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Autore: TheGreedyFox    08/12/2015    4 recensioni
Seguito di “Regalo di Compleanno”.
Le feste di Natale, si sa, sono sempre una ricorrenza un po’ speciale. Se poi si sta progettando di passarle con l’amore della propria vita sotto il caldo sole australiano ecco che il termine “speciale” calza veramente a pennello.
E se non fosse per una scontata, ma non per questo meno demoralizzante, assenza di neve, continue telefonate da parte di amici e familiari che riportano la mente a casa ed una spinosa situazione irrisolta che rischia di buttare un’ombra di malinconia sulla straripante felicità sua e di Arthur, Merlin potrebbe tranquillamente affermare di star vivendo un periodo assolutamente perfetto. O quasi. Perché a tormentarlo c’è naturalmente la questione del regalo... Cosa regalare ad Arthur per il loro primo Natale insieme? Come essere sicuri di non venir surclassati come al solito dalle sue travolgenti sorprese? Riuscirà il nostro Merlin nell’impresa? E Arthur cosa farà? Resterà a guardare?
Scopritelo in questa piccola avventura natalizia! Buone feste a tutti!
Genere: Commedia, Romantico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Galvano, Merlino, Morgana, Principe Artù, Will | Coppie: Merlino/Artù
Note: AU | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Nessuna stagione
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'You Take My Heart By Surprise'
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Scopri com'è iniziata la storia di Merlin e Arthur in "Regalo di Compleanno".


Questa storia fa parte della serie "You Take My Heart by Surprise".



Regalo di Natale (Carols by Candlelight)

 

 

Avrei dovuto pubblicare questa storia già dall’anno scorso, poi la frenesia dei giorni di festa ha avuto la meglio sulle mie buone intenzioni ed il Natale è passato senza che pubblicassi neanche una riga. Quindi quest’anno mi sono imposta di ritagliarmi con ogni mezzo un po’ di tempo per continuare l’avventura dei miei due ragazzi preferiti e far vivere loro un felice Natale!

Questo è il seguito di “Regalo di Compleanno”, quindi naturalmente troverete molti riferimenti alle vicende narrate in quella storia, ho cercato però di rendere il racconto accessibile anche a chi non avesse letto la prima avventura e volesse solo godersi un po’ di clima natalizio con Merlin, Arthur ed il resto della banda.

Devo dire che sono un po’ emozionata nel presentare questa storia perché, nonostante non abbia mai veramente smesso di scrivere sui nostri beniamini, è davvero tanto tempo che non pubblico qualcosa su Efp. Devo dire che le sensazioni sono sempre le stesse, non importa quanto tempo sia passato. Ora vi lascio alla storia. Spero che vi piaccia e vi lasci un bel sorriso in faccia e un teporino al centro del petto, come ogni brava storia di Natale dovrebbe fare! ; ) Enjoy!

Sofy

 

* “Carols by Candlelight” è una rinomata tradizione australiana risalente al 1938, grazie alla quale le persone erano solite ritrovarsi all’aperto, il più delle volte in un parco, per intonare canti natalizi alla luce delle candele. Col passare del tempo questa tradizione, nata per rendere meno solitario il Natale di chi non aveva nessuno con cui condividere le feste, si è trasformata in un vero e proprio evento che richiama migliaia di persone in tutte le città più importanti dell’Australia e non. Veri e propri concerti a tematica natalizia che di solito hanno la funzione di raccogliere fondi per beneficenza ospitando celebrità famose in tutto il mondo.


 

Due Settimane a Natale

Merlin apre lentamente gli occhi senza curarsi del sole che gli ferisce lo sguardo. Porta pigramente un braccio davanti al volto per cercare un po’ di riparo dalla luce senza però smettere di scrutare la spiaggia e poi oltre.

Non importa quanto il bianco della sabbia davanti a lui sia abbagliante, né quanto l’aria tutt’intorno sia calda e sonnolenta, o quanto l’azzurra bellezza di quel mare riesca ogni volta a bloccargli il respiro.

Lui sta cercando Arthur.

Si alza leggermente dal lettino, lo sguardo che vaga tra la spiaggia e le onde, finché un profilo familiare non arriva a calmargli il cuore, facendolo sentire come sempre a casa anche se in realtà sono dall’altra parte del mondo.

Arthur è impegnato in una partita di pallavolo con un gruppo di ragazzi locali conosciuti giusto quella mattina. Ride e scherza con i suoi compagni di squadra, il volto rilassato e felice, mentre aspetta che l’avversario vada alla battuta.

Merlin rimane a lungo ad osservarlo mentre risponde colpo su colpo agli avversari come se ne andasse del suo buon nome. Lo guarda mentre il suo viso si fa improvvisamente serio, l’attenzione tutta concentrata sul gioco.

