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Autore: Soqquadro04    23/11/2015    7 recensioni
[AU/AH | Teen!Destiel | 12 415 parole | accenni tematiche delicate | possibile OOC] [HAPPY B-DAY, CLIZIA ♥]
Dean è il primo di tutta la famiglia a vedere i nuovi vicini.
Sta giocando in giardino, a gambe incrociate sull'erba anche se sa che la mamma si arrabbierà moltissimo, se troverà altre macchie sui pantaloni nuovi. [...]
«E tu? Come ti chiami?» lo dice con tono incoraggiante, non si aspetta nemmeno del tutto una risposta, soprattutto quando l'altro spalanca gli occhi – quasi troppo grandi e di un azzurro innaturale – come se nessuno gliel'avesse mai chiesto prima.
Risponde, invece, anche se a voce talmente bassa che Dean praticamente non lo sente.
«Castiel.» dice, e lui sorride di nuovo, un sorriso un po' teso al pensiero che dovrà venire a scuola con lui, Castiel – il secondo dopo sa già che non permetterà a quelli più grandi di spaventarlo, perché per quel che ne sa potrebbe anche scomparire, a forza di farsi sempre più piccolo.

Cas si trasferisce nella casa di fronte a quella di Dean quando hanno entrambi sei anni. Da allora, nonostante tutto, non si separano più.
Genere: Malinconico, Romantico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Castiel, Dean Winchester, Mary Winchester, Sam Winchester, Un po' tutti
Note: AU, Lime, OOC | Avvertimenti: Tematiche delicate | Contesto: Nessuna stagione
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Autore: Soqquadro04
Disclaimer: niente di tutto ciò mi appartiene, li ho solo presi in prestito ^-^
Generi: Malinconico, Romantico, Sentimentale, Generale, Fluff
Avvertimenti: possibile OOC, AU, Teen!Destiel, a tratti presenza di melassa
Rating: Giallo
N/A - Note dell'Autrice:
Buonsalve, lettrici.
Come avrete letto, questo è un regalo di compleanno (in ritardo) per la splendida serClizia, da cui dovete assolutamente passare. Perché sì. :)
E niente, non sono brava con le dediche e questa cosina è eccessivamente lunga - persino logorroica - e ha dentro un po' di tutto, ed è pure un po' trash verso la fine, ma è venuta fuori così e in fondo non è niente più che un enorme grazie. Per tutto, tesoro <3

A presto,
la vostra Soqquadro




ATTENZIONE ATTENZIONE CI SONO NOVITÀ (non così nuove perché mi sono ricordata solo ora di aggiungere questa cosa ma okay)
Se per caso vi capita, andate a dare un'occhiata o possibilmente più di una alla splendida arte di Myed89, che è stata così adorabile e gentile da disegnare una fanart per la storia e io just.
Sono ancora commossa da ciò.
I MEAN GUARDATE
 

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The world looks better, through your eyes

 

Little one, lie with me,
sew you heart to my sleeve.

We'll stay quiet
underneath shooting stars,
if it helps you sleep.
[…]
Teach my skin
those new tricks,
warm me up
with your lips.
Heart to heart,
melt me down;
it's too cold
in this town.
Close your eyes,
lean on me;
face to mouth,
lips to cheek,
feeling numb
in my feet.
You're the one
to help me
get to sleep.

And hold me tight,
don't let me breathe,

feeling like
you won't believe.

There's a firefly
loose tonight,

better catch it
before it burns this place down.
And I lie
if I don't feel so right,
but the world looks better
through your eyes.
[…]
Firefly – Ed Sheeran

 

1.
Dean è il primo di tutta la famiglia a vedere i nuovi vicini.

Sta giocando in giardino, a gambe incrociate sull'erba anche se sa che la mamma si arrabbierà moltissimo, se troverà altre macchie sui pantaloni nuovi. Sente Sam piangere da qualche parte in casa, e poi la voce tranquilla di sua madre che canticchia sottovoce quella vecchia canzone che non capisce del tutto.
Ha il suo soldatino preferito – quello che si chiama John, come papà, perché sono coraggiosi tutti e due – ben stretto in mano, intento a dare ordini alla schiera ordinata davanti a lui, quando il rombo del camion lo fa sobbalzare – lascia cadere la figurina di plastica e alza gli occhi, stupito, in tempo per vederlo avanzare lento dal fondo della strada, seguito da una vecchia automobile verde che costeggia il marciapiede. Si fermano poco dopo, proprio davanti alla casa di fronte, dall'altra parte della strada.

Inclina il capo di lato, curioso – dal camion scende un uomo alto, coi capelli scuri e la fronte corrugata, che osserva la casa con un cipiglio marcato che quasi lo spaventa. Dall'auto, invece, prima una donna sorridente e, per ultimo, un bambino che non sembra molto più piccolo di lui. Se ne sta aggrappato alla sua gonna come se qualcuno dovesse arrivare a portarlo via da un momento all'altro – quando lei si china verso di lui, baciandogli la testa e sussurrandogli qualcosa, l'unica cosa che ottiene è di fargli scuotere il capo quasi con violenza e di tenersi ancora più stretto alla sua gamba.
Dean è in piedi quasi prima di rendersene conto.

Corre verso di loro forse con un po' troppo entusiasmo, senza nemmeno pensare a guardare prima di attraversare la strada. È solo contento – non ci sono altri bambini, nel quartiere. O almeno non ce ne sono stati fino a quel momento.
Si ferma davanti a entrambi, ancora in attesa sul marciapiede – l'uomo è sparito, forse è entrato in casa, anche se Dean non pensa che sia molto gentile, da parte sua, lasciare gli altri fuori –, sorridente. La donna lo guarda dall'alto, un sopracciglio inarcato benevolmente – suo figlio, al contrario, è nascosto quasi del tutto dietro di lei.

Si rivolge direttamente a lui, anche se non sa dove guardare, di preciso, visto che ormai dell'altro si notano solo un gran ciuffo di capelli neri e, a malapena, un occhio azzurro che lo scruta con diffidenza.

«Ciao, io sono Dean.» sorride ancora di più – di solito, a quel punto (almeno, nella sua breve esperienza) le persone ricambiano la sua espressione amichevole e si presentano a loro volta. A volte gli stringono la mano o gli accarezzano la testa, definitivamente non si limitano a rimanere in silenzio senza accennare nemmeno un gesto nella sua direzione e, anzi, allontanandosi ancora di più.
Che è esattamente, invece, quello che sta facendo il nuovo arrivato.

O, almeno, cerca di farlo, finché la madre non lo spinge in avanti con una carezza rassicurante sulla spalla magra.
«Scusalo, è un po' timido.» dice, e sorride ancora, allontanandosi verso la casa «Sono sicura che diventerete buoni amici, però.»

Se ne va così, e Dean non può fare altro che aspettare inutilmente qualche parola spontanea. L'altro si limita a cercare di farsi ancora più piccolo di quel che è, stringendosi nello strano cappotto che porta, così grande che sembra inghiottirlo a ogni mossa. Lo osserva con un'intensità strana, la diffidenza soppiantata poco a poco da una certa curiosità – lo porta a spostare involontariamente il peso da un piede all'altro, prima che si decida a spezzare il silenzio.

«E tu? Come ti chiami?» lo dice con tono incoraggiante, non si aspetta nemmeno del tutto una risposta, soprattutto quando l'altro spalanca gli occhi – quasi troppo grandi e di un azzurro innaturale – come se nessuno gliel'avesse mai chiesto prima.
Risponde, invece, anche se a voce talmente bassa che Dean praticamente non lo sente.

«Castiel.» dice, e lui sorride di nuovo, un sorriso un po' teso al pensiero che dovrà venire a scuola con lui, Castiel – il secondo dopo sa già che non permetterà a quelli più grandi di spaventarlo, perché per quel che ne sa potrebbe anche scomparire, a forza di farsi sempre più piccolo.

Ricambia il suo sorriso con una smorfia incerta, come se non ci fosse abituato.
Il suo sguardo sorpreso, quando lo afferra per una manica, trascinandolo con energia verso il suo angolo di prato, vale ogni silenzio.

«Dai, Cas! Mi serve un generale!»


 

2.
Mary Winchester conosce suo figlio.

Ed è proprio perché lo conosce che, fin dalla prima volta in cui porta in casa il bambino dei vicini, sa che Castiel diventerà un ospite fisso.

Lo vede fin troppo chiaramente, perché alla fine Dean ha cinque anni ed è trasparente e così incredibilmente grande, per la sua età – quando iniziano le piccole gentilezze e l'atteggiamento protettivo inizia a traspare da ogni gesto, quando ti sceglie così, non c'è proprio nulla da fare. L'ha fatto con Sam – se c'è una cosa che non dimenticherà mai è il suo sguardo la prima volta che gliel'avevano lasciato tenere in braccio, il modo in cui lo stringeva e sembrava pronto ad affrontare il mondo, così piccolo e indifeso, soltanto perché suo fratello lo era ancora più di lui – e lo ha fatto con lei, lo fa ogni volta che la abbraccia quando la vede preoccupata, culla Sammy quando piange e lei non può consolarlo, le fa compagnia finché non gli si chiudono gli occhi quando John ci mette troppo a tornare dal lavoro, e tutte queste cose messe insieme sono l'unico modo che conosce per proteggerla e Mary lo sa e ogni tanto le viene da piangere al pensiero di quanto si farà male, Dean, in futuro, quando per un motivo o per l'altro sceglierà persone che non lo meritano.

Ora si limita a sorridere, consapevole, quando lo nota con la coda dell'occhio spingere il nuovo amico verso la sedia più alta – la sua – prima di arrampicarsi faticosamente su quella accanto, e spingere sollecito il bicchiere di latte verso l'altro bambino.
Castiel sembra persino paralizzato dalla timidezza, e Mary si sente un po' stringere il cuore a vederlo così spaventato – è minuscolo, tutto gomiti e occhi blu, e così silenzioso. Nessun bambino dovrebbe essere così silenzioso.

