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Autore: albelia    07/11/2015    0 recensioni
"Poi gli anni erano passati, e loro due erano sopravvissuto a tutto. A tutto.
Successo. Successo. Ancora successo. Concerti. Continenti. L’India. Droga. Successo. Ancora droga. Donne. Due matrimoni. Un divorzio.
Erano sempre lì.
Sempre più vecchi, sempre più malandati. Il loro amore si stava trasformando in odio, se ne rendevano conto benissimo. La cosa li divertiva."
Genere: Drammatico, Sentimentale, Triste | Stato: in corso
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: John Lennon, Paul McCartney
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Sigarette, mozziconi, cenere, posacenere, pacchetti accartocciati ovunque. Una nebbiolina sottile e rassicurante. Vestiti buttati alla rinfusa. Fogli di giornale sparsi sul letto e sul pavimento. La chitarra appoggiata con amorevole cura sulla scrivania. Un libro aperto. Una musica straziante in sottofondo
“Sei in ritardo” dice John, aprendo una finestra.
New York si fa spazio in mezzo a loro, con le sue luci insopportabili. La notte entra strisciando, si posa sul comodino, su un disco in vinile cancellato dalla penombra, sulla tappezzeria di un delirante color albicocca.
“Musica classica?”
“Di tanto in tanto. Shostakovic”
“Ah”.
John si accende una Dunhill appoggiato al davanzale.
Solo silenzio e tristezza. Indolenza e noia. Indifferenza dolorosa.
Paul non ci fa caso. Si toglie la giacca, la sciarpa, il berretto. Comincia a mettere in ordine in giro. John borbotta qualcosa a proposito del fatto che non aveva chiamato nessuna domestica, e grazie tante.
“Non lo sto facendo per te”.
Ma non è vero. Come non lo è mai stato.
Non lo sto facendo per te.
Era tutta la vita, che cercava di giustificarsi.
Guarda che non sono venuto fin qui per te. Guarda che quella canzone non l’ho scritta per te. Guarda che non sto così per te, ho anche i miei problemi, sai.
Ma non era vero.
Era sempre tutto per lui.
Gli risuonano in testa delle parole totalmente non richieste. Torna indietro, al 1966.
 
She no longer needs you…
And in her eyes you see nothing
No sign of love behind the tears
Cried for no one
A love that should have lasted years”
Si trovava con Jane in Svizzera, quando aveva scritto “For no one”.
Un giorno si era presentato a casa e le aveva detto che dovevano andare via, dovevano partire, solo per poco, per staccare un po’, per stare un po’ insieme. Jane ne era stata entusiasta.
Quando poi, nell’albergo nel quale alloggiavano, durante una notta ventosa, Paul gliel’aveva fatta ascoltare, lei quasi quasi si era commossa. Oh Paul, ma è bellissima. Oh Paul, non starai pensando che vuoi rompere con me, non è vero?
Ma certo che no, Jane. Ovvio. È solo che non so, mi è venuta in mente questa cosa. Oggi, mentre stavamo sciando. Non so perché. Non lo so. Certo che sono felice con te. Siamo felici.
Ma la realtà era un’altra.
La realtà era John.
Che due giorni prima aveva cominciato a raccontargli di una donna che aveva incontrato di recente. Una donna bellissima, Paul, dovresti vederla. Giapponese. All’Indica Gallery, a Mason’s Yard. Un tipo splendido. Davvero. Interessante. Sa un sacco di cose. Sicuramente piacerebbe anche a te.
Paul, in quei casi, si trasformava sempre in una sorta di moglie gelosa. Aveva cominciato a rimproverargli tutta una serie di cose, cose che non c’entravano niente con Yoko (questo era il nome della sconosciuta tanto attraente). Nemmeno con Cynthia, se vogliamo andare a vedere.
Era tutto l’insieme. Tutto, da sempre.
Un discorso pieno di pause e contraddizioni e parti insensate.
John aveva reagito malamente, dicendogli di piantarla di fare la ragazzina isterica. Un discorso pieno di cattiveria e di cose che non pensava veramente (ma questo, Paul lo era venuto a sapere solo più tardi).
“Bene, allora per me possiamo anche chiuderla qui”, aveva detto uno dei due, non saprebbe ricordarsi chi.
E l’altro, stupido e orgoglioso, aveva risposto d’accordo, perfetto, non chiedevo di meglio.
E allora meglio fuggire per un po’, allontanarsi dal fumo e dalle lacrime di Londra, ritornare a respirare nella calma cristallina delle Alpi.
 
Poi le cose si erano riaggiustate. A fatica, in modo fragile.
 
Paul gli aveva fatto sentire la canzone solamente più tardi, solo molto più tardi, e l’aveva registrata con Ringo a maggio.
Gli era piaciuta. Davvero. Gli aveva detto che era una delle sue canzoni che preferiva. Ma con quel suo tono mai davvero convinto, quel suo sorriso mai davvero felice. Mai davvero facile.
 
“Guarda che non l’ho scritta per te”.
“No, certo”.
   
 
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