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Autore: _Brooklyn_    22/11/2015    3 recensioni
Sai cosa mi ha frenata (fregata)?
La paura.
Quella paura che ti viene quando non sai bene neanche quello che vuoi, la stessa paura che ti viene quando non sai neanche se sei pronto o meno a rischiare per prendertelo, ma è sempre quella paura che immobilizza. Il respiro si blocca, i denti iniziano a battere forte, ma tu non riesci a muovere le mani per cercare di tenere uniti tutti i pezzi.
[Questa shot partecipa al contest "Letters to you" di Sil_]
Genere: Angst, Malinconico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Louis Tomlinson
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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__Collide__


Non so neanche come cominciare questa cosa, ma forse un “Ehi Lou” potrebbe essere sufficiente.
L’unica cosa di cui sono certa è che questo è l’ultimo gesto che tu ti starai aspettando da me, sempre se stai ancora aspettando qualcosa.
Fino ad un paio d’ore fa ero ancora decisa a non farlo, ad accettare tutte le conseguenze che sarebbero arrivate, ma poi ho capito che forse non sono ancora pronta a perderti.
E quindi eccomi qui, la solita vecchia Jude, una delle ragazze più cocciute e orgogliose in assoluto –come tu stesso mi hai sempre definita-  eccomi a scrivere una lettera proprio a te, che forse a quest’ora sarai già riuscito a dimenticarmi.
L’avresti mai detto?
Di certo ripensando al giorno, e al modo, in cui ci siamo conosciuti, sembra assurdo tutto ciò che –mi- è successo dopo.
Eravamo entrambi alla mostra di fotografie di Zayn e Lucy,e io avevo risparmiato per non so quante settimane per riuscire a comprare quel vestito che vedevo ogni giorno in vetrina andando in università. Io avevo un bellissimo vestito bianco addosso, e tu un bicchiere di vino rosso un po’ troppo pieno, e lo scontro è stato inevitabile.
Te ne sei uscito con un “quel bianco era troppo accecante” lasciandomi senza parole, guardandomi come se fossi l’essere più rivoltante sulla terra, mentre stavi per andartene via con quel tuo solito sorriso di sfida.
Yvonne ha pure provato a fermarmi, dicendo che non ne valeva la pena, ma ovviamente non le ho dato retta e ti ho bloccato un attimo dopo, e dai tuoi occhi avevo già capito che non ti aspettavi nessuna reazione da parte mia.
“Avresti almeno potuto far finta di voler ripagarmelo” ti ho detto trattenendomi “ma tranquillo, non avrei mai accettato dei soldi da parte di un povero cafone come te”.
E me ne sono andata via di corsa, per cercare di non farmi vedere da nessuno, mentre tu non sei stato in grado neanche di ribattere.
Sono passati ormai due anni e,  puoi ammetterlo, come primo incontro non è stato granché, e se non ci fossero stati tutti quei testimoni probabilmente sarei stata ore ad urlarti contro.
Ci siamo rincontrati un paio di settimane dopo, per caso, mentre io ero con Harry in giro per  negozi, e tu sei corso verso di noi con uno sguardo completamente diverso  da quello che avevi quando ci siamo scontrati. La maschera di ghiaccio ti era scivolata via dal volto, per lasciare spazio alla tua vera natura allegra e giocosa.
 Tu ed Harry siete stati a parlare per un paio di minuti, lui ti chiedeva da quanto tempo eri tornato in città e tu hai risposto che stavolta eri tornato per restare, e solo dopo vi siete ricordati di me.
“Dimenticavo di presentarmi” mi hai sorriso allungandomi la mano “io sono Louis.”
Io ti ho guardato storto per un paio di secondi prima di risponderti, e solo perché Harry mi aveva dato una leggera gomitata per smuovermi.
“So perfettamente chi sei, mister ‘quel bianco era troppo accecante’” ho risposto imitando la tua voce.
