Writing's On The Wall (Of My Prison)
Note:
Innanzitutto,
salve a tutti! È
tantissimo che non scrivo in questa sezione – salvo una rapida
incursione, qualche tempo fa, per un personaggio che ho amato subito, Benny :)
Il
personaggio che mi ha spinto a mettere insieme questa piccola ff,
questa volta, non è
altrettanto positivo – ma, spero, nemmeno del tutto negativo.
Gadreel mi ha incuriosito fin dalla prima apparizione –
quando ancora si nascondeva dietro il nome di Ezechiele e speravo
che diventasse un ulteriore alleato, per i fratelli Winchester.
L'ambiguità del suo comportamento mi riempiva di dubbi e allo
stesso tempo mi attraeva, perciò ho continuato a seguire gli
episodi cercando di "comprenderlo" un po' di più... Spero di
esserci riuscita, e che apprezzerete questa ff nonostante Gadreel non sia proprio amatissimo - per ovvi motivi. Ciò
che ha fatto a Kevin è imperdonabile, lo so, ma... In
qualche modo, è un
personaggio che sento vicino, per certi aspetti.
Sono tre
le grandi possibili motivazioni che ho visto dietro le azioni di questo angelo, e
che mi inducono a sperare che riesca a mettersi sulla buona strada, prima o poi.
La
prima è il bisogno lacerante di essere perdonato per i suoi errori
- in modo da essere accettato di nuovo dai suoi fratelli. La seconda,
è una profonda incapacità nel distinguere gli amici dai nemici e il
Bene dal Male – non solo per aver lasciato entrare Lucifero nel
giardino, ma anche per aver scelto di allearsi con Metatron invece di
aiutare Sam e Dean. E l'ultima, la più viscerale, quella che –
secondo me – lo rende più umano, è la paura. Una tremenda,
radicata paura di essere imprigionato di nuovo – lo abbiamo visto
nella discussione tra lui e Dean, prima dello scambio per riavere
indietro Castiel. Queste tre ragioni non lo giustificano affatto, però... Non so, non mi sento di giudicarlo. E voi?
Detto
questo, vi lascio alla storia – segnalandovi soltanto la canzone
che l'ha ispirata, la bellissima Writing's
On The Wall di
Sam Smith ( questa qui ).
Buona
lettura!
A. :)
‘‘ As the stars begin to
gather
When all hope begins to shatter
Know that I won't be afraid ‚‚
Cella
celeste. Settecentoottantanovesimo anno di prigionia.
Milioni di giorni, milioni di
preghiere. Sono milioni o forse miliardi, le stelle che hai visto
cadere dalla feritoia della tua cella.
Siedi, compostamente, in silenzio.
Sempre nello stesso angolo, sempre nella stessa posizione – con le
ginocchia raccolte al petto, le braccia a circondarle e la testa
nascosta tra di esse – come se volessi scomparire dentro te stesso,
come se non ti stancassi mai di chiedere perdono.
Tutto intorno a
te, nello spazio ristretto che ti è stato riservato, ci sono
soltanto sbarre, silenzio e pavimenti freddi.
Lacrime
calde scorrono sulle tue guance e non sai dire se sei ancora vivo
oppure no. Sei solo da così tanti anni - cinquecento, forse più. Hai smesso di
contare il tempo: è
inutile, quando sai che la tua condanna non avrà mai fine. Daresti
qualunque cosa per ottenere il perdono, per riavere la tua libertà...
Ma, finora, nessuno ha ascoltato le tue preghiere e i tuoi pianti.
Giorno
Zero.
Vogliono
che confessi.
Il
giardino dell'Eden è stato
violato. Le creature umane che ospitava... Sono state corrotte. Il
Serpente è passato...
… E tutto questo per colpa tua.
Non
hai fatto in tempo nemmeno a dire qualcosa per tentare di
discolparti. Gli arcangeli ti hanno preso e sbattuto in cella, in
attesa di un processo.
