Angolo
Autrice:
Ed
eccomi,
timidamente, con un nuovo lavoro… se così
vogliamo chiamarlo. Una nuova sfida
con le mie adorate tartamiche LaraPink777 e CartoonKeeper8, con il tema
da me
scelto, quale “ Amore Medioevale
“.
Prima
di ogni premessa,
vi chiedo immensamente scusa di ciò che state per leggere,
no, ragazzi, l’ho
fatta veramente grossa, è un trip, cioè vi giuro
che non fumo e conduco una
vita equilibrata x°D Capisco
perfettamente che con poche e blande spiegazioni non vi convincerò, ma,
restando in tema: Giuro sull’onor
mio che
mai fumai oppio, mai m’ubriacai, mai mi
punsi-punsi-po’.
Sentite,
che vi
devo dire, sarà l’avvento dell’inverno,
sarà che siamo vicini a Natale e il
freddo mi fa malissimo, ma meglio non eccedere con le richieste di
perdono e
spiegarvi giusto due cose, non perché non ho fiducia nel
vostro comprendonio,
ma solo perché ho usato una parlata piuttosto…
superata.
Troverete
molte
incongruenze con la grammatica italiana odierna, ma non temete, nel
senso,
mandatemi pure a quel paese, lo capirei, ma ho cercato di non tirare
giù una
roba poco cacofonica ( considerate che la prima stesura era assai
più fedele
alla parlata medioevale, ma non si poteva, era veramente articolata e
già solo
chi non apprezza il genere si sarebbe stancato presto di leggere e la
lettura
sarebbe risultata pesante, infatti l’ho alleggerita molto).
Inizialmente
l’avevo
concepita come One-Shot, ma essendomi dilungata abbastanza, ho ritenuto
più
opportuno dividerla in due, massimo tre, capitoli. E' una AU-Human.
Vi
auguro una buona
lettura e mi prostro ai vostri piedi chiedendo venia un altro
po’, ‘n si sa
mai.
Vi
abbraccio, ad
uno ad uno e m’inchino, prima d’augurarvi il
benvenuto alla mia corte…
Era
‘l tempo di petrosi manieri, ov’il duello
al dorso di destrieri e ‘l lignaggio en virtù dei
vessilli imbastivan l’homo,
cavalier errante di lama e d’onor, di corona o nobil fama, al
fin d’aver loco lontano
dall’amenità e le brutture de l’anime
spoglie, di gioie e di vesti.
Ma
furon questi vezzi, colle ingiuriose
lingue, i pretenziosi dazi, il sangue sugli arazzi a far
dell’homo avido ‘l
male d’esso stesso, il demonio de le povere genti.
Confinavano
due regni, che da immemori tempi
guerrigliavan soventi, in nome d’un peccato chiamato
Superbia. Troppo sangue
scivolò lungo le lame, assai ventri sfiorarono
l’else, ma nessun reame prevalse
o s’arrese. L’ere scorsero nella sete di tregua e
‘l rosso imbrattò tanto ‘l
suolo e le polveri che quella terra fu annomata “ Del Fuoco
“.
Un
foco bramoso d’essere arso dall’acque
dell’equilibrio, deterso dalla morte di cui si sentiva
‘l puzzo. La terra di
fuoco narrava muta le gesta di casate avverse che forse, nel tempo,
avrebbero
veduto la pace o ne avrebbero saggiato la fine.
***
In
quel luogo v’era
pregna la brama, di quelle proibite, che arrossano le bocche,
ch’alimentano i
languori.
Il
posto era il
loro, ov’ogni sera le terga s’allacciavano strette
e le mani s’aggrappavano
disperate. Tra le sere fu l’ennesima in cui si videro, nel
casale dismesso poco
lontano dal maniero, cinti dalla frescura di fine estate.
L’erba seccata dalla
stella cocente pizzicò loro i talloni e ‘l terror
d’esser mirati impepò di
giovin entusiasmo ‘l desideroso incontro.
Il
maggiore dei
principi s’arrampicò lungo ‘l muro
ligneo, irto di schegge, e sgattaiolò sin
dentro la dimora in rovina, immerso nel più aberrante buio.
