L’Inferno in un cuore, il Limbo nell’altro.
Voglio Clara
Oswald. Integra. Salva. Viva.
La
tempesta imminente era infine giunta. I Dalek non avevano speranza.
Chi ha il coraggio
di dirmi che lei è morta?
Lo
avrebbe ucciso. Chiunque avesse pronunciato quelle parole.
E
poco dopo i serpenti lo mordevano, lo stringevano, lo tenevano prigioniero. Il
fuoco dorato della rigenerazione lo stava distruggendo, lo bruciava, lo
dilaniava. La vita scorreva via dalle sue vene. Quanti secoli stavi perdendo,
Dottore? Non importava. Nulla più importava. Anche un solo secondo senza Clara
Oswald equivaleva a secoli di dolore represso e sangue inasprito. Rabbia acida
che consumava il suo corpo. Avrebbe la sua rabbia consumato anche i Dalek? Si.
Lo avrebbe fatto. Seppure fosse morto, loro sarebbero morti con lui!
Poi
il buio.
Dov’è Clara!
Ma
quel Dalek continuava a dirgli parole sconnesse. Non lo attaccava e quella
sensazione anomala lo frastornava. Il Dottore era confuso, ma aveva anche
quella sensazione strana di dejà-vù.
Apri la corazza…
pensa che vuoi aprirla!
E
lei era lì. Con i suoi occhi grandi e lucidi persi in quell’espressione da
cucciolo spaventato. Quel volto che lui non riusciva mai a capire e che lo
feriva nell’anima. Perché anche una sola lacrima di Clara Oswald equivaleva a
cento lacrime del Dottore. Perché un solo graffio sulla pelle delicata ed
innocente di Clara Oswald era una ferita profonda, lacera ed infetta nella
carne del Dottore. Clara soffriva ed il Dottore moriva, ancor peggio se era consapevole
del fatto che le sue stesse mani avrebbero potuto far del male alla sua Clara. E
lo avvertì pienamente, il disgustoso marcio sapore dell’orrore, quello acre del
senso di colpa.
Che
fine avevano fatto le su parole?
Quand’è che non
ti vedo?
La
morte nel cuore faceva ancora più male.
Infine
però giunse la redenzione. Fatta di carne e sospiri ovattati: nessuno avrebbe
potuto giudicarlo, se quella notte aveva stretto Clara Oswald tra le sue
braccia. Il corpo nudo di Clara premuto contro il suo a dargli calore, il cuore
di lei che batteva contro il suo petto, il suo sapore sulla lingua ed il
respiro contro il collo; il corpo caldo di Clara tra le sue braccia che gli
dimostrava di essere viva.
***
Clara
guardava quello spettro oltre l’oblò e sentì il suo cuore gelarsi. Avvertiva
dentro di lei un vuoto che non aveva provato in mesi, non da quando… Oh! Il
cuore faceva così male! La mente si rifiutava di accettarlo! non volva credere
a quello che vedeva! Cercava un’altra spiegazione, un trucco, un qualsiasi
indizio che negasse ciò che era purtroppo così evidente.
Poi
arrivò quella chiamata, quel nome sul display che le fece di nuovo battere il
cuore nel petto e quella voce profonda che le ridiede speranza.
Cambia il
futuro, Dottore! Non sono pronta, non puoi lasciarmi, fallo con chiunque verrà
dopo di me ma non puoi lasciarmi dopo avermi dato tanto! Non dopo…!
Se mi ami in
qualche modo… Se mi ami in qualche modo, Dottore…
Quanto
dolore c’era nel silenzio del Dottore, quanto dolore c’era negli occhi gonfi di
Clara e nella sua voce disperata. Quanto dolore a tenerli uniti, in una
conversazione che andava al di là delle leggi del tempo, oltre il vuoto
cosmico, fatto di parole mai dette ed abbracci mancati e desideri repressi. Il
cuore di Clara urlava, con la voce del Dottore Vivo nel suo orecchio ed il
fantasma del Dottore Morto nei suoi occhi…
Fa
male! Fa male, troppo male!
E
faceva ancora male quando avevano capito che quel fantasma in realtà era un
semplice ologramma, perché restava un simbolo di morte. Perché in un qualche
passato alternativo probabilmente il Dottore era morto davvero, o Clara era
morta davvero o forse entrambi lo erano prima che ‘qualcuno’ decidesse di
cambiare il futuro per salvare ‘qualcun altro’.
Nessuno
poteva quindi obiettare se quella notte Clara si strinse al suo Dottore. Pianse
tra le sue braccia, assaporando le sue labbra e la sua pelle. Nessuno poteva
biasimarla se quella notte lo aveva legato a se con la disperazione nell’anima
ed un cuore che non voleva smettere di sanguinare.
