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Autore: vitto00    09/11/2015    0 recensioni
Niente è facile, ma nulla è impossibile.
Perché però qualche volta nella nostra vita commettiamo degli sbagli che sembrano difficili da rimediare?
Recitare nei panni di un personaggio è facile, ma la situazione si complica quando si inizia a provare i sentimenti che si dovrebbe far solo finta di provare e la cosa diventa quasi irrealizzabile quando ci sono di mezzo un matrimonio e un figlio:una famiglia. Jennifer e Colin ormai si conoscono da più di due anni e tra loro c'è da subito stato un bellissimo rapporto d'amicizia, ma forse qualcosa sta per cambiare oppure le loro vite sono già cambiate dal momento che si sono presentati e il loro passato era solamente uno dei tanti ostacoli che il destino li ha posto sulla strada e che insieme dovranno superare.
Genere: Commedia, Fluff, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: colin o'donoghue, Ginnifer Goodwin, Jennifer Morrison, Josh Dallas, Lana Parrilla
Note: Cross-over, Lime, Movieverse | Avvertimenti: Spoiler!
Capitoli:
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CAPITOLO 2

COLIN POV.
Quello che avevo detto a Jennifer era vero, doveva cercare di avanti altrimenti non ne sarebbe più uscita. La conoscevo abbastanza da poter dire che si sentiva confusa, ma troppo poco per poter capire con chi avesse avuto a che fare negli anni precedenti al nostro incontro. Era diventata pian piano sempre più importante nella mia vita e in certe situazione non avrei mai pensato di uscirne se non grazie a lei; e poi mio figlio e Helen l’adoravano letteralmente.
Avevo appena riaccompagnato Jen a casa quando mi ricordai di dover chiamare mia moglie. Mi fece una doccia molto veloce e composi il suo numero stendendomi sul letto ancora con i capelli leggermente bagnati e un asciugamano in vita.
“Amore, ciao!” rispose subito.
“Helen, tutto bene?” chiesi.
“Sì, tutto a posto. Il piccoletto sta già dormendo da un po’ e mi spiace svegliarlo, se domani non hai tanto da fare potresti chiamarlo. Ci manchi tanto.” Disse.
“Anche voi, certo. Lo farò.” Promisi.
“Sai già quando finirai?” mi chiese poi.
“Uhm, in realtà no. Abbiamo appena iniziato per cui non ne ho idea, almeno un paio di mesi credo.” Risposi.
“Capisco, è che ogni anno quando parti non sono preparata. Quando pensi che potremmo venire un weekend?” chiese.
“Mmm, direi che potreste stare anche più di un solo weekend. Potreste venire la prima settimana di febbraio?” proposi.
“Mi sembra un’ottima idea, adesso ti devo lasciare. Buonanotte, ti amo.” Disse Helen.
“Anch’io.” Dissi prima di chiudere la telefonata.
Chiusi gli occhi per qualche secondo, poi mi infilai i boxer e andai dritto a letto. Era quasi l’una, ma non avevo sonno e mi rigirai nel letto per un bel po’. La mattina seguente mi svegliai alle dieci, avevo le riprese solo nel pomeriggio per cui potevo prendermela con comodo. Sbadigliai e mi avviai in cucina. Non ero un buon cuoco, infatti a malapena riuscivo a scaldare il latte quindi mi vestì in fretta. Volevo sapere se Jennifer stesse bene, passai da Starbucks a prendere due cappuccini e guidai in macchina fino a casa sua che non era molto distante dalla mia.
Suonai, ma non rispose. Perfetto starà dormendo, pensai. Tornai in macchina e frugai nel bagagliaio fino a che non trovai il mazzo di chiavi che cercavo. Erano le chiavi di casa sua, me le aveva date nel periodo in cui stava davvero male e io le avevo usate una sola volta: ovvero quando pensavo si fosse quasi uccisa, ma in realtà era solo crollata sul divano dal sonno. Aprì il cancelletto e il portone d’entrata poi salì le scale fino al terzo piano. Misi la chiave dentro la serratura, ma non girava… per forza, avevo inserito quella sbagliata. Presi quella giusta e finalmente aprì la porta di casa. Feci piano perché pensavo dormisse invece quando feci per svoltare in camera sua mi arrivò un calcio nelle parti bassi. Mi aggrappai al comò dolorante e feci una smorfia.
JENNIFER POV.
“Oddio, scusami. Non pensavo fossi tu, ho sentito dei rumori alla porta, stavo per uscire e pensavo fossero ladri o persone malintenzionate. Così sono corsa in camera e…” Dissi mortificata.
“Mmh, magari la prossima volta assicurati che non sia io prima di tirare un calcio con quelli.” Disse indicando i miei anfibi.
“Ti ho fatto tanto male?” gli chiesi.
“Un pochino, ti avevo anche portato il cappuccino…” disse ridacchiando.
“Mica è colpa mia se irrompi in casa senza preavviso.” Mi lamentai facendogli la linguaccia.
“Tu non rispondevi al citofono, per cui pensavo stessi dormendo ancora.” Si difese.
“Ah, probabile. Ero in bagno, mi sa che non ho sentito. Be’, meno male che non stavo dormendo altrimenti mi sarei spaventata ancora di più.” Ribattei.
“Sì, ma non avresti avuti quelli ai piedi.” Precisò.