Tu
ti vergogni. Ti sei pentito di ciò che hai fatto. Non era tua
intenzione... Sei stato vittima di uno degli inganni di
Lucifero. Hai lasciato passare l'arcangelo perché ti sembrava
buono... Ti ha ammaliato e raggirato e abbindolato, e tu l'hai
lasciato fare. Non avevi abbastanza scaltrezza per capire... Eri
preparato per fare la guardia ad un giardino, ma non a difenderti
dalle chiacchiere, dai dubbi e dalle insinuazioni del Portatore di
Luce. Sei stato uno sprovveduto. Avevi delle debolezze, come tutti, e
non ne eri consapevole. Sei stato così spericolatamente ingenuo da
lasciare che l'arcangelo le vedesse, le usasse per indurti a fare ciò
che voleva... Ti sei fidato. Soltanto dopo hai capito...
Hai
tradito Dio.
All'inizio
non hai parlato. Eri così mortificato, così spaventato e
sopraffatto da ciò che stava accadendo, che ti sei chiuso in un
ostinato mutismo, in preda allo shock. Per i primi tempi, gli angeli
si sono limitati a interrogarti e basta. Poi, hanno cominciato a
mandarti Taddeus, e lui ti ha fatto del male... Molto male.
Passavi
tutto il tempo della tua detenzione in assoluta solitudine, finché
la porta non si apriva e l'angelo non faceva il suo ingresso. Il modo
in cui ti ha ridotto... Non eri più nulla. Ti ha ferito, torturato e
umiliato in ogni modo possibile e immaginabile. Ma tu ancora non
parlavi. Così, Taddeus ha scelto di percorrere altre vie.
Quasi
tutti sapevano di te e Abner. Anche se nessuno si azzardava a
dichiararlo apertamente, era ovvio che il legame fra voi due fosse
splendido e indissolubile... Abner era la tua gioia. La sua Grazia si
allacciava stretta con la tua, giocavate assieme, caldi e fusi in
un'unica Essenza. Non sei mai stato così felice in vita tua se non
quando eri con lui...
E
Taddeus ha usato questa tua debolezza contro di te.
Ha
catturato Abner, lo ha torturato nella cella accanto alla tua per
farti sentire le sue urla. Ha torturato un innocente per torturare
te. Te lo ha restituito, scaricandolo sul pavimento della tua cella -
quasi come se fosse un rifiuto, - completamente a pezzi. Dentro e
fuori. Per punirti ulteriormente, per farti sentire colpevole, per
indurti a cedere... E tu non hai potuto fare altro che abbracciare il
tuo angelo piangendo, chiedendogli perdono per aver dovuto scontare
le tue colpe. Hai usato tutta la tua Grazia, tutta la tua energia per
rimetterlo insieme, ogni volta. Ti sei sentito morire, guardandolo
soffrire. Avresti voluto che Taddeus si sfogasse solo con te, che
facesse soltanto a te quelle cose... La sofferenza di Abner era
intollerabile – e tu eri sempre più debole, guarirlo diventava
sempre più difficile.
Hai
cominciato a stare sempre peggio. Soffrivi il dolore di Abner oltre
che il tuo. È quello, il senso della tortura di Taddeus: spezzarti
spezzando ciò che hai di più caro.
Funziona.
Confessi.
Ammetti di aver lasciato entrare Lucifero nel giardino. Sai di non
avere scuse, sai che la punizione sarà severissima... Stai morendo
di paura, ma almeno non tortureranno più Abner. Gli angeli si
riuniscono.
Avevi
un solo compito, e hai fallito. I tuoi fratelli non hanno pietà di
te.
Il
processo è rapido, la
sentenza è definitiva.
Oblio.
Vieni
gettato di nuovo nella cella, stavolta sapendo che non ne uscirai
più. Da quel momento in poi, nessuno ti rivolge più la parola,
nessuno ti fa più visita – nessuno ti guarda, nemmeno di sfuggita.
Nessuno può nominarti. Sei stato condannato alla damnatio
memoriae... La punizione peggiore. Sarai ignorato, cancellato dalla
mente e dai cuori dei tuoi fratelli... Finché persino il ricordo di
te si perderà nel nulla.
Urli,
piangi, ti disperi, strattoni e prendi a pugni la porta chiusa. In
preda alla rabbia, insulti persino tuo Padre-- come può, per il solo
errore di un istante, dannarti per l'eternità? Hai sbagliato, ma è
stato un errore dettato dalla buona fede, dall'ingenuità. Sei
stato debole... Solo per un attimo. Non sapevi. Hai lasciato che
Lucifero ti manipolasse perché ti sei fidato di lui... Come potevi
sapere? Se potessi tornare indietro, non lo rifaresti. Amavi quelle
due strane, fragili, imperfette creature – l'uomo e la donna, - a
modo tuo. Le amavi...