Attese con smania
lo scorgere della sua bella, finché non giunse, quel
diamante grezzo, al suo
cospetto d’uomo impaziente.
Sicché
ella svoltò
l’architrave annerito, con alle spalle la sola luce del
firmamento a farle da
cornice e, leggiadra, senza neppure sincerarsi fosse altri ad
attenderla, gli
si fiondò al petto.
“
Tutto’l dì sognai
la sera! M’è mancato, Sir. ”
l’accolse la pulzella, con voce di miele.
Le
braccia del
principe si strinsero ancora, intensificando l’abbraccio con
gratitudine.
“
E milady è
mancata a me. ” ricambiò, rimirandola a sua volta.
Seppur
non
riuscirono a fissarsi, bastò’l profumo a fungere
da lasciapassare per la loro
immaginazione. L’odore di sandalo, del ferro sferzato e
contrito del principe
sembrò armonizzarsi con quello più terreno e
silvano dell’amante.
“
Ho con me le
candele. ” disse lei, melliflua.
Cacciò
la mano
nell’ampia bisaccia e vi tirò le cere opache,
collo stoppino di già brunito e
due pietre focaie per abbozzar’un fuocherello col quale
incendiarle.
Il
principe si
svestì del cinturone e della regale casacca lavorata con
fili d’oro,
s’accomodò, adagio, sul fondo delle mura, fissando
estasiato ‘l suo amore
segreto, armeggiare coi cerini bianchi.
Le
fissò i capelli
d’ebano, lunghi e fluenti, danzarle lungo’l dorso
sottile e le labbra piene
raccogliersi per soffiare sul foco, caloroso com’i venti dal
Sud.
Ella
sistemò poi le
cere in cerchio, in modo tal d’irradiare una morbida luce ed
allungargli le
ombre.
“
Ho veduto una
profezia, nel sonno passato. ” disse distratta.
Il
giovane si destò
dall’ipnosi in cui la danza de le fiamme lo rapirono e
serrò di poco la
mascella.
“
Mia bella, saprà
che audire tali novelle non mi compiace. Le streghe sono in moria,
molte per
nostra mano. “ sentenziò, colla voce severa.
La
giovine bruna lo
fissò accigliata per breve tempo, frugò poi nella
sacca e ne tirò una pietra
dal poroso aspetto. “ Mio Sir, abbiamo giaciuto tante volte
quanti sono i volti
della luna, dovrebbe sapere ch’io non sono una megera.
” si difese.
L’homo,
allora,
prese a torturarsi le mani, si grattò nervosamente i capelli
castani, si
strofino l’occhi e sospirò fin troppo, prima di
ricevere le scomode risposte… “
Cos’ha veduto? Non citi ancora il maleficio sul mio casato,
milady. ” l’avvisò.
La
pietra friabile
grattava i legni anneriti del suolo, i ghirigori s’univano in
mistiche forme di
cerchi ed un piccolo dipinto di candide linee ne venne fuori.
“
L’ultima visione
fu la più nefasta. Annientò la mia mente e
dissanguò ‘l mio cuore… ”
confessò,
lei.
“
Più di quanto abbia
fatto a me l’ultima volta? ” sbottò
infervorato.
La
donna
s’intristì, fissando il disegno
confuso… ” Vidi un erede, poi un inganno
dall’altri
casati delle rosse terre, del sangue, del fuoco... e ancora
‘l maleficio. “
raccontò piano.
“
Bizzarrie! Ti
gradisco più quando mi baci e taci! ”
sbottò stizzito, alzandosi, infine.
Afferrò
la cintola
e s’accinse a riallacciarla, prima che una mano gli serrasse
il polso.
“
Non ho terminato!
“ lo fermò “ Ciò
s’avverrebbe sol qualora l’erede tuo primo non
salisse al
trono. ” finì.
Lo
sguardo gli
s’incupì e la scrutò
dall’alto con tronfia superbia… “ Io
sono ‘l tuo principe,
futuro Sire e ‘l mio erede salirà al trono!
