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Autore: Avenal Alec    30/11/2015    3 recensioni
“Possiamo escogitare qualcosa dopo” chiese Bellamy sopraffatto dalla stanchezza e da ciò che era successo.
“Quando sarai pronto” rispose Clarke, appoggiandosi contro l’albero.

Con queste parole si conclude un momento Bellarke molto intenso della 1x08 (puntata delle noccioline allucinogene) per intenderci. Subito dopo, nella puntata, li vediamo portare le armi al campo e Clarke dire per la prima volta a Finn di fidarsi di Bellamy e delle due idee. Ecco questo missing moment riempe quel vuoto lasciato da quando li abbiamo visti seduti sotto l'albero a quando arrivano al campo.
I dialoghi in corsivo sono ripresi direttamente dai dialoghi della serie tv.
La storia partecipa al Multifandom contest- One shot 2° edizione indetto da EOS_92.
Buona Lettura
Genere: Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Bellamy Blake, Clarke Griffin
Note: Missing Moments | Avvertimenti: nessuno
- Questa storia fa parte della serie 'The 100 - Welcome to the new world'
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FIDUCIA
 
“Possiamo escogitare qualcosa dopo” chiese Bellamy sopraffatto dalla stanchezza e da ciò che era successo.
“Quando sarai pronto” rispose Clarke, appoggiandosi contro l’albero.
 
Lasciarono i minuti scorrere, il silenzio della foresta attorno avvolgeva i loro pensieri.
 
Una leggera nebbiolina cominciò a salire, l’umidità si stava facendo sempre più intensa e Clarke rabbrividì sotto la giacca leggera.
Bellamy volse lo sguardo verso di lei, il sangue sul suo viso ormai secco. Non aveva nemmeno avuto la forza di pulirsi, troppo stanco anche solo per pensare.
“Dobbiamo rientrare, comincia a far freddo” disse preoccupato.
Clarke sospirò “Preferirei rimanere ancora qua, lontana dalla confusione che ci attenderà al campo, ma ci aspettano” concluse alzandosi in piedi e allungando la mano verso Bellamy, per aiutarlo.
Una stilettata allo stomaco, dove il calcio del fucile l’aveva colpita, la bloccò e annaspò un istante.
Sentì subito Bellamy vicino a sé.
“Tutto ok?”
Clarke si volse verso di lui e osservò la sua faccia tumefatta “Quanto te, direi!”
Il ragazzo rise ma quel piccolo forzo gli costò caro e una fitta di dolore gli attraversò la faccia. Si lasciò sfuggire una smorfia di dolore.
“Stai bene?” chiese preoccupata Clarke.
Bellamy riuscì ad annuire e con un lieve sorriso fra le labbra “Siamo proprio una coppia di relitti”
L’occhio del giovane cadde sulla ragazza: stava rabbrividendo.
Senza pensarci si tolse, con una certa fatica, la giacca per poggiargliela con cura sulle spalle.
La ragazza fece per ritrarsi ma il compagno la bloccò.
“No, tienila almeno fino a quando non arriveremo al deposito delle armi e troveremo di meglio”.
Clarke annuì suo malgrado. Il freddo le stava entrando nelle ossa e il calore inaspettato della giacca era di conforto.
La giovane l’osservò, avrebbe voluto ringraziarlo ma le parole le rimasero bloccate in gola.
“Andiamo” disse deciso il giovane prima di voltargli le spalle e puntare verso il deposito.
Clarke sorrise, aveva scorto in Bellamy il lato premuroso che di solito era rivolto solo alla sorella.
Si chiese, per la prima volta, come fosse stata la sua vita sull’Arca. Di certo diversa da quella che aveva vissuto lei.
 
