(SpinOff
#3) JUST MARRIED
Erano
passati quasi cinque mesi da quando Tom
aveva fatto la proposta di matrimonio a Bill e, il giorno dopo,
cominciò con
l’organizzazione di quell’evento che stava
aspettando da tutta una vita. Gli
abiti non erano un problema, a quelli c’aveva pensato
già Tom. Anche il
ristorante, la location e le decorazioni erano state già
decise. Mancavano sole
alcune cose: le fedi, il deejay, gli invitati, i testimoni, il colore a
tema,
il colore dei fiori, le bomboniere, la torta e il vestito al bambino.
La maniacale
fissazione di Bill per l’ordine e la pignoleria, avrebbero
portato solo
risultati positivi. Sarebbe stato il matrimonio dei suoi sogni. Tutto
sarebbe
stato perfettamente al proprio posto. Nulla sarebbe andato storto. Non
il
giorno del suo matrimonio, previsto per il 21 dicembre. Ciò
significava che
Bill aveva esattamente due mesi per ultimare i preparativi.
Fortunatamente,
durante
questi mesi di stress, aveva coinvolto diversi amici e, per giunta,
anche suo
fratello nonché il suo futuro marito. Da solo non ce
l’avrebbe mai fatta e
persino un orgoglioso come lui, ammise che non ce l’avrebbe
fatta senza
l’appoggio di qualcuno. Persino il piccolo Alec –
futuro paggetto – era stato
coinvolto dai papà. Lui aveva scelto le decorazioni e per di
più avrebbe deciso
il colore dei fiori e del tema del matrimonio.
Cinque
mesi erano già
volati. Il giorno delle nozze pareva si avvicinasse alla
velocità della luce e,
più i giorni passavano, più l’ansia
prematrimoniale saliva per entrambi. Presto
sarebbero diventati marito e…marito.
*
Otto
settimane al
matrimonio
«Papà,
quetto mi piace. Quetto coloe è bello pe fioii»
cinguettò Alec, indicando dei
bellissimi girasoli e un color zabaione per i centrotavola.
Bill
prese in mano un girasole e lo osservò
attentamente, come se non avesse mai visto un girasole in vita sua.
«Ti
piace questo, amore?» il bambino non
rispose, sorrise ed annuì. «Va bene Alec, allora
prenderemo i girasoli ed
useremo il color zabaione per i centro tavola.»
«No
ma tranquilli, io non sono rilevante per la
decisione del matrimonio che sto pagando tutto io.» disse Tom
lasciato
indietro. Bill si girò verso di lui con fare da diva
hollywoodiana e si abbassò
gli occhiali a specchio sul naso.
«Non
ti piace il colore scelto da tuo figlio,
Tom? Hai qualcosa da obiettare?»
«Papà
cattivo. A me pace que coloe. Papà butto.»
Alec mise il broncio ed incrociò
le sue braccine al petto guardando con aria di sfida l’altro
papà. Tom si
avvicinò e si chinò sulle ginocchia
accarezzandogli il capo.
«Ma
certo che no, amore. Io sono arrabbiato con
tuo padre, il colore è bellissimo. Avrei scelto anche io
quello.» improvvisamente
il volto di Alec si dipinse con un meraviglioso sorriso e cinse le
braccia
attorno al collo del padre che lo prese in braccio e gli
stampò un sonoro bacio
sulla guancia.
«Perché
dovresti essere arrabbiato con me
Thomas? Ricordati che siam rimasti d’accordo che per i
preparativi me ne sarei
occupato io. Tu non hai il buon gusto come me, caro futuro
maritino.»
«Sono
ancora in tempo per cambiare idea, Bill.»
disse poi scherzosamente, sempre tenendo il bambino in braccio.
«Dillo anche
tu, Alec. Papà può ancora cambiare idea o vuoi
che sposi il papà?»
Alec
penso qualche istante prima di rispondere.
«Mi hai
fatto fae disegno pe papà Bill. Quindi devi pposarlo pe
forza.»
Bill
scoppiò a ridere e inevitabilmente anche
Tom.
«Quindi
vuoi sposarmi solo perché nostro figlio
mi ha fatto il disegno?»
Tom
mise Alec per terra e, dolcemente, avvolse
il viso di Bill fra le mani, baciandolo lentamente. Lo
guardò negli occhi.
«Ti
sposerei a prescindere da tutto.»
Bill
sorrise e l’abbracciò.
«È
proprio per questo motivo che ti amo.»
*
Quel
pomeriggio Alec era andato da Corinne a
giocare e Tom aveva il giorno di riposo, così come Bill. Si
erano voluti
dedicare un intero pomeriggio per loro visto gli ultimi tempi. Sia Bill
che Tom
erano immersi nel lavoro e, per giunta, erano alle prese con
l’organizzazione del
matrimonio. Lo stress era praticamente alle stelle ed entrambi erano
sull’orlo
di una crisi di nervi. Per questo motivo, avevano chiesto gentilmente
ai vicini
di tenere Alec per un po’ e lui, ovviamente, non poteva che
esserne felice.
Fortunatamente aveva stretto una grande amicizia con Corinne e anche la
bambina
sembrava andasse molto d’accordo con lui. Spesso era venuta
anche a lei a casa
loro e si era trovata davvero a suo agio. Vedere il proprio figlio
divertirsi
così gli rallegrava il cuore. Magari un giorno, avrebbero
adottato un altro
figlio, forse una femminuccia.
*
«Era
da tanto tempo che non ci dedicavamo a noi
due. Non trovi, amore?» Tom prese ad accarezzargli i capelli.
Erano appena
usciti dalla doccia ed ora erano sul letto a scambiarsi effusioni
– ancora per
poco –
«Sono
così stanco, Tom. Alcune volte temo di
non farcela. Il lavoro, il matrimonio, Alec, Pumba, la casa...mi sento
un
tuttofare.»
«Tu
sei un bravo tuttofare, Bill. Non credo
potrei farcela senza di te. Cioè, mi sentirei
perso.» lo abbracciò forte come
se non lo facesse da una vita e lasciò che il viso gli
sprofondasse fra il suo
collo.
«Sono
io che mi troverei perso senza di te,
Tom. Lo sai che è così.» Bill
cominciò a baciargli il capo e ad accarezzargli i
capelli. Il suo cuore, in quel momento, palpitava.
«Sai
cosa mi domando, ancora? Nonostante
fossero passati quasi nove anni?» disse poi Tom, guardando
Bill dritto negli
occhi. «Se quel giorno non fossi mai venuto a fare la spesa o
se quel giorno tu
non fossi venuto alla tavola calda o tu non avessi trovato quelle
foto…noi non
ci saremmo mai incontrati, Bill. Non ci saremmo mai più
ritrovati.»
