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Autore: blackmiranda    19/11/2015    3 recensioni
*INCOMPIUTA* Sette anni dopo la battaglia contro Deep Blue, una nuova minaccia si profila all'orizzonte. C'è solo un problema: le Mew Mew hanno definitivamente perso la loro mutazione e non possono più trasformarsi. Di conseguenza, Ryou è costretto a creare una nuova squadra di combattenti.
Riusciranno le nuove ragazze a sopportare il peso della loro missione e ad uscire a testa alta dal confronto con Ichigo, Minto, Retasu, Purin e Zakuro? E chi c'è dietro a questi nuovi attacchi alla Terra?
I nostri eroi saranno costretti ad affrontare un passato dimenticato e un futuro incerto, riscoprendo, passo dopo passo, l'amicizia e l'affetto che li legavano un tempo.
(Anche se dall'introduzione può non sembrare, in questa storia sono presenti tutti i personaggi dell'anime, più qualche "new entry". Mi impegno a dare a tutti loro il giusto spazio, magari sotto una luce diversa).
Era incredibile come nessuno di loro tre fosse riuscito ad essere immune al fascino di quelle umane ibridate. Cosa avevano mai di così speciale, da farli cadere ai loro piedi in quel modo vergognoso? Che diamine di sortilegio avevano gettato su di loro?(Cap.28)
Genere: Azione, Drammatico, Introspettivo | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Nuovo Personaggio, Un po' tutti
Note: nessuna | Avvertimenti: Incompiuta
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28. Hopes and dreams 


 

“Qualcuno ha per caso l'impressione di stare avendo un déjà-vu?” fece Minto sarcastica, incrociando le braccia al petto.

Purin si produsse in un verso di assenso. “Altroché. Questa era la parte del lavoro che apprezzavo di meno...” disse piegandosi in avanti per sbirciare sotto l'orlo del marciapiedi, dove defluiva l'acqua piovana. “Mew Aaaaquaaa, dove sei?” canticchiò a bassa voce, rivolta verso l'oscurità della fessura. Un passante le lanciò un'occhiata incuriosita, fermandosi un attimo, per poi proseguire per la sua strada come se nulla fosse.

Retasu cercò di concentrarsi al massimo delle proprie forze, ma il suo corpo rimase perfettamente normale. Erano all'incrocio dove la sera prima si era improvvisamente illuminata di azzurro, impegnate nel futile tentativo di replicare l'esperienza, ma sapevano perfettamente che la Mew Aqua era elusiva, tanto che nemmeno i sofisticati sensori alieni riuscivano più a captarla.

Eppure, dovevano tentare: il Cristallo era troppo pericoloso per lasciarlo in mani nemiche, e avrebbe potuto dimostrarsi vantaggioso poter nuovamente disporre del suo incredibile potere. Tanto potente da risanare un intero pianeta. Tanto potente da resuscitare i morti, pensò Retasu percorrendo per l'ennesima volta la curva a gomito del marciapiede.

Se avessimo ancora un po' di Mew Aqua, forse...forse..., pensò senza avere il coraggio di completare la frase. Ryou...    

“Non posso credere che Ichigo sia riuscita a schivare anche questa incombenza!” protestò Minto, distogliendola dai suoi cupi pensieri. “A lei va sempre liscia...”

“Aoyama-san aveva un incontro di kendo...” replicò debolmente Retasu, abbassandosi a sua volta e fissando insistentemente il terreno. Al 99% la Mew Aqua si sarebbe dovuta trovare sottoterra...

Ti prego, Mew Aqua...voglio solo salvare Ryou...aiutami...

“Hmpf. Anche questo suona familiare, Aoyama che ha un incontro di kendo.”, borbottò Minto rivolta a nessuno in particolare.

“Reta-chan, che hai?” la chiamò Purin, una nota di preoccupazione nella voce. La ragazza alzò gli occhi da terra, cercando di non lasciar trasparire la tristezza e la disperazione che stava provando in quel momento. Si era ripromessa che sarebbe stata forte, in fondo. “Niente, è solo che...è frustrante, è come essere punto a capo.” mentì. Nessuna di loro sapeva niente a parte Zakuro, e non voleva certo andare a spiattellare a destra e a manca gli affari privati di Ryou.