Durante il tragitto non parlarono, troppo concentrati sul sentiero e sulla necessità di tenere a bada il dolore serpeggiante delle ferite riportate durante lo scontro con Dax.
Recuperarono tutto quello che poteva servire, fucili e munizioni.
Lavorarono in perfetta sincronia, scegliendo, pulendo e ammucchiando le armi. Si scambiavano poche parole, troppo occupati a terminare il lavoro che si erano prefissati. Raccolsero due borse piene di armi poi, carichi al meglio delle loro possibilità, uscirono dalla base sotterranea e nascosero la botola con arbusti e rami. Sarebbero tornati il prima possibile, a recuperare il resto.
La leggera foschia che era salita nelle tarde ore del pomeriggio si era dissolta lasciando solo qualche labile traccia in alcune sacche del terreno.
Il cielo sopra di loro era stellato. Clarke e Bellamy si fermarono un istante ad osservarlo e, con l’occhio ormai allenato, individuarono l’Arca che orbitava sopra di loro.
“Presto si uniranno a noi” mormorò la ragazza prima di volgere lo sguardo al ragazzo. Bellamy aveva ancora un problema da risolvere con il Cancelliere.
Il ragazzo sentì i grandi occhi cerulei su di se. Si chiese se la giovane cominciasse ad avere nuovamente dei dubbi su di lui, non erano mai andati d’accordo e l’intimità condivisa poco prima poteva essere stato uno strascico dell’effetto delle noccioline.
“Sì, presto scenderanno e tutto cambierà” rispose con voce decisa.
“Non scappare Bellamy” lo trattenne Clarke “Troveremo una soluzione”
“Non credo che si possa trovare” replicò con una nota di sconforto nella sua voce. “Ho sparato al cancelliere, le mie azioni hanno causato la morte di centinaia di persone, ho messo in pericolo tutti i ragazzi …”
“Fermati Bellamy” lo bloccò subito Clarke “Non tormentarti per ciò che è successo, era diverso allora, eravamo tutti diversi”
“Clarke non capisci, io non sono così, non ho mai voluto essere questo tipo di persona”
La ragazza lasciò cadere le armi che portava sulle spalle, un unico movimento e si avvicinò a Bellamy. Posò le sue dita sulle labbra del giovane.
“Ssshh Bellamy, non farti questo, lascia che il passato sia passato”
Il ragazzo la guardò, nei suoi occhi la fragilità di chi sta perdendo la battaglia con sé stesso. Spostò la mano di Clarke trattenendola nella sua. “Non ci riesco Clarke, non ci riesco” rispose in un sussurro che incrinò la sua voce.
Clarke sentì il peso di quelle parole, di quello che significavano e in quel momento capì che uomo fosse Bellamy.
In uno slancio che non gli apparteneva lo abbracciò, lo tenne stretto a sé, sperando che il suo calore potesse parlare più delle parole.
Sentì Bellamy accogliere il suo abbraccio, stringerla a sua volta.
Non c’era desiderio in quel contatto ma solo la necessità di trovare qualcuno a cui aggrapparsi, per non perdersi nuovamente nei rimorsi che lo stavano divorando.
Rimasero lì alcuni istanti fino a quando non cominciarono a sentirsi in imbarazzo, a disagio per quel gesto impulsivo cui non erano abituati.
Si sciolsero impacciati.
Clarke raccolse le armi che aveva lasciato cadere a terra, si sentiva osservata. Volse lo sguardo verso Bellamy che in fretta spostò il capo per far finta di guardare altro.
La ragazza non disse niente e s’incamminò verso il sentiero che avrebbe portato entrambi al campo, la loro Casa.
Bellamy le camminava accanto, il tintinnio ritmico dei ganci delle borse scandiva i loro passi e frantumava il silenzio fra di loro.
Ogni tanto Clarke lanciava di sfuggita qualche occhiata al ragazzo, cercanva di capirlo.
Ripensò alle parole che si erano detti accanto all’albero, era stata la prima volta che Bellamy aveva accennato alla madre. La storia dei Blake non era stata facile e si ricordava perfettamente le frasi mormorate, le accuse e le illazioni su Aurora Blake, la madre dei due giovani. Nessuno sapeva chi fosse realmente il padre di Octavia e questo aveva fomentato molte maldicenze.
Clarke non aveva mai visto Octavia prima dell’arrivo sulla Terra e Bellamy era per lei altrettanto estraneo. Sapeva che erano rimasti orfani quando la madre di Bellamy, dopo un processo sommario, era stata espulsa dall’Arca. Ovviamente la scoperta della sorella aveva messo fine alla brillante carriera di cadetto di Bellamy, almeno così si mormorava sulla nave. Aveva scelto di attentare alla vita del Cancelliere pur di raggiungere sua sorella sulla terra. Questo avrebbe dovuto dirle molto di lui e invece non faceva altro che aumentare le domande e un intrinseco fascino nei confronti di quel ragazzo spesso arrogante e ottuso, quando ci si metteva.
Sorrise al pensiero.
“Perché sorridi?”
Le parole di Bellamy interruppero il flusso dei suoi pensieri, sentì le gote accalorarsi al pensiero di essere stata colta in flagrante.
Avrebbe voluto negare ma poi, la situazione così tranquilla, la familiarità che si era creata fra loro la fecero parlare.
“Stavo pensando che a volte oltre che arrogante sei anche ottuso”
“A si?” rispose Bellamy piegando leggermente il capo e alzando le sopracciglia mentre un lieve sorriso lasciava il segno sulle sue labbra. “Ha parlato la nostra Brave Princess” replicò ridendo.
Non c’era scherno nelle sue parole, una bonaria presa in giro che la fece sorridere.
Entrambi sapevano che anche il carattere di Clarke non era dei più facili e avere a che fare con lei spesso risultava un’impresa. Bellamy però si era reso conto presto delle sue capacità, della sua umanità e della sua forza ispiratrice.
“Ce la faremo, grazie a te” si lasciò sfuggire Bellamy.
Clarke, non rispose, osservava il terreno su cui camminava.
“Cos’hai Clarke?” chiese allora.
Clarke continuava a camminare imperterrita passo dopo passo, il ragazzo avrebbe voluto fermarla ma sapeva che non sarebbe successo.
La conosceva: quando il suo viso era così duro, i suoi occhi puntati in avanti e il suo passo deciso non sarebbe riuscita a bloccarla e, se l’avesse fatto, lei si sarebbe chiusa e lo avrebbe trapassato con i suoi occhi tenendosi ogni cosa dentro.
“Ti chiedi mai cosa sarebbe successo di noi se non fossimo stati Scelti?” Clarke accentò l’ultima parola, mostrando tutto il suo scherno per quello a cui erano stati sottoposti “se fossimo rimasti sull’Arca?”