Bill
giurò di aver visto una lacrima rigare il
viso del fratello ma, prima che lui se ne accorgesse,
l’asciugò.
«Tom,
quando due persone sono destinate a stare
insieme, stanne certo che si incontreranno. Cosa ti dissi tanti anni
fa?»
«…se
due amanti commettono suicidio, essi si
rincarneranno come gemelli…»
«Tom…quei
due gemelli siamo noi…»
E
prima che Tom potesse aggiungere altro, Bill
si mise a cavalcioni su di lui cominciando a baciarlo con foga e
passione.
Iniziò a muoversi contro di lui e inevitabilmente, entrambi
si eccitarono.
Iniziò
a privarlo degli indumenti, ormai
diventati inutili per ciò che stava per accadere. Gli
sfilò via la maglia e
prese a baciargli il petto liscio e virile. Gli sciolse il codino
dimodoché i
capelli potessero andargli sul viso una volta scambiate le posizioni.
Faceva
impazzire Bill.
«Ti
amo, Bill.» sussultò Tom, preso dagli
ansimi.
«Ti
amo anche io.» proseguì Bill senza mai
staccarsi dalle labbra del fratello. Tom l’aiutò a
privarsi della maglietta,
gettandola in terra assieme alla sua. I loro petti cominciarono a
toccarsi.
«Ouch!
Fa piano. Il piercing mi fa ancora
male.»
«Già,
mi ero dimenticato del tuo dermal.
Sarà un altro piercing da
leccare assieme a quello sul capezzolo.» maliziosamente Tom
sorrise e, con un
colpo di reni, fece ritrovare Bill sotto di lui. Come immaginava, i
capelli di
Tom cominciarono ad andargli davanti agli occhi, coprendoli in gran
parte.
Delle goccioline di sudore cominciarono a colare lungo la fronte e di
conseguenza, dei ciuffi più corti si appiccicarono ad essa.
«Cazzo,
Tom. Mi fai arrapare da morire conciato
in questa maniera. Cosa cazzo aspetti a scoparmi?»
avvinghiò le gambe al bacino
e le braccia al collo del fratello spingendolo a sé.
«Non
voglio scoparti, Bill. Voglio fare l’amore
con te…come la prima volta. Ti ricordi ancora?»
Bill
sorrise e lo baciò forte.
«Ho
voglia di cambiare, Tom. Voglio provare a
fare una cosa che non abbiamo mai fatto.»
Lo
guardò dritto negli occhi e si morse
sensualmente le labbra. Tom si piegò leggermente in avanti e
cominciò a
succhiargli e mordicchiargli il labbro inferiore.
«Ho
già capito cosa vuoi fare. Ma voglio che tu
me lo dica…»
Bill
ebbe una scarica di adrenalina che andò a
concentrarsi immediatamente nella parte bassa del suo corpo, e Tom non
poté
fare a meno di sentirlo. Avvicinò l’orecchio alle
labbra del fratello e lo
incitò a parlarle. Fu un sussulto. Un flebile suono che lo
portò fuori di
testa.
«Tom…voglio
entrare dentro di te.»
Bill
capovolse nuovamente la situazione,
facendo ritrovare Tom sotto di lui. Lo rinchiuse fra le sue braccia e
lo fissò.
«Non
devi avere paura, Tom. So quello che
faccio.» Tom non rispose, avvolse il viso del fratello con le
mani e lo baciò.
«Non
ho paura, Bill. Ho fiducia in te.» avvolse
le gambe al bacino del fratello e lo attirò a sé.
«No,
amore. Non così. Mettiti a pancia sotto e
prendi la mia mano.» lo rassicurò Bill. Tom
obbedì e si mise in posizione. Bill
ammirò la sua schiena scolpita. Nonostante gli impegni,
riusciva sempre a
trovare del tempo per allenarsi e tenersi in forma. Teneva
particolarmente alla
sua immagine e questo non poteva che rendere Bill un uomo molto felice.
Anche
lui faceva quello che poteva, ma non sarebbe mai arrivato ai livelli di
Tom. Non
perché non gli piacesse, ma perché in famiglia
doveva esserci una sola
perfezione, e per Bill era lui.
«Devi
solo rilassarti. Ti prometto che farò
piano.» cominciò a baciarlo ovunque per poterlo
mettere a suo agio e, piano
piano, cominciò a preparare Tom alla sua presenza.
Tom
non si era mai fatto toccare in quel punto, se
non semplicemente per
provare più piacere inserendovi solo un dito ma, rapporto
completo, non l’aveva
mai provato. Aveva pienamente fiducia nel fratello, ma al contempo, era
terrorizzato.
«Ti
sento tremare, Tom. Non fare così perché
è
peggio. Ricordi la mia prima volta? Ti prometto che non farà
male. Stringimi la
mano.»
Bill
intrecciò la mano con quella dell’amante e
la strinse forte. Cominciò a sussurrargli dolci parole e
ogni tanto, lambiva il
lobo.
«Sarà
bellissimo, Tom. Adesso devi solo
lasciarti andare. Rilassati…» e mentre
sospirò quella parola, lentamente si
lasciò scivolare dentro di lui. Tom quasi urlò a
quel contatto e strinse
automaticamente i muscoli, portando Bill in estasi.
«Tom,
se stringi di nuovo così mi fai venire
immediatamente.» ansimò lui, cercando di uscire
leggermente.
«Cazzo.
Fa-male-da-mo…da morire.» strinse forte
gli occhi e serrò la mano di Bill. Voleva urlare. Ora capiva
cosa Bill provasse
ogni volta che lo facevano. Per Bill, invece, era una sensazione mai
provata
prima. Non l’aveva mai fatto. Era ancora vergine. Tom sarebbe
stato il suo
primo ed ultimo uomo. L’unica persona con il quale aveva
condiviso ogni cosa e
donato sé stesso.
«Tom…oddio
Tom…è una sensazione…
aaah…è una
sensazione meravigliosa, cazzo.» automaticamente
cominciò a spingere più forte
e, pian piano, anche a Tom cominciò a piacere una volta
abituatosi.
«Dimmi
che ti piace, Tom. Dimmi se lo sto
facendo bene…ti piace se faccio così?»
si spinse più a fondo. «E
così?» si fece
ancora più dentro fino a far combaciare alla perfezione i
bacino con il suo
sedere. A quel punto Tom si inarcò di scatto e
gettò la testa indietro. Aveva
toccato il suo punto.