Lo avrebbero capito da sole, una volta letto il diario.

Trascorsero un’altra manciata di minuti in silenzio, senza sapere bene che pesci pigliare. Retasu considerò seriamente l’idea di mettersi a pregare.

Zakuro, allontanatasi un poco, le raggiunse. “Trovato niente, onee-sama?” le chiese Minto, in un tono che lasciava trasparire un estremo scetticismo. La donna fece cenno di no con il capo. “Non c’è niente qui.” disse in tono neutro, lanciando un’occhiata penetrante a Retasu.

Sono così trasparente, che ogni mio stato d’animo si legge così facilmente? si domandò la ragazza aggrottando la fronte.

Zakuro distolse lo sguardo. “Non la troveremo mai così, è inutile girarci intorno.”

Minto alzò gli occhi al cielo. “Finalmente qualcuno con un po’ di buonsenso.”

“Valeva la pena tentare.” intervenne Purin, mettendosi le mani in tasca. “Coraggio, rientriamo. Magari riusciamo ad allenarci un po’.”

Si incamminarono, Purin davanti a tutte, fischiettante. Minto si mise a parlare con Zakuro di quale kimono avrebbe indossato nella notte di Capodanno, per Hatsumoude(*). Retasu si augurò che quello dell’anno precedente le andasse ancora bene, perché non aveva alcuna intenzione di spendere tempo e denaro per acquistarne uno nuovo.

“Non devi essere così abbattuta, Retasu.” le fece all’improvviso Zakuro a bassa voce, lo sguardo puntato di fronte a sé, come se in realtà non si stesse rivolgendo a lei. Aveva un profumo buonissimo, che in qualche modo trasmise subito a Retasu una sensazione di placida calma. “Verrai con noi a celebrare l’anno nuovo?” le chiese poi la modella, in un tono dolce che le aveva sentito usare rarissime volte.

Retasu la guardò, intimidita. Zakuro sapeva, ma quanto sapeva? Ryou le aveva raccontato della sera prima? Del momento in cui lei gli aveva confessato di amarlo? Di quando si erano baciati?

“Certo, perché non dovrei.” rispose, puntando gli occhi sull’asfalto nero del marciapiedi.

“Immagina di avere un solo giorno a disposizione da vivere.” le fece Zakuro all’improvviso, cogliendola totalmente di sorpresa. “A cosa non potresti rinunciare, in questo tuo unico giorno? Cosa vorresti fare più di ogni altra cosa?”

Retasu sentì gli occhi pizzicarle dietro le lenti degli occhiali. “Non…non lo so.” borbottò serrando le mani a pugno, la testa un vortice di pensieri e immagini confuse.

Zakuro si girò a guardarla. “Allora forse dovresti chiedertelo più spesso.” disse sorridendole, ed era un sorriso pieno di affetto, che quasi le fece bloccare il fiato in gola. “È nobile da parte tua scegliere la via più impervia, ma devi assicurarti di saper reggere la fatica della scalata.”

Retasu deglutì, ricacciando indietro le lacrime. Annuì in silenzio, un muto ringraziamento nello sguardo, e prese un respiro profondo, lasciando che l’aria fredda di fine dicembre le rischiarasse le idee.
 

 
***
 

Pastel osservava sovrappensiero il Chimero addormentato, rannicchiato sul pavimento in lamiera della navicella, il petto e le spalle che si alzavano e abbassavano ritmicamente, la bocca leggermente aperta.

Aveva ancora le sembianze della prima umana a cui aveva sottratto il DNA. Pastel si chiese quali altre sorprese le avrebbe rivelato a mano a mano che la sua potenza cresceva. Non poté fare a meno di provare un moto d’orgoglio: quella era la sua creazione, la sua creatura, il loro asso nella manica. E li avrebbe condotti alla vittoria, ne era certa.

