco di tempo libero. Beh, ha sempre avuto un sacco di tempo libero. È stato morto da centoquaranta anni.

Non hanno parlato di... niente. Thorin non condivide niente, e Frerin non riesce sempre a comprendere il suo dolore. Però, si assicura sempre di esserci quando Thorin esce dalle acque stellate. Si assicura di essere allegro e sorridente. A Thorin piace quando Frerin sorride e ride. Fa rasserenare il suo aspetto cupo e rilassare la sua fronte scura (solo un poco) quando Frerin fa una battuta.

Frerin vorrebbe aver voglia di ridere. Si sente come un attore.

Ma Thorin ne ha bisogno.


Sua madre lo tiene stretto, il nono mese.

«Ti voglio bene, mio luminoso ragazzo dorato» gli dice piano «Ti voglio bene per chi sei, non per cosa sei per gli altri. Ti voglio bene, Frerin. Ti voglio bene.»

Frerin ingoia il groppo nella sua gola. «Sono solo un bambino» dice in una voce che sembra così diversa dalla sua «Non sono più importante. Se mai lo sono stato.»

«Tu sarai sempre importante per me» sussurra lei, e posa la sua testa sopra a quella di lui «Sei importante anche per gli altri, anche se non riescono a mostrarlo.»

Il nome di Thorin è presente nell'aria, ma non viene pronunciato.


Il decimo mese vede la situazione continuare.

Frerin sorride e scherza e ride, spintonando suo fratello e provocando i suoi nipoti e in linea di massima facendo lo stupido. Thorin sorride delle sue sciocchezze, e ogni tanto ride persino.

Frerin immagina che sia così che ci si sente a vincere.


«È passato quasi un anno» dice Thorin, e il suo volto è duro e tetro.

Frerin lo guarda, e strozza il suo sospiro. «Sì, quasi.»

«Come hai fatto tutto questo tempo?» suo fratello si passa una mano nella sua grande criniera spettinata di capelli, il grigio risalta vividamente alla luce delle torce «Non lo sopporto!»

Frerin rimase in silenzio, e poi dice improvvisamente: «vuoi davvero saperlo, o dovrei dirti qualcosa di divertente?»

Thorin si gira, e il suo sguardo è sorpreso. «Nadad?»

Frerin ingoia un'imprecazione, e sorride. «Ignoralo. Solo un po' di malumore. Vuoi sentire una canzone? Ti avverto, è volgare.»

Ma le sopracciglia scure di Thorin sono aggrottate, e il gioco è iniziato. Thorin è testardo e cocciuto, ma non è stupido. «Frerin, stai bene?»

«Oh, smettila» borbotta Frerin, e si siede pesantemente. I suoi piedi sembrano ridicoli accanto a quelli di Thorin. «Smettila.»

Thorin si inginocchia accanto a lui. «Smettere cosa? Fratello, stai bene?»

«Come potrei non esserlo?» dice Frerin amaramente, e guarda Thorin, che ora sembra davvero preoccupato «Non ti angustiare per me. Sto bene.»

«Puoi parlarmene» dice Thorin, e la sua grande mano si posa sulla spalla di Frerin, ingolfandola.

Ora questo è divertente. «Lo so» mente Frerin, e sorride di nuovo. Thorin sorride a sua volta. «Il trucco è tenersi occupati» dice, e Thorin lo tira in piedi «Vuoi andare a tirare delle cosa a Fundin? Sputacchia ancora come una teiera.»

«Non è molto gentile, Frerin»

Gentile. Thorin è gentile, e brucia. «Scordatelo, idea stupida. Suppongo tu voglia sentire quella canzone quindi?»


Un anno, e Thorin è di nuovo una nuvola temporalesca. I suoi occhi bruciano e lui scatta contro tutti, e Frerin non sa se essere lì per suo fratello o nascondersi. Fa un po' entrambi.

La rabbia di Thorin è indiscriminata. Scatta contro sua madre a tavolo, ringhia a sconosciuti nelle Sale. Guarda truce i suoi nipoti, e ruggisce a suo padre, che lo sopporta stoicamente e con tristezza nel volto.

Frerin si sta nascondendo – o almeno, sta provando a nascondersi – quando inavvertitamente si trova davanti il Nano dal quale si sta nascondendo. Thorin è entrato in camera di Frerin, seduto curvo ai piedi del letto. Ha la testa fra le mani, e quando alza lo sguardo, i suoi occhi sono rossi.

«Non dirmi di andarmene» raspa quando Frerin si blocca sulla porta.

«Io...» balbetta Frerin, e cerca la maniglia «Ti lascerò stare, allora.»