«Cazzo,
Bill. Sì. Si. Mi…mi piace…non
fermati…»
Bill
si chinò fin quando il suo petto non
coincise con la perfetta e statuaria schiena del fratello.
«Adesso
che ho scoperto il tuo punto, non ho
alcuna intenzione di fermarmi.»
*
Bill
si lasciò cadere sfinito di fianco al
fratello che, tentando di riprendere fiato, si accoccolò
vicino a Bill
avvolgendogli il fianco e facendo aderire alla perfezione il suo petto
con
quello del gemello. Inspirò a pieni polmoni il dolce profumo
del suo shampoo
alla vaniglia. Il suo collo odorava di buono e di bagnoschiuma alla
ciliegia.
Sembrava un dolcetto, piuttosto che una persona in carne ed ossa.
«Spero
di non essere stato troppo rude.
L’ultima cosa che voglio è averti fatto del
male.»
C’era
intesa fra loro. C’era sempre stata.
«No,
al contrario. È stato bellissimo. E tu sei
stato dolcissimo, come immaginavo.» gli dette un bacio sulla
fronte e gli
scostò leggermente i capelli appiccicatisi sulla fronte.
«Ancora
non ci credo, sai?»
Il
biondo si rintanò fra le braccia protettrici
di Tom e lui non poté fare a meno di stringerlo ancora
più forte.
«Ti
consiglio di crederci, invece. Perché
presto saremo sposati.»
«Secondo
te…» fece una pausa. «Dovremmo dirlo a
mamma e papà?»
«Cosa?
Spero tu stia scherzando, Bill. Dopo
tutto quello che ci hanno fatto passare? E poi sono quasi dieci anni
che non
abbiamo più a che fare con loro. Non mi importa nemmeno se
siano o meno ancora
vivi, figuriamoci se li voglio al nostro matrimonio. Non esiste
proprio. E non
voglio nemmeno tornare sull’argomento.» disse
quelle frasi con un tono
piuttosto duro e abbastanza arrabbiato ed infastidito, tanto che Bill
si spostò
leggermente e si accovacciò nella propria parte del letto
senza voltasi verso
di lui.
«Era
solo una domanda, Tom. Pensavo fosse
giusta come cosa.»
«Giusto?
Perché loro si sono comportati in
maniera giusta nei nostri confronti?» a questo punto Bill fu
costretto a
girarsi.
«No,
affatto.» rispose lui in tono amareggiato.
«Ecco,
appunto. Ci hanno mentito spudoratamente
e non voglio assolutamente che mettano piede qui, né tanto
meno che sappiano
dove abitiamo. Ma poi come pensi reagirebbero se venissero a scoprire
che ci
stiamo sposando? Che abbiamo adottato un figlio? Bill, sono morti per
noi.
Morti.»
Bill
non rispose. Annuì ripetutamente e si
asciugò gli occhi con l’indice prima che la
lacrima scendesse lungo la sua
guancia.
Vedendolo
triste, Tom si addolcì nuovamente e
la sua espressione si rilassò. Sorrise e si
avvicinò al fratello. Lo baciò di
nuovo.
«Scusami
Tom. Non volevo farti innervosire. È solo
che…non so…magari possono essere cambiati in
questo tempo, non trovi?»
«Tranquillo
scricciolo.
È tutto okay. Forse ho esagerato un
po’…è solo che…non voglio
pensare a
tutto il male che ci hanno fatto. Magari ne riparliamo,
okay?» gli accarezzò il
petto. «Che dici…ci facciamo un’altra
doccia?»
«Insieme?»
chiese Bill.
Tom
sorrise e gli dette un buffetto sul naso.
«Avevi qualche dubbio?»
*
Tre
settimane al
matrimonio
I
preparativi erano quasi giunti al termine.
Bomboniere, invitati, tema del matrimonio, location, ristorante,
catering, fedi
nuziali, era tutto perfettamente come doveva essere. C’erano
solo da apportare
alcune modifiche allo smoking di Alec, scegliere il buffet di dolci e
il gusto
della torta nuziale. Ogni cosa era al proprio posto. Il gran giorno si
stava
avvicinando sempre più.
Quella
mattina, Bill, Tom ed Alec si alzarono molto
presto. Erano in viaggio per Los Angeles diretti verso una delle tanti
sedi
della pasticceria più famosa d’America: la Carlo’s
Bakery.
Bill
era completamente ossessionato dal
programma TV di Buddy Valastro: Cake Boss
e si era impuntato che, per il suo matrimonio, avrebbe
ordinato la torta da
lui. Fortunatamente, Las Vegas, era la sede più vicina a
loro. Erano circa
quattro ore di macchina. Partirono alle sei del mattino e, quel
viaggio, fu una
delle torture peggiori che Tom potesse mai subire.
«Papà, ho
sete.» disse Alec dopo quasi un’ora di
strada. Bill aggiunse che lui,
invece, aveva bisogno di un bagno. Urgentemente,
aveva sottolineato.
«Alec,
se bevi tanta acqua poi ti viene da fare
la pipì.» disse Tom guardando il figlio dallo
specchietto retrovisore. «E tu
invece sei abbastanza grande da poter trattenere la pipì
fino all’arrivo.» si
rivolse a Bill fulminandolo con lo sguardo. Bill sostenne lo sguardo
minaccioso
del compagno ed insistette.
«Se
non vuoi che pisci sulla tappezzerie della
tua amata Audi, ti consiglio di accostare al prossimo autogrill. E poi
non
vorrai far morire di sete nostro figlio, non trovi?»
Tom,
esausto già alle sette del mattino, si
passò una mano sul viso e duecento metri dopo si
fermò al primo della lunga
serie di autogrill al quale avrebbero sostato.
*
«Papàpapàpapàpapàpapàààààà!»
stridulò Alec tirando un lembo della maglietta di Tom.
«Dimmi,
Alec. Cosa c’è?» le occhiaie di Tom
erano fin troppo evidenti e il suo aspetto era alquanto trasandato e
stanco. Si
strofinò leggermente una palpebra.
«Ho fame.
Voio un connetto.»
«Amore,
hai fatto colazione un’ora fa con i
Kellogg’s e il latte con il cioccolato. Cosa vuoi di
più?»
«Sono
piccoo. E quindi mmi viene fame pu spesso.»
Tom
si toccò con il pollice e l’indice il setto
nasale e se lo massaggiò. Fare il padre era una cosa
estenuate, specialmente se
come figlio avevi Alec Kaulitz.
«Aspettiamo
che tuo padre torni dal bagno e
vediamo cosa dice.» si avvicinò al bancone ed
ordinò un caffè. «…forte.