Le lunghe ciglia di Mu tremarono e un lamento le uscì dalle labbra. Pastel non si mosse di un millimetro, scrutando, analizzando, elaborando ogni singolo centimetro della creatura che si trovava di fronte. La sua stessa esistenza era un mezzo miracolo, in realtà. Non era certa che avrebbe saputo riprodurre l’esperimento, anche fosse stata in possesso di tutti gli ingredienti necessari…e non lo era.

Mu aprì gli occhi di colpo, tirandosi su a sedere e stiracchiandosi flessuosa. “Mamma, ho fatto un sogno strano...” le disse grattandosi la testa, i lunghi capelli rossi arruffati.

Pastel represse la smorfia che sentiva affiorarle sul viso ogni volta che l’ibrido la chiamava mamma. “Che cosa hai sognato, Mu?” le chiese in tono neutro, mentre con la coda dell’occhio vedeva Kue emergere dalla sala comandi.

Il Chimero strizzò gli occhi, come a voler ricordare. “C’era un ragazzo…con i capelli scuri…” mormorò trasognato.

Pastel corrugò la fronte. “Che genere di ragazzo?” Kue le si posizionò accanto, incrociando le braccia al petto.

Mu si alzò in piedi con una grazia che, nonostante il suo aspetto umano, non aveva nulla di terrestre. “Un ragazzo umano, credo…o forse no?” rispose con una mezza risatina.

“Hai sognato un essere umano?” intervenne Kue, senza preoccuparsi minimamente di nascondere il disgusto.

Mu si portò le mani sui fianchi. “Era un bel sogno.” protestò con voce acuta, una voce che, come il suo aspetto, era presa in prestito, non sua. Perché il Chimero non aveva una sua voce, o un suo corpo, o una sua mente. Era solo un involucro…

“Gli umani sono feccia.” commentò Kue digrignando i denti. “Anche questa tua mania di assumere un aspetto umano mi fa rivoltare lo stomaco. Ogni volta che ti vedo devo reprimere la voglia di sgozzarti.”

Mu arricciò il labbro, indispettita. “Uuh, dovrei avere paura?” lo punzecchiò facendo un passo avanti. “Io mi piaccio così. Ma forse preferiresti che fossi così?” aggiunse mentre la sua pelle si increspava, i suoi capelli si accorciavano e da rossi diventavano castani e il suo volto assumeva tratti più giovanili.

Kue assottigliò lo sguardo. “Non permetterti di fare insinuazioni simili.” ringhiò, e Pastel iniziò a infastidirsi. Sembravano due bambini quando facevano così…

Mu sogghignò. “Non preoccuparti, tra poco mi assicurerò di procurarmi il DNA della ragazzina in viola che ti piace tanto…”

Fu un attimo: Kue le finì addosso con tutto il suo peso, spingendola violentemente contro la parete iridescente dell’astronave, un braccio schiacciato sul suo collo. “Ripetilo, se ne hai il coraggio!” sibilò, e Pastel dovette alzare la voce, suo malgrado. “Adesso BASTA!” li freddò, piazzandosi di fianco a Kue, uno sguardo che non ammetteva repliche. Quello mollò la presa e Mu si mise istantaneamente a tossire.
“Siete degli idioti, tutti e due. Invece di litigare come due bambini, dovreste pensare a come sconfiggere i nostri nemici!” tuonò la donna in tono autoritario. “Mu, va’ a vedere quali sono le condizioni di Kuchen.” ordinò, congedandola bruscamente.

Il Chimero abbassò la testa, mortificato. “Scusa, mamma.” fece con un filo di voce. Pastel non la degnò di uno sguardo e lei, delusa, si dileguò in fretta e furia.

