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Autore: Dark_Water    17/11/2015    2 recensioni
Davros parlava, ma lui quasi non ascoltava. I cuori del Dottore dolevano, urlavano, sanguinavano. Anche un solo secondo senza Clara Oswald equivaleva a secoli di dolore represso e sangue inasprito. Rabbia acida che consumava il suo corpo
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Infine i suoi cuori si erano rotti in mille pezzi. Il canto del corvo ancora non lasciava la sua mente e quel vuoto cosmico che impregnava i suoi due cuori gli comprimeva il petto.
Come hai potuto Dottore? Cosa ti è successo? Hai perso la battaglia più importate... e com’è finita?
L’Inferno in un cuore, il Limbo nell'altro.
Minor Character Death e Spoiler!
Genere: Angst, Drammatico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Altri, Clara Oswin Oswald, Doctor - 1, Doctor - 12
Note: Missing Moments | Avvertimenti: Spoiler!
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L’Inferno in un cuore, il Limbo nell’altro.

L’Inferno in un cuore, il Limbo nell’altro.

 

 
Davros parlava, ma lui quasi non ascoltava. I cuori del Dottore dolevano, urlavano, sanguinavano. Era come se dentro di lui si fosse conficcata una lama incandescente che oltre a bruciare lo lacerava dall’interno; forse era per questo che la sua rabbia era esplosa, forse era per questo che aveva privato di un moribondo del suo sostegno vitale, abbandonandolo su un pavimento freddo a morire lentamente in chissà quanto dolore.

Voglio Clara Oswald. Integra. Salva. Viva.

La tempesta imminente era infine giunta. I Dalek non avevano speranza.

Chi ha il coraggio di dirmi che lei è morta?

Lo avrebbe ucciso. Chiunque avesse pronunciato quelle parole.

E poco dopo i serpenti lo mordevano, lo stringevano, lo tenevano prigioniero. Il fuoco dorato della rigenerazione lo stava distruggendo, lo bruciava, lo dilaniava. La vita scorreva via dalle sue vene. Quanti secoli stavi perdendo, Dottore? Non importava. Nulla più importava. Anche un solo secondo senza Clara Oswald equivaleva a secoli di dolore represso e sangue inasprito. Rabbia acida che consumava il suo corpo. Avrebbe la sua rabbia consumato anche i Dalek? Si. Lo avrebbe fatto. Seppure fosse morto, loro sarebbero morti con lui!

Poi il buio.

 

 

Dov’è Clara!

Ma quel Dalek continuava a dirgli parole sconnesse. Non lo attaccava e quella sensazione anomala lo frastornava. Il Dottore era confuso, ma aveva anche quella sensazione strana di dejà-vù.

Apri la corazza… pensa che vuoi aprirla!

E lei era lì. Con i suoi occhi grandi e lucidi persi in quell’espressione da cucciolo spaventato. Quel volto che lui non riusciva mai a capire e che lo feriva nell’anima. Perché anche una sola lacrima di Clara Oswald equivaleva a cento lacrime del Dottore. Perché un solo graffio sulla pelle delicata ed innocente di Clara Oswald era una ferita profonda, lacera ed infetta nella carne del Dottore. Clara soffriva ed il Dottore moriva, ancor peggio se era consapevole del fatto che le sue stesse mani avrebbero potuto far del male alla sua Clara. E lo avvertì pienamente, il disgustoso marcio sapore dell’orrore, quello acre del senso di colpa.

Che fine avevano fatto le su parole?

Quand’è che non ti vedo?

La morte nel cuore faceva ancora più male.

Infine però giunse la redenzione. Fatta di carne e sospiri ovattati: nessuno avrebbe potuto giudicarlo, se quella notte aveva stretto Clara Oswald tra le sue braccia. Il corpo nudo di Clara premuto contro il suo a dargli calore, il cuore di lei che batteva contro il suo petto, il suo sapore sulla lingua ed il respiro contro il collo; il corpo caldo di Clara tra le sue braccia che gli dimostrava di essere viva.