” ringhiò, ritirando la mano “ Se i
miei fratelli o il re sapessero che ho impregnato nel lerciume di
questi legni
‘l mio seme regale e prestato l’orecchi alle
stramberie d’una meretrice! ”
“
Fino a ieri mi
donai e mi giuraste amore! Io volli solo metterla in guardia dalle
nefaste
facezie! ” rimbeccò.
S’infilò
la casacca
e diede un calcio alla candela che bruciava di fianco i suoi piedi, poi
la
indicò con spregio: “ Alla prima avvisaglia di
stregoneria mi son mostrato
volutamente distratto, ma non posso transigere oltre! Tu metti in
dubbio ‘l
destino della casata Hamato, e mi tratti com’un qualunque
sciocco credulone! ”
strillò.
Allora
anch’essa si
alzò, innervosita, e gli si avvicinò a poche
dita: “ Io l’amo, Sir. Mai
l’offenderei o disonorerei ‘l nome suo…
”
Sorrise
mesto, ‘l
giovane degli Hamato, esilarato dalle parole appen’audite, si
lanciò in un riso
isterico e le si scostò di pochi passi: “ Milady
credeva davvero che l’avrei
scelta come consorte? ” la derise “ …
S’illuse ch’avrei sporcato ‘l mio
lignaggio con quello d’una semplice contadina? Milady mi
è funta da dolce
passatempo, ha saziato i miei pruriti umani. Io mai l’amerei,
tantomeno amerei
una profeta d’esiziali sorti. ”
La
donna restò
immobile e muta, com’una statua di sale. Quelle parole la
ferirono come una
stilettata nel ventre e la voce le si suicidò in gola.
Non
occorse dir
altro ai margini di quella distanza, empia e struggente. Il respiro le
s’assottigliò tanto da sembrar morta e le iridi
scure si velarono, vitree,
assenti.
“
Non m’attenda mai
più. L’alba dell’incoronazione
sarà l’ultima volta che mi scorgerà.
Sarà ‘l mio
spregioso addio. ” annunciò scuro in volto,
indietreggiando nel mentre.
Le
diede le spalle
facendo sfrusciar la veste e colle poche falcate si trovò
sotto’l tetto
stellato. Sparì dietro la bassa muraglia ancor divorato
dalla collera e s’avviò
discreto verso la regal magione.
Giunse
nel silente
giardino, cornice della dimora d’alta casta, e’l
fuoco dell’ira s’ammorbidì,
lasciando ‘l posto al fumo del dubbio e del pentimento. Si
fermò, sospirò
rassegnato e poggiò la schiena alla fredda pietra
dell’imponente parete.
Si
sentì impotente
dinnanzi quella lotta interiore tra ardore e raziocinio, tra
l’amore profondo
ma soffocato e gli oneri, e gli onori previsti dal suo ruolo, dal suo
potere.
Fissò
‘l nulla,
sconfitto al cospetto del suo sentimento battente e temerario,
imperituro,
ottundente… ma ricacciarlo avrebbe preservato’l
suo vessillo dal disonore e non
poteva arrogarsi dell’agio di marchiar nella vergogna la
centenaria
discendenza.
Non
sarebbe stato
l’unico anello debole.
Eppur
ella, la
bruna, gli bruciava nel sangue, come un filtro di morte, indi per
ciò
inevitabile.
Quante
aspiranti
consorti, devote, nobili rispedì ai propri regni con alle
spalle rifiuti
insensati; innumerevoli furon le belle donne, vergini di letto e
profumate
d’innocenza che l’avrebbero voluto come
amante…
Raphael
più volte
lo schernì, dandogli del casto scudiero, ma nessuno mai
s’addentrò tra le sue
ragioni, nessun’homo osò scrutare cosa giacesse
tramato tra i fili d’oro del
mantello regale, scudo di materia a rafforzar li suoi cortesi rifiuti.
Una
mente più
arguta di vita l’avrebbe vista la verità, ogni
volta che, giunta la sera, gli
occhi cercavano il cielo… cercavano lei, tra le anime della
plebe.