Aggrotta la fronte, sistemando un piatto di biscotti fra i due e sospirando, gli occhi al cielo, quando Dean ricomincia a parlare a macchinetta, senza nemmeno lasciarle il tempo di fare un paio di domande di circostanza.
Poi Sam inizia a piangere, nell'altra stanza, e lei se ne dimentica completamente – quando torna in cucina, il figlio minore in braccio che giocherella con una ciocca dei suoi capelli, i bicchieri sono nel lavandino e nel piatto è rimasto un ultimo biscotto per lei.

 

Alla fine, naturalmente, Castiel diventa una presenza costante.

Durante quell'estate, sistemare due bicchieri sul tavolo e un cuscino in più sulla sedia, il pomeriggio, diventano azioni talmente automatiche che nemmeno ci fa più caso – né fa caso a quelli che, dall'altra stanza, sembrano solo interminabili monologhi di Dean. Non si accorge quasi mai dei momenti in cui si interrompe per ascoltare una risposta impercettibile.
Diventa routine, anche, quando inizia a fare buio e lei richiama in casa Dean, appoggiarsi al lavandino per scostare le tende dalla finestra dalla cucina, giusto per assicurarsi che Cas arrivi sano e salvo a casa – sa che è stupido, non ci sono più di trenta metri di penombra da attraversare, ma continua a farlo comunque, e a maggior ragione quando Dean inizia ad accompagnarlo. La fa sorridere vederli uno accanto all'altro, con Castiel che sembra ancora più magro, mezzo annegato nel trench che continua a portare nonostante le temperature crescenti, e Dean che in realtà non è poi molto più grande, anche se gli piace crederlo.

Lo lascia sempre sul portico di casa, e aspetta che sua madre apra la porta, prima di trotterellare verso casa a sua volta per la cena.
A volte i Novak cenano con loro e, allora, Dean e Cas sono praticamente inseparabili – non succede spesso, però, perché Castiel è veramente un angelo, ma Mary non si fida di suo padre.

Charles è estremamente religioso ed esageratamente severo, uno di quei tradizionalisti incalliti che ha pianificato il futuro del figlio prediletto nel momento stesso in cui è uscito dall'ospedale, visto che il primogenito ha preferito partire all'avventura da qualche parte in giro per l'America – medico, a quanto pare, proprio come lui, uscito da Yale con il massimo dei voti.

Le sopracitate cene si trasformano sempre in conferenze su quanto importante sia un'adeguata educazione e oh, voi dove avete studiato. Di solito, Mary deve stringere il ginocchio di John fino quasi a fargli male per impedirgli di rispondere malamente.
Ha l'impressione che lui non approvi l'amicizia di Castiel con suo figlio e non vuole peggiorare la situazione, perché è già tutto così diverso, nonostante lui e Dean si conoscano da pochi mesi. Parla di più, Cas – sorride e, anche se non l'ha ancora sentito ridere, è certa che ogni tanto Dean riesca nell'impresa.

Quindi stringe i denti e non dice nulla, sorride educatamente e, ogni volta che sente di non poterlo sopportare ancora senza mettersi ad urlare, si volta verso i bambini, all'altra estremità del tavolo, e il suo sorriso è sempre un po' meno forzato, quando ritorna alla conversazione.

Diventa routine passargli accanto un po' troppo spesso per accarezzargli distrattamente la testa, ogni volta che ne ha l'occasione e lo vede seduto sul bordo della sedia, la schiena così rigida e le mani così strette su un biscotto da spezzarle il cuore, esattamente come farebbe con Dean. Due mesi prima a malapena riusciva a sfiorarlo senza vederlo sobbalzare come se nessuno gli avesse mai fatto una carezza prima, ora lo sente rilassarsi sotto il suo tocco, e anche questo dev'essere merito di Dean, crede – è esattamente come lei, da quel punto di vista, alla perenne ricerca di contatto fisico e costantemente preoccupato per le persone a cui vuole bene. Nei primi tempi lo toccava abbastanza spesso da farla preoccupare seriamente riguardo la reale portata dell'influenza del padre su di lui, perché Mary sa che Dean non si comporta così senza una ragione – erano quelle le volte in cui doveva fisicamente trattenersi dall'irrompere nella casa di fronte per implorare Annabeth di trovare un avvocato e allontanare suo figlio da quell'uomo prima di vederlo definitivamente rovinato.

Non l'ha mai fatto – non ha prove, non può averne, e l'unica cosa che può fare è cercare di limitare il più possibile i danni e cercare di essere tutto quello che Castiel potrebbe non riuscire mai a trovare nella sua vera casa.

Del resto, aveva saputo dal primo momento anche che gli avrebbe voluto bene.


 

3.
Il primo giorno di scuola di Castiel è qualcosa di a malapena sopportabile.

Non appena la mamma lo lascia nel piazzale, davanti al portone, e si gira per chiacchierare con quella di Dean, lui si aggrappa alla giacca dell'altro, la testa bassa, terrorizzato da chiunque passi loro troppo vicino – troppi volti sconosciuti tutti in una volta, tutti che sembrano pronti a portargli via anche quel poco di sicurezza che ha guadagnato in estate. Non riesce a sorridere nemmeno per rassicurare Dean, che lo osserva preoccupato e raddrizza le spalle per sostenere sia lui sia il peso della cartella, mormorando qualcosa di stupido per cercare di distrarlo. Non ci riesce, quindi si limita a spostarsi discretamente fra lui e il muro di persone davanti all'entrata, nascondendolo un po' agli sguardi curiosi degli altri bambini.

Parla a voce così bassa che Dean deve chinarsi per sentirlo, nonostante non sia poi molto più alto di lui – la voce esce strozzata, flebile.
«Non mi piace il rumore, Dee.» lo chiama così – Dee, come Sammy la prima volta che aveva provato a pronunciare il suo nome (era stato poche settimane prima ed era stato un puro caso che coincidesse con la prima parola di Sam in assoluto, cosa che aveva portato Mary a ridere per qualcosa come tre ore e suo padre a tenere il muso una giornata intera, dopo aver scommesso dieci dollari su un “papà” mai arrivato) – solo quando ha davvero paura e non gli resta abbastanza fiato nemmeno per finire di parlare.

«Lo so, Cas, ma vedrai che quando saremo dentro non ce ne sarà più tanto. E gli altri bambini saranno simpaticissimi, avrai tanti amici.» Castiel alza la testa di scatto, il panico talmente evidente nei suoi occhi che Dean si ritrova a finire in fretta, cercando di arginarlo, «Sarà divertente.» e lo dice lo stesso anche se non ci crede molto neppure lui, perché Cas ne ha bisogno.

Non dev'essere granché convincente, perché l'altro si limita a stringere la presa sulla sua giacca e mormorare qualcosa di praticamente incomprensibile – Dean non lo capisce, e nemmeno può chiedergli di ripetere perché dopo la campanella suona e sono entrambi spinti in avanti con un bacio sulla fronte dalle rispettive madri. Direttamente nella bocca dello squalo, per quanto riguarda Castiel.

(«Non voglio altri amici, tu sei mio amico.»)



 

4.
La scuola continua a essere un dramma quasi insostenibile – l'unico aspetto positivo è che nessuno lo ha separato da Dean, cosa che ha fatto tirare un sospiro di sollievo a entrambi, anche se per motivi diversi (Castiel ha passato notti e notti a rigirarsi fra le coperte, terrorizzato al pensiero di rimanere solo fra tutte quelle facce ostili – Dean ha promesso che l'avrebbe protetto da chiunque avesse cercato di prenderlo in giro, e non può certo farlo se non l'ha sotto gli occhi costantemente).

La situazione migliora un po' quando Cas impara a leggere – è il primo di tutta la classe e il più veloce, e durante le lezioni di Inglese sembra perdere un po' della tremenda timidezza che lo blocca sul posto tutto il resto della giornata (suo padre si è arrabbiato molto, quando è stato convocato da un'insegnante preoccupata a causa della sua mancata partecipazione – si è arrabbiato davvero, davvero tanto, ma Castiel non può farci niente. Non può e basta).

Dean non è particolarmente entusiasta riguardo alla novità dei compiti a casa, ma se la cava tranquillamente – certo, tende a non riuscire a concentrarsi sulla stessa cosa per più di un quarto d'ora, e a cercare di trascinare Cas in qualsiasi attività che possa portarli lontano dal libro di matematica. Non ci riesce mai, in ogni caso, e Mary ringrazia ogni giorno la sua buona stella per questo.
Ogni tanto, quando passano il pomeriggio insieme e solo dopo che hanno finito il lavoro per il giorno dopo, Cas si siede a gambe incrociate sul tappeto con un libro, Dean di fronte a lui. Leggono a turno, un capitolo ciascuno – e, solo ogni tanto, Mary entra senza far rumore in salotto, fermandosi giusto sulla soglia, di solito con Sammy in braccio. E sì, potrebbe aver scattato un paio di foto, solo un paio.

Solo un paio quell'anno, e quello dopo, e quello dopo ancora, fino a che al quadretto non si aggiunge anche Sam, che ascolta rapito Castiel leggere a voce alta – facendo tutte le voci dei personaggi e guardandolo spesso da sopra le pagine, sorridendo di quel sorriso segreto che sembra così stonato su quel visetto magro – mentre siede in grembo a Dean, che ha esattamente lo stesso sguardo rapito, il mento delicatamente poggiato alla sua spalla e le labbra semiaperte.

Hanno scoperto insieme Lewis e Ende e Verne e non hanno mai smesso di fare a turno, e quando tocca a Dean leggere Sammy si limita semplicemente a cambiare di posto e sistemarsi in braccio a Cas, le manine strette al colletto del suo trench – che, per inciso, non è più tanto grande com'era quando Gabriel gliel'ha dato prima di partire.

 

(Dean non sa molto sul fratello maggiore di Cas – sa che non torna a casa da quando è partito per un qualche viaggio in giro per l'America e che Castiel gli era molto affezionato. E sa che il trench è un suo regalo, ma Cas non vuole parlarne e quando per caso arrivano a toccare l'argomento lo vede rabbuiarsi, rinchiudersi in se stesso come i primi tempi in cui lo conosceva, e sinceramente Dean lo detesta, ora che sa chi è il vero Cas. Vederlo così gli ricorda troppo com'è con suo padre, teso e competitivo e così diverso da quello che conosce lui. Così diverso dal suo migliore amico.)