“Pastel, non mi piace per niente il modo in cui…” iniziò a dire Kue, ma lei non gli permise di terminare la frase. “Taci, Kue. Non hai nulla di cui preoccuparti. Di Mu mi occupo io, e solo io. Voi dovete solo assicurarvi che non le venga fatto del male. Se dovessi sfiorarla di nuovo, te la vedrai con Boundless Green-sama.” disse tutto d’un fiato, sforzandosi di tenere sotto controllo la rabbia. Gli lanciò un’occhiata gelida. “Piuttosto, non ti avevo detto di creare un’altra dimensione in cui trasferirci?!” lo incalzò poi, in tono di superbo rimprovero.

Kue chinò la testa a fatica. Il suo odio era quasi percepibile, come se si trattasse di un’entità a sé stante nella stanza angusta, ma ottenne solo il risultato di farla infuriare ancora di più: Kue non le avrebbe mai fatto paura, non le importava quanto mentalmente instabile potesse essere. Lei era superiore a lui, a tutti loro.

“Ho quasi portato a termine i preparativi.” la informò il compagno cupamente. “Tra poco potremo trasferirci.”

“Sarà meglio. E ora lasciami.” ordinò lei voltandogli le spalle.

Lui ubbidì senza fiatare. Pastel si passò una mano sulla fronte, scostando una lunga ciocca di capelli bianchi dalla tempia, nel tentativo di riprendere il controllo di sé.

Si girò in direzione del punto in cui Mu era sparita, corrugando appena la fronte: quel sogno…ci sarebbe stato da preoccuparsi? Non voleva allarmarsi per qualcosa di insignificante, ma non c’erano dubbi che, qualunque cosa fosse quella in cui il Chimero si stava trasformando, la componente umana era un fattore chiave. Se Mu stava diventando sempre più umana, rifletté, il loro piano avrebbe rischiato di subire dei rallentamenti, o peggio un arresto…no, non avrebbe potuto permettere una cosa del genere.

Pastel puntò gli occhi vitrei sullo scorcio di paesaggio terrestre al di fuori dell’oblò, nient’altro che fronde di alberi che precludevano la vista del cielo. Tutto quel verde, tutta quella vita…tutto quello sarebbe stato loro. Per lei era una certezza, un dogma di fede. Non avrebbero fallito come gli incapaci mandati sulla Terra prima di loro. Deep Blue-sama era stato sconfitto, ma dalla sua sconfitta loro avevano imparato, elaborando nuove strategie, ed erano tornati all’attacco più forti di prima.

Sì, Pastel ne era sicura. Avrebbero vinto, alla fine.
 

 
***
 

Pai terminò di tradurre le stringhe di codice dalla propria lingua a quella terrestre, scostandosi poi per condividere con l’umano biondo il risultato delle ricerche che aveva portato avanti in quei giorni. “Ho forti sospetti che si nascondano da qualche parte in questa zona,” lo informò evidenziando una porzione dell’area di Tokyo sul computer di forma globulare, “ma non riesco a localizzare il punto preciso. Penso che non abbiano ancora creato una nuova dimensione in cui nascondersi.”

“Quindi si stanno nascondendo nella navetta con cui sono arrivati sulla Terra.” concluse il ragazzo, lo sguardo perso nei grafici che si ritrovava di fronte.

Pai annuì. “Come vedi, finché non si faranno vivi loro non è possibile rintracciarli né attaccarli. Inoltre, se mi concedi di essere franco,” soggiunse lanciandogli un’occhiata obliqua, “non credo sarebbe saggio attaccarli nel loro territorio. Avrebbero senza dubbio un vantaggio su di noi, specialmente sulle vostre guerriere. Le dimensioni parallele create dalla mia gente non rispondono necessariamente alle leggi fisiche terrestri e possono essere manipolate in qualsiasi momento.”

Shirogane gli fece un mezzo sorriso che non gli piacque per niente. “È vero, ma li coglieremmo impreparati. Non credo si aspetterebbero mai di venire attaccati nella loro base operativa.”

Pai corrugò la fronte. “Proprio perché non sarebbe consigliabile da parte vostra fare una cosa del genere.”