Si
trascinò,
pavido, di fianco’l segreto uscio che l’avrebbe
ricondotto alle sue stanze e
per un brevissimo istante lo colse l’impulso di tornare dal
suo tormento e
dirle di aver mentito.
***
“
Peste ti colga! ”
“
Menestrello! ”
“
Malnato! ”
Le
ruggenti voci
dei due guerrieri aleggiavano tra una sferzata e l’altra, tra
le scintille che
nascevano dai tocchi delle lame.
I
principi solevano
scontrarsi in vista dei giochi di primo autunno, ov’avrebbero
giostrato contro
altri guerrieri stranieri e, come incito alle spade, le
scurrilità
accompagnavan’ogni colpo, per disgrazia del Re, che da anni
smise di
riprenderli alle buone maniere.
Un
fendente giunse
dalla destra del fratello più altro, che parò
appena, di piatto… “ Un contadino
zapperebbe più lesto di te colla spada. ” vi
derise l’offensore.
Col
ruggito furente
d’un lupo gli si scagliò contro caricando dal
fianco la spada che, immediata e
lucente, si scontrò col filo vissuto dell’altra:
“ La lama tua sì l’avrebbe
più
gloria tra le dita d’un pescivendolo. ”
contraccambiò l’iracondo Raphael, tra
li soffi della fatica.
Si
scambiarono altri
attacchi issando polvere, grattando gli scarponi da esterno al terreno
battuto
ed arido, quando poco più in fondo, di rimpetto la disputa,
su pelle scale, il
maggior di loro se ne stava assente.
Annodava
tra le
dita una corda di nigro crine, crespo com’il suo umore,
fissando’l niente
dell’abitudine, subendo altresì’l vuoto
della mente sua. Pensar di quella
notte, che finì nel suo stizzito congedo,
l’ammattiva… ma pure pensar ad altro
non gl’arrecava interesse alcuno.
Sicché
non adoperar
la mente fu l’unico rimedio pella sua triste sorte.
Audì
un passo
lieve, familiare, che s’arrestò con la presenza al
fianco mancino, senza ‘l
solito vociare giocoso c’avrebbe annunciato il suo essere e
coperto’l rumor del
suo stesso scalpiccio.
Non
smise di
dedicarsi al suo inutile passatempo, ma’l tentativo
d’ignorarlo manco ebbe
l’agio d’iniziare…
“
Fratello… sono
giorni che non t’approcci alla lotta. Invero, vieni e vai via
solo, senza dir
alcunché. ” disse Michelangelo, spensierato e
colla voce chiara.
Quello
sospirò,
gettò il cordino scuro dall’altura e
fissò teso gli altri due principi che, più
in basso, s’allenavano con ardore.
“
Userò’l tuo scudo
come latrina! ” udì dire dal più
irriverente dei due avversari, per poi
scuotere’l capo con sdegno.
Prese
a tamburellar
le dita su la pietra viva e muschiata, ma neppure evitar lui risposta
servì a
molto.
“
Fratello?
M’ignori? ” domandò’l
più giovane.
“
Non ti ignoro.
Solo non ho null’altro da dirti se non che m’annoia
la lotta, di ‘sti tempi. ”
fu vago il maggiore.
La
pausa fu coperta
dai soli stridii delle lame che, incuranti del resto, si scontravano
senza
tregua. Donatello si passò una mano lercia tra li capelli
castani e strizzò i
grandi occhi scuri, a causa del sudore che gli bagnava le ciglia:
“ Sei com’un
sudicio beone di taverna. ” disse, per provocare
l’altro.
Raphael
sputò del
sangue, poi fissò ancora’l più esile
guerriero coi suoi occhi affilati, verdi
com’il nettare dei boschi, eppur così chiari da
potervi leggere l’anima sua;
scosse appena la chioma corvina per liberarla dal sudiciume e lo
rispose in
maniera tutt’altro che nobile: “ Vide
più puttane’l mio fodero che’l tuo
pugnale.
” lo schernì, grattandosi del fango dalla
mandibola spessa.