 

5.
Per il suo decimo compleanno, Dean e Mary passano una giornata intera a esaminare più o meno tutti i negozi di Lawrence.

Non è nemmeno a causa dell'indecisione, perché sanno entrambi perfettamente cosa prendergli – il trench di Cas è diventato troppo piccolo, ormai, e sembra solo così sbagliato vederlo gironzolare in pieno inverno con un normalissimo cappotto nero addosso. È bastato scambiarsi uno sguardo di sottecchi, per decidere.
Alla fine ne trovano uno praticamente identico, mezzo sepolto su un espositore disordinato di un emporio esageratamente snob. È troppo grande, proprio come dovrebbe essere, e ignorano di comune accordo lo sguardo costernato della cassiera quando Mary le chiede la carta da regalo più colorata che ha per impacchettarlo.

Lo sguardo di Castiel due giorni dopo, quando apre il pacchetto e se lo ritrova davanti, sarebbe un ringraziamento più che sufficiente per entrambi – invece, Cas si alza di scatto dalla sedia, ignorando persino il sibilare irritato di suo padre (le buone maniere, Castiel) e si butta fra le braccia di Mary, il naso affondato nel suo collo. Lei lo abbraccia di rimando, sorpresa, carezzandogli i capelli – lo stringe appena un po' più forte, quando sente il colletto della camicetta inumidirsi, la sua schiena tremare sotto le sue mani.

Sembra non volerla lasciare andare mai più, rimangono fermi così fino a che gli altri commensali non iniziano ad agitarsi sulle sedie – Cas si volta solo quando sente tirare l'orlo della camicia, appena prima che Sam gli si aggrappi a una gamba come se ne andasse della sua stessa vita. Giusto in tempo per vedere Dean avvicinarsi in fretta e abbracciarlo a sua volta, dandogli la possibilità di asciugarsi gli occhi prima che suo padre non se ne accorga.
«Grazie.» mormora, prendendo un respiro profondo – Dean non risponde. Si limita a stringerlo un po' più forte, solo per un istante, prima di voltarsi ed esordire con qualche pessima battuta per dargli modo di ricomporsi.



 

6.
I problemi iniziano solo dopo, quando non sono più del tutto bambini ma non sono nemmeno uomini.

Sì, Castiel è migliorato – non è più l'esserino terrorizzato che si teneva aggrappato al braccio di Dean, tremante, per tutte le sei ore d'inferno delle lezioni. E non ha una crisi di panico da mesi (Dean, Dean, è sempre Dean – Dean che si mette davanti a lui ogni pomeriggio e lo guarda e lo ascolta e non lo zittisce mai brutalmente quando pensa che stia sproloquiando).
Riesce a intervenire in classe, a sostenere un'interrogazione senza iperventilare, riesce a nascondere la paura, la maggior parte delle volte.

Ma tutti si ricordano di com'è stato – e a tredici anni le persone possono diventare incredibilmente cattive.
Iniziano a capire più cose, hanno più argomenti con cui prendersi gioco di te, attaccano le tue debolezze come lupi che fiutano il sangue, e Castiel non è forte, da solo. Non lo è mai stato.

Il primo pugno lo colpisce al volto e fa male – indietreggia e quasi cade, portandosi una mano allo zigomo, solo per trovare la pelle che brucia e tira e le dita macchiate di sangue. Il secondo è ancora peggio, allo stomaco, lo fa piegare in due mentre i ragazzi più grandi ridono e ripetono cose che non vuole sentire – chiude gli occhi, più stretti che può, e finge di essere altrove, di essere al sicuro.

Si prepara a un altro colpo, ma quello non arriva mai – invece, sente la voce di Dean, da lontano, e si chiede se per caso non se la sia sognata ma no, quando riapre gli occhi lui sta correndo loro incontro e i tre ragazzi potrebbero tranquillamente sopraffarli, sono solo loro due ed entrambi non sono esattamente campioni di judo, ma quelli scappano come se avessero visto un esercito.

Cas è ancora a terra, quando finalmente Dean lo raggiunge – lo tira in piedi con forza sorprendente, digrignando i denti con rabbia mentre lo controlla.
«Dovevi fargliela vedere.» lo mormora scostandogli i capelli dalla fronte per dare un'occhiata al livido che può già sentire formarsi sotto l'occhio, «Sono solo degli idioti, lo sai.» ripete, mentre lo punzecchia ovunque con le dita, cercando di capire dove gli fa male.

La parte alta dell'addome è un disastro, se ne rende conto anche da solo – quando Dean lo sfiora geme, senza riuscire a trattenere una smorfia, in maniera abbastanza preoccupante da far fermare l'altro di colpo, come se l'avesse pugnalato.

E non è come se non fossero mai stati così vicini, e non è nemmeno come se Cas non sapesse che Dean ha gli occhi verdi e un'infinità di lentiggini – è più come se se ne rendesse conto solo ora che fra i loro volti c'è un po' troppo poca distanza, ora che Dean non allontana le mani e rimangono fermi così per troppo tempo. A guardarsi.
O, meglio, Dean guarda lui, continua a muovere gli occhi per valutare i danni – Cas lo scruta e basta, immobile, la bile che risale in gola e di certo non a causa del pestaggio. Ha visto di peggio che un occhio nero.

Alla fine si riscuote, allontanandosi dall'amico per avviarsi verso casa, a testa bassa – Dean gli cammina a fianco, mordendosi le labbra per trattenere la voglia di toccarlo (solo per assicurarsi che stia bene, solo per calmarlo – forse un po' per calmarsi).

 

Anche se Dean insiste per farlo entrare da loro, Cas rifiuta ostinatamente – non vuole che Mary lo veda così, non vuole farla preoccupare anche per lui, non quando è così felice, con la scuola di Sam che va a gonfie vele e Dean che è migliorato così tanto in Inglese (sa perfettamente quanto c'entri Castiel, con quello, ma lo ha già ringraziato).
Cerca di non fare rumore, aprendo la porta di casa – se non farà rumore, mamma non lo sentirà e non andrà ad avvisare papà.

Sua madre però è in cucina, intenta a preparare la cena, ed è troppo sperare che non veda la porta aprirsi con la coda dell'occhio. Gli va incontro sorridendo, un sorriso che svanisce non appena mette a fuoco il suo viso – si lascia cadere in ginocchio davanti a lui, accarezzandogli una guancia e ripetendo inconsapevolmente le stesse identiche mosse di Dean.
«Tesoro, cos'è successo?» le si spezza la voce e lui non può certo dirle cos'è successo davvero – non può dirlo a lei né può dirlo a suo padre.

Scuote il capo, sfuggendo il suo sguardo, e quando sente i passi pesanti di suo padre scendere le scale l'istinto della fuga si fa quasi insopprimibile. Irrigidisce la mascella, la mano che si chiude a pugno e le unghie corte che riescono comunque a ferirgli il palmo.
Sua madre, accanto a lui, si blocca di colpo, il respiro leggero.

«Fammi vedere, Castiel.» per Charles è sempre Castiel, mai Cas – può essere Cas solo quando è con Dean.
È tante cose, lui – Castiel per suo padre, tesoro per sua madre, era Cassie per Gabe (quando c'era ancora, Gabe. Non lo ricorda più tanto bene, ormai). Ed è Cas – Cas e basta, senza pretese e senza aspettative – per i Winchester.

Si morde le labbra, ignorando la fitta di dolore che attraversa tutto il volto, e solleva il mento, lasciando che l'uomo lo squadri con sguardo critico.

Lo vede serrare le labbra, pronto a un rimprovero, e semplicemente non può sopportarlo, non quella sera. In ogni caso sa già quello che deve dire, prima ancora che lui parli.
«Gli altri sono in condizioni peggiori.»

Anche se lo sapeva, il suo sorriso lo ferisce più di qualsiasi altra cosa.



 

7.
Ci sono cose che Castiel sa essere sbagliate.

È sbagliato rubare biscotti dal vaso nella credenza prima di cena, è sbagliato fingersi malati per non andare alla funzione della domenica, è sbagliato non fare i propri compiti, è sbagliato provare cose che non si dovrebbero provare.

Ci sono cose che Castiel sa essere sbagliate, e ci sono cose che non capisce.
Non capisce perché il cuore accelera ogni volta che vede Dean – e succede spesso, considerato che Dean è il suo migliore amico da più di sette anni –, non capisce cosa gli sta succedendo, non capisce perché è così faticoso stargli accanto quando una volta era solo così semplice. Indolore.

Ora fa male, e Castiel non capisce.
(C'è una parte di lui, una vocina perfettamente ignorabile in un angolo della sua testa, che gli dice che forse in realtà soltanto non vuole capire).

Ci sono cose che Castiel sa essere sbagliate e cose che non capisce.
La vergogna a volte è talmente forte che non riesce quasi a guardarlo negli occhi, Dean – è un abominio, Castiel è un mostro, un'aberrazione. È sbagliato.

Vorrebbe poter cambiare – vorrebbe svegliarsi una mattina ed essere normale, essere un buon figlio, qualcuno che non si sente divorare dalla gelosia ogni volta che una ragazza si fa un po' troppo vicina al suo migliore amico.

Vorrebbe riuscire a dormire.
Ci sono cose che Castiel non può cambiare, cose che non capisce e cose che sa essere sbagliate.

Lui è una di quelle.



 

8.
Dean ha cominciato da poco a uscire con Lisa Braeden – ovvero la ragazza più carina del loro anno, simpatica e intelligente e, Dio, fa yoga.