 
***

 
Clara guardava quello spettro oltre l’oblò e sentì il suo cuore gelarsi. Avvertiva dentro di lei un vuoto che non aveva provato in mesi, non da quando… Oh! Il cuore faceva così male! La mente si rifiutava di accettarlo! non volva credere a quello che vedeva! Cercava un’altra spiegazione, un trucco, un qualsiasi indizio che negasse ciò che era purtroppo così evidente.

Poi arrivò quella chiamata, quel nome sul display che le fece di nuovo battere il cuore nel petto e quella voce profonda che le ridiede speranza.

Cambia il futuro, Dottore! Non sono pronta, non puoi lasciarmi, fallo con chiunque verrà dopo di me ma non puoi lasciarmi dopo avermi dato tanto! Non dopo…!

Se mi ami in qualche modo… Se mi ami in qualche modo, Dottore…

Quanto dolore c’era nel silenzio del Dottore, quanto dolore c’era negli occhi gonfi di Clara e nella sua voce disperata. Quanto dolore a tenerli uniti, in una conversazione che andava al di là delle leggi del tempo, oltre il vuoto cosmico, fatto di parole mai dette ed abbracci mancati e desideri repressi. Il cuore di Clara urlava, con la voce del Dottore Vivo nel suo orecchio ed il fantasma del Dottore Morto nei suoi occhi…

Fa male! Fa male, troppo male!

E faceva ancora male quando avevano capito che quel fantasma in realtà era un semplice ologramma, perché restava un simbolo di morte. Perché in un qualche passato alternativo probabilmente il Dottore era morto davvero, o Clara era morta davvero o forse entrambi lo erano prima che ‘qualcuno’ decidesse di cambiare il futuro per salvare ‘qualcun altro’.

Nessuno poteva quindi obiettare se quella notte Clara si strinse al suo Dottore. Pianse tra le sue braccia, assaporando le sue labbra e la sua pelle. Nessuno poteva biasimarla se quella notte lo aveva legato a se con la disperazione nell’anima ed un cuore che non voleva smettere di sanguinare.

 
***

 I loro discorsi più importanti sembravano sempre legati ad un granaio. Ma questa versione del Dottore con le parole e con i sentimenti sembrava andarci più d’accordo che mai. Quel modo unico di rendere la sua Clara speciale, quel tamburo nel suo petto battuto da un doppio battito dei suoi cuori gemelli mentre per la prima volta da secoli riusciva a metter fuori le emozioni.

 E poi ci sei tu… con quegli occhi, la tua gentilezza e la tua… rabbia!Un giorno non ci sarai più e farà così male che il ricordo mi impedirà di respirare! Ed io scapperò… prenderò la mia cabina blu e scapperò finchè quel dolore non tornerà di nuovo!

Ed il Dottore già sentiva nella bocca il sapore acido di quella sofferenza ed i suoi cuori che battevano un ritmo incoerente e violento. La gola si seccava, la bocca diventava amara e nella mente correva l’immagine intermittente di una luce che gli si spegneva tra le mani, la luce di Clara.

Perché tutta questa morte? Perché proprio ora?

 

Quante Clara hai perso, Dottore?

Troppe. La risposta nella sua mente, ma le parole non vennero pronunciate. Cosa poteva dire? Rose? Donna? Susan? James? Quanti nomi, Dottore?  Quante Clara… una Clara per ogni morte scampata… milioni di Clara in appena duemila anni.

Guardò Ashildr negli occhi, leggeva quella domanda che anche lui si era fatto ma la cui risposta aveva accantonato:

Perché non hai reso Clara immortale?

Ed i suoi cuori battevano più forte. La tristezza ingrigiva la sua anima. Non più per Clara, ma per la giovane donna che aveva davanti a se. Così sola, così distrutta. Così troppo simile a lui. E non voleva questo per la sua Ragazza Impossibile.