L’altro
sussultò
oltraggiato e contrasse’l viso, preparandosi alla nuova
carica.
“
Leonardo! ” lo
destò l’ultimo, riportandolo all’apice
della scalinata, sulla terrazza di
pietra grigia.
“
Seguo lo scontro.
Cosa posso fare per te, fratello? ” cercò ancora
di dissuaderlo.
“
Son giovine, mica
stolto! M’hai appena detto che t’annoia la lotta,
mentre ora te ne interessi.
Cosa turba ‘l tuo animo? ”
s’accigliò.
Finalmente
lo
guardò ne li suoi grandi occhi celesti che, contornati da
una fluida capigliatura
color del grano, l’avvolsero accoglienti e premurosi. Smise
quindi d’irrigidire
la schiena e placò l’ingiuria che sapeva di non
poter rovesciare sul suo
giovane ed innocente fratello.
Sbuffò
e s’appoggiò
col fondo schiena alla bassa merlatura: “ Cosa vorresti che
ti narrassi,
Michelangelo? ”
“
Vorrei
alleggerirti dalle angosce. ” precisò.
“
E chi ti dice
ch’io sia angosciato? Forse son solo stufo della vita di
corte, dei convenevoli
e di tutte l’altre amenità che’l mio
fato mi riserva. ” confessò.
Al
più piccolo
cadde la mandibola e le palpebre s’immobilizzarono
vero’l cielo; non potette
credere a quel ch’ebbe udito… non gli parve che ad
orar fosse’l futuro Sire, se
ripudiò tanto’l destino che l’avrebbe
atteso.
Suo
fratello fu per
lui sempre e da immemore tempo l’idolo al quale ispirarsi,
ligio al suo dovere
di erede, un guerriero che mai si sottrasse agli onori delle lotte,
e’l cui
affondo precedette ‘l suo nome.
Non
poteva
immaginare che un lontano dì, Leonardo, quello che lui
conosceva, potesse
enunciare parole tanto offensive.
“
Non ti credo! Mai
avvizziresti ai piedi della stanchezza. ” negò
Michelangelo, infuocando lo sguardo.
A
mirar il giovane,
svilito, che a stento trattenne’l suo vilipendio, rise mesto,
rimembrando
quanto non fosse più facile ingannarlo, com’un
tempo. Il fiorente Michelangelo,
pacifico ambasciatore, era oramai uomo, proprio come lui…
forse anche meno
incosciente.
“
Non dannarti,
nulla m’impedirà di favorire la casata. Rammenta:
son homo io pure, buona
leccornia per il demonio che in giorni rari m’accarezza
l’anima… ”
“
E ti move la
lingua. ” continuò con dispetto, incrociando le
braccia.
Leonardo
rise
ancora, ma più forte, afferrò la nuca del piccolo
colla piega del gomito, lo
tirò verso’l basso e
gl’arruffò li capelli biondi.
“
Di’ al demonio di
restituirti’l rasoio o chiederò al buon dio di
farteli cadere! ” lo burlò.
“
Non oserai! Lasciami
i capelli! ” urlò Michelangelo, in
balìa della ferrea morsa.
Non
giunse neppure
l’altra risposta che una guardia, affaticata dalla salita e
dal peso
dell’armamento, interruppe’l giocoso atto di pace.
“
Sir Leonardo. Il
Re vi manda a chiamare. ” annunciò tra
l’ansimi, tentando di modular la voce in
solennità.
La
presa si
disciolse. Michelangelo scosse’l capo e
s’acconciò alla buona la chioma
scapigliata, mentre il maggiore s’irrigidì,
schiarì poi la voce ed un senso di
mera preoccupazione si sommò alla già tormentosa
orda di pensieri e colpe.
Il
vassallo si
congedò e ridiscese senz’attenderlo, atto che
conferì serietà e distacco
all’inusuale richiamo del padre.
Sistemò
il mantello, distese la tenuta dalle pieghe e tentò di celar
all’incontro li segni
della sciattezza di quei giorni, eccetto pella barba, che non avrebbe
avuto
tempo di radere.