“Da parte nostra, intendi.” lo corresse freddamente l’umano, senza abbandonare quel sorrisetto palesemente falso. Pai serrò la mascella. “Naturalmente.” concesse, fissandolo negli occhi senza remore. Quell’umano era indubbiamente un genio e, come tale, lo percepiva affine a sé, ma aveva anche un’aria di fastidiosissima superiorità che gli ricordava Kisshu e glielo rendeva istintivamente antipatico. Inoltre, era palese che non si fidava di loro, e questo contribuiva a complicare l’atmosfera generale.

“Saresti in grado di stabilizzare la dimensione aliena, se ce ne fosse la necessità?” gli chiese Shirogane dopo qualche momento, distogliendo lo sguardo e incrociando le braccia al petto.

Fu allora che Pai si rese conto che, nonostante gliel’avesse sconsigliato, aveva tutta l’intenzione di proseguire con quella strategia. La cosa lo indispettì non poco. “Kisshu è l’esperto di dimensioni parallele, sarebbe meglio se questo compito lo affidassi a lui.” rispose in tono cupo.

Fu allora che la porta del laboratorio sotterraneo si aprì con un lieve cigolio e Retasu entrò in punta di piedi nella stanza, reggendo in mano un vassoio. Si scambiarono un’occhiata che durò meno di un secondo, eppure l’alieno avvertì un fastidioso pizzicore alla base del collo, mentre la ragazza arrossì lievemente. Shirogane, che dava le spalle alla porta, si girò a guardarla. “Retasu.” la salutò, una familiarità nella voce che Pai non gli aveva mai sentito usare prima e che faticò ad ignorare. “Che ci fai qui?” continuò mentre la ragazza posava il vassoio sulla parte libera della scrivania.

“È quasi mezzogiorno, e ho pensato che avessi…che aveste fame.” si corresse lei, un sorriso speranzoso dipinto sulle labbra, gli occhi blu che brillavano.

Dannazione, com’era bella. Era come un fiore sbocciato dopo un lungo inverno, il capo ancora un po’ chino, lo stelo tenero e sottile.

Pai non pensava avrebbe mai più potuto posare lo sguardo su di lei. Erano partiti così in fretta, dopo la battaglia. Non c’era stato tempo per gli addii, né forse lui avrebbe voluto dirle nulla. Se n’erano semplicemente andati, e lui aveva imparato a convivere con la mancanza, con la nostalgia, con quel soffocante senso di vergogna che provava ogni volta che si ricordava la forza di quel sentimento appena sbocciato che lo aveva spinto a sacrificarsi in quel modo, per lei. Solo per lei.

Sul loro pianeta, le cose da fare erano tante, e Pai ci si era letteralmente aggrappato, dando tutto sé stesso e impegnandosi a fondo in ogni cosa che faceva, finché piano piano il ricordo di lei aveva smesso di mordergli il cuore, ritirandosi in un angolo remoto della sua mente. L’aveva schiacciato, soffocato, abbandonato a morire.

Quando, infine, la loro regina gli aveva presentato la sua futura moglie, una muta richiesta negli occhi verdi e nello sguardo imperioso, Pai aveva fatto la scelta più giusta, ancora una volta. Da bravo soldato, aveva ubbidito. E ci aveva anche creduto, in quel matrimonio. Aveva sinceramente creduto di amare Kyrie, quando avevano sussurrato l’uno all’altra la loro reciproca appartenenza. Lei era sua, l’unica che avrebbe dovuto amare. Lei, che gli aveva donato un figlio, una famiglia. Eppure, pensò amaramente mentre osservava in silenzio Retasu e Shirogane chiacchierare di fronte al vassoio del pranzo, quando era tornato sulla Terra tutte le sue convinzioni erano crollate in un baleno.

Non era la prima volta che succedeva.

