Anime & Manga > Kuroshitsuji/Black Butler
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Autore: Subsonica_EFP    19/11/2015    4 recensioni
[..] Era ormai da un tempo indefinito che ci pensava.. [..]
[..] Voleva possedere quell'anima, nel corpo, nella mente, nel cuore pulsante. E poi, strapparlo dal petto, sentirlo battere e leccarne il sangue così inebriante. [..]
[..] Perché nonostante tutto, Cile Phantomhive era un’anima dannatamente pura. [..]
Genere: Angst, Dark, Sovrannaturale | Stato: completa
Tipo di coppia: Shonen-ai | Personaggi: Ciel Phantomhive, Sebastian Michaelis
Note: Otherverse, What if? | Avvertimenti: Incompiuta, Tematiche delicate
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La fine è solo l’inizio: Scacco matto
 
 


''E’ arrivato il momento di impossessarti della mia anima, Sebastian?’’
Questo è il luogo della fine.
 
Quello che seguì fu solo silenzio.
Eppure sento i corvi gracchiare, vorranno quello che rimane del mio corpo, la mia carcassa.
Sebastian potrai lasciargliela se vorrai; gli darai qualcosa, oppure deciderai di farli digiunare..
 
I contorni sfumati:
non si poteva distinguere nient’altro, che non fossero le due sagome a dieci passi di distanza l’una dell’alta.
La nebbia; spessa, avvolgente, inquietante, rassicurante, densa, leggera, immensa. Avvolgeva quel luogo privo di luce, si potevano distinguere due occhi terrificanti, di colore cremisi e un occhio di un azzurro simile solo all’abisso oceanico.
Due occhi, che avrebbero impaurito chiunque, ma non lui.
Il Conte, oramai conosceva quello sguardo.
Lo sguardo del Demone.
Un occhio, che  non era permesso guardare, che avrebbe sopraffatto chiunque, persino lui, in parte.
Il Demone, non si saziava mai di quello sguardo.
Lo sguardo della sua Anima.
 
''E’ questo l’epilogo, mio Signorino.’’
Il tono era atono, ma dagli occhi si poteva scorgere tutta l’eccitazione di quel significato.
 
Non si sarebbe distinto chi fosse stato, o chi era in quel momento: la preda o il predatore.
 
 
I passi di Sebastian riecheggiarono come i rintocchi di un orologio, che decantava lo scorrere del tempo, in quel luogo dove non vi era nulla.
 
 
Meno dieci passi.
Sul viso di Ciel Phantomhive comparve un’espressione rilassata.
Con la consapevolezza di aver portato a termine la sua vendetta, finalmente, poteva andare incontro alla morte.
 
Vedeva la consapevolezza di aver fatto scacco matto.
 
Davanti a se, solo lo sguardo del Demone, che ardeva come le fiamme dell’inferno.
Quelle stesse fiamme che aveva visto bruciare nella sua residenza; quelle stesse fiamme che avevano distrutto il suo casato, la sua famiglia e spezzato la sua vita. Quelle stesse fiamme che gli avevano fatto abbracciare l’inferno.
Ci era abituato.
 
Era rinato da quelle fiamme, ed era giusto che a porvi fine fossero le stesse.
 
 
 
Meno nove passi.
Sebastian passò la lingue  sulle labbra, in modo famelico, non col solito sorrisino dipinto sul volto, non serviva fingere, non aveva bisogno di mentire al suo Signore, non in quel momento.
Ciel aveva lo sguardo puntato nell’altro, mai per un secondo aveva pensato di abbassarlo, con la schiena diritta, fiera.
Sempre orgoglioso e impassibile il suo Bocchan.
Questo aspetto,al demone, aveva sempre attratto più di qualsiasi altro essere umano avesse mai incontrato.
Gli esseri umani erano strane e patetiche creature, cadevano facilmente nelle cose materiali, superficiali; i motivi erano i più superflui, i più disdicevoli.
 
Non ho più interesse, per le anime di bassa qualità.
Il suo Signorino, nel suo intero essere era diverso.
 