Non c'è alcuna ragione per cui dovrebbe sentirsi come si sente. Lisa è davvero fantastica, lui è davvero fortunato, e quando Castiel lo guarda nei suoi occhi c'è solo così tanta tristezza (non è palese, naturalmente, perché Cas non lo fa mai preoccupare volontariamente, lui sorride e annuisce e arrossisce alle sue battute perché è fatto così e non lascia mai che lo veda stare male, ma Dean si preoccupa comunque perché è più di metà della sua vita che si preoccupa per Castiel e ormai è un istinto insopprimibile).

Lo blocca in un angolo tranquillo del corridoio un giorno dopo Matematica, cercando disperatamente di ottenere risposte.
Parte calmo, perché sa perfettamente che l'aggressività non funziona – gli ricorda troppo suo padre per poter funzionare, e Dean odia dover fare la parte della ragazzina. Ma Cas sta male e lui è preoccupato e quindi al diavolo.

«Cas, puoi dirmi cosa c'è?» Castiel non lo guarda negli occhi. Non è mai un buon segno quando non lo guarda negli occhi.
«Niente. Non c'è niente.» dice, e Dean sa che sta mentendo, ma lui è già scivolato via, scusandosi, ma ho una verifica la prossima ora, non posso arrivare in ritardo.

Passa il pomeriggio con Lisa e non riesce a divertirsi – le sorride, parlano, lei si diverte e lui è solo assente. Quando torna a casa, si ferma a bussare dai Novak – Annabeth gli apre solo per dirgli che Cas non c'è, e anche se non ci crede molto, per quella sera si arrende.




 

9.
Lascia Lisa poche settimane dopo, quando si riduce a riuscire a vedere a malapena Castiel – ha l'impressione che lui cerchi di evitarlo e le sue occhiaie sono sempre un po' troppo marcate e i suoi occhi sempre troppo infinitamente grandi e azzurri e tristi. Non sopporta di vedere Cas triste – soprattutto, non sopporta di vedere Cas triste anche solo indirettamente a causa sua, anche se non sa perché o come possa essere colpa sua. Sente che è così e tanto basta.

Lisa gli tira uno schiaffo, fa una scenata nel bel mezzo del cortile della scuola e dopo due ore è già nuovamente accerchiata da ammiratori.
Castiel si lascia avvicinare per la prima volta da giorni.

Lo rimprovera, la voce bassa e un libro – sbircia la copertina, la doratura di una vecchia copia de Il grande Gatsby che scintilla al sole pallido di fine febbraio – in grembo, tenuto socchiuso dalle dita infilate in mezzo alle pagine. È un'immagine così familiare da stringergli il cuore, ma non può certo dirglielo – si limita a scrollare la testa e sedersi a sua volta sull'erba, il mento appoggiato sopra la sua spalla come quando erano più piccoli, leggendo con lui.




 

10.
Mary Winchester conosce Cas esattamente come se fosse suo figlio.

Sono nove anni che fa merenda nella sua cucina ogni pomeriggio, nove anni che passa ore sul tappeto nel suo salotto a leggere libri presi in prestito dalla libreria di casa, nove anni che fa da baby-sitter a Sam almeno tre volte la settimana, nove anni che è diventato la persona più vicina a Dean dopo suo fratello.
Non si è mai aspettata che quel bambino timido che saltava sulla sedia ad ogni carezza diventasse un adolescente facile – Cas è silenzioso, sembra tranquillo e nella testa deve avere un disastro.

Mary conosce Cas, ma non capisce subito – sa che c'è qualcosa che lo tormenta, qualcosa che non è solo suo padre e le aspettative immense che ripone sulle sue spalle, qualcosa che lo fa stare male.
Non capisce e basta, fino a che non lo vede – dopo si dà della stupida e si chiede da quanto tempo era che non osservava veramente Dean e Cas insieme.

Sono sdraiati uno di fianco all'altro, a pancia in giù sul tappeto, praticamente come ogni singolo pomeriggio, anche se, certo, sono parecchio più alti di quando avevano sei anni – Dean sta leggendo sottovoce qualcosa che non riconosce, dondolano una gamba avanti e indietro, e Castiel lo sta solo guardando.

Il problema è che Castiel non sta mai solo guardando – non parlava mai, quand'era più piccolo, e non ci è voluto molto per imparare a interpretare tutti i suoi sguardi. Quello Mary non l'ha mai visto, almeno non su di lui – in compenso, lo ricorda molto bene dai primi tempi in cui John le moriva dietro e lei stava ancora giocando a fare la sostenuta.
Si appoggia allo stipite della porta, sospirando – non è nemmeno sconvolta, non più di tanto, solo non può credere di averci messo così tanto a capirlo. Ha l'impressione che non sia una cosa venuta fuori da un giorno all'altro – uno, due anni? Oh, è stata così cieca.

Resta ancora per un po' ad osservarli, in silenzio, finché non fanno cambio – non vorrebbe notarlo, ma Cas cerca di distogliere lo sguardo appena Dean alza gli occhi. Detesta vederlo così, almeno finché suo figlio non gli passa il libro e, Mary può giurarlo, gli sfiora le dita. Di proposito.
Dopodiché, senza rendersi minimamente conto dell'espressione dell'amico – è distrutto. Castiel è distrutto – gli si avvicina un po' di più, appoggiando il mento alle mani per prepararsi ad ascoltarlo.

A quel punto, si chiede se la famiglia non abbia bisogno di una visita collettiva allo studio dell'oculista.



 

11.
Riesce a rimanere da sola con Cas solo un paio di giorni più tardi.

Ha mandato Dean a giocare con Sammy in giardino, chiedendo all'altro di rimanere per aiutarla a portare sulla veranda i biscotti – quando la raggiunge in cucina, invece di piazzargli in mano il vassoio, si limita ad appoggiarsi al bancone, osservandolo corrucciata.

Lo vede sbiancare, tormentandosi le mani – ha delle belle mani, Castiel, fini, le dita lunghe degli artisti, ma rovinate dal freddo – e decide che il discorso da genitore preoccupato non è quello che gli serve. Anche se lei è un genitore preoccupato, e non certo per Dean (non ne ha parlato con lui, né con John – è una cosa che deve capire da solo e, per quanto riguarda suo marito, suppone che ci arriverà anche lui e se ne farà una ragione).

Alla fine apre le braccia in un invito, ed è Cas ad avvicinarsi – lo abbraccia stretto, dondolandosi sul posto e facendolo ridacchiare nella sua presa quando le circonda la schiena. È già appena più alto di lei, ma ancora più basso di Dean, il che la conforta – si sente un po' meno vecchia, se il suo primogenito la guarda ancora negli occhi senza chinarsi per baciarle la guancia.
Gli accarezza i capelli, mormorando rassicurazioni, fino a che non lo sente meno sulla difensiva. Poi si decide ad affrontare l'argomento, tenendolo solo più stretto quando si irrigidisce di colpo.

«Sai, ho visto come guardi Dean.» lui prova ad allontanarsi di scatto, scuotendo il capo, ma non lo lascia andare – gli prende il volto tra le mani, cercando di calmarlo, gli occhi azzurri spalancati e immensi di paura, e il suo cuore si spezza un po' al vederlo così. Così spaventato da se stesso.
«No, non è... non è come pensi.» nega, e lei sospira un'altra volta, senza smettere di accarezzarlo.

«Cas, sono un po' più vecchia di te – di voi due, in realtà – e so benissimo che è come penso. Vi conosco come le mie tasche.» lo zittisce prima che possa protestare ancora, un dito sulle sue labbra e un attimo di silenzio per controllare che gli altri siano ancora fuori.

«E va bene così, Cas. Va bene.» ha un'idea fin troppo precisa dei discorsi che ha dovuto ascoltare Castiel fin da bambino, alla sua tavola – di conseguenza, ha un'idea fin troppo precisa del conflitto tremendo in cui quel mostro di suo padre deve averlo gettato quando ha iniziato a rendersi conto che, beh, le ragazze non erano il suo campo.
Se non ce l'aveva prima, quanto meno, ce l'ha ora.

Cas ha i denti così stretti che ha paura si faccia male, e trema così forte da preoccuparla. Lo attira di nuovo a sé, cullandolo come se fosse molto più piccolo di quel che è.

«È sbagliato. È sbagliato – sono sbagliato. Mi dispiace, mi dispiace.» singhiozza, senza fiato – non sta piangendo, ma continua a tremare e Mary continua a stringerlo, lasciandolo sfogarsi.
Si chiede da quanto se lo tenesse dentro – si maledice per non essersene accorta prima, «Non volevo, Mary – non volevo.»

Sta a malapena respirando, e lei non può fare nient'altro che continuare a sussurrare fra i suoi capelli. Dopo, quando sembra un po' più calmo, ha bisogno di guardarlo negli occhi per potergli parlare.
Dean e Sam si saranno praticamente scordati della merenda, ormai, ma non se ne fa un problema.

«Non c'è niente di sbagliato. Lo so cosa dice tuo padre, so cosa pensi, ma non c'è niente di sbagliato, non c'è niente di cui tu debba vergognarti. Non hai fatto del male a nessuno, non stai facendo torto all'umanità perché sei come sei. Non sei sbagliato.» sorride, passando le dita nei capelli più morbidi sulla nuca. Sembrano piume, i capelli di Cas, sono lisci e soffici e impossibili da tenere in ordine – ci ha provato, a pettinarlo, un paio di volte, sempre senza successo.
Gli sorride, e non smette finché lui non ricambia, incerto e ferito. Ma ricambia.

«Tu sei solo Cas. Il nostro Cas. Okay?» non aspetta nemmeno una risposta – la sa già, la risposta – e finalmente prende il vassoio, glielo porge e si avvia con lui, portando i bicchieri e il bricco del latte.
Gli mormora solo un'ultima cosa, prima di uscire.

«E Dean è un idiota, ricordatelo sempre. E tieni duro, Cas.»




 

12.
Da allora, ogni tanto Cas compare sulla porta – di solito il mercoledì pomeriggio, quando Dean è agli allenamenti di football e Sam al club degli scacchi, John al lavoro – e a lei basta uno sguardo per capire che ha bisogno di parlare.