Ma hai sempre sbagliato, per amore.
***
La
prigionia ti consuma, un po' alla volta. Le tue ali divengono il
calendario su cui il tempo segna il suo trascorrere. Ogni volta che
le guardi, o che provi a muoverle, ti rendi conto che non hanno più
forza, non hanno più-- Sono solo membrane nude, come quelle di un
pipistrello; due appendici atrofizzate, ormai inadatte al volo. Le
sfiori con il cuore contratto dal dispiacere, dal rimpianto e dalla
pietà per te stesso. Il nodo che hai in gola, guardandole, non è
nulla in confronto alla morte che hai nel petto. Le tue ali sono la
prova tangibile del tuo rapido decadimento, ti suscitano quasi ribrezzo,
ormai. Sono due cose morte, due pesi inutili... Piuttosto che
vederle così, spoglie e debilitate, preferiresti tagliartele via. Il
simbolo del tuo essere angelo, ridotto in quel modo...
Non
sei più nulla, in quelle condizioni.
L'amarezza
gradualmente ti logora, ti esaurisce, ti lacera. Hai ancora un po' di
speranza – vana, lo sai, ma continui a credere... A sperare... Che
Lui non possa essersi dimenticato davvero di te. Non può. Sei suo
figlio. Non può abbandonarti... No?
Non
c'è giorno, non c'è trascorrere delle stagioni, là nella tua
cella. Dalla minuscola finestrella sbarrata, vedi solo e soltanto le
stelle. Sono l'unica compagnia che ti è rimasta.... La solitudine è
la condanna peggiore. Non avere nessuno con cui parlare è
terribile. Non avere nessuno che ti conforti, quando senti che
il peso del tuo errore è troppo grande da portare e ti sta
schiantando... È anche peggio.
Nessuno.
Non
riesci a crederci, ancora – anche dopo uno, due, dieci, venti
secoli, - che tutti ti abbiano voltato le spalle per davvero.
***
Finisci
col memorizzare ogni centimetro di quelle pareti.
Conosci
ogni insenatura, ogni imperfezione, ogni segno – graffi,
incrinature, solchi – impresso dalla disperazione di chi vi è
stato prigioniero prima di te. Hai cercato, in modo istintivo e del
tutto irrazionale, una fessura, un foro, una crepa – qualunque cosa
che potesse condurti all'esterno, – ma senza trovarla. Hai cercato,
cercato, cercato; hai graffiato e preso a calci e pugni senza
ottenere niente... E urlato, sapendo che nessuno ti avrebbe sentito –
che nessuno, comunque, sarebbe accorso da te. E pianto, perché non
ti restava nient'altro
Una
manciata di lacrime, una manciata di piume annerite dalla tossina
incurabile della solitudine, della sfiducia e della disillusione, -
quando hai capito finalmente che la sentenza era definitiva e
irrevocabile, che non esistevi più, che i tuoi fratelli ti avevano
rinnegato. Ecco, tutto ciò che hai. Quattro pareti incise di rabbia.
Un'eternità
da prigioniero.
***
Il
silenzio è un veleno che soffoca la luce
della tua Grazia un po' alla volta, come una coperta pesante sopra la
fiamma di una candela, finché non ne resta poco meno di un lumicino
– un chiarore fioco, debole, fragile... Malato.
Perché
speri ancora... Anche se ormai sono passati due millenni, speri che
qualcuno prima o poi venga a liberarti. Dio, o magari Abner...
Ti
chiedi dove sia, il tuo amato Abner, se si ricordi ancora di te o se
abbia scelto di dimenticarti come hanno fatto tutti gli altri. Il tuo
cuore è
convinto che non possa averlo fatto
– non dopo tutto l'amore, dopo tutte le cure e la gioia che avete
condiviso. Speri di rivederlo, prima o poi. A volte, sogni ad occhi
aperti di vederlo comparire di fronte alla tua cella, dicendoti che è
ora di fuggire; e le tue fantasticherie sono così vivide che sorridi
da solo come se fosse vero, come se stesse accadendo realmente, come
se Abner fosse lì con te, pronto a portarti via. Solo quando volti
lo sguardo verso la porta irrimediabilmente chiusa, però, ti rendi
conto che non è così...