“
Debbo andare. Il
re non puete attender oltre. ” disse, privo di spinta.
“
Hai idea del
perché ti cerchi? ” domandò curioso.
Leonardo
scosse la
testa: “ No. Ma ricevermi con effetti tanto cerimoniosi non
auspica a nulla di
buono. ”
“
Ritieni riguardi
l’inquisizione? ”
A
tal idioma, il
cor del futuro sire si gelò e la preoccupazione insorse
nella mente come una
serpe. Si chiese se qualcuno avesse loro detto delle innumerevoli notti
lontane
dal proprio talamo, ma riverse nella lordura, tra le ossa incenerite
del
casolare. Se a quel pensiero si fosse aggiunto che lei spargesse
vaniloqui su
una profezia e che qualcuno l’avesse audita, avrebbe gettato
fango sul nome
dell’intera famiglia Hamato.
Sicché,
le mani
presero a sudare copiose e’l bruciore a grattargli la gola.
Non
rispose al
giovine parente, ma lo lasciò nel dubbio, sicuro che, se
gl’avesse enunciato
anche solo un pensiero, qualcosa di compromettente sarebbe sfuggito
alla sua
bocca.
Scese
le scale
lesto come se planasse, lasciandosi alle spalle l’ancor
perpetuo fracasso
d’acciaio e le ingiurie dei suoi inconsapevoli fratelli.
“
Abbatterei collo
sputo più streghe io che tu con l’armi! ”
“
Folle! Mai donare
loro una parte di te! ”
Varcò
l’imponente
portone di legno scuro intarsiato, con edere e flora intrecciate a
lance, si
trovò nell’immensa navata, alla cui fine
scorse’l trono adornato di rosso
velluto. I finestroni, ai fianchi dell’alta sala, coi loro
vetri d’ogne forma e
colore raffiguranti i Signori più celebri della casata,
battevano con lucenti
ghirigori ai lati dei pilastri portanti, le cui ombre
s’intrecciavano al suolo come
le trame d’una cesta.
Il
fumo dei dolciastri
oli odorava di grandezza, come quel loco, ove sarebbe giunto per
sanguinea
successione. Era abbagliante e spaventoso’l senso di
perdizione, sentirsi
sperduto al cospetto di tanto sfarzo, conscio c’avrebbe
dovuto fronteggiar il
destino suo, dal basso della sua imperfezione.
Sovente
aveva
l’immagine di lui, semplice e grezzo come l’irta
pietra, elevata verso’l cielo,
verso l’infinità di Dio… come quel
maniero.
“
Figlio… ” chiamò
la voce del Sire, dal fondo della gran sala del trono.
Il
giovane si destò
dalle paturnie e, come se tra le spalle qualcheduno lo stesse
puntellando collo
spillo, si precipitò a lunghe falcate verso il Re, osando
una postura impettita
e rigida.
Fremette
a tal
punto che non s’accorse di annunciarsi con una banale
riverenza, serbata più ai
sodali di rango, che ad un sovrano; tenne il capo chino e
l’occhi vacui
fintanto ch’attese ragioni.
“
Leonardo, siete
affrettato? ” chiese Re Yoshi.
“
No Sire, giammai
osai presentarmi con insofferenza. ” spiegò
redento, inginocchiandosi su una
gamba.
Nonostante’l
padre
fiutò la menzogna, preferì discorrere il giusto o
s’avrebbe corso’l guaio di
rimandare l’ufficiale annuncio.
Schiarì
appena la
voce, si sistemò il folto mantello d’ermellino e
posò la pesante corona sul
poggio, alla destra
dello spesso
bracciolo: “ Principe, mio adorato primogenito,
quest’oggi ti demanderò ad un
compito assai onorevole che salverà la terra del Fuoco.
” disse solenne.
Leonardo
restò
genuflesso, fissando sempre li suoi piedi: “ Vorrebbe io sia
al capo degl’inquisitori?
Ben dico? ”
“
No. Vi è già
Raffaello. ” lo corresse.