Quanto
più forte tu lo possa fare.» chiese al barista,
massaggiandosi le tempie con la
mano destra e contemporaneamente tenendo d’occhio Alec che
stava guardando
ammirato le caramelle gommose. Il barista, un uomo panciuto e piuttosto
anziano, lo guardò con aria interrogativa.
«Vuoi
qualcos’altro oltre al caffè, ragazzo?»
Tom
scosse la testa.
«Anzi
sì, ci sarebbe qualcosa. Mi rapisca e mi
porti nel Burundi, almeno lì non ci sarebbe nessuno ad
esaurirmi più di quanto
non lo sia già.» improvvisamente si
accasciò sul bancone e restò così fin
quando
il barista non gli portò il caffè.
«Tieni,
figliolo. L’ho fatto concentrato.
Sembra che tu ne abbia molto bisogno.» Tom lo
ringraziò e pagò il caffè. Lo
bevve tutto d’un sorso. Era piuttosto forte.
Nel
frattempo Bill era uscito dal bagno e si
era avvicinato anche lui a Tom. Gli cinse le spalle con il braccio
destro e lo
baciò sulla guancia.
«Per
me niente cornetto?» disse Bill dandogli
una gomitata.
«Anche
Alec lo voleva. Stavamo aspettando che…»
Un
colpo al cuore. Si voltò verso lo stand
delle caramelle gommose. Alec non c’era più.
«O
cazzo. O cazzo. Merda. Merda. Alec!» Tom si
alzò di scattò, come se il caffè
avesse fatto il suo doveroso effetto nel giro
di pochi istanti, come se qualcuno gli avesse dato la carica. Era
balzato giù
dallo sgabello come una molla. «Cazzo, Bill. Era qui un
attimo fa. Ho poggiato
due minuti la fronte sul bancone. Non l’ho perso un attimo di
vista.»
«Come
sarebbe a dire? Ti sei poggiato un attimo
per cosa? Tom hai perso nostro figlio.»
Cominciò
ad entrare nel panico. Si girò
attorno, come spaesato, chiedendo a tutti i presenti se avessero visto
un
bambino di 5 anni con una maglietta di Ironman.
Nessuno lo aveva visto. Tom si portò le mani alla testa e
strinse forte i
capelli fra le dita. Cercò di trattenere le lacrime e di
mantenere la calma, a
differenza di Bill che, ormai, aveva cominciato a piangere e a gridare
il suo
nome a squarcia gola. Uscì dal bar, cominciando a correre a
destra e a
sinistra, urlando il nome del figlio. Alec non c’era.
«Mio
Dio cosa ho fatto. Mio dio.» Tom si passò
le mani sul viso e, inevitabilmente, cominciò a piangere
anche lui.
«Sarà
qui nei paraggi, non vi preoccupate, non
deve essere andato molto lontano.» lo rassicurò il
barista, ormai uscito dal
retro del bancone. «Vi aiutiamo a cercarlo, okay? State
calmi.»
Bill
entrò, ormai preso dall’ansia e dagli
attacchi di panico.
«Non
c’è da nessuna parte, Tom. Nemmeno in
macchina. Ho controllato. Ho fatto il giro di tutto
l’autogrill. Non c’è, Tom.
Non c’è da nessuna parte.»
Cominciò
a respirare affannosamente. Purtroppo
Bill soffriva di attacchi di panico. Fortunatamente non erano molto
frequenti
ma, quando si manifestavano, erano piuttosto brutti. Iniziò
a mancargli l’aria.
«Bill,
ti prego. Calmati. Non fare così. Ti
prego.» Tom si precipitò da lui non appena cadde
di ginocchia in terra. Si
portò le mani al petto e cominciò ad annaspare.
«Bill per favore. Respira. Lo
troveremo, okay? Per favore respira. Un bicchiere d’acqua,
presto!» urlò,
correndo verso il bancone del bar. Il vecchio barista fu subito pronto
con il
bicchiere.
«Sta
calmo, amore. Sta calmo.» Bill bevve
lentamente qualche sorso d’acqua e sembrò
riprendersi leggermente.
«Tom.
Dobbiamo trovare Alec. Dobbiamo trovarlo
adesso.»
«Ma io
tono qui.»
Improvvisamente,
una vocina tranquilla sbucò
alle loro spalle. Entrambi si girarono di scatto e, involontariamente,
si
precipitarono verso il bambino abbracciandolo quasi a soffocarlo.
«Dove
diamine eri finito, Alec? Ci hai fatto
prendere un colpo. Sono stati i cinque minuti più brutti
della mia vita. Dove
diavolo eri?» urlò duro Tom, scuotendo leggermente
le spalle del figlio.
«Ti ho
detto che dovevo fae pipì. Tono andato i bagno.»
«Non
ti devi mai allontanare da me o da tuo
padre. Ci siamo capiti, Alec? Non devi mai più fare una cosa
del genere. Va
bene?» disse Bill con tono duro, con gli occhi pieni di
lacrime ma, al tempo
stesso, pieni di gioia. «Mio Dio, mi hai fatto spaventare a
morte.» lo
abbracciò ancora di più e gli baciò la
fronte. Il bambino ricambiò l’abbraccio
di entrambi.
«Cusate
papini. No lo faccio pù. Cusate tanto.»
«La
prossima volta andiamo insieme a fare la
pipì, okay?»
Alec
non rispose. Si pulì il nasino con la
manica della maglietta ed annuì.
«Pozzo
avere i connetto oa?»
*
Finalmente
dopo un
travagliato viaggio in auto, giunsero a Las Vegas. Non fu complicato
trovare la
pasticceria di Buddy Valastro.
Ovviamente era conosciutissima come pasticceria. Insomma, Buddy era pur
sempre
il Boss delle torte.
La
vetrina allestita
era qualcosa di magico e meraviglioso. Torte di tutti i tipi, biscotti,
pasticcini. Gli occhi di Alec si fecero grandi e vogliosi.
Poggiò entrambe le
mani sulla vetrina e Bill evitò che vi poggiasse anche la
faccia.
«Papà,
vojo tutto quanto.» ammise Alec con
l’acquolina in bocca ed indicando tutti
i dolcetti presenti all’interno della vetrina.
«No,
Alec. Hai già mangiato il cornetto prima
all’autogrill; e poi sei stato piuttosto monello. Non devi
mai più allontanarti
da papà o da me. Siamo intesi?» disse poi Bill con
tono secco e deciso. Alec,
mortificato, annuì e sconsolato dette la mano a Tom.
Non
appena entrarono nella pasticceria, vennero
pervasi da un eccezionale profumo di…buono? Non sapevano
nemmeno loro in che
modo classificare quel meraviglioso profumo. Era un incrocio fra
cannella,
miele, brioches e vaniglia. Tutti e tre inspirarono a pieni polmoni.
