Un silenzio
glaciale calò nella sala riunioni: perfino i quadri dei
precedenti sovrani di
Domino attaccati alle pareti parvero trattenere il fiato. Tutti
rimasero
immobili, con le orecchie ben aperte e i nervi tesi, mani sulle armi,
cuori in
fiamme per l'attesa.
«Griffin,
sei assolutamente sicura di quello che dici?» chiese mio
padre con tono grave, di
chi è stato braccato nella tana del lupo.
«Io
non
riesco a capire, non riesco nemmeno a concepire come sia possibile,
questa
massa di energia è qui tra noi, la sento
nitidamente».
Credo che
non scorderò mai l'espressione di mia sorella in quel
momento, così amara e senza
speranza. Un déjà-vu terribile le stava
straziando il cuore: potevo quasi
vedere nei suoi occhi le streghe che attaccavano Domino, che le
strappavano via
la vita, che distruggevano la nostra casa.
Non osai
nemmeno immaginare il terrore che stava provando, così mi
limitai a stringerle
la mano e riportarla alla realtà, lontano da quei mostri del
passato: non avrei
mai pensato che quel presente fosse un inferno ben peggiore.
«Diavolo.
D'accordo, tutti pronti a difendervi!» urlò mio
padre con veemenza.
Le guardie
reali arrivarono in gran fretta, posizionandosi davanti le entrate e le
finestre con le armi sguainate, mentre noi, al centro della stanza, ci
preparammo a combattere.
«Rimanete
tutti nel castello! È protetto da una forte e antica magia:
fin quando non
capiamo che cosa stiamo affrontando, non correremo nessun rischio
inutile!»
La voce
del re era tonante e autoritaria. Annuimmo tutti e restammo in attesa
di qualunque
cosa, immagino.
La
Griffin, nel frattempo, non si dava pace: fredda e calcolatrice, non
aveva mai
sbagliato niente nelle sue ricerche in anni di servizio. A ogni domanda
trova
sempre risposta, più è contorto e oscuro il
problema, più ci si appassiona.
Eppure, quella volta, tutti i suoi sforzi e tutto il suo acume vennero
annientati come niente, non poteva sopportare il fallimento.
«È
colpa
mia, tutto questo è colpa mia, non ho previsto, non sono
stata abbastanza
attenta...» mugolò la strega torturandosi la
mente. Si teneva la testa con le
mani come per reggere un peso insostenibile.
«Amica
mia, ora basta, sei troppo dura con te stessa! Hai fatto tutto quello
che
potevi!» cercò di consolarla Faragonda
accarezzando la sua spalla con tocco
gentile, ma la dura preside di Torrenuvola non poteva perdonarsi e, per
qualche
tempo, non la perdonai nemmeno io.
Ero troppo
annebbiata dalla rabbia per poter essere tollerante. La Griffin ha
indubbiamente sbagliato nel corso della sua vita, ma la comprensione
dovrebbe
essere una qualità fondamentale per le fate.
Già... le fate…
Passarono
i minuti. Se è vero che il tempo è relativo, dal
mio punto di vista sembrarono
ore. Non volava una mosca, potevo sentire il cuore martellante di
ognuno dei
presenti, il filo delle spade che sfiorava il fodero, ho pensato di
impazzire
diverse volte. A spezzare il silenzio ci pensò la preside di
Torrenuvola che,
dopo un terribile rimuginare, era finalmente arrivata all'epifania.
Inutile
dirlo, ci spaventò tutti a morte.
«Ma
certo!»
esclamò battendo il pugno sul tavolo.
«Griffin,
ma ti pare il modo?!» urlò Saladin, ormai
diventato un fascio di tendini e nervi
dalla forma umana.
«Scusatemi
tutti, ma ci sono arrivata! Tutte le altre fonti energetiche erano solo
una
trappola! Avevo ipotizzato che non avessero nessun senso: erano troppo
scollegate tra loro, uno specchio per le allodole. Ora siamo qui,
intrappolati
tutti nello stesso punto, troppo intenti a concentrarci su quelle
tracce
lontane per rivolgere l'attenzione su ciò che avevamo sotto
il nostro naso.