Lo fa entrare senza dire nulla, baciandogli il capo quando le passa accanto. Prepara due tazze di tè, gli offre un biscotto che sa già non mangerà, e si accomoda sulla sedia di fronte alla sua, una gamba ripiegata sotto il corpo.
E ascolta.

 

Castiel parla per ore.

Tutto quello che non ha mai detto a nessuno, quello che a volte non ha confessato del tutto neppure a se stesso, in quei due anni che forse sono anche di più, ormai non è del tutto sicuro. Dean è con lui da così tanto tempo che non ha più importanza ricordarsi da quanto il suo affetto non è più solo affetto.
Spezza il muro di silenzio che si è costruito attorno, solo per un po', solo per sentire il cuore un po' più leggero, avere un po' meno dolore da portare, soltanto quando crede di non poter sopportare un giorno di più – parla di Dean come non ha mai potuto fare, con l'unica persona che può capire davvero.

Mary non lo giudica.
Si limita a sorridere come se sapesse cose che lui non può nemmeno immaginare, eletta a sua confidente, osservandolo con il mento distrattamente appoggiato al palmo della mano mentre butta fuori tutto.

Tutto.

 

(Perlopiù sono cose stupide – tutti quei minuscoli dettagli che rendono Dean Dean, e alla fine deve conoscerli anche lei, è sua madre, è naturale che li conosca.

E allora non è davvero importante, che Cas cerchi di contare quante lentiggini ha – Dean si sposta sempre non appena è sul punto di finire, lamentandosi per il suo sguardo insistente –, che sappia come arriccia il naso quando sente un odore sgradevole, che potrebbe disegnare le sue mani strette attorno a un fianco – di qualcun altro – o la forma esatta della sua bocca o che potrebbe dipingere un chiaroscuro del modo in cui il sole gioca con i capelli troppo lunghi sulla sua fronte.

Non importa davvero che Cas abbia trovato novantadue modi di descrivere il colore dei suoi occhi, né che sappia quanto odi il freddo o come distrarlo quando è preoccupato – non importa che siano in due a condividere i suoi segreti, a sentirsi stringere il cuore dalla sua risata, a cercare disperatamente di proteggerlo.

Non importa, non davvero, ma in fondo va bene così).



 

13.
Castiel soffre d'insonnia.

Sono anni che non dorme un'intera notte di sonno, e ha perso il conto di quante volte si è ritrovato a girovagare per la casa, il passo leggero di un gatto per non svegliare i suoi genitori, solo per arrivare al salotto e sistemarsi sulla sua poltrona, la lampada accesa e un romanzo a tenergli compagnia fino all'alba, di solito.
Era raro che si addormentasse mentre leggeva, ancora più raro che non si alzasse dal letto.

Alla fine ci si abitua.

La notte è diventata la sua migliore amica e la sua peggior nemica, cassaforte di pensieri e trappola allo stesso tempo, un rifugio e un'imboscata – eppure si è in qualche modo affezionato al silenzio che regna alle tre del mattino, le luci dei lampioni che filtrano attraverso le tende socchiuse e una solitudine talmente perfetta da fargli credere di essere l'ultimo essere umano al mondo, a volte.
Certo, da quando Dean l'ha scoperto non c'è più modo di rimanere solo.

Non gliel'ha mai esplicitamente detto perché sapeva che sarebbe successo qualcosa di simile – lui che si preoccupava eccessivamente e insisteva per intrufolarsi a fargli compagnia praticamente tutte le sere, finendo in realtà per addormentarsi sul suo letto e costringendolo ad appollaiarsi a gambe incrociate sulla scrivania.

Mary non se ne cruccia – anche perché Dean non ci teneva a fare le cose di nascosto e la prima volta che è uscito alle dieci di sera, con tanto di cambio e spazzolino da denti, annunciando che stava per scalare l'albero di fronte alla casa dei Novak, nessuno è rimasto nemmeno troppo sorpreso. Sam era giusto un po' deluso quando l'avevano rispedito a letto dopo che aveva cercato di seguire il fratello, ma se n'era fatto una ragione in fretta – e a lui in fondo non dispiace più di tanto. Quando Dean dorme non lo svegliano nemmeno le cannonate e lui può semplicemente sedersi lì accanto e osservarlo liberamente, come non può permettersi di fare apertamente quando è sveglio.
Il senso di colpa c'è ancora, non sparisce mai, ma Castiel si è arreso – ci sono cose che non può seppellire e basta.

Cose che non può dimenticare e basta.




 

14.
Dopo un mese di quella bizzarra routine notturna, Cas sa che Dean russa terribilmente, che a volte si rigira talmente violentemente, nel sonno, da cadere dal letto, e ha contato tutte le lentiggini che sul volto – due volte, per sicurezza (sono trecentoventinove).

Quella notte – è marzo e fa già caldo, dalla finestra socchiusa entra una falena che gli fa venire una mezza crisi di panico, gestita in silenzio per non svegliare l'altro – scopre che Dean riesce anche a parlare, nel sonno.
Non che dica nulla di particolarmente sensato – perlopiù elogi a una qualche crostata mistica.

Non lo sta nemmeno più ascoltando, immerso nella Russia gelida di Anna Karenina – e come corre, Anna, come corre verso quella che lui già sa essere la sua fine, quella che crede la sua salvezza – quando, all'improvviso, se ne esce con qualcosa di comprensibile.

«Cas.» chiama, e lui alza la testa di scatto, aspettandosi di trovarlo sveglio, magari solo un po' confuso.
Invece no, sta dormendo – sta sognando.

Cas.

Sta sognando lui.
Aggrotta la fronte, appoggiando il libro aperto sulla scrivania.

Si avvicina con cautela, confuso – vorrebbe chiamarlo, perché più che un sussurro il suo era un gemito e forse sta male? Ha bisogno di un bicchiere d'acqua?

«Cas.» ma non appena arriva a sedersi sul letto già si rialza di scatto e- oh.

Oh.

Arrossisce anche se nessuno può vederlo, portandosi le mani tra i capelli e cercando disperatamente di non guardare verso il suo letto, dove è sdraiato il suo migliore amico. Che al momento ha un'erezione. A causa sua, presumibilmente.

Merda.

È piuttosto evidente e può sentire una mezza risata, completamente isterica, sfuggirgli dalle labbra contro gli sforzi che sta facendo per rimanere in silenzio.
Scappa, naturalmente – non riesce a restare nella stanza, non può, ha bisogno di pensare, e quasi prima di rendersene conto ha già sceso le scale (ha fatto troppo rumore, ma non riesce a preoccuparsene) e aperto la porta, richiudendola alle sue spalle un po' troppo violentemente.

Non sa dove sta andando, e la notte di marzo non è poi così calda, senza nemmeno il trench addosso.
Girovaga per le strade di Lawrence per quasi tutta la notte, cercando disperatamente di calmare il respiro – di raccogliere le idee. Non che ci sia molto da raccogliere.

Dean. Che fa un sogno erotico su di lui.
Dean.

Si lascia cadere su una panchina nel parco comunale, e osserva il cielo – cerca di riconoscere quante più costellazioni possibili, di quelle che si ricorda da quella volta che ha (hanno) letto un breve manuale a riguardo – fino a che non ci sono più stelle e non si sente più la punta delle dita dal freddo che ha, immobile per una quantità indefinita di tempo.

Alla fine si rassegna a tornare a casa, prima che si sveglino tutti.
Dean se n'è già andato.



 

15.
Dean non sta evitando di proposito Cas da una settimana.

Davvero, non lo sta facendo – è solo pieno di impegni, così all'improvviso, è fine semestre e deve studiare ed è solo un po' vago, quando sua madre gli chiede perché Castiel non si fa più vedere in giro.

Non è come se si stesse nascondendo, non proprio – è solo che ha bisogno di un po' di tempo per pensare, perché non capita tutti i giorni di svegliarsi una mattina nella camera (vuota) del proprio migliore amico, con ricordi vaghi di un sogno fin troppo vivido e un disastro nelle mutande.
E non è come se Dean potesse semplicemente non preoccuparsene – vorrebbe, certo. Per i primi due giorni ha provato a convincersi che sono cose che succedono, che non li controlla lui, i suoi sogni, e poi andiamo, Cas?

Dean è etero.
(Etero. E non importa poi molto che a volte sia solo un po' troppo protettivo nei confronti di Castiel o che lo tocchi un po' troppo spesso o che ci siano momenti in cui si sorprende a guardarlo senza nemmeno rendersene conto e a pensare pensieri che non dovrebbero nemmeno esistere, perché è Cas e Cas è il suo migliore amico da quasi dieci anni e no. No e basta).

 

Sua madre lo sorprende di sabato, mentre siede al tavolo della cucina a guardare abbattuto fuori dalla finestra, verso la casa dei Novak.
E, beh, sua madre non è stupida – e del resto Dean non saprà mai che lei Cas l'ha visto, invece, e anche se non le ha detto tutto era talmente nel panico da farle sospettare più di qualche cosa.

Si siede di fronte a lui con il piglio di un comandante, le braccia incrociate e gli occhi seri sotto la frangia bionda – lui la osserva a sua volta, di sottecchi, tenendo comunque sotto controllo la villetta di fronte.
Si aspetta una strigliata di quelle che gli faceva da bambino, quando tornava a casa coperto di fango, o una richiesta perentoria di spiegazioni.

Non si aspetta nulla di quello che le esce di bocca in realtà.

«Dean, tesoro, ti voglio bene e lo sai.» sospira come se stesse per pronunciare le parole più difficili nella storia dei discorsi complicati, e poi «Ma sei un idiota.»
Raddrizza di scatto le spalle, sorpreso – e pronto a ribattere perché, grazie tante, mamma, ma lei non gliene dà il tempo e continua, imperterrita.

«Non dovrei dirtelo io, cielo, anzi. Non dovrei nemmeno saperle, certe cose, ma sono così stufa di vedere Cas stare male perché tu sei un po' troppo lento di comprendonio.» alza un sopracciglio nella sua direzione, sbuffando. Dean si chiede se non siano per caso finiti in una qualche pessima commedia e, nel caso, dov'è il suo copione? Perché non capisce e sua madre non sembra intenzionata a dare ulteriori spiegazioni. Semplicemente si alza e se ne va, posandogli una carezza leggera sui capelli e un ultimo mormorio leggero.