Perché nonostante tutto, Cile Phantomhive era un’anima dannatamente pura.
 
Aveva preso talmente tante anime da non ricordare il numero esatto, in più di cinquecento anni, ne aveva consumati di pasti; eppure.. il suo Signorino, ne era certo, fosse l’anima più commestibile che avesse mai avuto l’onere di incatenare.
Aveva celato pochi contratti, pochi meritevoli dei suoi servigi; ma mai nella sua intera esistenza, aveva avuto una rapporto così appagante con l’anima del suo padrone.
 
La sua anima: solamente sua.
 
 
Meno otto passi.
Cominciò a tramutarsi nella sua vera forma.
 
Un leggero spasmo percosse la colonna vertebrale del Conte, senza sapeva se fosse per la paura dell’ignoto che l’attendeva o per l’eccitazione di quell'attimo.
Aveva convissuto con la consapevolezza di quel momento, da quando aveva stretto il contratto Faustiano.                                                                                                  
Il suo occhio, marchiato, internamente nel profondo, glielo aveva rammentato ogni volta negli ultimi cinque anni.
La benda gli ricordava ogni qualvolta si specchiasse, che cosa fosse diventato: un essere dannato.
Ma era stato proprio lui, a voler stringere il patto lì.
Per non poter mai dimenticare, per poter avere la prova tangibile della sua intera esistenza.

Più vicino all’occhio il contratto veniva stipulato, e più questo era forte, imprescindibile.
Correre nelle tenebre non mi provoca nessuna ansia, la mia anima l’ha sempre fatto.
E lui aveva desiderato quel potere, nella sua massima espressione: non un rimpianto, non un ripensamento rimarcavano i tratti del suo viso.
In un posto, in un luogo dove si potesse vedere alla luce del sole, ma che fosse coperto dall’oscurità, un posto dove solo i diretti interessati potevano sapere.
 
Il legame. Indissolubile.
 
Un legame che mai sarebbe potuto essere reciso, un legame che lo costringeva a non poter scappare dal destino che egli stesso avesse scelto. E forse, pensandoci in quegli anni non sarebbe neanche voluto scappare, aveva abbandonato l’idea, o forse, non l’aveva contemplata mai veramente.
Gli sembrava giusto: un pagamento, per un servigio.
 
 
Meno sette passi.
''Cercherò di essere il più appropriato possibile, Signorino.’’
La voce di Sebastian sembrava riecheggiare nel vuoto, il tono era comprensivo ma deciso. Non voleva né usare la parola ‘gentile’, né esserlo. Sapeva che il suo Signorino, non avrebbe gradito.
''No! Voglio sentire tutto, fino all’ultimo brandello della mia anima, che scivola via. Questo è il tuo compito. E’ un ordine, Sebastian.’’
Non voglio sconti, non voglio favoritismi.
Scolpisci il dolore della mia esistenza, nella mia anima.
Il volto del Demone, lasciò la sua aura impassibile, e sembrò per un attimo, uno soltanto, lasciare il posto a un’espressione sorpresa, ma compiaciuta.
Di apprezzamento, apprezzava.
Gli occhi cremisi, si dilatarono leggermente per lo stupore, per poi ritornare a due fessure.
Questo rendeva tutto il tempo, impiegato a fare il maggiordomo del casato, una cosa assolutamente voluta. Voluta perché sapeva che sarebbe stato ripagato con un pasto così appagante, un pasto unico.
 
 
Meno sei passi.
''Fino all’ultimo brandello di anima.. Yes, My Lord.’’
La voce del Demone era sorprendentemente profonda, quasi da poter trapassare la pelle fin troppo delicata e lattea del giovane Conte.
Come desidera.
Le ali nere, bruciate comparvero dalla sua schiena. Il rumore dei passi che riecheggiava, sembrava avere assunto una cadenza più sottile e metallica, un suono cadenzato, quasi altisonante. I capelli corvini più lunghi, man mano che accorciava le distanze; e gli occhi di un accesso rosso cremisi, uguali alle fiamme dell’Inferno, al rosso profondo del sangue che sgorgava da una qualsiasi ferita mortale.
 