Bellamy scrollò le spalle “Avremmo vissuto una vita inutile come quella di tutti gli altri, in attesa del giorno in cui avremmo potuto scendere o, saremmo morti per far sopravvivere altri. Lassù non c’è mai stato niente dal giorno in cui è nata Octavia” concluse in un mormorio.
Il suo sguardo era nuovamente volato verso la stazione orbitante sopra di loro.
“Ti manca Octavia?” chiese quindi Clarke. Tutti al campo sapevano del loro legame, per molti era difficile da capire, nessuno sapeva cosa significasse avere un fratello o una sorella. Erano vissuti sapendo che la loro vita era sempre sul filo del rasoio, bastava poco per essere espulsi e, i legami di sangue, diventavano fallaci perché sottoposti alle regole ferree necessarie per la sopravvivenza di tutti.
“È strano” rispose Bellamy riflettendo “Sono stato così preso a proteggerla per gran parte della mia vita che, vederla scegliere come vivere è difficile da accettare. Ciò che ha sempre visto del mondo è passato sempre attraverso quello che io le raccontavo e, l’unica volta in cui ho ceduto ai suoi desideri beh..sai come è andata a finire..” concluse.
Poco dopo riprese a parlare “Scendere sulla terra è stata una rivelazione e una liberazione con cui sto ancora venendo a patti. Specialmente se riguarda Octavia. Ho preso tutto da questo mondo, cancellando completamente gli insegnamenti di mia madre e mi sono lasciato trascinare dalla rabbia e dal desiderio di avere qualcosa di completamente diverso della vita sull’Arca. Fare ciò che diavolo volevamo, senza impegni e responsabilità.”
Il ragazzo si interruppe di colpo e respirò profondamente. Clarke comprese, come se Bellamy avesse parlato, cosa gli stava passando per la testa.
“Bellamy, tutti noi abbiamo sbagliato e, la tua reazione e le tue scelte, sono comprensibili. L’Arca ti ha ferito profondamente e non potevi sapere cosa ci fosse dietro al nostro lancio. Tutto quello che hai fatto sulla
Terra ne è stata una conseguenza. Non avresti mai fatto realmente male a qualcuno.”
“Ne sei sicura? Eppure, l’ho fatto”.
Clarke si fermò di colpo, costringendo Bellamy a fare lo stesso.
Gli si fece sotto, guardandolo dritto negli occhi “Se tu fossi stata realmente una cattiva persona il secondo giorno mi avresti lasciato morire in quella trappola invece mi hai salvato. Ero un problema, un grosso problema, eppure hai teso la tua mano e mi hai trattenuta prima che venissi trafitta dai pali. Sei una brava persona Bellamy.” Concluse Clarke decisa e, lo pensava davvero.
Si chiese invece chi lei fosse in realtà, aveva sempre avuto una vita privilegiata, la sua esistenza sull’Arca già programmata. Le scoperte di suo padre prima, il presunto tradimento di Wells, la prigionia, l’arrivo sulla terra e la scoperta della verità, ciò che era successo a Charlotte le avevano fatto dubitare su tutto. Era andata avanti cercando di essere giusta, come i suoi le avevano insegnato ma ora sentiva che ogni cosa si stava sgretolando sotto le sue mani. Rievocò l’allucinazione in cui aveva visto suo padre, non era nemmeno in grado di perdonare sua madre. Ripensò a Finn, il motivo per cui aveva scelto di andare in spedizione con Bellamy, aveva creduto nel ragazzo, nelle sue parole, nelle suo modo di vedere il loro viaggio sulla Terra eppure l’aveva tradita nei sentimenti più basilari e, sotto, sotto, solo ora si rendeva conto che era più simile a Bellamy di quanto pensasse. Aveva creduto fermamente di saper dare valore alla vita eppure quel mondo e forse la vita dell’Arca l’aveva segnata più di quanto immaginasse. Sapeva nel suo intimo che avrebbe sacrificato tutti e tutto pur di salvare i suoi compagni.
La giovane si sentì chiamare “ehi Brave Princess rallenta? (!)”
Clarke aveva ricominciato a camminare seguendo un’andatura veloce. Il movimento automatico delle sue gambe l’aveva spinta sempre più avanti, senza sentire sulle spalle il peso delle armi, senza accorgersi che Bellamy era rimasto indietro e stava respirando a fatica.
Rallentò di colpo, consapevole che le ferite che aveva ricevuto dovevano fargli un male cane.
“scusa!” disse rallentando il passo, non sapeva cos’altro aggiungere.
Il ragazzo avrebbe voluto chiederle altro ma si trattenne, scosse la testa e ricominciarono a camminare poco distanti l’uno dall’altro.
“Sei sicuro che sia una buona idea portare le armi al campo?” chiese Clarke cercando di pensare ad altro, volendo credere che la connessione fra lei e Bellamy avesse un senso e non stesse nuovamente prendendo decisioni azzardate.
“Non lo so, la Terra non è sicura e non possiamo aspettarci la clemenza da parte di nessuno e cacciare sarà più semplice e sicuro.” Rispose Bellamy.
Clarke annuì ma non poté fare a meno di pensare a quello che avrebbe detto Finn.
“Magari non dovremmo usarle ma non voglio che si ripeta ciò che è successo a Jasper e ora che abbiamo il terrestre di certo ci scontreremo con i Grounders.” Continuò Bellamy come se avesse letto perfettamente nella mente di Clarke.
“Abbiamo delle responsabilità nei confronti degli altri e dobbiamo fare di tutto per proteggerli” concluse Clarke in un riverbero delle parole che aveva detto al padre durante il sogno e dando voce a ciò che entrambi sapevano.
Bellamy annuì. “Nel bene o nel male ci siamo fatti carico di questo compito e dovremmo portarlo a termine” concordò il ragazzo.
Parole che entrambi sapevano avevano un peso, avevano fatto una scelta per loro e per il futuro di tutti. Avrebbero collaborato, qualunque cosa essa implicasse, consapevoli di essere dalla stessa parte.
“Cosa diremo al Cancelliere?” chiese quindi il giovane.
Ormai ogni decisione sarebbe stata presa insieme e, per poter andare avanti, avrebbero prima di tutto dovuto risolvere la situazione che si era creata.
“Diremo la verità” rispose Clarke dopo un’attenta riflessione. “Loro ci hanno spedito a morire, e questo fatto non cambia. Siamo vivi solo grazie a te e di questo il Cancelliere dovrà prenderne atto se vuole che il loro arrivo fili liscio. Tu sei un punto di riferimento per i ragazzi e non vogliono che ti succeda qualcosa. Siamo tutti cambiati e non siamo più i delinquenti che hanno cacciato dall’Arca, siamo sopravvissuti e continueremo a sopravvivere.”
Bellamy annuì rinfrancato.
Clarke sorrise, credeva fermamente ad ogni parola che aveva detto. Non sapeva cosa sarebbe successo ma era certa che qualunque cosa fosse accaduta avrebbero agito insieme. Aveva fiducia in Bellamy.
 