Sembravi totalmente confuso dopo le mie parole, ma poi hai detto “ah, ma tu sei quella che mi ha dato del povero cafone” e sei scoppiato a ridere come se nulla fosse.
Harry ci guardava senza capire, e onestamente anche io non riuscivo ad inquadrarti, cosi ho inventato una scusa per lasciarvi e tornare a casa, infastidita come ero dalla tua presenza.
E da allora sei diventato quasi una persecuzione, avendo degli amici in comune dovunque andassi tu eri sempre lì un attimo prima di me, e così ci siamo incontrati nel locale di Liam, ai concerti di Niall e anche al supermercato sotto casa.
Tu provavi a salutarmi e io facevo finta di non vederti, oppure provavi a rivolgermi delle domande e dopo averti risposto freddamente a qualcuna di esse correvo letteralmente via.
Credo mi sia comportata cosi non solo per la brutta prima impressione che mi avevi dato, non dall’inizio almeno, ma soprattutto perché mi mettevi tremendamente in soggezione.
Parlavi eccessivamente troppo per i miei gusti, mentre io conservavo le parole come se fossero tutte un segreto prezioso, come se nessuno fosse pronto e disposto ad ascoltarle.
Ho capito però presto che non eri una persecuzione, ma una vera maledizione, quando ti ho trovato appoggiato al cancello della biblioteca alla fine delle lezioni.
Ti sono passata davanti per giorni, ignorandoti nonostante tutte le tue parole, perché io non volevo proprio avere nulla a che fare con te. Eppure quel giorno sei riuscito a bloccarmi, e come ho incrociato il tuo sguardo ho capito che non c’era via d’uscita.
 “Il povero cafone qui presente avrebbe trovato un modo per farsi perdonare dalla dolcissima Jude” hai improvvisato bloccandomi per un polso,”il vestito bianco è andato ormai da tanto tempo, ma credo che un bel gelato possa essere sufficiente ad acquietare la tua ira.”
“E queste sarebbero delle scuse?” ti ho chiesto scettica.
“Prendile come vuoi, a me interessa solo stare un po’ da solo con te” mi hai sussurrato avvicinandoti “così non potrai scapparmi come fai sempre.”
E io ho provato con tutte le mie forze a rifiutare, volevo solo andare a casa, chiudermi in camera per avere la certezza che tu fossi lontano da me, ma sono sempre stata troppo debole e tu decisamente troppo forte.
Eppure non so neanche dire cosa sia effettivamente successo quel giorno.
Fino ad un attimo prima mi mettevi a disagio e non riuscivo a spiccicare mezza parola per paura di uno dei tuoi giudizi taglienti, e l’attimo dopo ero probabilmente ancora più a disagio, ma con la differenza importante, ed essenziale, che mentre io parlavo ero certa che tu fossi completamente concentrato sulle mie parole, come se fossero la cosa più importante perché, come dicevi tu stesso, le aspettavi da tantissimo tempo.
Non ci eravamo neanche accorti che era arrivato il tramonto, stesi sul prato a guardare il cielo e a sussurrare altri fiumi di parole su qualsiasi cosa ci passasse per la testa.
Quando mi hai riaccompagnato a casa e mi sono chiusa la porta alle spalle, e ho capito che forse non ti volevo più così lontano, contenta di aver trovato qualcuno che riuscisse finalmente a comprendermi un po’ più degli altri.
Ed era perchè tu sei riuscito a farmi parlare come nessuno era riuscito a farmi fare mai.
Subito dopo però i nostri amici poi hanno iniziato ad intromettersi, a cercare di capire cosa ci fosse tra di noi, perché non era accettabile credere ad una semplice amicizia tra noi due, e la cosa peggiore è che ci hanno provato in tanti ad avvertirmi, Liam e Grace mi hanno implorata per giorni di ignorarti, di non vederti e parlarti, perché loro se ne erano accorti di quello che mi succedeva, di quello che tu mi stavi facendo.