L’aura era diventata ancor più densa, come la nebbia stessa che li avvolgeva.
 
Si sarebbe fatto vedere nella sua interezza, nel suo essere.
Solo da lui, solo dal Suo Signore.
Anche se poteva sembrare disdicevole, il Demone desiderava vedere le sensazioni del Conte alla vista della sua vera forma.
''Ha salutato tutti come si deve.. Nel posto in cui andrà,  ad attenderla vi è il nulla.’’
 
Non era una domanda, non voleva esserlo: il Conte lo sapeva, perfettamente.
Tsk, anche dell’ironia macabra.
La mia vita sarà così sempre e per sempre uguale... Proprio uguale, da solo. Non avrò nessuno accanto per il resto della mia esistenza. Per questo motivo, non ho bisogno di salutare nessuno.
 
Ho giocato, ho vinto. I pezzi sulla scacchiera sono caduti uno ad uno.
 
Lo sapeva bene, dal primo giorno in cui aveva stretto il patto.
Non c’era né Inferno né Paradiso ad attenderlo: semplicemente solo. Il nulla nella sua forma più terrificante.
Comparve un sorriso beffardo sul volto fanciullesco.
 
Non importava, non era importante cosa sarebbe successo dopo la morte.
Non voleva saperlo.
Aveva già conosciuto l’inferno, da quando la sua famiglia era stata brutalmente assassinata davanti ai suoi occhi. Da quanto era stato maltrattato, abusato, sodomizzato, spogliato di qualsiasi dignità, ed umiliato; quasi venduto a qualche riccone depravato, come i suoi aguzzini. Aveva già conosciuto l’inferno, servendo come Cane da guardia della regina, servendo tutto quello che c’era nascosto dietro: il loro tradimento.
 
Odiare qualcosa che si era soliti amare è un sentimento così doloroso.
 
Aveva già conosciuto il paradiso, negli occhi azzurri della madre, Rachel, che lo guardavano, cullavano amorevoli. Nei pochi abbracci che gli riservava il padre, Vincent, ma che erano pieni di fierezza e di orgoglio. Nella voce eccentrica e disperata di Madame Red, mentre non era riuscita ad ucciderlo, nei suoi singhiozzi doloranti. Aveva conosciuto il paradiso, nel sorriso dolce e incondizionato di Elizabeth, quel sorriso ingenuo, che nonostante il cambiamento avesse corroso la sua anima, non era mai cambiato ogni qualvolta posava gli occhi nella sua direzione.
 
I suoi servi poi, quegli idioti. Un altro sorriso beffardo comparve sul suo volto.
Non era il caso di essere stucchevole, non gli apparteneva quell'atteggiamento.      
Lui, Ciel Phantomhive conosceva  altri tipi di sentimenti, non certo sentimenti d’amore.
Non abbandonerò l'odio. Se lo facessi di me non rimarrebbe più nulla.
 
 
Meno cinque passi.
Non arrivò risposta, non serviva risposta.
Ciel, non aveva avuto bisogno di salutare nessuno, lì avrebbe ricordarli tutti così.
Voleva solo scomparire: nel nulla. Nel terrificante nulla.
Ci sono cose che non puoi riavere non importa quanto combatti.
 
Era tutto come doveva essere, ed era estremamente soddisfatto di non aver toccato più un’anima da quel giorno. Di non aver sopperito la fame con qualsiasi essere inutile, ma essersi risparmiato per la figura esile difronte a se.
Non aveva mai rispettato quel punto del contratto, ma con il suo padrone, questo se l’era imposto.
Per accrescere il suo appagamento: l’aveva aspettato.
Non provo alcun interesse né nel denaro, né in altre cianfrusaglie create dagli esseri umani. Perché io sono un Diavolo di maggiordomo. E, finché il Signorino era in possesso del contratto io sarai stato il suo fedele schiavo.
Sacrificio, desiderio ed il patto, mi legano al mio Signore.
 