Lo guarda gettarsi sulla sabbia nel tentativo di riprendere una palla impossibile, rialzarsi con quel suo sorriso da sbruffone stampato in faccia per essere riuscito nell’impresa.

Lo guarda mentre con occhio attento osserva l’andare e il venire della palla oltre la rete per poi scegliere il momento giusto, il momento perfetto, per lasciare tutti a bocca aperta con una schiacciata che non fa prigionieri.

Lo guarda portare le braccia in aria esultante e poi gettarsi tra le onde in un bagno celebrativo, mentre i compagni lo incitano e gli avversari protestano e si lamentano bonariamente di lui.

Merlin però quasi non avverte le urla e gli schiamazzi che arrivano dalla riva, lui riesce solo a seguire quelle spalle larghe e abbronzate che affiorano dall’acqua, ad ammirare quei capelli biondi che Arthur continua a scostarsi dalla fronte e quel sorriso contagioso che in quel momento probabilmente neanche si accorge di lui, ignaro di quanto riesca a farlo innamorare sempre di più, di momento in momento, uno sguardo alla volta.

Mio.

È questo che pensa guardandolo, quasi sorprendendosi ogni dannata volta, quasi avesse bisogno di quel pensiero per ricordarsi che sì, Arthur è suo, suo come non aveva mai creduto possibile, come fino a sei mesi prima aveva solo creduto di poter sognare.

Era stata la più classica delle storie, la sua e quella di Arthur, e a lungo Merlin aveva creduto che non avrebbe avuto un lieto fine, almeno non per lui.

Amici fin dall’infanzia, crescendo avevano condiviso tutto, ogni segreto, ogni esperienza, ogni momento importante, fin quando Merlin si era accorto di volere di più, di amare Arthur come e più di prima, ma in un modo diverso, un modo che faceva paura.

Aveva tenuto quel segreto fin quando aveva potuto, terrorizzato dal pensiero di rovinare la loro amicizia, si era dichiarato quando era stato ormai ad un passo dal rinunciare a quell’amore, poi però Arthur aveva per fortuna preso in mano la situazione, regalandogli il compleanno più felice che avesse mai avuto.

In quella che si era rivelata la più perfetta delle sorprese, Arthur gli aveva detto che lo amava e aveva messo la sua vita in standby per seguirlo in quel viaggio che Merlin aveva sognato per tutta la vita, ed ora, a sei mesi di distanza, eccoli lì, ad un passo dal Natale, a godersi il sole australiano, innamorati più che mai.

Finora il loro viaggio si era rivelato proprio quell’avventura che Merlin aveva sperato.

La loro prima tappa era stata il Grand Canyon, con i suoi paesaggi mozzafiato e i suoi colori violenti, quasi ultraterreni. Lui e Arthur avevano campeggiato sotto quel cielo punteggiato di stelle, la cui sconfinata bellezza era sembrata quasi troppa da sopportare, e sotto quel cielo antico e silenzioso si erano sussurrati promesse che ora Merlin custodiva gelosamente nel cuore, e a cui ripensava ad ogni risveglio, grato di poter vivere un amore così totalizzante, così speciale.

Lasciato il Grand Canyon, da bravi fan di Stephen King quali erano, si erano diretti nel Maine, dove Arthur l’aveva trascinato in un tour di tutti i luoghi che avevano ispirato momenti nella vasta bibliografia dell’autore, persino il famoso tombino della scena con la barchetta in “It”.

Non era stato molto culturale o avventuroso come giro, ma a Merlin l’idea era piaciuta tantissimo, perché parlava di loro due, delle cose che amavano fare insieme, di tutte quelle mille stupide cose che li rendevano così perfetti l’uno per l’altro.

Manco a dirlo, non avevano dormito molto in quelle notti, e non solo perché stando insieme da così poco erano riusciti con davvero molta difficoltà a staccarsi le mani di dosso.

Non avevano dormito perché, anche se in tanti aspetti della vita di tutti giorni Arthur era coraggioso come pochi, la verità era che mostri e fantasmi lo terrorizzavano, e questo era un segreto di cui solo Merlin e forse Morgana erano a conoscenza.

Merlin ancora rideva di quando un pomeriggio, mentre passeggiavano per le vie di Bangor, Arthur era impallidito di fronte alla vista di un bambino su un triciclo sul marciapiede che portava al loro motel... A Merlin c’era voluto davvero tutto il suo fascino per convincerlo a seguirlo in camera, per poi sentirsi chiedere durante la notte: - Ti è sembrato di sentire un cigolio in corridoio? –

Merlin era quasi caduto dal letto per le risate, anche se Arthur non l’aveva vista nello stesso modo.