E lì poi sono iniziati i problemi, perché io ho cominciato a vedere fantasmi dove forse non ce n’erano, a farmi mille complessi inutili che esistevano solo nella mia testa.
Aprirmi con te come era successa quella prima volta era diventato sempre più difficile, soprattutto perché io iniziavo a sentirmi una sorta di manichino per te, quasi un progetto scientifico che ti divertivi ad osservare per annotare ogni progresso o reazione di cui fossi capace.
Col passare del tempo qualcosa era cambiato, ed ero sempre più convinta che il tuo unico intento fosse quello di portarmi al limite, vedere fin dove fossi capace di arrivare.
Devi ammettere però che i miei dubbi potevano essere reali, perchè tra di noi è sempre andato tutto in modo strano.
Non ti facevi sentire mai, ma quando lo facevi sapevi sempre quali tasti toccare.
Sparivi per giorni, e poi apparivi nel parco dove andavo a leggere di solito con una tovaglia e un cestino da picnic.
E immagino quanto tu ti sia divertito a prendermi in giro in questo modo.
Ci siamo presi e ci siamo persi un mucchio di volte, ma l’avresti mai detto che alla fine saremmo tornati sempre l’uno dall’altro?
No, nessuno ci avrebbe mai scommesso su noi due.
Ci siamo stretti un sacco di volte, fino a farci male, per provare a trattenere qualcosa che forse ancora non c’era. Ma alla fine tornavamo sempre insieme, tutti le incomprensioni svanivano e si ripartiva daccapo.
Sei riuscito ad abbattere ogni mia barriera, demolendo ogni cosa che ti capitava davanti, lasciandomi completamente inerme davanti a te.
Ti ho odiato, ma credo che tu questo lo sappia benissimo, e ti ho odiato ancora di più quando ho capito che non riuscivo ad allontanarti una volta per tutte da me e dalla mia vita.
Ma non ti sei fermato, anzi, più ti rendevi conto del mio disprezzo, più ti sei accanito contro di esso.
Ma non ho mai capito perché.
Hai provato varie volte a cercare un contatto maggiore con me, per provare a tenere stretti quei pezzi che all’inizio c’erano ma che pian piano stavano svanendo, ma il momento più doloroso è stato quando mi hai letteralmente bloccata contro la porta di casa, fissando il tuo sguardo nel mio.
“Che cosa ti emoziona?” mi hai chiesto.
Io ho distolto lo sguardo, ma tu mi hai costretto a riportarlo su di te.
Ho serrato le labbra, convinta a non voler rispondere.
“Non riesco a capire cosa ti passi per la testa” hai mormorato accarezzandomi una guancia, senza allontanarti di un millimetro “e più provo ad avvicinarmi a te più tu scappi via”.
Mi stavi dando prova di quello in cui nessuno credeva, la prova di un tuo sentimento, qualsiasi esso fosse, rivolto nei miei confronti, ma era il momento sbagliato.
Non so dire se fosse troppo tardi o meno, ma di sicuro era sbagliato.
E da allora sei scomparso sul serio.
Ormai sono mesi che non ci vediamo, quasi quattro, e mi chiedo troppo spesso se ci pensi mai a me, mentre a me resta il ricordo dell'ultimo sguardo che mi hai riservato, così lontano dalla vivacità che avevi di solito e pieno di tristezza.
Non mi rimane nient'altro, perché sei scomparso così come sei arrivato, nel momento e nel modo sbagliato.
Gli altri non fanno che chiedermi che fine hai fatto, si complimentano perché sono riuscita a mollarti, ma loro non sanno niente.
Troppe persone vogliono sapere cosa ci fosse di così “speciale” in me da poter attrarre un tipo come te.
Troppe persone vogliono sapere le cose successe tra di noi.
E alla fine non sono neanche sicura ci sia effettivamente qualcosa da nascondere, perché magari alla fine sono cose che ho pensato solo io, perché chissà quali sguardi sbagliati ho immaginato, o quanti abbracci ho male interpretato.
Ad ogni modo, non avrei comunque nulla da dire a nessuno.