Fino al momento, fino al momento del piacere, fino al momento in cui riscuoterò la sua anima.
 
 
Meno quattro passi.
''Sa, mi dispiace lasciare tutto questo, il mondo umano è interessante.’’
Sul volto dagli occhi cremisi, comparve un sorriso assolutamente falso, un sorriso che voleva essere tutto fuorché rassicurante, più simile ad un ghigno.
Questo il Conte lo sapeva bene, l’aveva visto troppe volte, l’aveva irritato terribilmente ogni volta.
''Tsk, bugiardo, ti avevo detto di non  mentirmi, mai!’’
''Non le sto mentendo. Noto con piacere, che non perde il suo solito tono, a quanto vedo, neanche in una posizione di tale svantaggio.’’
Lo sguardo azzurro, impassibile, incontrava quello cremisi, attraverso la fitta nebbia, poteva percepire il divertimento dell’altro. Fino all’ultimo quel dannato voleva giocare, ma non gli avrebbe mai permesso tale potere.
Mai.
''Io, non sono in una posizione di svantaggio, sei sempre tu la mia pedina. Io ho permesso tutto questo, manovrandoti sulla mia scacchiera.’’
 
 
Meno tre passi.
L’occhio azzurro del Conte brillava come un faro nella notte, la sua pelle diafana era quasi surreale in quell’ambiente intrinseco di malvagità. Ma non sembrava stonare, sembrava in una maniera assolutamente contorta: farne parte, ma al contempo estraniarsi.
I guanti del Demone, vennero portati lentamente alla bocca, e poi sfilati con i denti. Le unghie totalmente nere facevano capolino, insieme al marchio, sul dorso della mano,  quello stesso marchio che rappresentava il suggello.
L’occhio del Conte, cadde per un attimo sul sigillo tangibile della loro unione, per poi ritornare impassibili sugli occhi cremisi. Poteva scorgere meglio la figura del Demone, mai aveva visto la sua vera natura.
''Ah, si.. le pedine non hanno vita propria, forse si potrebbero cambiare le regole della scacchiera.’’
 
 
Meno due passi.
''Che intendi dire..Sebasti..’’
La voce del Conte, divenne  leggermente incrinata, per quella vicinanza.
Alzò lentamente il capo, poteva scorgevi, anche attraverso la fitta nebbia, alcuni tratti terrificanti. Mai aveva visto tanto, mai solo aveva lontanamente immaginato potesse esistere qualcosa di simile.
 
Pietrificato.
 
Non capiva cosa l’altro volesse intendere, sembrava avesse dato inizio ad un nuovo ‘gioco.’
Dove le regole non erano dettate da lui, ma dalla sua stessa pedina, che si volesse impossessare della scacchiera? Ma non aveva senso.. non ora, che aveva davanti il premio tanto ambito.
 
La mano del Demone si alzò lentamente, sembrava che il tempo fosse scandito attimo per attimo da quel movimento fluido ed elegante.
Le dita, andarono a posarsi impercettibilmente sulla guancia diafana del Conte, con un leggero scatto fece incontrare i polpastrelli con la benda, lasciando che quest’ultima scivolasse via, con una pressione decisa ma delicata.
La benda nera che ricopriva l’occhio, prese a scivolare.. man mano attraversando l’aria fino a toccare il vuoto.
''Si faccia guardare, mi permetta di contemplare la mia arte.’’
Con un’espressione seccata a quelle parole, aprì lentamente la palpebra, il suo occhio.  
E un brivido d’eccitazione percorse l’intero essere del Demone.
 
Era lì, davanti al suo Signorino, nella sua vera forma. E nei suoi occhi non traspariva la minima paura, il minimo cedimento; nonostante potesse percepire perfettamente il suo animo inquieto.
Una stella a cinque punte, violacea, comparve nella pupilla, racchiusa in un cerchio. Intorno all’iride, figurava una circonferenza con le medesime sfumature a delinearne i contorni, perfettamente concentrica.
 
Oh, quei cinque anni, sette mese, ventidue giorni, e nove ore.. erano state ampiamente ricompensate per quel momento.
 