Poi, dopo il Maine, erano volati alla volta di New York.

Arthur aveva tenuto particolarmente a quella tappa, perché aveva vissuto per cinque mesi in quella città mentre ancora stava cercando di fare ordine nei suoi sentimenti per Merlin e durante quei giorni solitari aveva fatto una specie di lista: tutti i luoghi in cui avrebbe voluto portare Merlin se solo ne avesse avuta l’opportunità.

- Senza te al mio fianco, ogni giorno mi appariva incredibilmente lungo e privo di scopo, il lavoro quasi intollerabile – gli aveva raccontato un giorno Arthur, mentre gli sedeva accanto su una panchina in Central Park, la testa di Merlin appoggiata sulla sua spalla, le mani intrecciate – quindi, per cercare di sentirmi un po’ meno solo, mi divertivo ad immaginare dove ti avrei portato se solo fossimo stati insieme. Ristoranti, musei, spettacoli teatrali, concerti... Immaginavo la tua reazione ad ogni invito, il tuo sorriso mentre ci divertivamo insieme, i tuoi commenti a fine serata, ed ecco che magicamente la giornata diventava più sopportabile, in qualche modo riuscivo a tirare avanti. Sono stati solo cinque mesi Merlin, ma a me sono sembrati molti, molti di più. – e poi gli aveva stretto forte una mano, quasi ad assicurarsi che lui fosse veramente lì.

Merlin non aveva risposto nulla a quelle parole, gli aveva solo cinto la vita con un braccio e sfregato il naso contro il collo ed erano rimasti seduti così, in silenzio, sentendosi entrambi incredibilmente fortunati ad essere finalmente lì, insieme.

Dopo New York era stato il turno della Louisiana, così affascinante e misteriosa, poi il Messico e da lì Cuba, il Perù, l’Argentina. Era stato un viaggio appagante, emozionante, il Sud America li aveva lasciati senza parole e Cuba, con la sua musica e la sua gente, si era scavata per sempre un posticino speciale nel loro cuore.

Dopo una breve ma intensa sosta in Nuova Zelanda, alla fine erano volati in Australia, più precisamente a Melbourne, perché Arthur aveva pensato che sarebbe stato spettacolare passare un Natale diverso, in spiaggia, a fare surf.

Merlin, anche se non totalmente convinto, l’aveva assecondato, perché Arthur aveva messo tutto se stesso in quel viaggio, nel cercare di renderlo felice, e Merlin aveva voluto rendergli il favore, accontentandolo in quel suo desiderio.

La verità però era che lui aveva sempre adorato i suoi natali londinesi, adorava la neve che non mancava mai di cadere in tempo per la vigilia, i biscotti allo zenzero di sua madre e le maratone a base di vecchi film che condivideva con Will. Amava i tour de force per negozi a cui lo costringeva Morgana, le serate passate con gli amici a chiacchierare davanti al caminetto, accompagnate dal famigerato punch di Gwaine (la cui ricetta era vecchia di generazioni e finora mai nessuno era riuscito a scoprire) e i canti natalizi davanti all’albero addobbato, che rendevano tutto un po’ più magico, speciale.

Se solo avesse avuto voce in capitolo, lui avrebbe preferito cambiare l’itinerario del viaggio in modo da passare il Natale a New York (ebbene sì, gli era piaciuta davvero quella città) oppure in Europa, dove avrebbe sentito più vicina l’atmosfera di casa, ma se Arthur voleva un Natale australiano trascorso su una tavola da surf quello avrebbe avuto, perché la felicità di Arthur veniva prima di tutto, non c’era punch che tenesse.

 

 

Riportando lo sguardo verso la riva Merlin si accorge che la partita è finita. Probabilmente quello di Arthur era stato il punto della vittoria, perché sarebbe stato proprio da lui chiudere l’incontro in bellezza, con un gesto spettacolare.

Arthur però non si vede da nessuna parte, così come i ragazzi che stavano giocando con lui.

Merlin si alza un po’ di più dal lettino appoggiandosi su un braccio, facendo vagare lo sguardo lungo la spiaggia per capire dove sia finito, finché qualcuno con un profumo terribilmente familiare non gli si getta improvvisamente addosso arrivandogli alle spalle, circondandogli il busto con un braccio e affondandogli il viso nel collo, stringendolo a sé come se gli fosse mancato da morire e non avesse nessuna intenzione di lasciarlo più andare.

Merlin sente la pelle di Arthur scaldargli la schiena, la sua mano che gli carezza la spalla, i suoi capelli che gli solleticano la guancia, e allora con un respiro contento si abbandona contro di lui, lasciandolo lì a sostenere il suo peso, felice di averlo finalmente per sé.