Era
inebriante.
Inevitabilmente,
c’era una marea di gente. Quel
giorno, il proprietario Buddy, era presente nel locale in quanto, i
gemelli,
avevano chiamato giorni prima per prendere un appuntamento e parlare
esplicitamente con il boss delle torte. (anche perché Bill
era un suo grandissimo
fan, ma questa è un’altra storia).
«Benvenuti.
Voi dovreste essere la famiglia
Kaulitz, giusto?» Tom andò per replicare,
correggendo il cognome in Trümper ma
Bill lo batté sul tempo. Allungò la mano e la
strinse con sicurezza.
«Sì.
Il piacere è tutto nostro, signor
Valastro. Io sono un suo più grande ammiratore. Adoro tutto
ciò che fa. Ed è
per questo che io e il mio fidanzato, assieme al nostro bambino,
abbiamo fatto
un viaggio di tre ore da Los Angeles. Solo per venire da lei.»
«Oh
grazie, sono lusingato signor Kaulitz.
Prego potete accomodarvi nel retro del locale dimodoché
possiamo prender
accordi sulla vostra torta nuziale.»
Buddy
fece strada sul retro del locale e la
famiglia lo seguì. Passarono per il laboratorio per poi
arrivare nello studio
personale di Buddy. Si accomodarono e Alec si mise in braccio a Bill.
«Allora,
ditemi un po’ che idea avreste.»
cominciò Buddy, prendendo un blocco note ed una penna per
poter prendere
appunti. Bill fu il primo a parlare.
«Il
colore del tema è zabaione, quindi avevo
pensato ad una crema allo zabaione e caramello. Non so se ha presente
quei
bignè ripieni di zabaione e con il caramello in superficie.
Bene, una cosa del
genere.»
«Io
avevo pensato anche a due omini in cima
alla torta. Entrambi con il vestito nero e che si tengono per mano
oppure sotto
braccio.» si intromise Tom. «Magari, visto che
siamo in tema natalizio, avevo
pensato anche a qualcosa di dorato. Non so, magari delle stelle di
natale di
pasta di zucchero giallo scuro glitterata, un po’ sparse per
la torta.»
Bill
annuì compiaciuto. Sorrise al futuro
marito e gli mandò un bacio volante. Buddy prese appunti.
«Che
ne dite di qualche fiocco di neve? Sempre
dorato? Magari in cima alla torta, assieme ai due sposi.»
disse Buddy. «La
torta vi consiglio di farla di massimo tre piani. Magari possiamo
giocare di
più sulla larghezza, ma non in altezza. Non reggerebbe il
peso di tante stesse
di natale. Io avevo pensato di farla rettangolare, dimodoché
potreste
aggiungere ancora più dettagli. Ci sarebbe più
spazio.»
Buddy
fece uno schizzo veloce di come sarebbe
venuta la torta e la mostrò ai gemelli. Bill non trattenne
il suo entusiasmo ed
iniziò a battere le mani euforicamente. Tom ed Alec lo
guardarono come se fosse
pazzo. Forse lo era un po’.
«È
la torta più bella che avessi mai visto. Ed
è solo uno schizzo. Guardi Buddy…non vedo
l’ora di vederla. Sono sicuro che
sarà bellissima.»
Bill
e Tom si guardarono ed entrambi
sprizzarono di gioia. «…e poi averla al nostro
matrimonio, sarà un’esperienza
più unica che rara. Sono sicuro che gli invitati saranno
letteralmente senza
fiato. A proposito, ho dimenticato di dirle che gli ospiti non saranno
più di
una sessantina di persone. Per lo più tutti amici.»
Tom
guardò con amarezza il gemello. Erano
ancora indecisi se i genitori avessero partecipato a quel loro lieto
evento.
Non avevano più notizie di loro da anni. Non sapevano
nemmeno di essere
diventati nonni. Bill ebbe una morsa allo stomaco.
«Certamente,
non dovete assolutamente
preoccuparti. Me ne occuperò io. Il prezzo si aggira intorno
ai 1000$»
Bill
e Tom non fecero assolutamente una piega.
Il loro budget massino era di 1500$, quindi rientrarono di 500$. Un
affare.
Ringraziarono Buddy e, il boss, li accompagnò
all’uscita.
*
Avevano
passato la mattinata a Las Vegas.
Visitato svariati posti.
Alec
era come se stesse vivendo un sogno. Non
era mai stato a Las Vegas. Non aveva mai visitato nessuna
città, all’infuori di
Los Angeles. Avevano pranzato in un ottimo ristorante italiano, preso
un hot
dog da quei venditori ambulati e un gelato. Avevano passato davvero una
bellissima giornata.
Sia
Alec che Bill si era addormentati. Bill si
era seduto sul sedile posteriore dimodoché Alec potesse
distendersi sulle sue
gambe. Tom li guardò dallo specchietto retrovisore e
sorrise. Erano due angeli,
i suoi angeli. Non poteva desiderare di meglio. Ancora non realizzava
che, in
poco tempo, avrebbe sposato l’amore della sua vita, la sua
anima gemella; ma
gemella per davvero.
*
Era
ormai tarda sera quando la famiglia rientrò
a Los Angeles. Alec e Bill avevano dormito per tutto il tempo. Alec
continuava
a dormire e, per non svegliarlo, Tom lo prese dolcemente in braccio e,
con un
po’ di fatica, salì le scale che lo conducevano
alla sua stanzetta.
Distendendolo piano sul letto, iniziò a svestirlo e, ancora
più delicatamente,
provò a mettergli il pigiama. Non si svegliò.
«Vorrei
avere il sonno profondo che ha nostro
figlio, amore.» sussurrò Tom a Bill che, nel
frattempo, si era poggiato sullo
stipite della porta per gustarsi quella scena meravigliosa.
Poggiò la fronte
sulla cornice e sorrise felicemente.
Tom
aveva appena finito di sistemare il piccolo
Alec. Si avvicinò al gemello e, afferrandogli il viso con
entrambe le mani, lo
baciò dolcemente e sensualmente.
«Sto
ancora pensando se invitare o meno mamma e
papà, Tomi.»
«Anche
io, a dir il vero.»
«Secondo
te dovremmo dirglielo?»
Tom
scrollò le spalle e si grattò la nuca.
«Domattina
inviamo la partecipazione?»
Bill
non rispose. Tom capì immediatamente la
risposta.
«Se
chiamiamo è meglio.»
«Che
ore sono adesso, lì? Le due del
pomeriggio, vero?»