Con un leggero spostamento d’aria, scostò una ciocca, blu, impertinente dal viso di quello che era stato il suo padrone.
Un sorriso totalmente inquietante, da lasciare intravedere i denti aguzzi comparve sul viso deformato dal buio, e dalla nebbia.
 
''Cosa vede, mio Signore?’’
 
Da quella risposta, avrebbe preso la sua decisione, avrebbe deciso se era giunta l’ora, per quell’anima di essere inglobata dentro il suo essere, se era giunto il momento tanto atteso, non potendo aspettarsi niente di meglio da essa.
Oppure, se poteva ancora accrescere quell’anima, se potevano ancora giocare, con altre regole stavolta, se poteva la pedina, diventare in modo tangibile, l’intera scacchiera e quindi soggiogare il giocatore.
 
Era ormai da un tempo indefinito che ci pensava..
Quell’anima.. pura, desidero contaminarla, personalmente.
 
''Cosa dovrei vedere? Vedo te, Sebastian.’’
 
Un leggero sorriso compiaciuto comparve sul volto deformato.
Un sorriso vittorioso, completamente contemplativo. Fiero che il suo Signore, era certo, che mai avrebbe potuto dare una risposta diversa, mai quell’essere umano, ancora dai tratti fanciulleschi, perché in realtà era ancora giovane, avrebbe potuto deluderlo.
 
 
Meno un passo.
Risposta giusta; come aveva sempre saputo.
 
''E tu, cosa vedi, Sebastian?’’
Chiese severo.
Nascondeva il tremore con l’irritazione.
La frenesia con l’impertinenza.
 
Con estrema velocità si accostò al visto dell’esile figura; le loro facce erano ad un soffio, poteva sentire il respiro caldo dell’altro in netto contrasto con l’aria circostante, mai aveva provato quelle sensazioni.
Gli occhi cremisi fissi in quelli dell’altro; l’occhio azzurro sembrava un faro nel mare, l’occhio col sigillo era terribilmente bello, estremamente suo.
''Vedo, il mio Signorino.’’
 
Lo sguardo perso del Conte, sembrava mostrare soddisfazione.
''Non si gioca con il cibo, Sebastian.’’ Disse irritato, quasi indignato.
 
Il Demone, sorrise nel modo più terrificante possibile.
Si abbassò lentamente, per arrivare fino al viso dell’altro. Con la lingua tracciò il contorno delle piccole labbra, prima il labbro inferiore e poi quello superiore. Minuziosamente e delicatamente, quasi stesse pulendo un cristallo dal valore inestimabile, da un granello di polvere.
L’espressione del Conte era leggermente stupita, gli occhi dilatati, ma nonostante questo la sua maschera di freddezza non scivolò, anche se vacillò sonoramente.
Ritrasse leggermente il capo all’indietro, impercettibilmente per scostarsi dalla lingua viola, appuntita e lunga, fin troppo lunga per un comune essere umano.
Un ghigno, comparve sul volto demoniaco, all’espressione che vide riflessa negli occhi azzurri.
 
''Se, mi permette.. lei prima, ha parlato di impossessarmi della sua anima, io non ho interesse ad impossessarmi della sua anima, Signorino. Il termine, non è appropriato.’’ Il tono suadente, come una melodia lontana.
Possedere.
Non era ancora pronto a liberarsene, il desiderio di possedere quell’anima era più forte di mettere fino a tutto quello, in quell’istante.
Il solo pensare all’attesa, era più intenso del piacere stesso.
Poiché l’attesa era essa stessa il piacere; di plasmare ancora, di ottenere ancora.
 
Non gli bastava. Ogni briciolo di quell’anima doveva dominare, sovrastare ogni frammento del suo passato, presente e futuro.
 
Doveva contaminarla lui stesso, solamente lui, e poi infine assaggiarla, scomporla, ricomporla e farla a pezzi.
Voleva essere, la macchia nera su quell’anima bianca, causa di ogni suo cambiamento, di ogni suo mutare. Solo così avrebbe potuto bearsi del suo lieto pasto.
Era sicuro che non avrebbe trovato niente di paragonabile, e non era certo allettato di ritornare alla noia del suo mondo, o di suggellare un qualsiasi patto con un inutile essere.
 
