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Autore: lapoetastra    29/11/2015    1 recensioni
[Le avventure di Oliver Twist]
< Tu niente. Dimmi che cosa vuoi e perché mi fissi ogni giorno con quegli occhi da pesce bollito. Avanti >, lo incalzò con durezza Dodger.
Oliver sospirò, e con voce improvvisamente sicura e fredda rispose: < Ah, niente di che. Semplicemente mi piace osservare quelli che mi sono inferiori. I falliti, insomma. Esattamente come te, che non sei nulla, al mio confronto. >
Genere: Introspettivo, Slice of life | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna
Note: Missing Moments | Avvertimenti: nessuno
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Dodger lo odiava.
Da quando era arrivato quell’insulso moccioso, Fagin si comportava come se non esistesse più, lui che era sempre stato indubbiamente il suo preferito.
Il vecchio ladro non faceva infatti altro che esaltare le spiccate doti del giovane Oliver, affermando con sicurezza che sarebbe diventato il miglior borseggiatore della compagnia.
Aveva gli occhi lucidi, quando lo lodava.
Non li aveva mai, quando lodava Dodger.
Ed ora quest’ultimo era stufo, stanco di essere diventato un fantasma.
Non riusciva proprio a sopportarlo, non dopo che giorno dopo giorno portava a casa sempre un bottino consistente – magari addirittura rischiando di venir catturato dai Gufi – e la sua impresa veniva accantonata come se niente fosse da un distratto e sfuggente Fagin, che nonostante tutto era sempre stato come un padre, per lui.
La colpa ovviamente era tutta di quel lurido trovatello che Dodger stesso aveva introdotto nella compagnia – “sia dannato quel infausto giorno”, continuava a ripetersi con rabbia quando ci pensava – , il quale ora credeva di essere il migliore, nonostante non avesse fatto assolutamente nulla per meritarsi un tale appellativo.
Dodger scopriva spesso Oliver a fissarlo, nel silenzio della stanza.
E quelli sguardi silenziosi lo irritavano ancora di più.
Che cosa aveva da guardare con così tanta insistenza?
Magari si faceva beffe di lui, e dentro di sé si vantava con orgoglio di averlo battuto ed aver preso il suo posto nel cuore di Fagin.
Sicuro come l’oro che era così.
Come in quel momento, per esempio.
I ragazzi erano soli, nella piccola e calda camera.
Fagin era dovuto uscire per andare a trovare Bill per chissà quale motivo che a loro non era dato conoscere.
Charlie Bates dormiva come ghiro, nel letto vicino alla finestra, e solo il sollevarsi regolare delle spesse coperte indicava la sua presenza.
Dodger, invece, stava pulendo la propria tuba dalla polvere con fare assorto, ma percepiva distintamente gli occhi chiari di Oliver fissi su di sé, come se volessero trapassarlo da parte a parte.
< Beh, si può sapere che vuoi? >, sbottò dunque, mettendo da parte il cappello ed incrociando con durezza lo sguardo dell’altro che, intimidito, arrossì imbarazzato.
< Io.. io non.. >, balbettò questi, avvampando ulteriormente.
Dodger stava iniziando a perdere la pazienza.
< Tu niente. Dimmi che cosa vuoi e perché mi fissi ogni giorno con quegli occhi da pesce bollito. Avanti. >
Oliver sospirò, e con voce improvvisamente sicura e fredda rispose: < Ah, niente di che. Semplicemente mi piace osservare quelli che mi sono inferiori. I falliti, insomma. Esattamente come te, che credi di essere tanto in gamba solo perché hai la mano lesta ma che in realtà non sai fare altro che rubare qualche portafoglio ad un passante rimbambito. Perché vedi, mio caro Jack, tu non sei nulla. Vali meno di zero, renditene conto. Ecco perché ti fisso, hai capito? Mi diverte notare i tuoi comportamenti ridicoli per cercare di attirare inutilmente l’attenzione di Fagin. Ma tu non sei niente, Jack, o Dodger come ti fai chiamare. E non sarai mai come me. Fai una favore a te stesso, ed accetta la dura verità. >
Tutto questo Oliver non lo disse mai, ovviamente.
Era stata la mente di Dodger che, come al solito, era corsa troppo velocemente imboccando un sentiero sterrato che si allontanava dalla strada asfaltata della realtà.
Il giovane Twist, infatti, alla sua domanda non aveva ancora risposto.
Rimaneva semplicemente lì, con li occhi bassi e le gote paffute tinte di un acceso rosa.
< Allora? >, lo incalzò nuovamente Dodger, che ora doveva assolutamente sapere.
< Io… >, iniziò Oliver, tremando. < Io ti fisso sempre perché vorrei tanto essere come te. Tu sei il mio modello, ed io… >
Jack non lo ascoltava più, ormai.
Le parole del ragazzino, quel “vorrei tanto essere come te”, gli rimbombava senza sosta nella testa, colpendolo piacevolmente e scaldandogli il cuore.
Come era stato stupido!
Si era creato un film mentale tutto suo, che lo aveva fatto stare male e lo aveva portato a trattare male il piccolo Twist, vittima innocente delle sue false accuse.
< Ma tanto lo so che tu mi odi. >
Quest’ultima frase, pronunciata da Oliver con un tono carico di sofferenza, distolse Dodger dalle proprie riflessioni.
Lo odiava davvero?
Prima, forse, quando era talmente infantile da crearsi inutili pregiudizi e preoccupazioni.
Ma adesso, adesso era cambiato tutto, ora aveva capito il suo errore, e doveva porvi rimedio a qualsiasi costo.
< No che non ti odio. Certo, riconosco di essermi comportato in malo modo, con te, ma… ma è solo perché ho attraversato un momento difficile. Ora però è tutto passato >, rispose sorridendo, per la prima volta dopo lunghi giorni in modo sincero.
Anche le labbra di Oliver si sollevarono dolcemente all’insù.
< Hai sonno? >, gli chiese poi Dodger, con una strana luce negli occhi azzurri.
< No. Non molto, almeno >, disse Twist, ma era una bugia, ed uno sbadiglio malandrino lo smascherò.
Dodger rise, rise davvero, a quella vista.
< Adesso dormi, giovane Oliver. Ci penserò domani. >
< Penserai a cosa? >, chiese l’altro, curioso.
Jack ghignò. < Beh, ma non è ovvio? Ad istruirti ed insegnarti tutti i trucchi del mestiere affinché tu possa diventare esattamente come me! Non  è forse quello che volevi? >
< Io… io sì! Grazie, Dodger, grazie di cuore! Io mi impegnerò, te lo prometto, e ti assicuro che non ti deluderò. >
< Oh, non ne dubito affatto >, rispose Jack. < Però ti devo mettere in guardia: ci vorrà tanto tanto lavoro. Sai com’è, non è mica facile diventare in gamba, agile, furbo e scaltro come il sottoscritto. >
Fu il turno di Oliver di sorridere.
< Oh, non ne dubito affatto >, disse, facendogli il verso, ma scoppiando poi immediatamente a ridere.
Dodger lo fissò per un attimo in silenzio, sentendosi avvolgere da una sensazione di benessere che credeva quasi di aver dimenticato, e poi si unì al suo giovane allievo.
Continuarono così, a ridere come due pazzi, felici per quel rapporto appena nato, fino a quando Charlie Bates, svegliato dal proprio sonno, lanciò ad entrambi una scarpa.
   
 
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