Superarono con una certa difficoltà una salita particolarmente difficoltosa, le armi a tracolla e la stanchezza si facevano ormai sentire ma, la visione che videro, arrivati in cima, li rinfrancò. Erano vicini al campo, la luce dei fuochi illuminava la foresta, le ombre giocavano sul metallo del navicella, la recinzione che avevano creato, nel penombra, sembrava più resistente di quello che era in realtà.
Un luogo che ormai per loro era diventato Casa.
“Sai cosa mi piacerebbe fare ora?” esclamò Clarke
“Cosa?”
“Bere qualcosa di molto alcolico e poi dormire, una lunga bella dormita. Potrei addormentarmi anche sulla nuda terra” rispose Clarke.
Bellamy sorrise, condivideva ogni parola della ragazza. Quella giornata era stata stancante per entrambi, sia fisicamente che mentalmente.
“ti seguirei a ruota” replicò lui.
Clarke annaspò a quelle parole, ricordando le volte in cui, mezzo nudo, Bellamy aveva girato per il campo appiccicato a qualche ragazza.
Qualcosa dovette trasparire dal suo volto perché subito dopo il ragazzo continuò con quel sorriso sfrontato stampato sulla faccia.
“Non preoccuparti, non sei il mio tipo, sei troppo complicata per i miei gusti”
Bellamy la vide boccheggiare un istante e questo gli strappò una risata divertita.
“Però sono più che disponibile a condividere con te il primo giro di qualunque intruglio Monty e Jasper abbiano preparato.”
“Idiota” si ritrovò a sussurrare Clarke con una leggerezza mai provata da quando era stata imprigionata sull’Arca.
Bellamy rise divertito e la ragazza si ritrovò a ridere con lui.
Rimasero così, un istante, a guardarsi mentre il sorriso si spegneva sulle loro labbra, consapevoli l’uno dell’altro, per la prima volta.
Bellamy fece un passo avanti avvicinandosi a lei, senza sapere perché la sua mano si alzò per accarezzare il viso delle ragazza.
Sentì il calore della sua gota sulla sua mano. La vide chiudere gli occhi e cullarsi in quel contatto poi, delle voci dalla distanza, ruppero l’incanto.
Clarke si spostò di colpo, gli occhi aperti e vigili, poi sussurrò: “Dobbiamo andare”
Bellamy annuì, consapevole di quello che sarebbe successo se…
Scosse il capo, non era una strada che potevano percorrere.
Si incamminò accanto a Clarke.
Un nuovo silenzio fra di loro, entrambi non vedevano l’ora di essere al campo e dimenticare quegli ultimi istanti.
 