E
ti senti soffocare.
***
Guardi
le stelle, e pensi che daresti qualunque cosa per essere una di loro.
Brillare, cadere e spegnerti, lasciarti dietro il fantasma pallido e
tenace della luce che avevi un tempo... Fuoco fulgido e vivo.
Odi
le tue ali quanto odi te stesso, ormai. Sono così rattrappite e
inservibili – le odi, perché ti ricordano ogni giorno le
conseguenze della tua colpa e la facilità con cui hai lasciato che
il dolore e il risentimento per l'abbandono intaccassero la purezza
del tuo cuore – con la semplicità distruttiva di una goccia
d'inchiostro in un calice di cristallo. Ti odi, e ormai sei
rassegnato. Non sarai mai come le stelle... Non sarai mai più
libero.
D'un
tratto, però, il pavimento della tua cella trema, vibra, si scuote:
tutto il Paradiso intero sussulta, gorgoglia, borbotta e infine si
apre. E il tuo cuore si gonfia di paura, mentre la superficie cede
sotto i tuoi piedi – cosa sta succedendo? Tu non lo sai, non sai
nulla, non hai mai saputo nulla di quello che stava accadendo fuori.
Hai
sempre visto soltanto le stelle.
***
Scivoli,
cerchi qualcosa a cui aggrapparti, ma il Paradiso è solo polvere...
E
comincia la tua caduta.
È
libera, è inarrestabile... Spaventosa. Con il cuore in gola e il
panico che ti risveglia improvvisamente dal distacco a cui ti sei
costretto, per sopportare l'isolamento, cadi ininterrottamente come
se qualcosa ti risucchiasse verso il basso; e giri, ti capovolgi, ti
avviti su te stesso senza controllo, cercando di spiegare quelle ali
deperite e sottilissime che ormai non funzionano più. Cerchi di
aprirle, di riportarle alla loro funzione originaria; spingi e
fatichi e urli ma la tua voce si perde nel vuoto, riesci a scostarle
appena appena dal corpo ma fa male, malissimo, e non resistono alla
forza dell'aria, al bruciante, doloroso, caustico impatto con
l'atmosfera. Pensi che morirai, immagini di polverizzarti e
scomparire prima di riuscire persino ad attraversarla, l'atmosfera
terrestre, perché sei troppo debole, troppo fragile: sei come
un'esile creatura appena nata. E così chiudi gli occhi, ti
raggomitoli su te stesso e ti lasci cadere a peso morto, chiedendo
perdono ancora una volta – come hai fatto ogni singolo giorno, tra
le quattro pareti di quella tua terribile, piccola cella ormai
ridotta in cenere.
Il
cielo della Terra è blu scuro, profondissimo, quasi nero:
t'inghiotte e ti assale e ti attira; senti i tuoi fratelli cadere
accanto a te, in folle accelerazione, come uno sciame di lapilli
incandescenti. Sai che non ti vorrebbero con loro nemmeno in un
momento come questo, se sapessero, se ricordassero chi sei; ma stai
cadendo e sei convinto che non sopravviverai, e non ti importa. Dopo
duemila anni di solitudine, sei contento di morire così, fuori dalla
tua cella e riscaldato dal chiarore di quelli che, un tempo,
ricordavano il tuo nome.
Mentre
lo pensi, finalmente realizzi la cosa più importante.
Sei
fuori, finalmente. Anche se fosse solo per morire, non importa.
Sei
libero, e non c'è dono che possa renderti più felice di questo.
Scivolano lacrime dalle tue palpebre serrate, mentre
piangi e
ridi e cadi, senza sapere cosa ne sarà di te: ma sei libero, sei
libero, ora, e piangi e ridi di gioia come un bambino. Sei quasi
corporeo, spirito colpevole e carne e ossa rotte in volo, e volteggi
nell'aria chiara della Terra che si oppone alla tua caduta e
ti sostiene - senza protezioni, senza difese.
Se
anche fosse l'ultima volta, non importa. Se anche stessi per morire, sei
felice lo stesso.
Adesso sei libero.
***
Sopravvivi.
Inspiegabilmente, miracolosamente, quel mucchietto di Grazia
sgualcita che hai ti protegge abbastanza da permetterti di resistere
all'impatto, anche se non benissimo. Le tue ali sono ferite e
strappate, tu non sei messo molto
meglio. Ma sei libero, vivo...