Acuto, mossa molta astuta...»
La strega
iniziò a camminare avanti e indietro per la sala, nervosa.
«È
perfettamente
plausibile, ma chi farebbe una cosa del genere? E per quale
scopo?» domandò
Flora. Daphne si irrigidì ancora di più e le
rispose durissima.
«Qualcuno
che vuole vendetta. Celando il proprio potere e agendo indisturbato,
tale
essere potrebbe aver fatto qualunque cosa e noi non ne siamo al
corrente.
Potremmo essere già tutti morti, per quanto ne
sappiamo».
Sky
cercò
immediatamente il mio sguardo, non sapeva cosa fare né cosa
pensare; Thoren,
invece, si alzò di scatto dal suo posto, bianco in volto.
«Amore
mio, non credi di esagerare? Insomma, non siamo nemmeno
sicur-»
Un boato
gigantesco fece tremare la terra all'improvviso, tanto che cademmo
tutti al
suolo come frutti maturi. Cercai immediatamente Daphne con le mani e,
una volta
individuata, la avvolsi tra le mie braccia per proteggerla dai detriti
che
cadevano dal soffitto. Le guardie si rimisero in posizione subito,
mentre noi
facevamo fatica ad alzarci; quella stanza si riempì di
grida, non si capiva
nulla di quello che mio padre stava dicendo, era il caos più
assoluto.
Volevo
rimettermi in piedi e urlare, urlare più forte di tutti per
farmi ascoltare e per
riportare un minimo di ordine, quando si fece buio. Piombò
di nuovo un silenzio
glaciale; i nostri respiri affannosi facevano fin troppo rumore, era
così denso
che potevo quasi vederlo.
“È…
calata
la notte?” pensai tremando, una goccia di sudore freddo mi
segnò la guancia.
Con
estrema cautela ci avvicinammo alle finestre per capire cosa diavolo
stesse
succedendo, pronti a reagire a tutto. Buttai l'occhio furtivamente
fuori dalle
vetrate: tutto era di un nero così cupo da dar fastidio alla
vista. Sbirciai
per qualche secondo, incapace di comprendere, poi mi resi conto: quella
massa
si muoveva e stava ricoprendo tutto il castello.
Stavo per
chiamare mio padre, quando le finestre esplosero davanti a noi, come se
stessero venendo compresse. I muri cominciarono a sgretolarsi,
così come le strutture
in marmo color pastello: quella cosa ci stava letteralmente
stritolando. Le
schegge mi tagliarono superficialmente le braccia con le quali mi ero
protetta,
ero illesa ma sanguinavo parecchio. Sky corse immediatamente verso di
me con
gli occhi pieni di terrore, era disperato.
«Sto
bene,
non ti preoccupare!»
Mi
aiutò
ad alzarmi quando, alta e terribilmente forte, una voce
echeggiò per tutta la
struttura.
«Sono
Marion, regina di Domino ed ex custode della Fiamma del Drago. In mio
nome, vi
ordino di uscire dal castello con le mani ben in vista, o morirete
tutti».
Il tono di
mia madre era così innaturale: era rotto dalla sofferenza ma
fermo, come una
roccia. Mi rifiutai categoricamente anche solo di ipotizzare che fosse
coinvolta in quella follia, doveva esserci qualcosa sotto per forza.
«Amore
mio, cosa stai facendo?» sussurrò spezzato mio
padre. Daphne era diventata un
blocco di ghiaccio.
Ci
guardammo tutti con aria affranta, non avevamo molta scelta. A denti
stretti e
con il cuore gonfio di terrore uscimmo uno dopo l'altro, con le mani in
alto,
disarmati e vulnerabili.
Ironia
della sorte, i predatori divennero le prede. Una volta fuori, fummo
investiti
dalla luce del sole e potemmo vedere l'orribile realtà che
ci aspettava: una
massa abnorme, nera come la pece e dalla forma tentacolare si era
avvolta
intorno al castello sbriciolandolo con furia, come un mostro degli
abissi che
affonda la nave.