- Abbiamo vinto – Gli dice Arthur, nascondendogli malamente un sorriso contro la pelle, cercando di non gongolare. Troppo.

Merlin sente il suo cuore allargarsi davanti a quel tentativo, perché Arthur è uno spaccone, lo è sempre stato, e diventava adorabile quando cerca di trattenersi.

Con una mano va ad arruffargli i capelli mentre con voce divertita e affezionata gli risponde: - Ah sì? – Come se la notizia gli giungesse nuova.

- Sì – Gli risponde Arthur, la voce bassa e calda, come quella sabbia che scotta intorno a loro – ma tu lo sapevi già, perché mi hai osservato per tutto il tempo – e così dicendo lo stringe di più a sé, quasi ad intimargli di non provare a fare il furbo con lui.

Spaccone.

- No, affatto, io ero qui tranquillo a leggere il mio libro... – Dice Merlin, fingendo indifferenza, cercando di tirarsi su a sedere.

Arthur non lo lascia andare, anzi, aggiunge un altro braccio alla presa, giusto per essere sicuro che lui non riesca a scappargli, e adesso è il cuore di Merlin che non può fare a meno di gongolare felice.

- Ah sì, ed allora perché io ho scorto un paio di occhietti curiosi che mi seguivano ad ogni movimento? –

- Non so di cosa tu stia parlando, magari hai le traveggole, sai, con tutto questo sole... –

- Merlin... – Avverte Arthur, con quel tono a cui Merlin non riesce a negare nulla – Non ci provare... –

Merlin allora, nonostante la tentazione di tirare ancora un po’ la corda sia forte, decide di lasciar correre, perché quel momento è davvero troppo perfetto per guastarlo con un battibecco, anche se uno dei loro.

- L’ultimo punto è stato spettacolare – Ammette alla fine e a quel commento Arthur lo lasci andare, solo però per andare a sederglisi a fianco e guardarlo in viso mentre gli chiede: - Vero? – Un sorriso a trentadue denti ad illuminargli il volto, quasi che avesse fatto di tutto per vincere la partita solo per ottenere quel complimento da lui. Solo per farsi dire di essere stato bravo.

Merlin si sente come al solito totalmente inerme davanti a quel sorriso, al modo in cui riesce a scaldarlo da dentro, a farlo sciogliere come un ghiacciolo al sole.

- Vero – Ammette, dandogliela vinta su tutta la linea.

Arthur, soddisfatto della risposta, si protende un po’ verso di lui e gli dice accennando col capo verso un bar poco lontano: - Ho detto ai ragazzi che avrei offerto loro qualcosa, sai, dopo averli battuti così sonoramente... – Aggiunge, cercando di sembrare contrito - Vieni con noi? –

- No, ma tu vai, vai a goderti il tuo momento di gloria, io me ne resterò qui a poltrire e ad abbronzarmi... –

- Ma non ci sarò più io a rallegrarti la vista, ti annoierai! –

- Non ci sperare! Credo di poter reggere una mezz'oretta senza la tua presenza, asino che non sei altro... –

- Credi? Io dico di no... – Dice Arthur, abbassando la voce fino a renderla una carezza vellutata, gli occhi che brillano di divertimento.

- Te ne vuoi andare? – Lo apostrofa Merlin, mentre il cuore inizia a battergli un po’ troppo furiosamente in petto - Vai, vai ad autocelebrarti da un’altra parte, mi stai togliendo tutto il sole... E comunque come facevi a sapere che ti stavo guardando? Non sarà che mi stavi guardando a tua volta? – Aggiunge poi, trionfante, credendo di averlo preso in castagna.

Arthur però si limita a sorridere ancora e a sporgersi verso di lui, aggiungendo prima di baciarlo a lungo e con intenzione: - Certo che sì. Sempre. – Per poi trotterellare via, lasciando un Merlin istupidito e scombussolato alla sua abbronzatura, e a pensare che se vivere un Natale senza neve significa vivere altri momenti del genere, potrebbe facilmente adattarsi.

 

 

È sera, Merlin ha appena finito la sua corsa serale e sta tornando verso il piccolo bungalow sulla spiaggia che lui e Arthur hanno affittato da ormai due settimane, fin dal loro arrivo a Melbourne.

All’inizio del loro viaggio Arthur aveva palesato tutta l’intenzione di soggiornare nei migliori hotel, senza badare a spese, perché voleva che Merlin si godesse quella tanto agognata vacanza senza un pensiero al mondo. Merlin però era riuscito a dissuaderlo, a convincerlo che sarebbe stato più divertente distaccarsi dai soliti cliché turistici, immergersi nella vita del luogo, e quindi fino ad allora avevano soggiornato in bed and breakfast o piccoli appartamenti come quello. Questo perché secondo Merlin, Arthur avrebbe dovuto quanto prima iniziare ad adattarsi ad un tenore di vita un po’ diverso da quello a cui era abituato prima del litigio con suo padre.