***
E poi ci sei tu… con quegli occhi, la tua
gentilezza e la tua… rabbia!Un giorno non ci sarai più e farà così male che il ricordo
mi impedirà di respirare! Ed io scapperò… prenderò la mia cabina blu e scapperò
finchè quel dolore non tornerà di nuovo!
Ed
il Dottore già sentiva nella bocca il sapore acido di quella sofferenza ed i
suoi cuori che battevano un ritmo incoerente e violento. La gola si seccava, la
bocca diventava amara e nella mente correva l’immagine intermittente di una
luce che gli si spegneva tra le mani, la luce di Clara.
Perché
tutta questa morte? Perché proprio ora?
Quante Clara hai
perso, Dottore?
Troppe.
La risposta nella sua mente, ma le parole non vennero pronunciate. Cosa poteva
dire? Rose? Donna? Susan? James? Quanti nomi, Dottore? Quante Clara… una Clara per ogni morte
scampata… milioni di Clara in appena duemila anni.
Guardò
Ashildr negli occhi, leggeva quella domanda che anche lui si era fatto ma la
cui risposta aveva accantonato:
Perché non hai
reso Clara immortale?
Ed
i suoi cuori battevano più forte. La tristezza ingrigiva la sua anima. Non più
per Clara, ma per la giovane donna che aveva davanti a se. Così sola, così
distrutta. Così troppo simile a lui. E non voleva questo per la sua Ragazza
Impossibile.
Clara
era la donna con la quale avrebbe voluto passare l’eternità, con la quale, in
un certo senso, l’avrebbe certamente passata. Ma l’aveva già così profondamente
cambiata, danneggiata, plasmata a sua immagine che non voleva spegnere ancor
più velocemente la sua luce.
Clara
era la sua luce perché mortale. Ed avrebbe fatto male perderla, ma avrebbe
fatto ancora più male perdere la sua innocenza e la sua vitalità.
Clara
gli faceva apprezzare la gioia di vivere, Clara gli faceva apprezzare persino
il tramonto sul Tamigi in una nebbiosa sera d’autunno.
Nella
notte, Clara gli faceva apprezzare persino stare sdraiato, immobile, in un
letto a respirare il suo profumo e guardare il suo sorriso mentre gli dormiva
sul suo petto.
***
Infine
i suoi cuori si erano rotti in mille pezzi. Il canto del corvo ancora non
lasciava la sua mente e quel vuoto cosmico che impregnava i suoi due cuori gli
comprimeva il petto.
Come
hai potuto Dottore? Cosa ti è successo? Hai perso la battaglia più importate,
incapace di difendere l’unica persona per la quale valeva la pena combattere. E
com’è finita?
Tre
simboli tatuati sul collo. Un corpo che non poteva stringere più tra le
braccia.
Oh,
Dottore! Tra tutte le promesse spezzate proprio quella più preziosa è andata in
frantumi!
Ho il dovere di
prendermi cura di te!
Ma
non l’hai fatto Dottore. Non ci sei riuscito…
La
Londra Vittoriana è più oscura e degradata del solito quando il TARDIS atterra
nel porticato di Madame Vastra. Il Dottore apre le porte, attraversa l’atrio e
percorre delle scale. Un fagotto stretto al petto e lo sguardo vitreo perso nel
vuoto. Il freddo pungente gli attraversa la giacca, i brividi del freddo gli raggrinzano
la pelle. Apre una porta, attraversa un corridoio, una seconda porta che poi si
chiude alle spalle. C’è un fuoco quasi spento nel camino, una poltrona vuota
che lo attende e quel fagotto ancora tra le braccia.
“Conosco
quell’espressione…”
La
voce di Vastra interrompe il silenzio, ma non lenisce il dolore. I cuori del
Dottore sono muti, il sangue nel corpo è acqua gelata. Il fagotto si muove, lui
finalmente abbassa lo sguardo sistemandolo meglio tra le braccia quando un
vagito spezza il silenzio.
“Sshhh”
Vastra
si avvicina, si affaccia. Il Dottore canta una ninna nanna in una lingua
sconosciuta ed antica. Passano i minuti, forse ore. Sempre in silenzio, con
solo il crepitio ora vivo delle fiamme nel focolare di fronte a lui. Infine si
alza, raggiungendo Vastra seduta sulla poltrona all’altro lato del camino.
Lascia il bambino nel suo grembo, allontanandosi.
“Finisce
così? Dovresti portarlo con te.”
Il
Dottore si ferma, ma le da le spalle. Sa che Vastra ha capito.
“E’
più al sicuro qui. Ti prego, prenditi cura di lui. Se resta con me morirà. Come
sua madre.”
“Chiederà
di lei. Chiederà di te.”
“Adottalo.
Nascondilo. Tienilo al sicuro.”
“Metà
umano. Metà Signore del Tempo. Ma ha un solo cuore.” Un sorriso triste sul
volto della Siluriana mentre continuava: “Non somiglia a nessuno dei due,
però.”