Quando arrivarono al rifugio fra i ragazzi serpeggiava la paura, il terrestre era scappato.
Bellamy e Clarke erano consapevoli delle conseguenze di quella fuga ma, le armi che portavano sulle spalle diedero loro una rinnovata sicurezza.
Gli altri non li avevano visti arrivare, presi dal terrore che altri grounders sarebbero arrivati condotti dal terrestre fuggito.
Bellamy fece sentire la sua voce, pronto a ridare sicurezza al gruppo dei 100 sopravvissuti.
 
“Lasciate venire i grounders” disse spostandosi al centro del gruppo  seguito a pochi passi da Clarke “Abbiamo avuto paura di loro per troppo tempo! E perché?” continuò lasciando che il suo sguardo corresse sulla folla “Per via dei loro pugnali e lance?Non so voi ma io sono stanco di vivere nella paura”.
Volse lo sguardo verso Clarke, non avevano più bisogno di parole dopo quello che avevano condiviso nelle ore precedenti, entrambi lasciarono cadere la sacca di armi che portavano sulle spalle e la ragazza prese la parola.
“Queste sono armi, non sono giocattoli. Dovremo essere preparati a darle alle guardie quando arriveranno” disse Clarke al gruppo. Il suo sguardo si posò su Finn, vide la malcelata amarezza nel suo sguardo. Sapeva che lui non condivideva il modo di pensare di Bellamy ma Clarke era consapevole che non potevano più essere deboli e dovevano essere preparati a tutto.
Dando voce a quel pensiero continuò
“Finché i soldati non arriveranno, queste ci terranno al sicuro.”
Bellamy riprese la parola, sapeva quanto fosse stata difficile quella scelta per Clarke “Ce ne sono altre nel luogo in cui le abbiamo trovate. Le prenderemo e domani cominceremo ad allenarci.”
Volse lo sguardo verso i ragazzi dell’accampamento, la luce dei fuochi rischiarava i loro visi seri. Tutti erano consci delle implicazioni e del cambiamento che quei fucili avrebbero portato alla loro sopravvivenza.
“E, se i grounders arriveranno, dovremo essere pronti a combattere”, concluse consapevole dell’impatto delle sue parole sul gruppo.
 