Uther Pendragon aveva infatti mantenuto fede alla sua parola quando aveva minacciato Arthur di tagliargli i viveri se avesse deciso di partire con Merlin lasciando il suo prestigioso studio legale di New York, quindi secondo Merlin era davvero il caso che Arthur imparasse a fare economia.

Potevano permettersi il costo dei biglietti aerei e di tutta quella loro avventura perché Arthur aveva risparmiato per anni con l’unico scopo di fargliene dono, però la loro condizione economica al momento poteva definirsi quantomeno precaria. Una volta tornati a Londra avrebbero dovuto cercarsi entrambi al più presto un lavoro e anche un nuovo appartamento da condividere, uno molto diverso da quello in cui avevano convissuto durante l’università.

Merlin era fiducioso, erano entrambi giovani, ben istruiti e determinati, il loro futuro non lo spaventava, ma ancora si sentiva in colpa per quello strappo tra Arthur e suo padre e le conseguenze che questo aveva provocato. Non per i soldi, no, ma perché per quanto bisticciassero, e discutessero, e non riuscissero a stare troppo a lungo nella stessa stanza, Arthur adorava suo padre e suo padre, a suo modo, adorava lui. Arthur era il suo orgoglio e Merlin glielo aveva portato via. Letteralmente.

Eppure Arthur sembrava felice di aver scelto lui, di aver scelto loro due, e neanche una volta in quei sei mesi aveva dato l’impressione di rimpiangere quella decisione, quindi Merlin cercava di non pensarci più di tanto, anche se la situazione non smetteva di farlo sentire a disagio.

 

 

Lo squillo del cellulare arriva tempestivo a distoglierlo da quei tristi pensieri. Gli basta uno sguardo al nome sul display perché un grosso sorriso gli si dipinga in faccia. Giusto la persona di cui aveva bisogno per tirarsi un po’ su di morale.

- Sentiamo, che succede ancora? Sarà la tua quinta telefonata questa settimana. Sto cominciando a pensare che ti manco davvero dopotutto... – Risponde Merlin, senza neanche disturbarsi a salutare.

- Merlin, quella donna va fermata. Tu Devi fare qualcosa. – Replica Will, senza salutare a sua volta, il tono serio e quasi disperato, totalmente esilarante.

- Will, cosa vuoi che faccia? Sono praticamente dall’altra parte del mondo! E comunque porta rispetto. “Quella donna” è pur sempre mia madre. –

- Non ne sono così sicuro sai? La Hunith che ricordo io è una donna dolce ed equilibrata, non un bulldozer in gonnella affetto da un disordine ossessivo compulsivo! Secondo me dopo la tua partenza è successo qualcosa. Sono quasi sicuro che si tratti di un doppleganger* sai?.–

- Will! – Lo apostrofa Merlin, cercando nonostante tutto di non scoppiare a ridere.

- Siamo al sesto vassoio Merlin! Il sesto! In meno di dieci giorni! – Piagnucola Will – Quando prima di partire ti ho detto di non preoccuparti, assicurandoti che avrei fatto le tue veci con lei, non era a questo che mi riferivo! Non ho assolutamente idea di quanti biscotti allo zenzero riuscissi a rimpinzarti tu in questo periodo ma io non ce la faccio più! E mi controlla anche! Quando arriva con una nuova infornata, se vede che non ho spazzolato la razione precedente, mi chiede con quei suoi occhioni dispiaciuti “Oh William, non ti sono piaciuti?”. Mi dici cosa dovrei fare io? Sto iniziando a distribuire vassoi di biscotti ai vicini Merlin! Ai vicini! Al momento sono il ragazzo più popolare di tutta la mia strada! –

- Ed è un male questo? – Gli chiede Merlin sghignazzando – Magari è la volta buona che ti trovi una ragazza. –

- Divertente... Davvero divertente. Io non farei tanto lo spaccone sai? Se Arthur non avesse avuto pietà di te sei mesi fa, ora io e te saremmo ancora nella stessa barca caro mio... –

- Pietà di me! – Esclama Merlin quasi strozzandosi per l’indignazione - Che significa pietà di me? E da quando sei così gentile nei confronti di Arthur? Hai passato due decenni a detestarlo e ora? Non mi piace questo nuovo rapporto tra voi... Non è naturale e a dirla tutta mette un po’ i brividi! Come se le leggi del mondo si fossero sovvertite... Non è che sei tu il doppleganger dopotutto? Confessa mostro! Che ne hai fatto del mio amico Will? –

- Esagerato! – Esclama offeso Will - È vero che ero leggermente ostile nei confronti di Arthur... –

- Leggermente? –

- E che ero un po’ infastidito dalla tua amicizia con lui... –

- Solo un po’? Beh, che sia fulminato se questo non è l’eufemismo dell’anno! –

- Ma questo era prima... – Continua Will, ignorando totalmente Merlin e facendosi scivolare addosso i suoi commenti sarcastici.

