L’idea di avere un coinquilino non gli era mai piaciuta. Dopo gli anni passati in istituto, tra bambini urlanti e suore invadenti, un po’ di silenzio e solitudine sarebbero stati decisamente graditi. In ogni caso, non aveva mai avuto uno spiccato talento per le relazioni sociali, per cui comunque non sarebbe stata una grande mancanza.
Peccato che, per quanto lo desiderasse, la sua opinione non aveva alcuna influenza sul sistema universitario e, in particolare, sull’assegnazione dei dormitori alla Lutwidge. Motivo per cui quel buffone era lì, alla porta della stanza, con la valigia alla mano e gli occhi chiari che saltavano da una parte all’altra della camera pronti a giudicare i suoi gusti e le sue scelte di vita. Leo lo scrutò, giusto qualche secondo, da sotto le ciocche scure. Non abbastanza da capire realmente qualcosa di lui, il tempo di constatare che il suo viso fastidiosamente attraente e la sua espressione genuinamente sorpresa gli provocavano una sensazione di calore che gli dava il nervoso.
Stabilito quello, tornò a rivolgere tutte le sue attenzioni al volume scolorito che teneva tra le mani, fingendo di ignorare il colpo di tosse dell’altro – probabilmente un tentativo di schiarirsi la voce o attirare la sua attenzione, osservò.
- Ciao, siamo stati assegnati nella stessa stanza. Io sono Elliot Nightray, piacere. – il suo tono era freddo, ma non scortese.
Elliot non aveva bisogno di sapere altro e lui non aveva la minima voglia di intavolare una conversazione, per cui mormorato il suo nome e quindi conclusa quella formalità, tornò a concentrarsi completamente sulla lettura, beandosi di quel silenzio disturbato solo dai rumori appena udibili che provocava l’altro sistemando le sue cose.
Tutto liscio, senza intoppi, al punto in cui Leo per un attimo si trovò quasi a pensare che, tutto sommato, dividere la stanza con quel tipo per qualche anno non sarebbe stato male. Per un attimo, appunto. Perché in quello successivo il signor Idiota, con la grazia pari a quella di un elefante indiano zoppo, pensò bene di urtare con un gomito i libri che aveva accuratamente sistemato dietro la porta, facendoli cadere. Non contento, poi, prese anche ad urlare idiozie come “non puoi seminare le tue cose in giro per la stanza come se fosse solo tua”, “come ti permetti di darmi del cretino” o “smettila di tirarmi libri addosso”.
Fu così che, addirittura superando le sue aspettative, il suo primo giorno al campus finì con il supervisore del piano che lo divideva dal suo compagno di stanza, un occhio nero a deturpare il visino perfettino di Elliot e un labbro spaccato.
yo. sono tipo, secoli che non scrivo e millenni che non scrivo su PH e sui miei bambini preferiti. Avevo quest'idea in testa da un po' di tempo, ma l'ispirazione è difficile a trovarsi quindi è rimasta accantonata. Poi la settimana scora mi sono infilata clandestinamente in un gruppo cosplay e ho conosciuto gente bella e boh, mi è venuta voglia(?). Non so cosa dire, se non che i "capitoli" saranno tutti più o meno brevi e veloci come questo, ma I guess è l'unico modo in cui riesco a scrivere senza impappinarmi come non mai. Cercherò di aggiornare regolarmente, ma con la scuola e la mia testa di merda sarà un'impresa ardua. E nulla, spero vi piaccia, come sempre niente di quello che scrive vedrebbe la luce al di fuori della mia testa senza le mie amiche che costringono invogliano a scrivere.