Bill
annuì.
«Chiamiamo
ora?»
Annuì
di nuovo.
Non
sentivano da dieci anni i loro genitori.
Come avrebbero reagito? Cosa avrebbero detto? Ovviamente il numero di
casa, Tom
non poteva non ricordarselo. Prese il suo cellulare e digitò
il numero. Aveva
un groppo in gola, così come Bill. Deglutì prima
di premere il tasto verde.
Guardò Bill, in cerca del suo appoggio.
«Vai,
Tomi. Premi quel tasto. Sono accanto a
te.»
Con
il cuore in gola, Tom premette quel tasto
verde e, al primo squillo, si sentì morire. Respirava a
fatica e, ad ogni
squillo, perdeva un battito. Dopo dieci anni, stava per risentire la
voce della
madre ma, non appena risposero…
Pronto?
Non
era Simone.
«Pr-pronto?
Casa…casa Trümper?»
Trümper?
No, qui è
casa Kaulitz, ora. Con chi parlo?
Casa
Kaulitz? Un momento…
«P-Papà?»
Dall’altra
parte non ci fu risposta.
«Papà
sono io. Sono Tom.»
Ancora
nessuna risposta. In lontananza si udì
una voce femminile. Tom l’avrebbe riconosciuta fra mille. Era
Simone.
Chi
è, caro?
«Mamma…papà…siamo
noi.»
Tom…sei…sei
davvero
tu?
La
voce dell’uomo si spezzò. Iniziò a
balbettare.
Simone…è…è
Tom… --
Come? Cosa intendi dire? Tom? Ma stai scherzando? Pronto? Pronto?
Molto
probabilmente la donna prese possesso del
telefono, perché ora Tom sentiva la sua voce più
vicina. Venne invaso da una
forte morsa allo stomaco. Non avrebbe mai immaginato di avere una
reazione
simile.
Amore
mio, sei
davvero tu?
Anche
la voce della donna parve spezzata, come
se stesse piangendo.
«Sì,
mamma… sono davvero io.»
Oddio
ti ringrazio…
grazie… come stai, Tom? E Bill? Bill è con te?
Come sta?
«Sì.
Anche lui è qui con me. Stiamo bene…Siamo
a Los Angeles da dieci anni.»
O
mio dio, Tom. Vi ho
pensato ogni istante della mia vita, da quando ve ne siete andati. Non
abbiamo
fatto altro che provare a rintracciarvi, a sapere
dov’eravate…ci mancate da
morire. Ci dispiace così tanto, Tom, ci dispiace
così tanto.
La
donna scoppiò in lacrime, ed anche Tom si
lasciò sfuggire qualche lacrima.
«Come
state?»
chiese poi
Noi
stiamo bene,
amore. Voi? Voi piuttosto come state?
«Beh
ecco…qui nessuno sa che siamo fratelli
gemelli. Nessuno. Io ho tenuto il tuo cognome, e Bill quello di
papà.
Abbiamo…abbiamo adottato un bambino, mamma…siete
diventati nonni. Si chiama
Alec. Ha quasi sei anni. È dolcissimo.»
È
una cosa bellissima,
amore. Davvero. Sono così felice per voi.
«Ma
non è questo il punto, mamma…vi abbiamo
chiamato perché…ecco…»
«Lascia,
Tomi. Voglio dirglielo io.» disse poi
Bill, afferrando il cellulare del gemello.
«Mamma?»
Bill…oddio
com’è
cambiata la tua voce…
«Sì,
sono un uomo di quasi trent’anni…era ovvio
che dovesse cambiare non trovi?» disse poi ridendo. Anche la
donna rise contenta.
Contenta per davvero.
Lo
so, amore. Lo so.
«Mamma,
quello che io e Tom cerchiamo di dirvi
e che…stiamo per sposarci.»
Silenzio.
Non ci fu nessuna risposta.
«Mamma?
Ci sei?»
Dite
sul serio?
Davvero vorreste invitarci al vostro matrimonio? Dopo tutto quello che
è
successo? Che vi abbiamo fatto? Tutto quello che avete passato per
colpa
nostra? Davvero vorreste renderci partecipi di questo?
Adesso
la donna stava piangendo di nuovo.
«A
tutti si dà una seconda possibilità, mamma.
Siete i nostri genitori, anche se ci avete nascosto per così
tanto tempo. Anche
se ci avete negati l’un l’altro. Siete pur sempre i
nostri genitori, mamma. Non
ti nasconde che ci abbiamo pensato a lungo…eravamo davvero
indecisi su cosa
fare…ma poi siamo giunti ad una conclusione. Noi vi
perdoniamo. So che sei in
viva voce…quindi mi riferisco anche a te, papà.
Anche se mi hai costretto a
vestirti da donna e a fingere che fossi un’altra persona,
anche se mi hai
insultato, se mi hai fatto passare i peggiori anni della mia
vita…io ti
perdono. Voglio che siate partecipi al nostro matrimonio.
Sarà al comune, non
sarà una cosa in grande, ovviamente. Ditelo a chi vi
pare… anche vecchi amici.
Non ci importa di nulla. Il biglietto per Los Angeles lo possiamo fare
benissimo noi, non ci sono problemi. Voglio solo che voi siate qui
presenti.»
Saremo
lì senz’altro,
Bill.
Rispose
il padre.
E
comunque il
biglietto aereo lo paghiamo noi. Non devi minimamente preoccuparti.
Questo è
senz’altro il giorno più bello della mia vita. Vi
amo con tutto il mio cuore.
Sono così fiero ed orgoglioso di voi.
«Grazie
di cuore. Da una parte, non avremmo mai
pensato di sposarci se non fossimo scappati qui…è
merito anche vostro, sotto
alcuni aspetti.» disse poi ridendo per smorzare
quell’atmosfera cupa.
Grazie.
Grazie per la
telefonata. Avevamo perso le speranze, dopo dieci anni. Non vediamo
l’ora di
conoscere il piccolino.
«È
la creatura più bella che avessi mai visto.
Vi piacerà. È dolcissimo ed anche molto
affettuoso.»
Ne
sono sicuro, Bill.
Non vedo l’ora di vederlo e, soprattutto, di riabbracciare i
miei figli.
Domattina stessa faremo i biglietti per il giorno prima del matrimonio.
Quando
avete detto che vi sposate?
«Fra
tre settimane. Potete venire qui anche
domani. Per noi non ci sono problemi.»