Vide i ragazzi rimanere immobili per alcuni istanti, attoniti dalle parole del giovane poi lentamente si disperdessero.
Bellamy e Clarke si trattennero l’uno accanto all’altro. Nessuno li avvicinò per contrastare la loro decisione.
“Cosa faremo ora?” chiese Clarke al ragazzo.
“Dovremo parlare con il cancelliere poi ti offrirò quel bicchiere di Alcool promesso.” Rispose sorridendo.
Cercò con lo sguardo la sorella che si era allontanata per raggiungere la porta d’ingresso del campo “ma prima devo parlare con mia sorella”.
Clarke annuì.
Alzò la mano verso Bellamy.
Lui la osservò un’istante, piegò il capo conscio di quel gesto.
La strinse sancendo un patto che non aveva più bisogno di parole e che significava prima di ogni altra cosa Fiducia.
 


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NOTA: Avevo in mente questa One Shot da diverso tempo e il contest mi ha dato l'occasione di scriverla. Spero vi piaccia. Mi sono divertita a scriverla e cercare di rendere molto Bellarke il rapporto fra i due visto che Jason non ci da molte soddisfazioni!!....Che dire spero sia una piacevole lettura e vi anticipo già che dalla prossima settimana tornerò a stressarvi con una nuova long, il seguito di Forgiveness. 
Buona lettura e fatemi sapere se vi è piaciuto. 

 
  
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