Non aveva mai voluto nulla di tutto quello, ma gli era successo. Era incredibile come nessuno di loro tre fosse riuscito ad essere immune al fascino di quelle umane ibridate. Cosa avevano mai di così speciale, da farli cadere ai loro piedi in quel modo vergognoso? Che diamine di sortilegio avevano gettato su di loro? Gli venne addirittura il dubbio che Shirogane avesse previsto anche quello. Quell’umano era pieno di risorse e Pai era pronto a scommettere che non si sarebbe tirato indietro se ci fosse stata l’occasione di far capitolare il nemico sfruttandone le debolezze carnali. Con Kisshu aveva funzionato clamorosamente…e anche Taruto; Pai sapeva benissimo con chi stesse passando quelle ore buche tra una battaglia e l’altra.

Fece un passo indietro, Retasu che gli lanciava di tanto in tanto occhiate perplesse. No, non voleva ridursi in quello stato. Avrebbe fatto qualsiasi cosa pur di non ridursi come Kisshu.

Senza dire nulla, si congedò, mentre l’umano si faceva offrire un tramezzino e lei gli sorrideva così apertamente da fargli male al cuore.
 

“Uh?” fece Retasu quando Pai sparì dalla sua vista.

“Che c’è?” le chiese Ryou, voltandosi nella direzione in cui la ragazza stava guardando.

“Pai, se n’è…andato.” mormorò lei, improvvisamente triste. Era come se non volesse più avere niente a che fare con lei, realizzò con amarezza. Che cosa gli aveva fatto di così brutto? Si era forse offeso perché non gli aveva offerto da mangiare?

“Avrà avuto da fare.” liquidò la cosa Ryou, addentando il tramezzino che lei gli aveva preparato con le sue mani dopo essere tornata al Cafè. “Wow, c’è un sacco di roba qui dentro…” commentò a bocca piena.

Retasu sorrise, impacciata. “Ti piace? Ho usato il pane integrale, e poi ho pensato che un po’ di verdura non guastasse, e avrei messo anche del pesce però non ne avevo e non ho fatto in tempo ad andare al supermercato, perché lo volevo fresco, e poi ho messo la maionese light…”

Ryou le scoccò un sorriso che le fece bloccare le parole in gola. “Sei dolce a preoccuparti per me, Retasu.” le disse in tono confidenziale.

La ragazza tossicchiò. “Ho solo pensato che ti avrebbe fatto bene mangiare sano.” ammise, indicando il vassoio. “Infatti ho messo anche la frutta. Ti piacciono i mandarini? Sennò chiedo a Keiichiro-san di darmi…”

“Mi piacciono, mi piacciono!” rise lui, fermandola. “Va tutto bene, Retasu. Sto bene.” fece poi, allungando una mano per scostarle una ciocca dal viso. “Tu piuttosto, come va il braccio?”

La ragazza socchiuse gli occhi, godendosi quel breve contatto, il cuore che le si stringeva. “Non sento niente, è come se non mi fossi mai ferita.” disse toccandosi distrattamente l’avambraccio in cui il Chimero mutaforma aveva conficcato i suoi artigli la sera precedente. Non era certo il braccio a farle male…

Dio, quanto ti amo, avrebbe voluto dirgli, e forse lui lo capì, in qualche modo. Le toccò la punta del naso con l’indice, come per sdrammatizzare. “Non riesco a mangiarli tutti, prendine uno anche tu.” suggerì poi, e mentre lei allungava la mano a prendere quello più piccolo lui le scostò la sedia dalla scrivania, per farla sedere.

Al piano superiore, Zakuro, non vedendo tornare l’amica, accennò un sorriso soddisfatto.
 

 
***
 

Era il tramonto quando Kisshu comparve al di sopra del Café, attento come sempre a non farsi vedere da nessuno – non che gli umani si preoccupassero mai di alzare lo sguardo da terra, o almeno la sua esperienza era sempre stata quella. Sbuffò, sedendosi a gambe incrociate sulla cupola rosa. Aveva trascorso tutto il giorno a cercare di triangolare la posizione dell’entrata alla dimensione nemica, ma il segnale era troppo debole per i sensori…così aveva cercato di percepirla grazie al suo istinto, entrando e uscendo da portali creati sul momento, ma non era riuscito a cavarne un ragno dal buco.