Tremammo
tutti come foglie: le difese magiche furono violate con una
facilità
disarmante. Avanzammo lentamente fino al cortile antecedente le porte
della
nostra casa e finalmente scoprimmo la verità: mia madre, la
regina Marion, era
lì davanti a noi, a mezz'aria, stritolata dagli stessi
tentacoli neri che
stavano distruggendo il castello.
«Mamma!»
urlai
a gran voce, lei mi guardò in lacrime.
«Perdonatemi,
vi prego... vi avrebbero uccisi tutti se non vi avessi attirato
fuori...»
«Chi?
Dicci chi!»
«Noi».
Come
fantasmi, dal nulla apparvero tre figure incappucciate. La loro
presenza era
opprimente, mi spezzava il fiato. Senza dire una parola, i tentacoli
neri ci
catturarono tanto rapidamente che non potei nemmeno vederne
l'evocazione;
eravamo tutti ancorati a terra e in trappola, mia madre venne portata
vicino al
resto del gruppo.
Sembrava un
vero e proprio campo di esecuzione. Il mio spirito battagliero fu
completamente
annientato: sentivo una disperazione che non mi apparteneva, ero
diventata spettatrice
di un corpo che non era più il mio.
Avevano
soffocato il mio fuoco e, con esso, la mia anima. Guardai Daphne: nei
suoi
occhi potevo vedere il puro terrore, ma anche la furia del drago. Del nostro drago. Come sarebbe finita non
potevo saperlo ma, perlomeno, saremmo stati tutti insieme. O meglio,
questa era
la mia speranza. Speranza che morì molto, molto amaramente.
Una voce a
me molto familiare ci intimò di non provare a ribellarci in
nessun modo o saremmo
tutti morti in un istante. Le tre si scoprirono il viso e, come avevamo
immaginato, erano proprio loro: le Trix. Icy iniziò a
parlare con tono calmo,
quasi innaturale per una pazzoide come lei.
«Però,
sono sorpresa. Non credevo potesse funzionare davvero».
«Questo
perché non hai mai fiducia in noi!» rispose Stormy
con voce acida. Darcy
sghignazzava soddisfatta.
«Non
sono
poi brillanti come sembrano, vero?» disse la strega
dell'oscurità.
Rivolse lo
sguardo verso la sua orribile creazione, sorridendo come una bambina.
«Guardate
che spettacolo! Il castello di Domino spezzato come un ramoscello!
Nemmeno le
Streghe Antenate erano state capaci di tanto!»
Icy
scoppiò a ridere come suo solito, sentivo la furia montarmi
in corpo. La
Griffin diventò insofferente davanti a quel teatrino, aveva
sete di conoscenza.
«Come?
Come diavolo avete fatto ad uscire da quel limbo dimenticato dagli
dei?!»
«Domanda
lecita» rispose Darcy. Camminò allegramente
intorno a noi, poi continuò: «Penso
sappiate tutti cosa successe con l'albero del Bene e del Male. Nel
momento in
cui le Streghe Antenate stavano per essere distrutte da voi piccole
fatine,
riuscirono a trasferire un briciolo del loro antico e primordiale
potere dentro
di noi. Dopo che ci gettaste in quel posto maledetto, quel potere
iniziò a
crescere a dismisura, forse influenzato dall'assenza del tempo,
chissà. Crebbe
così tanto che disintegrò le sfere che ci
tenevano prigioniere e riuscimmo a tornare
nella Dimensione Magica!»
Rimanemmo
tutti sconcertati da quelle rivelazioni: ci eravamo scavati la fossa da
soli,
la ruota del karma aveva girato anche per degli esseri orripilanti come
loro.
Quale ironia, vero? Stormy, poi, continuò la storia.
«Le
tre
vecchie volevano usarci come catalizzatori, impossessarsi dei nostri
corpi per
tornare in vita. Ma, sapete, eravamo fin troppo furiose in quella
prigione, una
rabbia che non potete nemmeno sognare. La loro volontà era
troppo debole per
sovrastare la nostra coscienza, così le abbiamo abbindolate
al nostro volere e
ci siamo impadronite completamente del loro potere».