Oltre le molteplici leggi del cosmo, che relegavano: Shinigami, Demoni, Angeli.. sarebbe stato in grado di dissipare qualsiasi cosa, sovrastando il mucchio di scartoffie, che regolava quelle stesse leggi, perché lui era:
Michaels.
Poteva scatenare qualsiasi cosa, dalla pesta, alla carestia, alle guerre, distruggere, annientare. Ma non poteva creare, fino a quel momento.
Creare un’anima tutta sua, solamente per sé.
Voleva che quell’anima, dipendesse da lui, nel corpo, nella mente, nel cuore pulsante. E poi strapparlo dal petto, sentirlo battere e leccarne il sangue così inebriante.
 
L’espressione del Conte era spaesata. Si intravedeva dalle iridi cobalto scuro.
Non riusciva a scorgervi niente nell’altro, solo un bagliore diverso, e questo non l’aveva previsto.
 
Con una velocità disarmante, Sebastian azzerò le distanze.
 
Ma, senza mai toccare il corpo dell’altro, se non con la lingua.
Con una leggera pressione, lasciò che la testa del Conte si inclinasse di lato, e vi depositò con il muscolo, una scia umida sul collo delicato, dal lobo fin quasi alla scapola esile.
La pelle, le ossa, il respiro tutto era magnifico.
Tutto era dove doveva essere.
Il sangue, anche quello doveva essere esattamente al posto giusto.
 
Con estrema lentezza, si rimise davanti alla sua preda, o il suo predatore.
 
Inchiodò il suo sguardo a quello del suo Conte, e pian piano mostrò i suoi denti aguzzi, nuovamente. Questa volta, impercettibilmente lì conficcò, sul labbro inferiore dell’altro, che con un mugolio mal trattenuto di dolore si scostò bruscamente.
Un piccola goccia di sangue cadde nel vuoto, mentre un’altra scendeva lungo il mento.
 
Ciel, sentiva la scia umida di saliva, su tutta la lunghezza del collo; come la scia elettrica che attraversò la sua spina dorsale.
Si portò una mano al viso, e col polpastrello intrappolò la goccia, facendola arrivare alle sue labbra, cacciò la piccola lingue e la inglobò.
Gli occhi del Demone sembravano ardere, altamente combustibili, in quell’istante avrebbe voluto fare a brandelli quel corpo. Sotto il suo tocco.
 
''Cos’è che vuoi, Sebastian?’’
Tutto è tranquillo, ma per qualche ragione il mio animo si sente inquieto.
Tutto era fintamente tranquillo.Tremava leggermente, ora provava stupore, non riusciva a capire, e sentiva la testa pesante come se, la fitta nebbia gli stesse entrando nella mente.
Prese l’ennesimo rivolo di sangue che fuoriusciva dal labbro e porse l’indice davanti agli occhi cremisi, sui polpastrelli terribilmente bianchi, si scorgeva perfettamente la macchia rossastra.
 
Sebastian, chiuse per un attimo gli occhi.
Annusò l’odore circostante. Meraviglioso. L’essenza di quel liquido.
Per poi riaprirli.
''E’ questo che vuoi? Mi stai chiedendo il permesso Sebastian?’’
Il permesso di farmi a brandelli..dannato sadico.
Con la lingua che fuoriusciva dalle sue fauci leccò delicatamente il rivolo di sangue dal polpastrello del giovane Conte. Beandosi di quel breve ma appagante contatto, anche se non era abbastanza, e forse mai lo sarebbe stato.
 
Gli occhi sgranati azzurri, fissi su quel momento. Quel frangente, al contempo troppo lento, ed anche troppo veloce. Il senso che scombussolò il suo essere fu indescrivibile: come un scossa di assestamento all’epicentro, una forza di magnitudo capace di radere al suolo qualsiasi cosa.
Tremò dalla paura, dopo anni. Impercettibilmente sentiva l'attanagliarsi alla bocca dello stomaco, le sue viscere contorcersi.
 