“Va bene, va bene… in ogni caso, perché sei venuto qua?” chiesi.
“Boh, mi andava. A casa da solo non mi piaceva stare e poi volevo vedere se stessi bene.” Ammise.
“Smettila di preoccuparti, Colin. Dico sul serio, sto bene.” Affermai bevendo un sorso della bevanda che mi aveva portato.
“Mi fa piacere, te l’ho detto, sei la mia migliore amica.” Rispose.
“Secondo te dovrei chiamare mio figlio?” chiese tutto d’un tratto.
“Perché non dovresti?” chiesi.
“Non lo so, ha solo due anni e mezzo però mi sento in colpa.” disse.
“In colpa? Perché mai?” chiesi.
“Non sono un buon padre Jen, dovrei essere con lui e Helen ora.” Rispose.
“Adesso stai sparando un po’ troppe cazzate, sei un padre meraviglioso. Evan è ancora piccolo, ma quando sarà grande capirà che papà ha.” Dissi scuotendo la testa.
“Sì, ma non ha scelto lui di venire al mondo.” Disse secco.
“Immagino che ora debba fartela io la ramanzina… Allora, la farò breve, Colin se sei dall’altra parte del mondo e non sei al suo fianco non vuol dire che non gli vuoi abbastanza bene, ma significa che per lui sopporteresti questa distanza pur di farlo vivere bene. Helen lo sa che la ami e che vuoi bene a tuo figlio e lo so anche io. Potresti capirlo anche tu?” dissi.
“E’ più complicato di così…” sbuffò.
“Quando si dice che una cosa complicata per la verità significa che è molto semplice, ma non si ha il coraggio di spiegarla.” Affermai.
“Non lo so, sono confuso e la distanza mi sta facendo perdere la testa.” Rispose.
“In che senso scusa?” chiesi.
“Boh, io ti giuro che non so più nulla. Non sono sicuro di niente: di mio figlio, del lavoro, del tempo che passa…della mia vita.” Ammise.
“Non c’è niente di male se la pensi in questo modo, Colin, sei un bravo uomo e un buon padre per cui piantala. Hai una famiglia stupenda e sì, un po’ ti invidio per questo.” Confessai.
“Mi invidi? Ma per favore, io dovrei invidiare te. Sei sempre così sicura in tutto quello che fai!” mi rimproverò.
Sorrisi.
“Su, chiamalo.” Lo incitai.
Mi diedi un bacio sulla guancia e tirò fuori il telefono, pensai fosse meglio lasciarlo solo per cui andai in camera mia fino a che non finì la chiamata.
“Allora?” chiesi.
“Dice che sta bene e che non vede l’ora di vedermi e di vederti.” Sorrise.
“Vedermi?” chiesi ridendo.
“Sì, ha detto che gli stai simpatica.” Rispose.
“Ah meno male che esiste un O’Donoghue che capisce…” dissi ironica.
“Pff, vorresti dire che non capisco niente?” fece il finto arrabbiato.
“Mi sembrava ovvio.” Risposi sogghignando.
“JMo, non mi conosce affatto se dice così…” disse avvicinandosi fin troppo tanto che riuscì a sentire il suo respiro sul collo.
“E chi lo dice…” sospirai.
Mi stava fissando le labbra e subito dopo arretrai.
“Andiamo a pranzare da qualche parte?” chiesi senza guardarlo negli occhi.
“Sì, buona idea.” Rispose senza accorgersi di nulla.
Salimmo sulla sua macchina, il silenzio regnava su di noi fino a che non iniziò a parlare.
“Stai bene?” chiese tutto d’un tratto.
“Sì, è tutto okay.” Risposi guardando fuori dal finestrino.
“Uhm… come vuoi.” E di nuovo silenzio tombale fino a quando non ci fermammo in un Mc Donald.
“Mangiamo dentro o in macchina?” chiese.
“Dentro. Non fa niente se c’è tanta gente.” Risposi, nonostante per me fosse meglio se ci fosse stata più gente poiché se fossimo rimasti soli avremmo dovuto parlare molto più seriamente e non mi andava.
Dopo aver preso il cibo ci sedemmo e venti minuti più tardi avevamo già finito tutto. Fortunatamente non avevamo detto molto, quando verso le tre arrivammo sul set però non fui del tutto contenta.
Dovevamo girare un altro bacio e non ero psicologicamente pronta.
“Perfetto, siete pronti? Ciak, azione!” urlò Adam.
Dicemmo le nostre battute dopo di che arrivò il momento del bacio. Colin mi prese un braccio con l’uncino e mi attirò a sé per poi mettermi una mano sulla schiena. Mi sfiorò le labbra con un dito e poi mi baciò prima dolcemente poi con più passione, dopo poco cedetti al movimento delle nostre bocche. Chiusi gli occhi e continuai a baciarlo fino a che non ci urlarono di fermarci e che la scena andava bene.
“Bravi, mi è piaciuta.” Disse Adam sorridendo.
Annuì e mi sedetti sulla prima sedia che trovai.
Ero stanchissima, eppure non avevo fatto nulla di che oggi, a parte mettere a dura prova i miei poveri nervi. Mi scoppiava la testa, ma avrei dovuto aspettare Colin che stava ancora girando dato che stupidamente ero venuta in macchina con lui. Presi il cellulare e andai su twitter, digitai sullo schermo “Confusing” e lo inviai. Ero confusa, non avevo idea di quello che mi ero accaduto, ma sapevo che qualcosa era cambiato.

TO BE CONTINUE

Eii, ecco finalmente il secondo capitolo.
Scusate se ci ho messo un po’, nonostante ciò spero vi piaccia
Al prossimo capitolo, vedrò di aggiornare presto :)
Stay tuned
   
 
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