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Autore: lyla96    18/11/2015    0 recensioni
[Un poema epico è un componimento letterario che narra le gesta, storiche o leggendarie, di un eroe o di un popolo, mediante le quali si conservava e tramandava la memoria e l\\\\\\\'identità di una civiltà o di una classe politica.]
Io ero venuto qui per ottenere la fama eterna, ma ho perso te. E senza te, che senso ha tutto questo?
Genere: Erotico, Romantico, Storico | Stato: completa
Tipo di coppia: Yaoi
Note: Missing Moments | Avvertimenti: nessuno
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Che senso ha combattere ora?
Che senso può avere tutto questo ora che non ci sei più tu?
Eri la sola cosa che dava un senso a tutto. Dal mare, al cielo, agli alberi, fino ad arrivare qui. In questa terra maledetta, che ti ha portato via da me. Da quando giocavamo insieme da bambini, non hai mai voluto lasciarmi vincere. E, anche se vincevo, eri l’unico che mi teneva testa, non volevi essere come gli altri per me. E infatti non lo eri, non lo sei mai stato. Non hai idea di quanto mi manchi, di quanto vorrei poterti parlare ancora, poterti toccare ancora.
Mi manca tutto di te: i tuoi capelli, la tua voce, il tuo petto, la tua bocca. Non dimenticherò mai la prima volta che l’ho baciata.
Te lo ricordi?
Tu avevi 15 anni e io 17. Correvamo liberi nelle terre di mio padre in Tessaglia, senza paura, perché non temevamo nulla insieme. Stavamo giocando con le spade, come al solito. Non c’è mai stato un solo nostro gioco che non fosse di guerra, ti piaceva tanto tirare di spada...
Io ti avevo ormai stremato, ma tu non ti volevi arrendere, volevi vincere a tutti i costi.
Ad un tratto tu mettesti un piede in fallo, e senza neanche accorgertene, ti ritrovasti a terra, tra l’erba e le foglie secche d’autunno. Prima che tu ti potessi rialzare, ti puntai la spada alla gola, in modo da bloccarti.
Dio, quanto eri bello! Solo allora me ne resi conto per la prima volta. La natura ti incorniciava il viso, tanto angelico, e così diverso dal mio duro e scuro, che era in contrapposizione con il tuo ghigno derisorio che mi rivolgevi, come se avessi capito i miei pensieri. Io stavo lì fermo e non riuscivo ad aprire bocca, incantato dal tuo sguardo.
Fosti tu a rompere il silenzio:
"E ora che hai vinto, cosa vuoi in premio?"
Non smettevi di guardarmi con quei tuoi occhi terribilmente neri, così come i tuoi capelli, e a mantenere quello sguardo furbo di chi sta cacciando la sua preda.
Come rapito dal tuo sguardo e richiamato dall’odore della tua pelle delicata come un cerbiatto selvatico, distolsi la spada dalla tua gola e la gettai a terra. Lentamente mi misi a cavalcioni su di te, mi chinai sul tuo viso e sussurrai, vicinissimo alle tue labbra "solo te".
D’improvviso risvegliai qualcosa dentro di te, qualcosa di incredibile e di selvaggio. Mi afferrasti per il collo della veste e mi tirasti a te, e senza neanche che me ne accorgessi, le nostre labbra si stavano baciando. La sensazione umida e morbida delle tue labbra mi inebriava la mente e non capivo più nulla, né dove fossimo, né il tempo che passava.
Mi staccai da te quando mi accorsi che le mie mani ti stavano slacciando la veste come scosse da un fremito incontrollabile. Che cosa mi avevi fatto per desiderarti così?
Ti slacciai la corda che usavi per cintura e liberai il tuo corpo nudo. La tua pelle candida risplendeva come di luce propria e quasi mi accecava. Presi a baciarti convulsamente, prima sul collo, poi sul petto, poi sul ventre, e poi sempre più giù.
Non riuscivo a togliermi dalla testa quella tua espressione furba, come di chi avesse colto in trappola un animale selvatico. Nessuno era mai riuscito a catturarmi, e volevo vendicarmi.