Quindi, dopo tutte queste parole buttate quasi per caso, potresti anche aver capito qual è il mio scopo, ma sappiamo entrambi che non ti darai per vinto se non te lo senti dire esplicitamente da me.
Onestamente non so il vero motivo per il quale ti sto scrivendo tutto ciò, non so se ti sto chiedendo di tornare.
So solo che dovevo dirti tutto quello che non sono mai stata capace di esternare.
Sai cosa mi ha frenata (fregata)? La paura.
Quella paura che ti viene quando non sai bene neanche quello che vuoi, la stessa paura che ti viene quando non sai neanche se sei pronto o meno a rischiare per prendertelo, ma è sempre quella paura che immobilizza. Il respiro si blocca, i denti iniziano a battere forte, ma tu non riesci a muovere le mani per cercare di tenere uniti tutti i pezzi.
Che sono una codarda ormai l’avrai capito, ma non posso farci niente, mi hai sempre messo in soggezione di proposito, con i tuoi sguardi profondi e i tuoi abbracci caldi.
E io ho sempre interpretato male tutto.
Vedevo come un attacco da parte tua quello che era semplicemente un tentativo di sbloccarmi e aiutarmi ad aprirmi.
Volevi solo provare a conoscermi, e io te l’ho permesso solo a metà.
Sono pienamente consapevole del fatto che ogni parola su questi fogli possa arrivare troppo tardi, che ormai tu potresti essere lontano anni luce da quello che eravamo, o da quello che saremmo potuti essere.
Ma la cosa importante è che finalmente ho la risposta alla tua domanda, finalmente ho capito cos’è che mi emoziona.
Sei stato la prima persona a cercare di capire cosa mi passasse per la testa, quali cicatrici portassi nel cuore, e l’unico a voler porre un rimedio, e io questo lo apprezzo solo ora.
Solo ora che trascorro giorni interi senza dire una parola, perché senza di te non ne vale più la pena.
Louis, ad emozionarmi sono i tuoi occhi, quando hanno quel luccichio che assumono quando sei felice.
Mi emoziona il tuo sorriso, quando noti che sono nel panico e mi fai arrossire, mi emoziono quando provi a far di tutto per farmi sorridere, e mi emoziona la tua voce quando sei assonnato ma mi canti una canzone via cellulare per farmi addormentare.
Sei sempre stato tu Louis, a farmi emozionare, e sei stato tu il primo tra i due a rendertene conto.
Tutto questo non avrei mai potuto dirtelo a voce, lo sai, ma non sono neanche sicura del fatto che leggerai questa lettera fino in fondo, perché magari sarai disgustato solo leggendo il mittente.
Quindi, se sei arrivato fino alla fine, ti prego di fare quello che ritieni più giusto.
Un’altra volta sei tu a manovrare i fili della situazione, ma spero che ora non sia più solo un gioco per te.
Voglio solo sapere una cosa Louis, cos’è che fa emozionare te?
Voglio vedere se anche questa volta riesci a sorprendermi.


"I know we'll do it again
I know we're gonna collide
I know we'll call it the end
It's always a lies..."

James Bay - Collide



 



Credevo che non avrei pubblicato mai questa lettera, e non solo perchè l'ho letteralmente "persa" tre volte, eppure eccomi qui.
Ho iniziato a scriverla un po' per gioco, eppure alla fine è diventato qualcosa di totalmente personale, tanto che in questa lettera c'è troppo di me e del ragazzo a cui avrei dovuto scriverla, perciò ci tengo moltissimo.
Spero che possa piacervi, e che magari qualcun altro oltre a me possa sentirsi coinvolto allo stesso modo.
Un bacio, e a presto!
Brook_

p.s. Inizialmente il titolo non sarebbe dovuto essere questo, ma l'ispirazione, la forza e il coraggio di finire e pubblicare questa one-shot mi è stata data dall'ascolto dell'album di James Bay (che vi consiglio) ed ecco il perchè dei versi finali.
 
  
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