«Ripensa un po' agli ultimi anni, e poi vai a parlargli.»




 

16.
Due ore dopo, Dean sta bussando alla finestra di Castiel, precariamente in bilico sul solito ramo – la quercia che cresce giusto a fianco della casa è la sua migliore amica dalla prima sera in cui ha deciso di fargli compagnia durante le sue notti insonni, e si trattiene dall'accarezzare affettuosamente il tronco, dopo più di una settimana di latitanza.

Riesce a vederlo sobbalzare, prima di alzare gli occhi dal libro che sta leggendo – è a gambe incrociate sulla scrivania, una posizione talmente familiare da fargli quasi male, anche se non ha mai capito come l'altro possa trovarla comoda – e forse, solo forse, il cuore di Dean batte un po' troppo forte quando Cas scende per aprirgli. Entra goffamente, facendolo indietreggiare e cercando di scuotersi di dosso il freddo di novembre – Cas lo sfiora quando si allunga per richiudere i vetri e Dean si chiede come possa non averlo visto prima.

Aspetta che l'altro sia di nuovo di fronte a lui, a scrutarlo corrucciato, con la stessa identica espressione di quel pomeriggio estivo, tanti anni prima.
E, al diavolo.

È andato lì per un motivo ed è stata una delle cose più difficili che abbia mai fatto in vita sua e ha racimolato a malapena abbastanza coraggio, e se non lo fa ora non lo farà mai più-

lo bacia.

Così.

Coglie di sorpresa entrambi, perché Dean non è completamente sicuro che sia questo quello che voleva fare – stava pensando di parlare, di dire qualcosa qualsiasi cosa e difendere la sua eterosessualità, magari, proprio quella che sta andando in frantumi sulle labbra di Castiel.




 

17.
Cas ha le labbra sottili e un po' screpolate e morbide, così morbide, e Dean ci si trova sorprendentemente bene sopra – sente già il bisogno di respirare, ma lo ignora e invece si spinge di più contro Castiel, una mano fra i suoi capelli e l'altra giusto alla base della sua schiena e all'improvviso Cas non è più tanto immobile e spinge e tira, dita serrate sulla sua spalla destra così forte che è sicuro rimarrà un livido e crede che nemmeno lui sappia bene se sia per spingerlo via o tenerlo vicino.

Alla fine si separano per pura necessità, perché Dean inizia a sentire la testa un po' troppo leggera e per Cas dev'essere lo stesso – chiude gli occhi, la fronte appoggiata a quella di Cas e restano un po' così tutti e due, e la stanza è incredibilmente silenziosa, ci sono solo i loro respiri disperatamente veloci a spezzare la calma ed è così strano e così bello e in un certo modo è perfetto. Perfetto.

È perfetto finché Cas non si allontana di scatto e all'improvviso è tutto troppo freddo, e lui si sta premendo una mano sulla bocca come se potesse cancellare l'impronta di quella di Dean e lui non ha mai visto Castiel piangere – mai, non l'ha mai visto – ma tutto d'un colpo Cas se ne esce con un verso stranissimo, una mezza risata strozzata nella gola che dura solo un secondo e quello dopo è un singhiozzo secco come uno sparo.
E non è che stia proprio piangendo, ma Dean gli si avvicina comunque e lo ignora quando cerca di mandarlo via e non riesce nemmeno a parlare – trema e lui lo abbraccia come non fa da anni e sembra la prima volta, e lo tiene stretto anche quando smette di tremare e lo abbraccia anche lui.

Se ne stanno sdraiati sul suo letto fino al mattino dopo e parlano e Cas gli dice tante di quelle cose che lui non ha nemmeno il coraggio di chiedergli quanto ha aspettato per potergliele dire, e Cas ogni tanto trema ancora e ogni tanto c'è un'ombra che passa sul fondo delle sue iridi, ma poi Dean lo bacia e allora tutto è di nuovo perfetto, solo per un po'.




 

18.
Il livido rimane davvero, ma non importa molto – Dean si vendica largamente e lascia un po' troppi segni in giro, assicurandosi che siano nascosti dai vestiti ma che allo specchio Cas li veda sempre perché ora non ha intenzione di lasciarlo andare via.

Lui, del resto, non è da meno – una volta lo marchia talmente forte che Dean deve andare in giro quasi due settimane con maglioni a collo alto che non convincono nessuno, e grazie al cielo che era dicembre o sarebbe stato molto più complicato da spiegare.

La verità è che alla fine non cambia poi molto.

Certo, ora Dean lo tocca ancora più spesso e lo fa deliberatamente, anche senza un vero motivo, solo perché può, e a volte ha delle uscite davvero imbarazzanti e davvero da ragazzina (come quando, un pomeriggio, c'erano un po' meno nuvole del solito e la luce era davvero strana e gli occhi di Cas sembravano ancora più blu, ed erano belli e lui l'aveva soltanto pensato e poi si era reso conto di averlo detto a voce alta – quando Cas era arrossito era stato solo contento di non avere completo controllo sulla sua bocca), e Cas lo guarda così apertamente da iniziare a diventare inquietante, ma in fondo non cambia quasi nulla.

Solo, ogni tanto, Cas deve mordersi le labbra prima di dire cose che non sono ancora pronti per sentire, e prima di baciarlo Dean deve ricordarsi che non è consigliabile farlo in un luogo pubblico perché Cas lo odia e suo padre potrebbe venirlo a sapere e allora sarebbero più che guai.

Ma sono cambiamenti talmente impercettibili che al di fuori dalla cerchia della famiglia nessuno ci fa neppure caso e, di conseguenza, nessuno fa domande e nessuno li costringe a tirare fuori delle etichette e va bene così. È perfetto così.




 

19.
Del tutto inaspettatamente, la prima persona a sapere della loro relazione in via ufficiale è Gabriel.

Gabriel-il-fratello-disperso-Novak.

Non è come se fosse programmato – è più come se un tornado si schiantasse sulla loro sonnacchiosa via residenziale sotto forma di un tremendo furgoncino con le fiancate decorate di spirali psichedeliche.
Lo sentono arrivare dal fondo della strada, anche se sono in camera di Cas e la finestra è chiusa – Castiel è rilassato, per una volta, raggomitolato contro di lui e mezzo addormentato. Quando sentono il rombo del motore, così forte da sembrare nella stanza con loro.

Sobbalzano entrambi e Cas si tira su di colpo, ansante.

Dean sbuffa, chiudendo gli occhi, e può sentirlo alzarsi, irrequieto – tranquillità finita, a quanto pare.
Pondera seriamente l'idea di trattenerlo per un polso e obbligarlo a sdraiarsi di nuovo insieme a lui, ma prima che possa anche solo farne il gesto Cas ha già aperto la finestra, sporgendosi per cercare di vedere qualcosa, incuriosito.

Per quanto riguarda lui, quando riapre le palpebre vede solo la sua schiena, non che si lamenti dello spettacolo – Cas è bello, ecco tutto, lo è sempre stato. Esile e flessuoso come un gatto, appena un po' troppo magro (Dean ci sta lavorando, davvero) e poi ci sono i suoi occhi, e Dean ogni tanto pensa che potrebbe annegarci, negli occhi di Cas, ma non lo dice mai.

Si alza pigramente, raggiungendolo davanti alla finestra – lo abbraccia, poggiando il mento sulla sua spalla e sbirciando fuori a sua volta. Non hanno una buona visuale del fronte della casa, da lì dietro, giusto nascosti da un angolo, ma si sente quasi tutto.
L'auto è parcheggiata di fianco a quella dei genitori di Cas, quindi la vedono bene – e potrebbero anche evitarlo, perché è veramente qualcosa di indecente e avrebbe bisogno anche di un bel po' di manutenzione, da quel che riesce a capire Dean da così lontano.

Non hanno visto scendere il conducente, e quando il campanello suona Cas si volta fra le sue braccia, scoccandogli uno sguardo interrogativo al quale non può rispondere – alza le spalle, e quando Castiel scompare sul pianerottolo, aspettando sviluppi dal piano inferiore, non lo segue neppure.

Inizia a preoccuparsi quando sente la porta aprirsi, una voce sconosciuta salutare il padre di Cas, scanzonata. C'è un attimo di silenzio immobile.
E poi è il caos.

Charles inizia a gridare, quella voce profonda che quasi lo spaventa, e può sentire Castiel precipitarsi giù dalle scale, incespicando sulla moquette – può giurare anche senza vederlo che ha rischiato di rompersi il collo un paio di volte, e Dean è fuori dalla stanza prima di rendersene conto, scende i gradini di corsa, preoccupato. Quando arriva nell'ingresso si trova davanti una scena piuttosto destabilizzante, a dire il vero.

Charles sta allontanando Cas dall'abbraccio di un uomo sulla trentina, piccolo e compatto – Annabeth li osserva tutti dalla soglia della cucina, una mano premuta sulla bocca e gli occhi lucidi, e Castiel cerca di divincolarsi dalla presa di suo padre, e in generale c'è un sacco di rumore e Dean vorrebbe davvero poter fare dietrofront, ma Charles ha le dita troppo strette attorno alla spalla di Cas e lui può vedere i suoi denti stretti e la smorfia di dolore che cerca di trattenere, e allora l'unica cosa che fa è infilarsi violentemente fra loro, facendo un cenno all'uomo come a dire lo tengo io, faccia quello che deve e massaggiando discretamente il punto dolorante.

Cas non lo nota nemmeno, troppo concentrato a urlare a sua volta.

L'unico che non sta dicendo assolutamente nulla, in effetti, è il destinatario di tante grida scomposte. E Dean, che non sta capendo niente né della situazione attuale né tanto meno dei retroscena.
Poi Annabeth scoppia in lacrime, cosa che zittisce il gruppo una volta per tutte.

«Gabriel.» dice, e beh.

Ora è tutto più chiaro.