“Non
era ancora nato quando… Lui è …”
Un
ibrido. Solo come suo padre, ma forte e dolce come sua madre. Il Dottore prende
un respiro profondo e poi continua:
“ L’ho esposto ai venti temporali, non potevo
perdere anche lui. Forse è il TARDIS ad aver scelto il suo… aspetto. Un punto
fisso nel tempo.” E quanto sarcasmo in quelle ultime parole. Come a voler dire
che si, lui avrebbe cambiato la storia se avesse potuto farlo. Quante volte lo
aveva fatto per Clara? Quante volte ancora lo avrebbe fatto? E poi c’era lui,
con la sua carnagione scura e quegli occhi neri. Il punto fisso nel tempo che
gli impediva di tornare indietro. Un bambino che amava ed odiava ed amava
ancora.
“Come
lo hai chiamato?”
“E’
un punto fisso nel tempo. Nemmeno quello ho potuto scegliere io…” Un grugnito, poi
un sospiro mentre sussurra: “Il cognome… Pink. Il nome sceglilo tu, Vastra. Io
so già quale sarà.”
La
donna non osò indagare. Troppo bene conosce quel volto, ormai; troppo bene
conosce le pieghe di quel viso che diventano più spesse e profonde quando il
dolore è troppo forte e le lacrime troppo violente per essere fermate dentro agli
occhi. Quel volto ora nascosto alla vista, ma le spalle piegate si scuotono i piccoli
tremiti che non lasciano dubbio alcuno sulle lacrime che lo stanno rigando.
“Verrai
a riprenderlo, vero?”
Il
silenzio nella stanza si fa spesso e freddo. Il fuoco nel camino perde di nuovo
d’intensità e tutto sembra più buio.
“Un
giorno.” La voce rauca e stanca: “Con un volto diverso, forse. E’ nel futuro il
suo posto.”
Passano
pochi minuti, forse ore. Un fagotto dormiente tra le braccia di una donna
lucertola che canta una ninna nanna terrestre. Bastano pochi vagiti, un pianto
innocente ma tanto disperato per far si che una seconda voce si unisca a quel canto
prima di spegnerlo del tutto.
Il
Dottore raggiunge Vastra e prende suo figlio tra le braccia mentre continua a
cantare. L’accento scozzese s’ inspessisce, qualche singulto ad interrompere
ogni tanto la dolce melodia. Vastra tace, mentre l’antica canzone Gallifreyana
riempie il silenzio e plasma un sorriso sul viso dormiente del bambino.
Quando
la melodia finisce, il Dottore aggiusta il peso del bimbo su un unico braccio
e, con la mano libera, raccoglie un oggetto dalla tasca; osserva il piccolo
oggetto qualche secondo, poi lo muove tra le dita guardando al bambino: un soldatino di plastica rotto che posa nella
mano dell’infante. Nel sonno, le piccole dita si chiudono automaticamente
attorno all’oggetto. Forse quel giocattolo farà per suo figlio quello che ha
fatto per lui quando anch’egli era solo un bambino abbandonato e spaventato; il
Dottore gli sorride, per la prima volta da quando è nato. Gli bacia la fronte
prima di posarlo nuovamente tra le braccia di Vastra e si allontana lentamente
mentre la donna riprende il canto:
“Ti
canterò delle gesta della Ragazza Impossibile e del Dottore. A te che sei loro
figlio. A te piccolo principe, nato dall’unione di due forti guerrieri. I due
guerrieri più forti di tutto l’Universo.”
Un
punto fisso nel tempo.
Una
lacrima che cadeva tra la polvere sul pavimento, il suono del TARDIS in
lontananza ed un vagito che spezzava il silenzio di una notte londinese fredda
ed umida di pioggia.
L’Inferno
in un cuore, il Limbo nell’altro.
“ -Cosa
stai cantando?
-E’ una canzone
triste.
-Come si intitola?
-Io penso… penso
che la intitolerò ‘Clara’…
-Parlami di lei. ”
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Credo
sia chiaro perché il bambino è un punto fisso nel tempo ed a chi sia legato. xD
In
realtà vorrei scrivere una long avventura/romantico con questa storia
dell’ibrido figlio di Clara e Twelve, ma sono un po’ indecisa. Questa doveva
essere una parte di quella eventuale long, ma credo resterà una One-Shot. Vorrei
renderla migliore, quindi magari in futuro la modificherò. Intanto ringrazio
chiunque abbia avuto la gentilezza di leggerla, sperando sia anche apprezzata.
Grazie ancora :)
Intanto…
preparo i fazzoletti per il prossimo doppio episodio di DW T.T Non so come
accadrà, non so perché. So solo che purtroppo dovrà accadere e non voglio che
lo faccia T.T