Clara era la donna con la quale avrebbe voluto passare l’eternità, con la quale, in un certo senso, l’avrebbe certamente passata. Ma l’aveva già così profondamente cambiata, danneggiata, plasmata a sua immagine che non voleva spegnere ancor più velocemente la sua luce.

Clara era la sua luce perché mortale. Ed avrebbe fatto male perderla, ma avrebbe fatto ancora più male perdere la sua innocenza e la sua vitalità.

Clara gli faceva apprezzare la gioia di vivere, Clara gli faceva apprezzare persino il tramonto sul Tamigi in una nebbiosa sera d’autunno.

Nella notte, Clara gli faceva apprezzare persino stare sdraiato, immobile, in un letto a respirare il suo profumo e guardare il suo sorriso mentre gli dormiva sul suo petto.

 
***

 
Infine i suoi cuori si erano rotti in mille pezzi. Il canto del corvo ancora non lasciava la sua mente e quel vuoto cosmico che impregnava i suoi due cuori gli comprimeva il petto.

Come hai potuto Dottore? Cosa ti è successo? Hai perso la battaglia più importate, incapace di difendere l’unica persona per la quale valeva la pena combattere. E com’è finita?

Tre simboli tatuati sul collo. Un corpo che non poteva stringere più tra le braccia.

Oh, Dottore! Tra tutte le promesse spezzate proprio quella più preziosa è andata in frantumi!

Ho il dovere di prendermi cura di te!

Ma non l’hai fatto Dottore. Non ci sei riuscito…

 

 

La Londra Vittoriana è più oscura e degradata del solito quando il TARDIS atterra nel porticato di Madame Vastra. Il Dottore apre le porte, attraversa l’atrio e percorre delle scale. Un fagotto stretto al petto e lo sguardo vitreo perso nel vuoto. Il freddo pungente gli attraversa la giacca, i brividi del freddo gli raggrinzano la pelle. Apre una porta, attraversa un corridoio, una seconda porta che poi si chiude alle spalle. C’è un fuoco quasi spento nel camino, una poltrona vuota che lo attende e quel fagotto ancora tra le braccia.

“Conosco quell’espressione…”

La voce di Vastra interrompe il silenzio, ma non lenisce il dolore. I cuori del Dottore sono muti, il sangue nel corpo è acqua gelata. Il fagotto si muove, lui finalmente abbassa lo sguardo sistemandolo meglio tra le braccia quando un vagito spezza il silenzio.

“Sshhh”

Vastra si avvicina, si affaccia. Il Dottore canta una ninna nanna in una lingua sconosciuta ed antica. Passano i minuti, forse ore. Sempre in silenzio, con solo il crepitio ora vivo delle fiamme nel focolare di fronte a lui. Infine si alza, raggiungendo Vastra seduta sulla poltrona all’altro lato del camino. Lascia il bambino nel suo grembo, allontanandosi.

“Finisce così? Dovresti portarlo con te.”

Il Dottore si ferma, ma le da le spalle. Sa che Vastra ha capito.

“E’ più al sicuro qui. Ti prego, prenditi cura di lui. Se resta con me morirà. Come sua madre.”

“Chiederà di lei. Chiederà di te.”

“Adottalo. Nascondilo. Tienilo al sicuro.”

“Metà umano. Metà Signore del Tempo. Ma ha un solo cuore.” Un sorriso triste sul volto della Siluriana mentre continuava: “Non somiglia a nessuno dei due, però.”

“Non era ancora nato quando… Lui è …”

Un ibrido. Solo come suo padre, ma forte e dolce come sua madre. Il Dottore prende un respiro profondo e poi continua:

 “ L’ho esposto ai venti temporali, non potevo perdere anche lui. Forse è il TARDIS ad aver scelto il suo… aspetto. Un punto fisso nel tempo.” E quanto sarcasmo in quelle ultime parole. Come a voler dire che si, lui avrebbe cambiato la storia se avesse potuto farlo. Quante volte lo aveva fatto per Clara? Quante volte ancora lo avrebbe fatto? E poi c’era lui, con la sua carnagione scura e quegli occhi neri. Il punto fisso nel tempo che gli impediva di tornare indietro. Un bambino che amava ed odiava ed amava ancora.