Infine,
Icy si parò proprio davanti a noi con espressione rilassata,
di chi aveva
perfettamente la situazione sotto controllo.
«Abbiamo
acquisito tanti poteri nel corso della nostra vita. Il Sirenix, la
Magia
Selvaggia... tutte abilità che non ci appartenevano,
difficili da utilizzare al
loro massimo potenziale. Nonostante il nostro impegno, non vi abbiamo
sconfitto,
mai. Ora, mie care fatine, è tutto diverso. Quei poteri, i vostri poteri, impallidiscono tutti
davanti a questo. Un potere
antico, così primordiale da poter essere definito selvaggio,
in effetti. Ora
possiamo sentire tutto, energie sia bianche che oscure. E la cosa
divertente
sapete qual è? Ce lo avete donato voi. Forgiato dallo stesso
limbo in cui ci
avete gettato via, come immondizia».
Era
davvero rimorso quello che stavo provando? Pietà?
D'altronde, la prigionia se
l'erano largamente meritata, erano pericolose per tutti, una minaccia
per tutto
l'Universo. Continuò a parlare, ogni sua parola mi feriva
l'udito.
«Per
quanto potenti fossimo diventate, non potevamo di certo affrontarvi
così, a
viso aperto. Siete scarafaggi, ma siete davvero tanti. Eravamo furiose
ma, se
volevamo spuntarla, dovevamo studiare un piano, uno di quelli fatti
bene».
Darcy rise
beffarda, orgogliosa del suo operato.
«Ho
avuto
questa idea malsana. Mi sono chiesta 'chissà se sono
così stupidi da cascarci?’.
Non potevo credere a quello che percepivo: le più grandi
fonti energetiche
dell'Universo che si stavano radunando su Domino! Ho riso
così tanto da farmi
venire il mal di pancia!»
Non avevo
ancora assimilato del tutto quelle informazioni, quando sentii la presa
dei
tentacoli diminuire, fino a lasciarmi libera; mi massaggiai le braccia
doloranti, poi notai che anche Daphne era stata rilasciata. Nemmeno nel
più
terribile dei miei incubi avrei potuto immaginare cosa sarebbe successo
dopo.
Stormy ci
si avvicinò e iniziò a parlare:
«Ascoltatemi bene e nessuno si farà del male. I
vostri compagni sono tutti bloccati con dei tentacoli d'ombra, li
vedete, no?
Fate qualcosa di stupido e io farò passare delle scariche
elettriche così forti
nei loro corpi che non si accorgeranno nemmeno di essere morti, parola
mia».
Io e mia
sorella le guardammo inorridite, tanto era il dolore che ci fu promesso
dalla
strega. Il pensiero di vederli tutti morire era inconcepibile,
così decidemmo
di stare al loro gioco. Beh, in effetti non avevamo nessuna scelta,
erano
diventati loro ostaggi.
«Avete
ottenuto questo teatrino. Brave, ve ne do atto. Adesso, cosa diavolo
volete? Perché
non ci uccidete e basta?» dissi a denti stretti.
Mascheravo
il mio terrore con una finta arroganza che non sortì
l'effetto sperato, tanto
che Icy non cambiò minimamente atteggiamento.
«Siamo
qui
per prendere una cosa che vi appartiene e che ci serve. Certo, potremmo
fare
quel che dobbiamo e andarcene per la nostra strada, ma... non sarebbe
divertente. Ci avete fatto soffrire le pene dell'inferno, non possiamo
certo
andarcene senza aver ripagato il favore. Riusciremo dove le nostre
antenate
fallirono. Prenderemo la Fiamma del Drago».
Io e Daphne
ci guardammo con il gelo nel sangue, quelle parole significavano solo
una cosa:
qualcuno sarebbe morto di sicuro. Eravamo entrambe convinte che ci
avrebbero
ucciso davanti ai nostri compagni, trafugato i nostri poteri e poi si
sarebbero
liberate degli altri.
‘Cosa
poteva esserci di peggio’, pensai. Oh, quanto mi sbagliavo...
Come se ci
avesse letto il pensiero, Darcy fece una smorfia infastidita.