No,
Bill. Verremo il
giorno prima. Anche perché dobbiamo organizzarci bene. Ci
avete colto alla
sprovvista. Non avremmo mai immaginato che un giorno, saremmo stati
invitati al
matrimonio dei nostri figli. Sono davvero così orgoglioso di
ciò che siete
diventati. E tu non hai idea di quanto mi penta ogni giorno per quello
che vi
ho fatto patire quattordici anni fa. Se solo potessi tornare
indietro…io…io non
mi comporterei in quella maniera. Dio quanto mi dispiace.
Jörg
scoppiò a piangere. Era davvero molto
dispiaciuto per ciò che aveva fatto in passato.
Sono
un uomo diverso,
adesso. Da quando siete andati via, non mi sono dato pace. Sapevo che
prima o
poi, tu e tuo fratello vi sareste riconciliati. Abbiamo tentato di
separarvi…ma
l’amore non può essere separato. Persino io e
vostra madre siamo tornati
assieme. Eravamo soli entrambi…ci siam dati la forza di
andare avanti, l’un
l’altro. Senza di voi niente aveva più senso.
Avevamo perso ogni tipo di
speranza…temevamo di non risentirvi mai
più…
Jörg
continuava a piangere. Ai gemelli li si
strinse il cuore. Erano davvero pentiti per ciò che aveva
fatto.
«Papà,
vi abbiamo chiamato per darvi una bella
notizia. Il passato è passato. Sono trascorsi dieci anni,
ormai. Basta. Quindi
siete dei nostri? Vi conto?»
Jörg
non rispose. Bill sapeva già la risposta.
Grazie.
Grazie di
tutto. Ci avete restituito il sorriso.
«No.
Grazie a voi per aver capito quanto io e
Tom ci amiamo. Ci vediamo presto, okay?»
Okay.
Ehm…è sera lì
adesso, vero? Vi auguro quindi la buonanotte.
«…buon
pomeriggio a voi.»
Chiuse
la telefonata e restituì il cellulare a
Tom. Entrambi non dissero nulla per un po’. Si guardarono in
silenzio. A
romperlo fu Tom, che si avventò famelico sulle labbra del
fratello.
«Ti
amo, Bill. Ti amo da morire.» ansimò sulle
sue labbra. Cominciò a mordergliele.
«Anche
io Tom. Anche io.»
Gli
circondò il collo con le braccia e lasciò
che Tom lo trasportasse in camera da letto, senza mai staccarsi. Quando
giunsero ai piedi del letto, Bill cadde all’indietro e
conseguentemente, Tom
sopra di lui. Cominciò a spogliarlo e a spogliarsi
contemporaneamente. Aveva
voglia di fare l’amore con lui dall’inizio del
viaggio. Gli baciò ogni
centimetro della pelle. Gli lasciò un netto succhiotto sul
collo.
«Sarai
mio marito, Tom. Finalmente lo sarai.»
«Non
credi che dovremmo aspettare la notte di
nozze per fare l’amore?» disse poi Tom, staccandosi
e guardandolo negli occhi.
Bill aveva le labbra gonfie e rosse. Fissò Tom per pochi
istanti. Sorrise.
«È
sempre la prima notte di nozze, con te. Ogni
volta.»
Il
giorno delle
nozze.
«Papiiiiii
no iesco ad abbottoae la camiciaaaaa.
Papàààààà
ieniiiiii» Alec era davanti
lo specchio alle prese con il primo bottone della camicia. Aveva il
papillon
aperto e i pantaloni mezzi scesi. Aveva insistito a vestirti da solo;
ma senza
buoni risultati. Tom, dalla camera da letto, disse che sarebbe arrivati
subito.
«Papàààààà
adessooooooo!» urlò di nuovo il bambino.
Bill era già pronto, quindi andò
lui in suo soccorso.
Era
bellissimo.
Aveva
pettinato i capelli all’indietro con il
gel e sistemato la barba. Il suo smoking gli calzava a pennello. Al
posto della
pochettina, aveva messo il fiore all’occhiello rosa. Era
perfetto in ogni
dettaglio. Si chinò su di un ginocchio per aiutare il
figlio.
«Aspetta
che ti aiuti, amore.»
Alle
spalle del ragazzo, sbucò un’ormai anziana
Simone. Si inginocchiò accanto al figlio ed aiutò
il nipote a vestirsi.
«Va
di là, Bill. Non vorrai che il tuo futuro
marito ti veda prima di salire sull’altare.»
scherzò Simone. Bill sorrise e si
levò in piedi.
«Mamma,
non sono una sposa.»
«Non
c’entra nulla. Porta ugualmente sfortuna.
Lascia che tuo padre si occupi di tuo fratello.»
Bill
sorrise e baciò la fronte della madre. Lei
aveva un bellissimo tailleur color blu notte e una camicia bianco
sporco. Delle
décolleté nere lucide. Nonostante avesse ormai
più di cinquant’anni, il suo
fisico pareva quello di una vent’enne. Avrebbe fatto invidia
a molte donne,
vestita in quel modo.
«Gazzie
nonna.» disse Alec gettandosi fra le braccia della
nonna. Simone ricambiò
forte l’abbraccio.
«Sei
un piccolo miracolo, angioletto. Hai dei
genitori bellissimi.» si staccò controvoglia e
guardò dritto negli occhi il
nipotino. «Ricordati una cosa, piccolo. Quando sarai
abbastanza grande da
gestirti da solo, non lasciarti mai e poi mai influenzare dalle
decisioni di
qualcun altro. Devi sempre fare ciò che ti senti. Devi
sempre fare ciò che ti
rende felice. Questo comprende anche l’amare qualcun altro
che sia uguale a
te.»
«Ehm…come
i miei papà?»
Simone
sorrise e pizzicò dolcemente la
guanciotta del bambino.
«Esattamente,
tesoro. Sei libero di amare chi
vuoi. Pure un albero.»
«Un
abbero? Ma gli abberi non pallano!»
Simone
non disse più nulla. Guardò Bill e
scoppiò a ridere.
«Papà…io
amo quel fioe lacciù. Posso pposallo?»
*
«Calmati
Tom…calmati. Stai per sposarti. Sta
calmo. Respira. Inspira ed espira. Avanti…forza. Ce la puoi
fare. Non svenire.
Non collassare. Ti stai per sposare. Stai per sposarti.
Avanti.»
Tom
era sull’altare da quasi cinque minuti. Indossava
lo stesso smoking del fratello e lo stesso fiore
all’occhiello. Solo la
pettinatura era differente e il modo in cui portava la barba. La sua
era
leggermente più folta e più lunga e i capelli
erano raccolti in un codino morbido
ma, nello stesso tempo, ordinato.
Continuava
a ripetersi di stare calmo, che
tutto sarebbe andato per il verso giusto. Le gambe gli tremavano.