“
La pecunia da
riscuotere alla plebe? “ ritentò,
Il
Sire sorrise: “
Neppure. Donatello fa buon uso dell’intelletto pei conti
sulli dazi. ”
Al
che, il giovine
fu assai sorpreso poiché più non seppe cosa
formulare, ma ne venne fori un
ultimo tentativo: “ Debbo presenziare in qualche salotto,
disquisire di affari
o indagare sul conto di chicchessia? “
“
Neanche. Michelangelo
è impegnato in queste faccende. ” gli
ricordò ancora.
A
tal punto, il
principe dall’azzurro mantello issò la fronte
interdetto e, a quel gesto d’atroce
dubbio, il Regale parlò:
“
Da immemore tempo
la nostra terra s’è marchiata di
crudeltà, i nostri avi c’insegnano che
null’altro ha puotuto lenire’l male
dall’anima nostra, se non il compromesso,
come sana via mediana. ”
Non
capì, il
ragazzo, cos’egli intendesse. Frugò tra le spire
de li suoi pensieri confusi,
ma convenne che niente sarebbe stato utile alla pace delle terre rosse;
egli
stesso era divorato dal rancore per la casata rivale, quel covo di
luridi
sanguinari e violenti che sperava l’Iddio avesse presto
spazzato via.
“
Non v’intendo.
Perdonatemi. ”
Del
silenzio
appesantì le faziose parole che ne sarebbero conseguite, da
quell’istante di
mera inquietudine sarebbe iniziata l’ascesa della rude
pietra, da lì avrebbe
davvero sentito’l peso del fato incombere sulla sua esistenza.
“
Sposerai la
figlia di GrigiArtiglio. ”
Il
principe s’issò
iracondo, incredulo pella nefasta novella c’udì,
al che ringhiò lesto: “ Giammai!
Non avreste potuto serbarmi peggio sorte! ”
“
E tu rinnegheresti’l
volere del sovrano?! ”
Il
mantello seguì
le movenze del braccio che, con un ampio gesto di diniego,
accompagnò’l capo,
preda di scosse pel rifiuto: “
Padre!
Non cada ai tranelli del nemico. Costoro per secoli
s’abbeverarono del sangue
delli nostri avi e della nostra gente, e… ”
“
Fui io a
chiederlo. Non cedetti ad alcuna proposta. ”
l’interruppe il Re, gettando un velo
di silente angoscia tra i due.
Parve
che l’inverno
s’affacciasse in anticipo nel maestoso salone, tramutando la
lieve frescura
d’inizio autunno, nel doloroso gelo che
t’immobilizza le terga e rallenta’l
cuore.
Il
Sire fece cenno
alle guardie sull’uscio di serrare’l portone, al
fin d’evitare malelingue a
corte sulla disobbedienza del tanto adorato erede.
Restarono
soli,
l’un di rimpetto all’altro, seppur in abissale
distanza.
La
mente del
giovine si ricongiunse al dolce tormento che tanto lo indusse a
pensare, che
gli rubò le voglie e le più ardimentose passioni,
che gl’annoiò perfino’l
diletto; rimembrò ella, la monna dallo scuro crine, come la
terra cruda e
l’occhi sinceri, del colore del grano, genuini, capaci di
narrar storie e
l’emozioni più veraci. Al fronte di tal sciagura,
l’altro Leonardo, quello
vivace, quello gioviale e terreno, divenne polvere rossa per unirsi
alle
cronache legate alla nobile storia che l’avrebbe atteso,
quella di innumerevoli
cantastorie su la sorte di due casate rivali.
Era
destino, prim’o
poi sarebbe accaduto che le loro vie, di guerra o mal fidato baratto di
tregua,
si mirassero al crocevia.
Avrebbe
dovuto
aspettarselo… invece s’illuse ch’un
sovrano potesse amare chi desiderasse.