«Oh
no,
no, no, no, non avete capito proprio niente. Noi non alzeremo un dito.
Ci
siederemo qui, a goderci lo spettacolo. Ci serve una sola Fiamma del
Drago, sta
a voi decidere quale prenderemo».
Risero,
risero forte, ma io non sentii assolutamente nulla: intorno a me i
suoni si
fecero ovattati e lontani. Non poteva essere reale quello che stavo
vivendo,
non stava succedendo davvero. Incrociai lo sguardo di Daphne e vidi il
dolore
sconfinato di una donna che aveva appena riassaporato la vita:
abbassò gli
occhi e pianse silenziosamente. Non ci stavo. Non potevo.
«Daphne,
ascoltami! Non posso, non possiamo! Cerchiamo di pensare ad un'altra
soluzione,
io non... ti prego...»
Soffocai i
singhiozzi a fatica mentre cercavo di mettere insieme delle frasi di
senso
compiuto. Lei camminò piano verso di me, mi
accarezzò il viso e sorrise, per
poi abbracciarmi e sussurrarmi poche parole: «Bloom,
sorellina mia. Non abbiamo
scelta, o moriranno tutti. Già una volta ho dato la mia vita
per te, tesoro
mio. Lo rifarei altre mille volte, e lo farò adesso.
Sarà difficile, quasi
impossibile per te, lo so, ma devi trovare la forza di...
uccidermi».
Una furia
incandescente iniziò a divampare nel mio petto: avevo
ritrovato mia sorella da
così poco tempo, non era giusto, non volevo.
«No…
no,
no, ti sei sacrificata già una volta, ora tocca a me! Non
posso, non posso fare
quello che mi chiedi, non posso, è troppo...»
Mi
afferrò
per le spalle con ferrea determinazione e mi guardò con
occhi di fuoco, quegli
stessi occhi che, spesso, ho avuto anche io.
«Mi
strapperei la Fiamma del Drago da sola ma non posso, ok? Quelle
vogliono
vederci combattere a vicenda, se non lo facciamo uccideranno tutti! I
nostri
genitori, i nostri amori, i nostri amici! Se loro muoiono, se tutti noi
moriamo, chi le fermerà? Prenderanno la nostra Fiamma del
Drago e
distruggeranno tutto! Miliardi e miliardi di vite! Davvero vuoi portare
questo
peso sulla coscienza?»
Aveva
ragione. Stava cercando di far leva sul mio senso del dovere in modo
palese ma,
chiamatemi pure egoista, ma io non riuscii comunque a muovere nemmeno
un
muscolo.
«Io
non
posso, Daphne...»
A quel
punto, successe una cosa che non saprei descrivere a parole: lei si
allontanò
da me con un'espressione che mai le avevo visto in volto, quasi folle,
totalmente in balia della disperazione. Si voltò e
caricò due sfere infuocate
in entrambe le mani, pronta ad attaccarmi.
Dopo che
la nostra missione per salvare gli animali magici fu conclusa,
restituimmo il
potere Butterflix e Tynix tornando al Bloomix, quindi i nostri attacchi
erano
potenzialmente letali; anche se non era ancora trasformata, quelle
masse
incandescenti potevano tranquillamente mandarmi all'altro mondo.
«Bloom...
non mi sono sacrificata per poi doverti uccidere. Si vede che questo
è il mio
destino. Il mio posto non è su questa terra».
Sorrise
amaramente mentre pronunciava quelle parole, mi si spezzò il
cuore.
«Combatti,
sorella. Coraggio!»
Senza
lasciarmi il tempo di ribattere mi lasciò una di quelle
sfere, la quale evitai
con facilità.
«Daphne,
smettila!»
Quella,
però, continuò a lasciare i suoi attacchi, senza
cercare di colpirmi veramente:
mi stava provocando, cercava di farmi innervosire per spingermi ad
ingaggiare
il combattimento. Sarà anche passato poco tempo da quando
eravamo di nuovo
insieme, ma è stata in grado di capirmi fin da subito, come
un libro aperto.
Poi…
ah, maledizione...
maledizione.