“Come lo hai chiamato?”

“E’ un punto fisso nel tempo. Nemmeno quello ho potuto scegliere io…” Un grugnito, poi un sospiro mentre sussurra: “Il cognome… Pink. Il nome sceglilo tu, Vastra. Io so già quale sarà.”

La donna non osò indagare. Troppo bene conosce quel volto, ormai; troppo bene conosce le pieghe di quel viso che diventano più spesse e profonde quando il dolore è troppo forte e le lacrime troppo violente per essere fermate dentro agli occhi. Quel volto ora nascosto alla vista, ma le spalle piegate si scuotono i piccoli tremiti che non lasciano dubbio alcuno sulle lacrime che lo stanno rigando.

“Verrai a riprenderlo, vero?”

Il silenzio nella stanza si fa spesso e freddo. Il fuoco nel camino perde di nuovo d’intensità e tutto sembra più buio.

“Un giorno.” La voce rauca e stanca: “Con un volto diverso, forse. E’ nel futuro il suo posto.”

Passano pochi minuti, forse ore. Un fagotto dormiente tra le braccia di una donna lucertola che canta una ninna nanna terrestre. Bastano pochi vagiti, un pianto innocente ma tanto disperato per far si che una seconda voce si unisca a quel canto prima di spegnerlo del tutto.

Il Dottore raggiunge Vastra e prende suo figlio tra le braccia mentre continua a cantare. L’accento scozzese s’ inspessisce, qualche singulto ad interrompere ogni tanto la dolce melodia. Vastra tace, mentre l’antica canzone Gallifreyana riempie il silenzio e plasma un sorriso sul viso dormiente del bambino.

Quando la melodia finisce, il Dottore aggiusta il peso del bimbo su un unico braccio e, con la mano libera, raccoglie un oggetto dalla tasca; osserva il piccolo oggetto qualche secondo, poi lo muove tra le dita guardando al bambino:  un soldatino di plastica rotto che posa nella mano dell’infante. Nel sonno, le piccole dita si chiudono automaticamente attorno all’oggetto. Forse quel giocattolo farà per suo figlio quello che ha fatto per lui quando anch’egli era solo un bambino abbandonato e spaventato; il Dottore gli sorride, per la prima volta da quando è nato. Gli bacia la fronte prima di posarlo nuovamente tra le braccia di Vastra e si allontana lentamente mentre la donna riprende il canto:

“Ti canterò delle gesta della Ragazza Impossibile e del Dottore. A te che sei loro figlio. A te piccolo principe, nato dall’unione di due forti guerrieri. I due guerrieri più forti di tutto l’Universo.”

Un punto fisso nel tempo.

Una lacrima che cadeva tra la polvere sul pavimento, il suono del TARDIS in lontananza ed un vagito che spezzava il silenzio di una notte londinese fredda ed umida di pioggia.

L’Inferno in un cuore, il Limbo nell’altro.

 

 

   -Cosa stai cantando?

-E’ una canzone triste.

-Come si intitola?

-Io penso… penso che la intitolerò ‘Clara’…

-Parlami di lei.  

 

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 Nota:

Credo sia chiaro perché il bambino è un punto fisso nel tempo ed a chi sia legato. xD

In realtà vorrei scrivere una long avventura/romantico con questa storia dell’ibrido figlio di Clara e Twelve, ma sono un po’ indecisa. Questa doveva essere una parte di quella eventuale long, ma credo resterà una One-Shot. Vorrei renderla migliore, quindi magari in futuro la modificherò. Intanto ringrazio chiunque abbia avuto la gentilezza di leggerla, sperando sia anche apprezzata. Grazie ancora :)

Intanto… preparo i fazzoletti per il prossimo doppio episodio di DW T.T Non so come accadrà, non so perché. So solo che purtroppo dovrà accadere e non voglio che lo faccia T.T

 

 

   
 
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