Sta chiudendo la porta quando Thorin borbotta: «resta.»

Lui si blocca di nuovo, e il suo cuore si stringe così dolorosamente che sembra che un pugno l'abbia afferrato e stretto le dita. Il pugno di Thorin, le dita di Thorin: enormi e forti e senza pietà.

«Resterò» sussurra, e chiude la porta dietro di sé. Attraversa cautamente camera sua, e si siede accanto a suo fratello. I capelli di Thorin cadono ovunque, e i suoi occhi blu (gli stessi, esattamente identici a quelli di Frerin) sono annegati dalle lacrime. Non cadono lungo le sue guance, testarde e rigide come Thorin stesso.

Non appena si siede, Thorin si gira. Le sue braccia si avvolgono attorno a Frerin così strettamente che le sue costole scricchiolano, e la testa di Thorin colpisce la sua fronte e il respiro di Thorin è caldo e acido sul suo volto mentre lotta con i singhiozzi. La sua faccia è così contorta che sembra rabbia e non dolore.

Frerin sta cercando di non balbettare come un bambino piccolo. «Va tutto bene, Thorin» dice e accarezza goffamente il volto di Thorin, disperato. Cerca di suonare rassicurante, ma non gli viene bene.

È sbagliato. Thorin è quello forte. Thorin è sempre stato quello forte. Thorin ha sempre confortato Frerin, non il contrario. Lui segue dove suo fratello guida. Lui è solo il secondo figlio, quello che non fece nulla e non riuscì in nulla se non morire.

«Non mi merito...» riesce a dire Thorin, e la sua testa si abbassa «Non mi merito il tuo conforto.»

«Sta zitto» dice Frerin, improvvisamente furioso «Te lo meriti. E lo avrai, che ti piaccia o meno!»

«Creatura egoista che sono, lo accetterò» dice Thorin senza voce, e le sue palpebre si abbassano. Le sue spalle larghe tremano. «Non me lo merito. Non mi merito un fratello come te. Io porto rovina ovunque io vada. Avresti dovuto aver di meglio.»

«Sta. ZITTO!» ringhia Frerin «Sei uno stupido e un idiota davvero se non riesci a vedere che non è questione di quello che ti meriti davvero, stupido vecchio Nano! Sei mio fratello, non importa quanto tu sia cambiato, e ti voglio bene!»

Thorin sembra stupefatto, fissa Frerin con occhi sbarrati e vacui.

«Lo so che sei triste e arrabbiato tutto il tempo» continua Frerin rabbioso, e le sue mani afferrano strettamente le trecce di Thorin e le tirano «Lo so, va bene? Tutta Aman lo sa! Ma tu non ti meritavi quello che ti è successo, e tu non ti meritavi di morire, e non ti meriti di soffrire e nel nome di Durin ti meriti un fratello che ti voglia bene. Quindi sta zitto, sta zitto per sempre e non dirlo mai, mai più o – o – o io ti strapperò le trecce dalla tua stupida testa grassa!»

Si blocca, ansimante e rabbioso.

Thorin sembra perso e in qualche modo più giovane, la bocca aperta e le mani alzate per accarezzare le guance di Frerin. «Nadad» gracchia «Nadad, nadad... Frerin...»

«Lo sai quanto mi sei mancato?» dice Frerin, guardandolo ancora male «Ho aspettato e aspettato e aspettato. Per te. Per mio fratello. Non osare dirmi che avrei dovuto averne uno migliore. Non osare.»

Thorin riesce a sorridere anche se è un po' annacquato. È così insolito per lui. «Considerami avvertito.»

Frerin tira una treccia e riporta vicina la testa di Thorin. «Io ho il fratello migliore di sempre» ringhia «Ed è un grande Nano. È un eroe. È sempre stato il mio eroe.»

Thorin si morde il labbro, molto forte.

«Cosa importa se non scoprirò mai chi sarei potuto essere?» dice Frerin selvaggiamente, volando su ali di rabbia e preoccupazione repressa e audacia «Cosa importa se i tuoi nipoti non mi chiameranno mai zio, o se sono bloccato così, mezzo cresciuto, mai in grado di guardare qualcuno negli occhi? Cosa importa? Tu sei qui ora! Beh, a volte sei qui, e a volte vai in dei posti nella tua testa. Ma io ti ho di nuovo, e per me vale abbastanza. Ogni singola cosa – tutte. Non importa cosa.»

«Frerin» dice Thorin, piano, e appoggia di nuovo la testa contro quella di Frerin «Ti voglio bene anch'io, nadad. Anche tu mi sei mancato.»

«Tu?» Frerin ride, e per una volta Thorin sussulta nel sentirlo «Tu sei andato avanti. Tutti vanno avanti. Tranne me.»