- Prima di cosa? –

- Prima di scoprire che l’unico motivo per cui sembravi preferirlo a me era che ti eri pateticamente innamorato di lui, cosa che ho avuto il privilegio di scoprire non direttamente da te, il mio migliore amico, no, ma dal tuo fidanzato, il ragazzo che avevo passato il tempo a detestare e che invece si è rivelato un tipo a posto, soprattutto quando ha accettato senza battere ciglio di affidare a me la tua collezione di fumetti... È stato davvero un bel gesto quello... –

- Vorrai dire un furto! È stato un furto bello e buono! E non credere che la faccenda sia chiusa... Perché quando torno... –

- Ah già – Dice Will, tentando di sembrare casuale e del tutto indifferente alla sua risposta - Visto che sei tu a parlarne, quando torni? –

- Will, lo sai, torniamo quest’estate, mancano ancora sei mesi... –

Un silenzio prolungato arriva dall’altro capo del telefono. Poi Will sembra ritrovare la voce, mentre con finta baldanza gli risponde: - Oh bene, meglio così. Quest’anno non avevo nessuna voglia di passare la vigilia di Natale a guardare i Goonies con te, né i Gremlins o il Grinch, ho tanto di meglio da fare io, non credere che... –

- Will, amico – Lo interrompe Merlin, la voce piena d’affetto per quel testardo combinaguai - Mi mancherai anche tu. –

Will tira sospettosamente su col naso per poi riprendere come se niente fosse: - Comunque, riguardo tua madre... –

Per tutta risposta Merlin si porta il telefono più vicino all’orecchio, travolto da un’improvvisa ondata di nostalgia, e rimane a sentire le lamentele di Will senza battere ciglio, sentendosi per la prima volta dall’inizio di quell’avventura, veramente lontano da casa.

 

 

Merlin chiude la telefonata con Will che è ormai davanti la porta del bungalow. Le luci sono tutte spente e non un rumore arriva dall’interno, tanto da spingerlo a chiedersi se Arthur non sia ancora rientrato.

Entrando nell’appartamento però nota la porta finestra che dà sulla spiaggia totalmente spalancata, ed una silhouette familiare appoggiata alla balconata del loro minuscolo portico.

Merlin lascia le chiavi sul tavolino vicino l’ingresso e si dirige verso Arthur con passo sicuro, desideroso di stringere di nuovo a sé il suo profumo, il suo calore.

Arthur dal canto suo sembra quasi non sentirlo entrare e quando Merlin gli arriva vicino e lo stringe a sé sussulta appena, come se si fosse riscosso in quel momento da qualunque cosa gli stesse occupando la mente. Poi, senza neanche una parola di benvenuto, si gira nelle sue braccia e gli prende il viso tra le mani, catturandogli le labbra in un bacio bisognoso, intenso, che va a bruciargli i pensieri.

Poi Arthur allontana con riluttanza le labbra dalle sue e va a sfiorargli la fronte con la propria, una mano ancora tra i suoi capelli, stretta alla base della nuca, il respiro a fondersi caldo col suo.

- Grazie – gli dice, ed ora Merlin sente che c’è pace nella sua voce, come se quel bacio che ha fatto tremare per un attimo il suo mondo, avesse esorcizzato qualunque demone l’avesse tormentato fino a quel momento.

- Di cosa? – Gli chiede allora, baciandolo a sua volta, brevemente, dolcemente – Dovrei essere io a ringraziarti – Aggiunge, felice del sorriso che vede spuntare in risposta al suo.

- Di cosa? Di tutto. Di essere qui. Di essere con me. Di esserci ora. Di esserci sempre stato. –

Merlin lo guarda sbattendo piano le ciglia, emozionato e sorpreso. Da quando sono insieme non è raro che Arthur gli regali esternazioni del genere, Arthur è sempre stato molto diretto nell’esprimere i suoi sentimenti per lui, anche quando erano solo amici, però gli fa sempre un certo effetto sentirlo dire certe cose, sentirlo professare i suoi sentimenti con tanta sicurezza, tanta determinazione.

Quelli sono anche i momenti in cui sente di appartenere veramente ad Arthur. Di essere suo. Per sempre.

- Will ti saluta – Gli dice, allontanandosi appena da lui, una mano che sale ad accarezzargli i capelli.