''Voglio, possedere la sua anima, e non solo. Possiederò tutto.’’
Renderla mia nel suo intero essere. Di me.. solo di me e per me.
Appartenere interamente a me.
Voglio essere io la causa di qual si voglia sentimento che scateni la sua anima.. mio Signore.
Devastarla io stesso, per opera mia, come un compositore..
 
Gli occhi azzurri si sgranarono, stavolta gli spasmi erano maggiori, malcelati.
Cosa voleva dire? Non poteva intendere nel senso letterale del termine, non poteva intendere.. tutto quello che, quel termine significasse.
Non era possibile.
Il collo dove la scia umida si era posata, sembrava pulsargli maledettamente.
Lui..Lui.. non avrebbe mai più subito quelle umiliazioni, quelle torture, quelle pene.
Non avrebbe più permesso a qualcuno di scombussolare, intaccare la sua anima. Solo lui stesso poteva farlo.
Non sarebbe più stato debole, non poteva soccombere, per questo aveva sacrificato la sua anima, non poteva quella non bastare, più.
Non può.
Per istinto, quasi il suo corpo avesse movenze proprie, portò una mano sul retro della sua schiena, dove aleggiava un altro marchio, a fuoco, segno di un passato che l’aveva condotto fin lì.
Si scostò ancora di più,sebbene Sebastian potesse prenderlo in qualsiasi momento, ma non lo fece.
 
''Credo che abbia fatto bene a non salutare le persone a lei care.’’
Disse il Demone senza muoversi, quasi fosse stato una statua.
 
''Che significa, Se-Sebastian..Non vuoi tenere più fede al contratto?’’
Cercava di prendere respiri profondi, ma si sentiva come in uno dei suoi attacchi di asma.
 
''Non sia mai. Da quel giorno sono stato il vostro fedele servitore. E ho fatto qualsiasi cosa voi desideravate, Signorino.  Vi ho dato la vostra bramata vendetta, ed ora tocca a me, possedere la mia bramata anima. In cambio del sacrificio offertomi e dal piacere. ‘’
 
''Questo non è possibile, non erano questi i patti!’’
La mani erano strette a pugno, le nocche premute spasmodicamente. La voce riecheggiò, alta, quasi le corde vocali bruciavano per quella tonalità.
''Non le sto chiedendo il permesso, mio Signore.’’
Avanti signorino le ho insegnato a sollecitarmi, no?
 
''Tu, non oserai, dannato essere.. non oserai, farmi una cosa del genere.’’
Il tono era forte, ma la voce incrinata, il corpo interamente scosso.
 
''Se come servitore della famiglia Phantomhive, non riuscissi a fare una cosa simile, allora che cosa accadrebbe?!’’
 
Vi ho seguito, non aveva importanza dove sareste andato.
Anche se il trono sarebbe crollato e la corona brillante fosse divenuta arrugginita.
Le ossa vuote si sono accumulate ai vostri piedi; e ora riposeranno nei nostri corpi decadenti.
Sono restato accanto alla vostra figura.
Finché l'ultima campana non è suonata, fino ad allora..
 
Ed ora.. Voi resterete accanto alla mia.
Giocheremo ancora, ma stavolta con la mia scacchiera.
Scacco matto, mio Signore.

 
 
 
 
 
 
Note*
Ecco qui. Non chiedetemi cos’è, perché non lo so neanche io.. #Nosense. 
Però mi andava di scrivere qualcosa sul rapporto di questi due particolari personaggi, che adoro.
Ho visto l’anime (che trovo magnifico), e sto leggendo il manga.
Non so, se proseguire, con una storia vera e propria.. per ora credo che rimanga una ‘one shot’.


 OVVIAMENTE; Questi personaggi, non mi appartengono, ma sono proprietà degli ideatori; questa oneshot, è stata scritta senza alcuno scopo di lucro.
   
 
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