Re
Yoshi camminò
lento, intorno al ragazzo, passandogli la mano sulle spalle:
“ Devi capire,
figlio. Era l’unico modo per garantire la pace di questa
terra. Mai mi sarei
perdonato di lasciarvi in vita, tra le urla di morte ed i canti
bellicosi. Non
avrei riposato in pace. ”
Ma
Leonardo non
vide lo stesso dipinto di beatitudine, né la
virtù d’una nova era di feconda
prosperità. Egli vide solo il sacrificio della sua
libertà, l’unica vacca
magra, l’unico raccolto guasto da immolare nel nome
d’un bene superiore.
“
Posso rifiutarmi?
” osò.
Yoshi
gli diede le
spalle e fissò l’alto, distratto, collo sguardo
tra l’ archi a sesto acuto
ch’univano le teste dei pilastri, diviso a metà
tra’l dovere d’un Re e’l
dispiacere d’un genitore.
“
Essere dov’io
sono, Leonardo, non significa poter fare ciò che si vuole,
bensì ciò che
occorre. Se un Re divenisse egoista o troppo sensibile, allora la gente
capirebbe che egli è un uomo, quindi debole, quindi indegno
e sarebbe in grave
pericolo d’insurrezione. ”
“
Sono anni che non
incorre alcun matrimonio combinato! ” insistette caparbio, il
principe.
Il
più anziano
sospirò, poi sorrise e si voltò verso il figlio
maggiore. Lo fissò
coll’innaturale tenerezza che mai gli vide in
volto:” Io reagii forse anche
peggio di te, quando mi fu imposta in sposa vostra madre. Una donna
sconosciuta
al mio cuore che ho finito per amare ben oltre la sua morte. “
A quella confessione,
Leonardo ammutolì e
tutt’il fermento che gli avvelenò il corpo, si
disciolse nella colpa ed un
nuovo senso d’idiozia che avvolse’l suo orgoglio
com’una veste di lutto.
Suo
padre non gli
parlò quasi mai dell’adorata defunta madre, morta
dando alla luce Michelangelo.
Ogni qual volta la nominava, un senso d’immonda pena lo
portava a guardare di
nascosto’l Sire, come se qualcosa gli dicesse che nel
petto’l cuore suo
sanguinasse dietro l’indifferenza dell’onore.
E,
quel dì, nel
mentre che le genti vivevano nell’incoscienza, lui ne ebbe la
conferma: il Re
era un uomo… e lo sapeva lui solo.
S’impettì,
allora,
e la fronte si alzò fiera: “ Per quanto
è previsto’l matrimonio? ”
“
Ai giuochi
d’accoglienza all’autunno. “ rispose
compiaciuto’l suo vecchio.
“
Tra sette dì? “
se ne lamentò, quasi fosse un latrato.
Yoshi
rise forte,
diede poi una pacca possente che scombussolò’l
già avvilito futuro sposo:” Ah! Corri
a bere della buona cervogia, giacché sei ancora principe!
”
“
Padre… inalaste
troppo incenso? ” domandò spaesato,
vedendo’l repentino cambio d’animo, da
saggio e retto a degenero ed indecoroso.
“
No. Ma brinderò
anch’io alla futura pace con dell’ignorante
idromele! ” disse, al fine,
camminando allegretto verso la scalinata stretta, che
l’avrebbe portato alle
sue stanze.
Restò
in
solitudine, dinnanzi’l trono dorato, coscio che presto vi si
sarebbe seduto
colla sua sposa straniera dal sangue nemico. Ormai scelse
d’adempiere a ciò che
il Sire s’aspettava lui facesse... forse per evitargli un
dispiacere,
l’ennesimo, quanto le nobil monne che rifiutò nel
tempo, figlie o sorelle di
regnanti potenti, di buoni alleati ch’avrebbero garantito
vittoria sulla casata
Saki.
Allungò’l
braccio e
col dito seguì gl’intarsi e i rilievi
d’armonia e bellezza de la reale seduta,
pensando a quanto fosse stato sciocco nel costringere’l padre
a mortificarsi, a
tal punto da supplicare
un’unione o a quanto fosse strambo che GrigiArtiglio avesse
accettato, senza
richiedere un pegno per quell’atto di redenzione forzata.
Suo
padre era
certamente un uomo, ma lui un miserabile egoista.