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Autore: sgnap97    05/11/2015    2 recensioni
GERITA
Era tutto migliore prima.
Quando il suo superiore non lo costringeva ad una guerra contro il proprio fratello, quando Ludwig non aveva preso possesso della sua casa.
Quando erano liberi.
Quando Germania era diverso, e l'unica cosa che aveva da discutere con suo fratello era che non ne poteva più di mangiare pomodori e che non riusciva a sopportare che Lovino cercasse di allontanarlo da Ludwig.
Quando l'Italia era libera...
Genere: Drammatico, Romantico, Storico | Stato: completa
Tipo di coppia: Shonen-ai | Personaggi: Germania/Ludwig, Nord Italia/Feliciano Vargas
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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REGRETS

GerIta
(an Axis Power Hetalia fanfiction)
by sgnap97

 

Se Shakespeare avesse saputo della sua situazione, ne avrebbe tratto ispirazione per una tragedia. Perché per quanto la storia fosse semplice, non riusciva ancora a credere di dover scegliere tra l'uomo che amava e suo fratello.
Come diavolo si poteva scegliere tra questi due amori così simili e profondi, eppure così distanti ed inconciliabili?
Si passò le mani nei capelli, arricciando sul dito il ricciolo che Ludwig tanto amava. Lo aveva visto strano in questi giorni, aveva anche cercato di capire il perché dei suoi sguardi sfuggenti, della sua improvvisa distanza.
Non se l'era sentita di spiegargli la situazione... Ludwig aveva già fin troppo a cui pensare.
Aveva pensato di raccontargli tutto, di spiegare che le cose con Lovino si erano fatte serie, che non erano più stupidi litigi tra fratelli, che aveva preparato le valigie, che non gli rivolgeva praticamente più parola se non per offenderlo, per dargli del collaborazionista, del traditore.
Del fascista.
Ma con quali parole?
Con quale cuore avrebbe potuto scaricare su di lui anche i suoi problemi personali. Sapeva che le cose non stavano andando come sperava, sapeva che la battaglia con Arthur era persa, che Ivan gli aveva dato una batosta in Russia e che iniziava a temere lo scontro con Alfred.
E non riusciva a non sentirsi responsabile di tutti i suoi guai.
Se solo non fossi così sbadato...
Se solo avessi ascoltato i tuoi consigli quando mi addestravi...
Se solo...
Quanti rimpianti. Troppi.
Per non parlare dei litigi che si facevano sempre più frequenti con Lud. Come se quelli con Lovino non bastassero.
“Sei distratto.”
“Sei freddo.”
“Stai diventando cattivo.”
“Stai diventando violento.”
Non si era reso conto che Ludwig stava così cambiando. Forse l'amore lo aveva reso cieco, sordo.
“Ti porti il lavoro a cosa?”
Ludwig lo aveva guardato con il cappello della divisa ben calcato sui capelli biondi. Stringeva i fogli sotto braccio con l'aquila bifronte del Reich ricamata in oro sulla cartella in pelle. Alzò semplicemente le spalle, quasi ignorando la sua presenza.
“Devo risolvere alcune cose. Tu fai come se fossi a casa tua.”
Feliciano si guardò attorno, mordendosi nervosamente il labbro inferiore. Come faceva a sentirsi a casa sua se ovunque si voltava c'erano raffigurazione del Führer ed elogi alla grande Germania?
Non c'era niente che avrebbe potuto illuderlo anche solo per un momento di non essere in guerra. Di essere ancora Feliciano e Ludwig.
Di poter essere di nuovo nudi, senza che una stupida divisa facesse attrito tra il loro amore.
“Doitsu... Ti cucino qualcosa?”
Lo ignorava ancora e ancora, dedicandosi al suo dannatissimo lavoro.
E Feliciano si rendeva sempre più conto di essere solo e di non essere preparato all'abbandono di suo fratello e al cambiamento di Ludwig.
Di non essere preparato al dolore di chi sa di perdere tutto.
“Doitsu!”
“Non adesso Italia.”
“Ludwig...”
“Sono occupato.”
“Lud... devo parlarti.”
“Non ho tempo.”
Era rientrato a testa bassa solo per trovare davanti alla porta di casa un messaggio di Lovino.

Alfred sta arrivando. Presto sarà tutto finito.
Addio.