- Ah! Come sta il caro vecchio William? – Gli chiede Arthur, mentre inclina la testa cercando di seguire la sua mano, assecondandone i movimenti.

- Il solito. Mia madre lo sta facendo impazzire... Credo che stia cercando di compensare in qualche modo la mia assenza rimpinzandolo di dolci... –

- Ed ha il coraggio di lamentarsi anche? I dolci di tua madre sono leggendari! Io mi offrirei volontario in un baleno... –

- Sì, ma per farlo dovresti essere a Londra, e quindi non saresti qui con me... –

- Vero. Tu sei molto meglio dei dolci. – Gli dice, dandogli un piccolo bacio sul naso – Decisamente meglio dei dolci... –

- Secondo me si sente un po’ solo. –

- Chi, William? –

- Sì, è il primo Natale che passeremo separati, e penso che gli dispiaccia più di quanto voglia ammettere. Sono sicuro che alla vigilia si annoierà da matti. Non troverà nessun altro disposto a guardare quei suoi vecchi film con lui... –

- Cosa ci troverete di bello poi... –

Merlin gli dà un piccolo pugno su un braccio.

- Vuoi scherzare! È la nostra tradizione! Che Natale sarebbe senza i Goonies? Avventura, amicizia,un tesoro pirata... – Gli dice, una luce sognante negli occhi.

- Va bene! Va bene! – Dice Arthur, massaggiandosi il braccio e ridendo piano – Ho capito... Sai che faremo? Affitteremo il dvd e lo guarderete in contemporanea. Tu qui a Melbourne e lui a Londra... Così la tradizione sarà rispettata! –

- Arthur... Ci sono undici ore di differenza... Quando da lui sarà sera qui saranno le sei del mattino –

- Ah, è vero... Non mi era venuto in mente... –

- E poi questo sarà il nostro primo Natale insieme e voglio che sia solo nostro... Nessuna intrusione. –

- Davvero? – Gli chiede Arthur, suonando divertito e tremendamente poco convinto.

- Davvero. –

Arthur lo guarda studiandolo per un lungo secondo, come se fosse ancora incerto se credergli oppure no, poi lo attira a sé e lo stringe forte, mettendogli le braccia intorno al collo.

- Tutto quello che vuoi Merlin – E rimane lì, contro di lui, le mani strette al tessuto chiaro della sua maglietta. –

- Arthur, è successo qualcosa? – Gli chiede allora Merlin, perché nonostante adori quando Arthur dimostra di avere così bisogno di lui, sente che qualcosa non va.

- Nulla che non sia accaduto molte altre volte – Gli dice lui, amareggiato ma cercando di nasconderlo.

- Avete litigato? – Continua Merlin, accarezzandogli la schiena, senza perdere tempo a fare il nome di suo padre, come se non ce ne fosse bisogno, come se non ci fosse alternativa possibile.

- Assolutamente no. Per litigare con me dovrebbe effettivamente chiamarmi ma lui non si disturba a fare neanche questo. Mi è solo arrivato l’ennesimo sms. –

Quegli sms erano una novità degli ultimi mesi. Appena dopo la loro partenza il padre di Arthur era stato quantomeno stoico nella sua decisione di far capire al figlio quanto si sentisse deluso da lui, ed anche se Arthur l’aveva cercato varie volte per fargli sapere dov’erano e come stava andando il viaggio, il padre si era categoricamente rifiutato di parlare con lui. Poi dopo circa due mesi erano cominciati ad arrivare i messaggi.

All’inizio si era trattato di episodi sporadici, non più di un messaggio ogni due, tre settimane, poi la cosa era andata aumentando, fino agli ultimi tempi, in cui ne arrivava uno ogni pochi giorni. Negli sms non c’era mai scritto nulla di personale, Uther però aveva ben pensato di tenere aggiornato Arthur su tutto ciò che il suo allontanarsi dall’ufficio aveva comportato.

“Mr. Craig è sembrato molto deluso che non fossi tu a seguire il suo caso”.

“Abbiamo perso la causa contro lo studio Baltham”.

“Ho dovuto affidare il caso Quenteen a Leon”.

“Lance ha avuto la promozione al posto tuo”.

Ogni messaggio rigorosamente impersonale eppure così pieno di biasimo che Merlin temeva che ad un certo punto l’avrebbe visto iniziare a gocciolare dal cellulare, come un ectoplasma malevolo.

Arthur il più delle volte aveva accolto quei commenti con una scrollata di spalle, rifiutandosi con la sua proverbiale determinazione di permettere a suo padre di rovinare il loro viaggio, Merlin però aveva notato che le sere in cui ne riceveva uno Arthur impiegava sempre un po’ più del solito ad addormentarsi, non importava quanto Merlin lo stringesse forte a sé.

E questo a Uther non poteva perdonarlo.