Scesi sempre più giù, finché non sentii un tuo gemito. Quella tua voce... quei tuoi versi sembravano quelli di un cigno, ed erano ancora più belli perché sapevo che ero io a darti piacere. Non so per quanto continuai a baciarti, ma ad un certo punto tu afferrasti la mia testa, tirandomi su, e mi dicesti: "aspetta.."
Non avevo più visto la tua faccia per un po’, e mi sorpresi nel vedere che era diventata rossa di desiderio e che piccoli rivoli di sudore ti scendevano dalla fronte.
"Perché?" risposi io con aria di sfida "sei il mio premio, posso fare ciò che voglio."
"Vieni qui" disse. Non dicesti altro, e ti girasti di spalle.
Come richiamato dal canto delle sirene slacciai quello che rimaneva della mia veste e lo gettai da un lato. Con cautela mi chinai su di te, avevi una pelle morbida e calda, colto dal tuo odore presi a baciarti la schiena e lentamente iniziai a farmi spazio dentro di te. Quando fui completamente dentro sentii un altro tuo lamento, più forte stavolta. Non so se era per il dolore o per il piacere o per entrambi, ma non mi interessava in quel momento, io volevo solo il mio premio. Volevo te, volevo sentire i tuoi gemiti e non mi interessava se ti facevo male.
"Tu sei mio" ti sussurrai all’orecchio, ansimante.
"Sono tuo, Achille" mi rispondesti tu.
Mai provai gioia più grande che sentirti ammettere la tua sconfitta, la tua sottomissione a me, il tuo completo e incontrollato amore per me, che ti rendeva mio schiavo.
Finii prima io, non poteva essere altrimenti. Dovevo essere io a decidere del tuo piacere come della tua sofferenza.
Ti girai di nuovo supino, rivolto verso di me. Ti baciai con avidità cominciando a mordicchiarti le labbra.
Nel frattempo con le mie mani esploravo il tuo corpo, fino a raggiungere il centro del tuo piacere e ti sentii gemere da dentro la mia bocca. Sentivo i tuoi versi dalle mie labbra come se fossero i miei. Quando ti feci concludere, ti sentii dire, con la voce soffocata e ansimante, "Ti amo".
Non potei trattenermi dal leccare il tuo collo fino all’orecchio e sussurrarti: "Ti amo anche io. E tu sei mio, Patroclo".
 
Sono passati 15 anni da quando eravamo in quelle praterie. Forse non ce ne siamo mai andati da lì, forse stiamo ancora facendo l’amore e tutto questo non è che un sogno. Ci siamo addormentati nella natura e non ci siamo più risvegliati. Ti prego dimmi che stai solo dormendo, dimmi che ti sentirò ancora parlare, che sentirò ancora quella tua voce dolce.
Perché la tua pelle ora sembra così pallida, prima non era così, ora è livida e dura come il marmo.
Perché non ti alzi, mi guardi, e mi dici che mi ami? Dove stai andando senza di me? Perché vai in un posto dove non posso seguirti?
Guardo di fronte a me le fiamme che ti avvolgono e avverto come una morsa al cuore, ma non posso piangere, i miei uomini non mi rispetterebbero più se mi vedessero. Volto le spalle alla pira e vado con passo deciso alla mia tenda. Ora posso piangere da solo, mi accascio in un angolo e non faccio altro che piangere, ore e ore di fila. Perché non riesco a fermarmi? Perché questo dolore è così forte che mi distrugge il petto come se il mio cuore si fosse rotto?
Che fine hai fatto Patroclo? Perché hai voluto fare questo? Lo sapevi che eri mio e che non mi avresti mai battuto. Che cosa hai fatto? Cosa volevi dimostrare?
Ma non resterai solo. Io non resterò solo.
Non posso stare senza di te. Voglio rivedere di nuovo quell’espressione furba sul tuo volto, voglio di nuovo averti fra le mie braccia e stringerti a me.
Tu sei mio. E non avrò nessun altro al di fuori di te.
Aspettami, sto arrivando. 
   
 
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