La prigionia è finita.
Impieghi
parecchi giorni per riuscire a muoverti, e ancora di più per trovare
un tramite disposto ad accoglierti. Incontri quest'uomo, nei pressi
di un bar... Lui dice sì. Crede negli angeli, anche se probabilmente
se li aspetta diversi da come sono in realtà.
Stai
un po' meglio. Le tue ali testimoniano ancora il dolore che ti è
stato inflitto... Ma tu sei più prudente, ora - anche se è
difficile, dal momento che non sai nulla di ciò che sta accadendo né
del motivo per cui ora sei libero. Senza contare che, per come ti
esprimi, sembri proprio uno che non mette il naso fuori da due
millenni... Hai decisamente bisogno di aggiornarti un po', se vuoi
passare inosservato.
Alla fine, decidi che è il caso di
nasconderti. Magari, spacciarti per qualcun altro. Sempre meglio che
presentarsi come quel rinnegato di Gadreel... Nessuno vorrebbe avere
a che fare con te.
Scegli
Ezechiele perché hai sentito parlare più che bene di lui, quando
ancora eri libero. Probabilmente, quell'angelo che non conosci
nemmeno è ancora così, buono e rispettato e benvoluto da tutti. Vorresti
davvero poter essere lui, a volte... La
sua identità è rassicurante. Vorresti poter cancellare tutto e ricominciare daccapo. Essere accolto e
amato, di nuovo, come se nulla fosse successo... Come se non fosse
tutta colpa tua.
Ma forse non te lo meriti, pensi.
***
Sulla
Terra, tutto è strano e veloce, caotico... Tu e i tuoi fratelli
vi
aggirate senza controllo, senza una direzione, senza una guida. Tu
sei ancora restio a riunirti a loro... Lo vorresti, più di ogni
altra cosa – ti sono mancati così tanto, quando eri solo e
rinchiuso nella tua cella, - ma una parte di te non riesce a
dimenticare la facilità con cui ti hanno condannato. Il timore
ti
rende schivo. Ti chiedi dove sia Abner, se sia sopravvissuto... Non hai
saputo più nulla di lui. Lui è l'unico che saresti
davvero felice di rivedere...
I giorni passano. Capti qualcosa, ogni tanto...
Stralci di notizie. Vieni a sapere che ci sono state ribellioni, guerre
civili in Paradiso e che, addirittura, si è sfiorata
l'Apocalisse. Ogni tanto, qualcuno nomina una coppia di fratelli che
non conosci.
Sono accadute molte, moltissime cose durante la tua detenzione, e molte
ti sembrano così assurde che non le capisci. Sai solo che, ora,
gli angeli si uccidono a vicenda.
Quando ne incontri uno, ti allontani.
***
Il
tuo tramite è claustrofobico. È uno dei motivi per cui hai scelto
proprio lui e non qualcun altro. Speri che la sua fobia, così
simile alla tua, possa aiutarti a restare lontano da tutte quelle
situazioni e quei luoghi che potrebbero ricondurti, consapevolmente o
meno, dentro una stanza chiusa da cui non puoi uscire. È la tua paura più grande.
Ora
che sei libero, ti rendi conto che ormai la prigione è nella tua
testa. Avrai sempre paura di ritornarci... Anche se, oggi, di quelle
pareti non resta più un solo granello di polvere. Ma ai tuoi
incubi non importa. Loro sono fatti di corde, catene e serrature... Di eterni giorni in cattività. Di solitudine... Di
abbandono. Di oblio.
Spaventato
e perso come un cane randagio in un mondo di cui non sai nulla, fai
una promessa a te stesso. Qualunque cosa accada... Farai di tutto per
non finire di nuovo a marcire dentro una cella. Piuttosto, morirai. Ti
farai uccidere, o
ti toglierai la vita con le tue mani: lo giuri.
A
qualunque costo, con ogni mezzo, - non importa se sarà doloroso,
non importa quanto ti dovrai sporcare le mani, non importa quanto in
basso dovrai cadere... Non importa nemmeno se le tue ali non brilleranno
più come un tempo.
Sarai libero.
Devi restare libero. E magari... Magari anche tutto il resto cambierà. Nessuno ti chiamerà più reietto, né traditore.
La libertà ha un prezzo.
Ora lo sai.