Guardò uno
per uno gli invitati. C’erano tutti i loro amici che, in
dieci anni, avevano
conosciuto. C’era persino la signora Forest, quel giorno. Non
poteva
assolutamente mancare.
Tom
deglutì rumorosamente e guardò
l’ufficiale
che avrebbe celebrato il loro matrimonio.
«Ho
una paura fottuta.» mimò con le labbra.
L’ufficiale
sorrise, dopodiché fece un cenno a Tom di girarsi. Bill
stava per entrare,
accompagnato dalla madre.
La
marcia nuziale partì e il suo cuore si
bloccò. Bill era dannatamente bello. Seppure avesse il suo
stesso smoking, gli
donava in una maniera straordinaria. Sul suo volto era dipinto un
sorriso
smagliante, tranquillo e felice. Lo sguardo di Simone era posato fisso
su di
lui. Lo guardava con ammirazione ed orgoglio. Era sotto braccio.
Dietro
c’era il loro bambino che spargeva
petali di rosa bianca assieme alla sua amichetta Corinne e ad un'altra
amichetta
di nome Carmen. Le fedi nuziali erano in un cuscinetto di velluto rosso
legate
da un nastro bianco. Le portava Alec nell’altra mano.
Tom
pompò il petto, inspirando a pieni polmoni
e si aggiustò il papillon. Si mise eretto con la schiena ed
accolse il ragazzo
con uno smagliante sorriso sulle labbra.
Bill
baciò la madre sulla guancia, dopodiché si
mise accanto al fratello. Lo guardò in maniera imbarazzata,
come se quello
fosse il loro primo incontro. D’un tratto ebbe proprio
quell’impressione…quando
si incontrarono per la prima volta dopo l’incidente.
«Le
serve altro?»
«No.
Stavo
semplicemente ammirando quanto fossi bella.»
Oppure
quando si incontrarono alla tavola
calda.
«Allora
vorrei un’insalata
di pollo con patate.»
«Oddio,
ciao!»
«Ci
conosciamo?»
«Che
stupido. Sono...
Sono Tom, Il ragazzo del supermercato. Tu… Tu sei la
commessa Valerie, vero? Quello
che ti ha detto che sei molto carina.»
«Vedo
tanta di quella
gente al supermercato ogni giorno…e poi...ho una memoria
terribile. Pensa che
mi son persino dimenticata che cosa ho ordinato. Ti prego, dimmi che
avevi
preso appunti!»
«Nemmeno
io ho una
buona memoria.»
«Però
a quanto pare,
ti sei ricordato il mio nome.»
Si
ricordò il giorno in cui lo baciò, al parco.
«Oddio
Tom, per
favore, scusami. Io... Io non so cosa mi sia preso. Mi dispiace, non
avrei
voluto.»
«Valerie,
calmati.
Non è successo nulla.»
«No,
non puoi capire.
Tu non puoi capire, Tom.»
«Cosa?
Cosa non posso
capire?»
«Portami
a casa, Tom.
Per favore. Portami a casa.»
E
il giorno in cui Tom lo baciò per la prima
volta, al Luna Park. Ricordò anche il giorno in cui gli
disse di essere un uomo
e non una donna. Rise a quel pensiero. Ormai era tutto passato. Erano
passati
dieci anni. Adesso tutto stava prendendo il verso giusto.
Era
lì, davanti all’ufficiale di stato con
accanto l’amore della sua vita.
«Siamo
qui riuniti oggi per unire legalmente
questi due uomini nel sacro vincolo del matrimonio.»
Bill
e Tom si presero per mano ed ascoltarono
la lettura dei loro diritti e doveri.
*
Una
volta ascoltati i riti di matrimonio, fu il
momento delle promesse. Solo Tom aveva scritto qualcosa.
Cacciò una mano nel
taschino dei pantaloni e tirò fuori un biglietto. Bill perse
un battito.
Tom
prese un profondo respiro e cominciò a
leggere.
«Credo
che ormai tu sappia tutto di me,
infondo, come puoi non esserne a conoscenza. Siamo cresciuti insieme,
ti ho
amato sin da subito, dal primo istante in cui posai gli occhi su di te.
Non occorrono
parole per descriverti cosa provo in questo momento. Non avrei mai
potuto
immaginare che, un giorno, avessi sposato l’amore della mia
vita. La mia anima
gemella…gemella a tutti gli effetti.»
disse
quella parole con un po’ di ironia. Bill
la colse subito. Sapeva cosa stesse intendendo. Rise anche lui.
«…sebbene
in passato ci abbiano impedito di
stare assieme, il destino ha voluto che ci riconciliassimo, e che ci
amassimo
ancor più di prima. Ho dovuto faticare per trovati e, per
giunta, passare per
un povero pazzo…»
Tutti
risero, anche i genitori.
«…ne
abbiano passate tante, ma veramente tante.
Ho persino rischiato di perderti, tempo fa, e tu sai a cosa mi
riferisco.»
questa
volta Tom si incupì leggermente e la
voce si abbassò un po’.
«…ci
sono stati momenti bui, nella nostra vita…ma
guardaci adesso…sono qui, di fronte alla persona
più importante della mia vita…ho
qui un bellissimo bambino…abbiamo costruito una famiglia
insieme. Sono pronto a
vivere con te, e il nostro bambino, il resto della mia
vita…perché non potrebbe
essere tale, se non ci fossi tu. Ti amo, Bill.»
Inevitabilmente
tutti gli invitati
applaudirono. Bill si trattenne dal non piangere. Sorrise felicemente.
«Ti
amo anche io.» mimò poi con le labbra.
«Il
paggetto può portare gli anelli.»
Alec,
seduto accanto i nonni in prima fila, si
alzò e portò gli anelli all’Ufficiale
di Stato. Dopodiché si accomodò
nuovamente sulla poltroncina.
I
due gemelli e i testimoni, firmarono. L’ufficiale
di stato porse i due anelli agli sposi.
«Bill,
vuoi dire qualcosa?» aggiunse poi. Bill
scosse il capo e sorrise.
«Che
sto sposando l’amore della mia vita. La mia
metà. La mia anima.» si guardarono ancora a lungo
ed intensamente.
«Per
i poteri conferitimi, io Ufficiale di
Stato Civile, dichiaro Wilhelm Kaulitz e Thomas Trümper uniti
legalmente in
matrimonio. Potete baciarvi.»
Non
se lo fecero ripetere due volte. Si abbracciarono,
si strinsero e si unirono in un dolce e casto bacio che fece commuovere
tutti.
Finalmente,
ce l’avevano fatta.
-
FINE
-