Poteva capire il suo stato d’animo, veramente, e non una sola volta aveva cercato (fallendo miseramente) di spingere Arthur a considerare per un attimo anche il punto di vista di suo padre, ma non sopportava che Uther lo tormentasse in quel modo, anche se, conoscendolo, quello era il suo modo di tentare di fare il bene del figlio.

- La cosa che mi fa impazzire – sbotta Arthur riscuotendosi da quella sua malinconia e allontanandosi un po’ da lui - È che quando tutta questa storia è iniziata credevo sinceramente che avrebbe avuto da ridire su noi due, che non mi avrebbe perdonato la nostra storia. Quello avrei potuto capirlo, non l’avrei accettato ma avrei potuto capirlo. Invece tutto fa pensare, e Morgana è d’accordo con me, che ciò che non riesce a mandare giù è proprio questa nostra vacanza e la mia decisione di prendermi una pausa dal lavoro. Come se non avessi passato gli ultimi anni a farmi in quattro per lui, a dimostrargli quanto valgo, come se non avessi accettato comunque di andare a New York principalmente per farlo contento, anche se partire mi avrebbe tenuto lontano da te. Quando Morgana gli ha chiesto se per caso non si stesse fossilizzando sul lavoro per non dover affrontare l’altra grande questione, noi due, lui l’ha guardata come se non capisse niente, dicendole che lui aveva sempre saputo che prima o poi mi sarei bevuto il cervello a causa tua, sperava solo che il mio senso di responsabilità avrebbe avuto la meglio. Volevo stare con te? Potevo farlo anche dal mio studio di New York. O se proprio non potevo starti lontano, da Londra. Che bisogno c’era, sue testuali parole, di questa fuga da adolescente alla prima cotta? –

Merlin lo osserva infervorarsi a quel modo e qualcosa gli si stringe al centro del petto. Il bisogno di aiutare Arthur, di appianare le cose per lui, di far sì che torni ad essere lo spensierato Arthur di sempre, lo stesso che ha visto giocare quella mattina tra le onde.

Gli passa piano le dita sulle labbra, un po’ per disperdere la sua tensione, un po’ semplicemente per il desiderio di farlo, poi gli accarezza una guancia, la pelle del collo, la spalla e poi giù lungo il braccio fino ad impossessarsi della sua mano. La stringe piano mentre gli chiede fissandolo in volto: - Perché non provi a mandargli anche tu un messaggio per una volta? O a chiamarlo. Se solo vi parlaste magari risolvereste tutto... –

Arthur alza la testa di scatto e lo guarda con una luce pericolosa negli occhi.

- No. – Gli risponde, categorico, definitivo. – Parlerò con mio padre quando sarà il momento e non un giorno prima. –

- Ok – Gli dice allora Merlin - Qualunque cosa tu voglia. – Poi, per alleggerire l’atmosfera, aggiunge in seconda battuta – Sai, dopo averti visto oggi fare il galletto in spiaggia sono sempre più convinto che il nostro Natale da surfisti sia stata un’idea geniale. Voglio assolutamente una foto tua sulla tavola da surf con un berretto da babbo Natale in testa da inviare a tutti i nostri amici come cartolina d’auguri... So che Gwaine apprezzerebbe il pensiero – e quella almeno non è una bugia. Magari un Natale trascorso in spiaggia non era mai stato nella sua “top list”, ma qualunque foto di Arthur in costume da bagno (anche una in cui si rende ridicolo) vale qualche sacrificio, perfino di rinunciare alla neve.

- Questo, caro il mio Merlin, non accadrà mai... –

- Scommetti? – Lo provoca lui, mentre con una mano gli accarezza piano la pelle sotto la maglietta – Vuoi vedere che riesco a convincerti? –

Arthur gli sorride sornione, il viso di nuovo allegro e sereno, come se i brutti pensieri fossero finalmente volati via.

- Fossi in te non ci spererei... – Continua, con un’aria talmente strafottente che Merlin sente prepotente il desiderio di baciarlo fino a fargli scordare il suo nome solo per cancellargliela dalla faccia. - Però nulla ti impedisce di provare... –

- Ok – gli sussurra allora Merlin, ad un soffio dal suo orecchio – Sfida accettata. –

 

 

* Doppleganger: creatura in grado di assumere le sembianze di un altro individuo.

 

Eccoci arrivati alla fine del primo capitolo. Spero che la lettura sia stata piacevole e che coloro tra voi che avevano letto la prima avventura, abbiano ritrovato i ragazzi che ricordavano, magari più abbronzati, più felici, e ancora più innamorati! Grazie per aver dedicato a questa storia un po’ di tempo! Mando un forte abbraccio a tutti!

See you soon!

Sofy

  
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