 

20.
Mezz'ora dopo – dopo altre grida e una spettacolare uscita di scena sua e di Castiel, perché gli piacerebbe davvero evitare di veder scorrere del sangue, grazie tante – sono seduti sul portico di casa Winchester, aspettando che dalla villa di fronte esca qualcuno.

Cas è teso e Dean reprime a fatica l'istinto di passargli le dita fra i capelli in un tentativo di calmarlo, perché il giardino di casa sua è considerato luogo pubblico e non è accettabile scambiarsi effusioni in un luogo pubblico, non a Lawrence, non in tutto il maledetto stato del Kansas.
Quindi stringe le dita, e sospira di sollievo quando la porta si apre e l'uomo basso se ne esce camminando tranquillamente, come se non avesse scatenato una fottuta tempesta nella vita del suo ragazzo e- e potrebbe essere la prima volta che lo pensa ma ora non è importante, ci tornerà sopra più tardi, quando Castiel starà meglio e non starà tremando nell'abbraccio di qualcun altro.

Quanto meno, se non per l'irruenza di Cas che lo fa vacillare sul posto mentre lo tiene stretto, sembra stare bene – non gli hanno sparato, non sta sanguinando, Dean si avvicina cautamente e no, non sembra neppure che stia per cadere per terra avvelenato.

«Cassie.» lo sente mormorare, e Cas ha il viso sepolto nella sua giacca e Dean si sente un po' di troppo, spostando il peso da un piede all'altro, a disagio, e distogliendo lo sguardo mentre fa un paio di passi indietro, in attesa. Non aveva mai pensato a un altro diminutivo che non fosse Cas (Cas è corto e semplice e andiamo, aveva sei anni e Castiel è un nome meraviglioso e impronunciabile) ed è strano, sentirlo dalle labbra di uno sconosciuto. È strano che ci sia qualcuno, nella vita di Cas, che non ha mai conosciuto – dopo dieci anni vissuti a stretto contatto, Dean può dire con sicurezza che ormai non ricorda nemmeno più una volta in cui Castiel ha dovuto presentargli qualcuno.

Però ora deve, quindi aspetta, in tutto il suo glorioso imbarazzo, che finiscano di abbracciarsi, e quando finalmente Cas riesce a lasciarlo andare fa un passo in avanti e tende la mano, rigido.
Gabriel non la prende, lo squadra da capo a piedi come se fosse un insetto sul parabrezza e si volta verso Cas con un sopracciglio inarcato, parlando a lui.

«Felicitazioni, Cassie. Mica male, il piccolo randagio, qui.» il suo ghigno non è neppure fastidioso, solo impossibilmente divertito, quando Cas arrossisce, e sì, Dean potrebbe essere un po' spaesato perché piccolo randagio non è un appellativo molto carino con cui cominciare una conoscenza, e si morde la lingua per non puntualizzare, perché crede che Cas non gradirebbe un'esposizione così in questo momento.

Naturalmente, Cas lo sorprende sempre.
Prende un bel respiro e gli si avvicina un po' di più, stringendogli discretamente un fianco e Dean potrebbe stare rabbrividendo solo un po' perché è raro che sia così possessivo e oh, è un passo avanti. Decisamente un passo avanti.

«Dean, lui è Gabe. Gabe, Dean – il mio ragazzo.»

Ed è quasi fisicamente doloroso non poterlo baciare.




 

21.
Dopo le cose non diventano magicamente più facili.

Non sono in un film, e le cose non saranno mai facili e Dean l'ha accettato nel momento stesso in cui ha capito cosa stava succedendo, ma non può comunque impedirsi di stare un po' male, quelle volte in cui Cas lo guarda e lui può leggere il senso di colpa nei suoi occhi e sa che ce ne saranno altre dieci e cento e mille e quella consapevolezza è solo ancora più dolorosa, né può impedirsi di sentirsi ferito quando l'altro lo respinge in una giornata in cui non riesce a sopportarsi e non importa, non importa quante volte Dean cerchi di convincerlo che non c'è assolutamente nulla da nascondere, perché Castiel ha paura. E lui lo capisce, perché lui capisce sempre Cas.

Le cose non diventano più facili, ma nemmeno più difficili.

E dopo un po' le brutte giornate di Cas sono sempre meno, sempre un po' più diradate, e piano piano ai pranzi del sabato – quelli della domenica sono con Charles e Annabeth e sono sempre troppo tesi per essere rassicuranti – si aggiunge anche Gabriel, che porta troppi dolci e scherza su argomenti seri (scherza su qualsiasi cosa, in realtà) come se il mondo non fosse poi tanto pesante da portare, e forse (solo forse) dopo un po' Dean impara a volergli bene, e in parte è perché sua madre sembra essersi auto-eletta paladina dei piccoli Novak e Sammy stravede per lui, nonostante siano perennemente impegnati in discussioni riguardo le sue poco salutari abitudini alimentari perché oh, è uno spettacolo vedere il suo fratellino undicenne (che, per inciso, è già più alto di lui) fare ramanzine da professore a un ventisettenne.

Le cose non diventano più facili, né più difficili.

Ma ora Dean vede un po' più chiaramente il futuro che vorrebbe avere.




 

22.
Ogni tanto, Cas diventa intraprendente.

Dean adora quelle volte – come questa, ad esempio.

Castiel è sopra di lui e lo sta baciando come se volesse mangiarlo, e potrebbe anche essere colpa di Dean, perché sa perfettamente quanto l'altro ami il cioccolato ed è forse un po' sleale mangiarne un pezzetto (o due) e poi baciarlo e no, Cas non sa resistere.
Si allontana giusto il tempo di farlo respirare, e Dean ci prova, davvero, ma Castiel scende sul suo collo e lo morde quasi con violenza e non è umanamente possibile fare altro che ansimare, anche se di sotto stanno probabilmente sentendo tutto e vorrebbe veramente, veramente potersi trattenere, ma non può.

E poi Cas spinge i fianchi contro i suoi e non riesce ad importargli del tutto nemmeno di star gemendo come una puttana, non importa davvero, ci sono troppi altri dettagli molto più pressanti da tenere in considerazione.

«Cas- Cas.» e apre gli occhi a fatica, solo per trovare quelli di Castiel – che, per inciso, non è messo molto meglio di lui e si morde le labbra fino a che Dean non lo bacia e sente il sapore del sangue – enormi e spalancati e così blu.
Quando viene, Cas lo stringe ancora più forte, come se stesse per cadere, e si lascia sfuggire un ansito osceno e Dean decide che vuole solo sentirlo per tutta la vita.

 

Dopo rimangono sdraiati sul suo letto e Cas è incredibilmente pigro e assonnato e non fa altro che stargli raggomitolato contro il fianco, caldo, e ci manca poco prima che si metta a fare le fusa quando Dean inizia a passargli le dita fra i capelli, mormorando qualcosa di indefinito fra le ciocche scure.
Non si aspetta che parli – quando lo fa, quasi sobbalza, perché tanto meno si aspetta che dica ciò che dice.

«Voglio farmi un tatuaggio. Dopo averlo detto a mio padre.» lo sussurra e Dean non ha neppure bisogno di chiedere cosa o come o perché – lo sa, cosa e come e perché, e sinceramente aspettava un momento simile da qualcosa come due anni, perciò non è decisamente una sorpresa. Forse, dopo, Cas smetterà di avere paura.

Può sentire l'ansia di Castiel salire come la marea, quando lui non risponde – la sente scemare di nuovo, quando si limita a sollevargli il mento per riuscire a baciarlo.



 

23.
Il resto della Scooby gang viene a sapere di loro durante un pranzo qualunque – nemmeno questo è del tutto programmato, ma alla fine è meglio così.

Dean non deve nemmeno preoccuparsi di come dirlo a suo padre o a Sam – ha l'impressione che sua madre sappia già e basta, perché quando li vede sorride sempre di un sorriso un po' troppo ampio, come una gatta soddisfatta – perché succede e basta.
Un pomeriggio semplicemente si dimentica del tutto di essere a tavola e Cas si sporca l'angolo della bocca con la salsa e lui lo bacia. Così.

John quasi soffoca con la patata che sta mangiando, Sammy salta sulla sedia gridando – non allarmato, no, sembra più un lo sapevo, lo sapevo! entusiasta che gli fa venire voglia di indagare più approfonditamente sulla questione –, mentre Mary non li guarda neppure e continua a mangiare come se niente fosse.

E la cosa finisce lì.

 

(Suo padre non fa neppure domande – crede a causa del calcio perfettamente udibile che può sentire sua madre tirargli sotto il tavolo – e Sammy si calma, Cas arrossisce e lui gli prende la mano nascosto dalla tovaglia, sorridendo di taglio.
E va bene così).


 

24.
Per il loro primo anniversario, anche se Dean vorrebbe solo fare finta di scordarselo e invece portarlo a un picnic a sorpresa da qualche parte, Cas preferisce rimanere una giornata intera a letto a non fare assolutamente nulla che non sia baciarlo.

Dean non può nemmeno lamentarsi.



 

25.
Per il sedicesimo compleanno di Cas, Gabriel gli regala una cravatta.

Quando vede Dean occhieggiarla, incuriosito, gli fa un occhiolino che il resto della tavolata finge di non vedere – Cas se la mette subito, il nodo naturalmente storto perché non si è mai messo una cravatta in vita sua, non da solo, e Dean non prova nemmeno a raddrizzarglielo, in parte perché non ha idea di come farlo, ma soprattutto perché è troppo impegnato a fissarlo.

Cas ricambia il suo sguardo con la testa inclinata di lato, stranito, ma lui nemmeno gli risponde perché – anche se non lo dirà mai ad alta voce – Castiel è la cosa più adorabile sulla faccia della terra, con quella cosa addosso e il trench che gli sta di nuovo troppo largo (è dimagrito ancora, non importa quanto Dean cerchi di farlo mangiare) e che quasi gli copre le mani.
Fa violenza su se stesso per non toccarlo, e si limita a scuotere il capo, rimandando a più tardi la conversazione.