«Io non sono mai andato avanti» dice Thorin, molto piano «Mi sei mancato. Ogni giorno.»

«Tu avevi i tuoi nipoti» dice Frerin, e deglutisce «No, smettila. Smettila di farla diventare una cosa su di me ora.»

«Ma è sempre su di me, non è vero?» dice Thorin, e dannato lui per essere troppo intelligente a volta «Ti senti dimenticato, Frerin?»

Tutta la sua rabbia scivola via, e sa che Thorin può leggere la risposta nei suoi occhi prima che lui li chiuda. «Ah» sussurra Thorin, e prende Frerin nelle sue braccia e insieme loro si stringono, si stringono forte.

«Non te lo meritavi» sbuffa Frerin nella spalla di Thorin.

«Diciamo che siamo d'accordo di non essere d'accordo» dice Thorin, e Frerin vorrebbe colpirlo.

«No! Non te lo meritavi! Eri un eroe e un guerriero e un salvatore e un Re! Non te lo meritavi!»

«Nemmeno tu» dice Thorin, le sue braccia che si stringono attorno a Frerin. Il suo fratellone. Il posto più sicuro che conosceva.

«Lo stai rendendo di nuovo su di me» dice Frerin amaramente, e ride e ride e ride nella spalla di Thorin, ora bagnata delle sue lacrime «Thorin, io non ho fatto nulla di importante, non come te. La cosa più notevole che ho fatto è stata morire.»

Thorin si tira indietro, e i suoi occhi sono di fuoco. «Ti colpirò se dirai mai ancora una cosa del genere!» ringhia, e oh, è livido ora. Frerin ha finalmente stuzzicato quella rabbia che vive dentro suo fratello, e verrà a divorarlo. Chiude gli occhi.

«Scusami»

«Meglio» grugnisce Thorin.

«Ma è vero» sussurra Frerin, e cerca di non piangere.

«È una bugia» ringhia Thorin, e si tira Frerin ancora più vicino, la sua testa torreggia su di lui di almeno un piede «Una schifosa bugia, e non devi pensare cose simili, mai più.»

«Thorin...» dice Frerin con voce rotta.

«No» dice Thorin, e sta sorridendo, il bastardo «Strappami le trecce, allora.»

«Ti colpirò quando meno te lo aspetti» mormora Frerin «Vorrei...»

«Anch'io lo voglio. Volevo. Ogni giorno, Frerin. Ogni giorno»

«Mi sei mancato così tanto» dice Frerin, i denti stretti tanto che la sua mascella gli fa male. I suoi occhi pizzicano e bruciano. «Mi sei mancato, Thorin. A volta mi manchi ancora.»

«Lo so» dice Thorin, e il senso di colpa è di nuovo nella sua voce «A volte ero grato.»

Il respiro di Frerin si blocca.

«Ciò che abbiamo dovuto attraversare... no. Non è una vita che avrei voluto per te»

«Non sarebbe stata una decisione tua, tu cocciuto...» Frerin sibila, e poi stringe Thorin più forte «Scendi qua. Sei troppo alto.»

Thorin lo fa, piegandosi e sollevando Frerin senza sforzo, quasi mettendoselo sul suo ginocchio. È imbarazzante, ma almeno si stanno guardando negli occhi.

«Hai ragione su una cosa» dice Thorin, ed è meraviglioso incrociare il suo sguardo. Fa male nel miglior modo possibile. «Ti ho di nuovo, fratello.»

Frerin stringe Thorin, e la sua voce è diversa, lui è così diverso. Perso per sempre è il principe ridente, la guida di tutti i loro scherzi, il ragazzo pieno di allegria e orgoglio. Lui è così vecchio, e duro, e sorride raramente. Ride raramente. I suoi occhi sono pieni di dolore e senso di colpa, e lui è così tanto, tanto arrabbiato.

Ma lui è il fratello di Frerin.


Cinquant'anni, e sono insieme nella sala del trono di Erebor. Dáin è sull'alta sedia, e sembra incredibilmente annoiato. Una curva sardonica della sua bocca lo tradisce. Il rappresentante della Gilda dei Minatori porta i rapporti dagli scavi settentrionali, facendola sempre più lunga.

Dís è in piedi accanto al Re, ignara dei suoi due fratelli fantasma seduti proprio dietro di lei. I suoi capelli sono grigi. La più giovane dei fratelli è ora la più vecchia.

«Scommetto che lei diventa impaziente e lo sbatte fuori» sussurra Frerin, e Thorin alza gli occhi al cielo.

«Non accetto la scommessa» risponde, e ghigna.

FINE

   
 
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