Era stanco e frustrato. Sbadigliò, tenendo d’occhio il vialetto del Café, sperando vagamente di scorgere una chioma rossa sotto di sé, ma rimase deluso. Notò invece tre delle nuove Mew Mew uscire poco dopo, chiacchierando animatamente.

“Giuro che non ne posso più!” udì esclamare quella bionda in tono melodrammatico. “Insomma, continua a starmi addosso! Gli ho detto ‘Senti Koichi, ti ho già detto che non mi interessi’ e lui continua. Stamattina mi ha dato le risposte di inglese, e non gliele avevo nemmeno chieste!”

Suika rise, un po’ impacciata. “Poverino, vuole solo essere carino con te! Perché non gli dai una possibilità?”

La bionda – ancora non si ricordava il suo nome – sbuffò sonoramente. “Se volesse davvero essere carino, potrebbe innanzitutto levarsi quelle lenti da fondo di bottiglia dalla faccia, e magari anche un po’ di brufoli…”

Suika sembrava scioccata. “Sei crudele! Non è mica colpa sua se non è poi così di bell’aspetto…”

“È un cesso, Suika. Diciamo le cose come stanno.” replicò l’amica, lapidaria. Kisshu sorrise, suo malgrado.

“Sumomo-chan, davvero, sei cattiva! Dovresti essere più carina, chissà quanto ci sta male lui.” la rimbeccò la ragazza più grande, la sua
 voce che si affievoliva a mano a mano che le tre si allontanavano dall’edificio.

“E a me, nessuno ci pensa? Che mi perseguita, non posso nemmeno andare al bagno che mi aspetta fuori dalla porta!”

“Sì, sei proprio da compatire.” fece la ragazza coi lunghi capelli neri in tono sarcastico.

“Povero Koichi-kun…” commentò Suika, facendosi però sfuggire una risatina.

Stavano per svoltare l’angolo, quando una macchina nera dai vetri oscurati, che era rimasta parcheggiata davanti al Café, si mise in moto. “Obiettivo individuato. Procedo in direzione nord-est.” fece una voce appena percepibile dall’interno dell’abitacolo.

Kisshu corrugò la fronte, raddrizzando la schiena. L’auto svoltò l’angolo, e lui si alzò in piedi, per tenerla d’occhio. Quanto odiava quelle macchine tutte lamiera che sputavano quel gas di scarico repellente e velenoso, il cui odore gli faceva rivoltare lo stomaco! Se avesse potuto, le avrebbe fatte saltare in aria una ad una.

L’auto nera si fermò circa a metà strada, superando le tre ragazzine, e per un momento Kisshu si diede dello stupido. Era solo un’auto, una delle tante, in fondo. Tuttavia, la frase che aveva udito appena lo rendeva sospettoso.

Le Mew Mew risero a voce alta, ma ormai erano troppo lontane perché lui riuscisse a distinguere i loro discorsi. Decise comunque di tenerle d’occhio, del resto cos’altro aveva da fare? Si mosse, andando ad appollaiarsi sul ramo di un albero sempreverde, ben attento ai movimenti dell’automobile scura.

Dopo una decina di minuti di silenziosa sorveglianza, non ebbe più dubbi: quella macchina le stava seguendo.
  
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
(*) Hatsumoude, ovvero la prima visita ai templi nell’anno nuovo.

Che bello tornare dopo tanto(?) tempo! Almeno, a me è parso tanto. ;)
Sono felice perché ho un sacco di idee che mi frullano in testa per questa storia. Spero che per ora le mie idee vi siano piaciute. xP Dopo tutti gli sconvolgimenti emotivi dei capitoli precedenti, questo è un po’ più tranquillo, ma le cose ben presto prenderanno una piega inaspettata… *muahahahah*
Mi dispiace che Kisshu sia un po’ schiacciato alla fine in questo capitolo, Pai ha preso il sopravvento. Nel prossimo capitolo Taruto e Kisshu si vedranno molto di più, promesso! Un abbraccio a tutte quelle che seguono e recensiscono. ;)
 
   
 
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