Deglutisce, le parole che non possono uscire e rimangono bloccate in gola e forse, solo forse, è proprio ora di tirarle fuori e basta.

 

Dopo, quando tutti gli adulti sono dentro e Sammy è a letto, sgattaiolano sul portico, rintanati sotto la finestra del salotto, le schiene appoggiate contro il muro esterno – restano lì anche se è pieno dicembre e si gela, e Dean guarda il cielo e vede solo poche stelle, il che è molto triste perché sa che le stelle a Castiel piacciono, sa che lo aiutano a dormire, e sta già aprendo la bocca per dirlo e basta quando Cas gli prende la mano, così all'improvviso, e stringe talmente forte da fargli male, e lo dice lui.

Una volta sola, e non ha nemmeno il coraggio di guardarlo in faccia ed è più come se gli sfuggisse, come se non avesse mai avuto davvero intenzione di dirlo perché alla fine lo sapeva già, Dean, lo vedeva ogni giorno, e non sono due ragazzine, ma Castiel sa sempre cosa gli passa per la testa (ed è solo il suo modo per dirgli che sa e che non c'è bisogno che parli, perché i tre quarti delle volte Dean rovina tutto, quando parla).

«Ti amo.»



 

26.
Gabriel continua con la sua sottile ironia maliziosa – continua talmente a lungo che non è più nemmeno sottile, e quando, al sedicesimo compleanno di Dean, stavolta, gli allunga un pacchetto rosso sussurrandogli di aprirlo in privato, Dean ha quasi paura.

Quella sera strappa la carta con cautela, solo per trovarsi davanti una scatola anonima – la scuote e gli basta sentire il tintinnio leggero di metallo per decidere che è ora di gettarla sotto il letto e non tirarla fuori mai più.

Non ne parla con Cas perché al solo pensiero arrossisce in maniera imbarazzante e no, non vuole rischiare di attirarsi sguardi innocentemente curiosi addosso.




 

27.
Non glielo dice spesso, Cas – ti amo.

(Del resto, Dean non ha ancora trovato il coraggio di dirlo, e sì, saranno anche solo due parole, ma fanno paura e in fondo Dean pensa che siano anche un po' inutili, perché non serve a nulla dirlo se puoi dimostrarlo).

Comunque, ogni tanto lo fa – durante le notti in cui riesce a stare sveglio un po' più a lungo e si addormenta verso le tre, con la consapevolezza del suo sguardo addosso, insistente e quasi fisico, oppure nelle giornate migliori, quelle in cui Cas sorride per nessun motivo in particolare e non sembra spaventato. Ce ne sono tante, ormai, di giornate così, e Dean sente che ormai la routine sta per spezzarsi e che Cas davvero, davvero non ne può più di nascondersi, e lo capisce e sa che presto avrà bisogno di lui e quindi, quando le giornate brutte arrivano e sono ogni volta peggiori, ha imparato a non parlare e basta, per ore, e stargli vicino senza essere invadente, senza sfiorarlo nemmeno se non lo sente a suo agio.

Dean non sa bene cosa prova, quando lo sente mormorarlo – lo mormora sempre, piano, come per non farsi sentire dal resto del mondo – fra i suoi capelli, o lasciarglielo stampato addosso con un bacio. Un misto fra una tenerezza immensa e il dolore, perché può sentire quello di Cas, di dolore, ci imprime ogni lettera e lo fa del tutto involontariamente, solo perché per tanto tempo non ha potuto scinderli, amore e dolore, e Dean lo capisce e quindi soffre con lui.

In silenzio.




 

28.
Dean capisce che è quello il grande giorno solo dallo sguardo di Castiel.

Non ha un'idea precisa di cosa sia cambiato, di cosa sia stato a farlo scattare così, tutto d'un colpo – cosa abbia fatto finalmente traboccare il vaso, dopo anni di repressione forzata di tutta la sua rabbia.

Lo capisce lui e, probabilmente, lo capisce anche il resto di casa Winchester, nel momento in cui irrompe in salotto in maniera così inusualmente violenta e si limita ad afferrargli la mano e trascinarlo via senza mezza spiegazione – Dean non si lamenta perché le sue dita sono troppo calde e un po' umide e Cas non suda mai e lui solo sa. Quindi lo segue senza protestare, e non dice nulla nemmeno quando gliela lascia, la mano, stringendola solo un'ultima volta, prima di entrare in casa sua.

Lo lascia andare per primo, poi lo segue piano, senza far rumore – da dietro, vede le gambe di Cas tremare, ma in modo talmente impercettibile che se non lo conoscesse bene non potrebbe accorgersene.
Lo raggiunge in salotto, solo per trovarlo seduto davanti ai suoi genitori, già accomodati sul divano come se li stessero aspettando.

Cas non fa grandi giri di parole – lo vede prendere un respiro, deglutire, ed è breve e indolore e all'improvviso non è più un segreto e non c'è più bisogno di avere paura.

«Sono gay.»

 

Naturalmente ci sono state urla (non meriti il nome che porti mostro disonore non sei mio figlio brucerai all'inferno). Era previsto.

Non era previsto che Charles si slanciasse contro entrambi con violenza e cercasse di tirare un pugno a suo figlio – non ci è riuscito, esclusivamente perché Dean ha ottimi riflessi e si è messo in mezzo giusto in tempo, prendendolo al suo posto e Cristo, il dolore, ma si era ripromesso che non avrebbe mai più lasciato suo padre fare del male a Cas, perciò non è stato un sacrificio vano.

Cas l'aveva trascinato via in preda al panico, sfuggendo per miracolo a Charles che cercava di afferrarlo – sua madre stava cercando disperatamente di trattenerlo, senza molto successo, e a dire il vero Dean era più occupato a cercare di fermare il sangue che gli imbrattava la faccia più che a comprendere realmente le dinamiche della loro fuga rocambolesca, ma in qualche modo erano riusciti a uscire e attraversare la strada, mezza famiglia Winchester radunata sul portico a causa delle urla e sua madre che correva loro incontro con un asciugamano, un'espressione terrificante in volto mentre cercava di pulirgli il viso e al contempo di calmare il tremito continuo di Castiel, mentre con la coda dell'occhio può vedere suo padre partire verso la casa dei Novak.

Dean decide di non preoccuparsene, e si lascia guidare verso la cucina, mormorando cose incomprensibili a Cas – senza lasciargli mai la mano, perché ha come l'impressione che se la lasciasse adesso Castiel se ne volerebbe via – per tentare di tranquillizzarlo a sua volta. Non che ci riesca nemmeno lui – Sammy, comunque, capisce.

 

Un quarto d'ora dopo Gabriel è già lì, loro hanno stabilito che fortunatamente il suo naso non è rotto e John è già tornato, con un borsone pieno di tutti i vestiti di Cas che è riuscito a portare via, un paio di libri e la promessa di tornare il giorno dopo a prendere il resto perché, beh, hanno una camera degli ospiti libera.
Castiel è sull'orlo delle lacrime, e siccome Dean rischia di sporcarlo di sangue lascia che sia sua madre ad abbracciarlo.

 

Più tardi, quella sera, quando tutti dormono e Cas è sgattaiolato silenziosamente nella sua stanza, accoccolandosi contro il suo fianco per viziarlo di carezze, Dean sa che ora non avrà più paura.



 

29.
«Forza, ragazzino, abbiamo quasi finito.»

La voce dell'uomo è profonda e gradevole, ma non è decisamente abbastanza per distrarlo dal dolore persistente della pelle tirata – stringe i denti, Dean fa una smorfia in risposta alla sua e gli accarezza distrattamente il dorso della mano, probabilmente maledicendosi (o maledicendolo) per avere scelto una cosa tanto dolorosa e grande.
E pensare che lui ha persino messo soldi da parte per quasi un anno, per regalarglielo.

Sospira di sollievo – coprendo il sospiro di Cas – quando il tatuatore si allontana, sorridendo soddisfatto e iniziando a sterilizzare gli strumenti. Se ne va per prendere lo specchio, e Dean davvero non vorrebbe ma non può evitare di gettare un'occhiata veloce e- rimane più o meno senza fiato.
Non aveva guardato durante tutte e sei – sei, Dio santo – ore che aveva impiegato per finire, e vedere l'insieme completo era semplicemente troppo. Non abbastanza da fargli mancare il sorrisetto compiaciuto di Cas, quando nota la sua espressione.

Non fa in tempo a dire nulla, prima che l'uomo torni, portando uno specchio a figura intera che sistema in fondo alla stanza – fa cenno a Castiel di alzarsi attentamente, Dean lo aiuta a sollevarsi, le gambe indolenzite dopo aver tenuto la stessa posizione per tutto quel tempo, e si trattiene dall'accarezzare la cute arrossata perché non vuole fargli male.

Non è come se non l'avesse mai visto – si è occupato personalmente del disegno, e hanno passato giorni a scandagliare indirizzi vari per trovare qualcuno di adatto a ciò che aveva in mente, ma vederlo sulla sua pelle è tutta un'altra storia.

Cas volta la schiena allo specchio, osservando da sopra la spalla.

Le ali sono enormi.
Coprono quasi tutta la schiena, chiuse e rovinate e le piume sono giusto un po' sfilacciate, la sfumatura più vicina ad un acquerello che sono riusciti ad ottenere con l'inchiostro, e sono bellissime.

Sono tutto quello che Castiel è stato prima di riuscire a trovare il coraggio di smettere di avere paura – di suo padre, del suo giudizio, persino di se stesso. E sono rotte perché anche lui lo è stato, e sta appena cominciando a guarire, e nemmeno avrebbe potuto farlo se non grazie all'uomo che ora lo sta guardando come se non ci fosse nient'altro al mondo e semplicemente Cas non crede che ci si abituerà mai.

Non crede di poterci riuscire, ad abituarsi a Dean, anche se ormai è una vita che ci prova.
Dean che lascia un bacio sulla sua spalla, premendoci le labbra, prima di sussurrare qualcosa.

Castiel sorride.
«Non ho intenzione di iniziare a chiamarti pulcino, Cas.»

Ed è perfetto così.

   
 
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