Deglutì. Era accaduto infine... Se ne era andato.
“Dov'è tuo fratello?” gli aveva chiesto Ludwig, con quel tono indagatorio che ormai usava con chiunque, anche con il proprio compagno.
Aveva sperato che per una volta, una sola singola volta Ludwig fosse venuto per lui, a trovarlo, come faceva sempre prima. Invece nelle sue parole c'era solo l'interesse di sapere dov'è Lovino.
E grazie a Dio Lovino se ne era andato.
“Se n'è andato.”
“Dove?”
“A casa sua.”
“Al sud?”
Feliciano annuiva, notando come Ludwig cercasse di contenere la rabbia. “E' un traditore, Feliciano. Avresti dovuto dirmelo.”
Gli venne naturale mordersi il labbro prima di sussurrare: “E' mio fratello.”
“Quando si rifarà vivo sei tenuto ad informarmi. Lo dovrai arrestare e consegnare a me.”
“E' mio fratello.” ripetè.
Voleva solo mettere in chiaro quelle parole. Come se non fossero evidenti.
No... Non voglio scegliere.
“Italia...” Ludwig cercava di dare una parvenza di affetto in quelle parole, una sorta di antica rimembranza per quello che era tra loro. “Qui comandiamo noi ora.”
Ludwig....
Gli venne naturale sbattergli la porta in faccia, evitare che lo vedesse piangere... Evitare di accusarlo, di cacciarlo... Qualunque cosa.
Qualunque perché potesse conservare il ricordo di quello che era prima.
Prima...
Prima...
Era tutto migliore prima.
Quando il suo superiore non lo costringeva ad una guerra contro il proprio fratello, quando Ludwig non aveva preso possesso della sua casa.
Quando erano liberi.
Quando Germania era diverso, e l'unica cosa che aveva da discutere con suo fratello era che non ne poteva più di mangiare pomodori e che non riusciva a sopportare che Lovino cercasse di allontanarlo da Ludwig.
Quando l'Italia era libera...
Aveva pensato di raggiungere suo fratello, aveva pensato di fuggire, di lasciare ogni cosa e andare via.
Anche se andare via voleva dire mettersi contro Ludwig... Scegliere di essere pronti a combatterlo.
Ad ucciderlo, se mai vi fosse stata l'occasione.
Se mai sarebbe stato doveroso.
Ma come si può scegliere.... Come si può decidere tra la vita del fratello o del compagno... Come...
Si asciugò le lacrime quando sentì bussare alla porta. Era strano. Ultimamente Ludwig non bussava mai... Semplicemente entrava e prendeva ciò che voleva.
Anche se era una persona.
“Chi è?”
“Sono io...” Ludwig si schiarì la voce. “Feli... Posso entrare?”
Gli andò ad aprire, stupendosi di quanto Ludwig fosse in disordine, con la divisa aperta e i piedi scalzi, liberi dai pesanti stivali in cuoio.
“Che cosa vuoi?”
Cercava di mantenere un tono duro, ma la paura e la delusione, lo rendeva sommesso e rassegnato.
“Ho bisogno di te...”
Ludwig... Il suo Ludwig stava piangendo?
Era un pianto così leggero, poche stille di lacrime che bagnavano lentamente le sue guance, per poi scendere fino alle labbra e tingerle di salato.
Ludwig aveva un pianto da soldato.
Non come il suo... che sembrava più da ragazzina liceale in preda agli ormoni.
“Sono solo Feli... Sono solo e mi sta crollando il mondo addosso. Io...” deglutì. “Io ho paura, Feli.”
Lo abbracciò, quasi gettandosi contro di lui. Lo strinse, ignorando la differenza di altezza e la muscolatura pronunciata che lo faceva essere così grande in confronto a lui. Appoggiò la testa al suo petto per sentire il suo cuore impazzito che batteva, batteva...
Batteva ancora per lui!
E allora perché era così cambiato, perché era diventato un tale mostro?
Perché Ludwig, perché?
“Feli... Io non volevo... Io...”
Ludwig, proprio lui, non riusciva a trovare le parole. Proprio lui che era sempre così duro, così pronto a riprenderlo con quel tono severo.
“Ho paura... Se non eseguo gli ordini, io...”
“Non sei più solo.”
Italia.
La nazione fuggitiva, traditrice, codarda.
“Ci sono io, ne usciamo insieme... Siamo alleati, ricordi?”
Gli porse il mignolo, come quella volta quando stipularono il Patto d'Acciaio. Cercò di sorridergli, ingoiando le lacrime e cercando di starsene tranquillo.
“Siamo alleati.”
Glielo prese, prima di passargli la mano attorno al collo e baciarlo, con quelle labbra salate.
Quanto gli erano mancate quelle labbra...
E quei baci.
Così dolci, così spontanei...
Così caldi e sentiti.
Finalmente.
“Vorrei che non ci fosse più la guerra, Feli.” sussurrò. “Vorrei che tutto tornasse come prima.”
“Non può...”
“No, non può.”
La sua voce era tornata fredda, quasi spaventata. “Non si può.”
Feliciano aveva paura, ancora una volta. Poteva perderlo, ancora una volta...
Come aveva perso Sacro Romano Impero.
Come aveva perso Lovino.
“Feli, io torno in Germania.”
Appoggiò la fronte contro la sua, carezzandogli i capelli ed arricciando quel ricciolo ribelle che gli spuntava dalla testa. “Torno a casa, ma tu... Tu sarai salvo, Feli.”
Cercava di sorridergli, di consolarlo, di fare passare tutto come se fosse niente. “Presto Alfred sarà qui, assieme a Lovino e tu... Tu sarai libero.”
“Lud...”
“Ti amo, Feli.”
“Lud...”
Fece in un attimo ad allontanarsi, a sparire. Dalla sua vista, dalla sua casa.
Se ne era andato proprio come tutti gli altri...



Avrebbe voluto che Feliciano fosse lì.
Avrebbe voluto che gli tenesse la mano.
Avrebbe voluto che lo confortasse nel dolore.
Avrebbe voluto potergli chiedere perdono.
Avrebbe voluto poter chiedere perdono a tutti.
Eppure l'unica cosa che riusciva a fare era tenersi la ferita e guardare come il sangue si propagava tra le sue mani. Quello stesso sangue che si propagava a terra, e bagnava il suo fucile.
E pensava.
Pensava agli anni che aveva perso, alle vite che aveva distrutto.
Alle persone che aveva perso.
E adesso, mentre moriva per la sua amata Germania avrebbe voluto tornare indietro.
Se solo fosse stato possibile...
Se solo...
Troppi, troppi rimpianti per un ragazzo che aveva poco più di vent'anni.
Feliciano...
Sorrise.

Mi dispiace, Feliciano... Non volevo abbandonarti ancora. 







 



ANGOLO DELL'AUTRICE:
Questa è la mia prima fanfiction su Hetalia (fare l'università di storia ed appartenere al fandom hetaliano è un grave errore. GRAVISSIMO). Spero vi posso piacere, non riuscivo a non scrivere qualcosa sulla mia amata GerIta. Fatemi sapere cosa ne pensate!
Baci ** 

Sgnap.

  
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