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Autore: verystrange_pennylane    08/12/2015    2 recensioni
John, sin da quando ne ha memoria, sa che non c’è posto per l’amore nel suo cuore.
Nel suo letto, che sia quello troppo piccolo e cigolante di Mendips, o quello troppo grande e silenzioso dell’ennesimo albergo di lusso, c’è posto per il sesso. L’amore, quello con la A maiuscola, resta imprigionato nelle frasi scarabocchiate di una canzone o nelle note di un disco che suona in ripetizione per coprire i gemiti confusi di due corpi nascosti sotto le lenzuola.
E John questo lo sa ed è felice così, e onestamente non potrebbe importargli di meno di capire cosa cazzo significhi quello struggimento maledetto di cui tutti sembrano voler parlare e cantare.
Lui sta bene così, può fingere di amare. Quello è capacissimo di farlo, fintanto che Cynthia lo sa e lo accetta, e le ragazze ci cascano, a lui va bene così. Perché dovrebbe importargliene?
Fermo nella sua convinzione, John non vuole amare, se si può correre il rischio di perdere chi si ama.
*
Trentacinque anni senza di te. Ci manchi, John ♥
Genere: Angst, Sentimentale, Song-fic | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Altro personaggio, John Lennon, Paul McCartney
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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The Only Exception


When I was younger
I saw my daddy cry
And curse at the wind
He broke his own heart
And I watched
As he tried to reassemble it
And my momma swore
That she would never let herself forget
And that was the day that I promised
I'd never sing of love
If it does not exist

Poche persone possono dire che il loro primo ricordo di infanzia è un incubo. Ma quello di John lo è.
Un incubo profondissimo e buio, buio come la pece, freddo come il ghiaccio e spaventoso come quei mostri in cui i bambini dovrebbero credere. John, invece, a quei mostri non ha mai creduto.
Perché credere che esista un uomo nero sotto il suo letto, quando tua zia ti fa da madre, e i tuoi genitori ti hanno abbandonato ancora prima che potessi  imparare a pronunciare i loro nomi?
John, sin da quando ne ha memoria, sa che non c’è posto per l’amore nel suo cuore.
Nel suo letto, che sia quello troppo piccolo e cigolante di Mendips, o quello troppo grande e silenzioso dell’ennesimo albergo di lusso, c’è posto per il sesso. L’amore, quello con la A maiuscola, resta imprigionato nelle frasi scarabocchiate di una canzone o nelle note di un disco che suona in ripetizione per coprire i gemiti confusi di due corpi nascosti sotto le lenzuola.
E John questo lo sa ed è felice così, e onestamente non potrebbe importargli di meno di capire cosa cazzo significhi quello struggimento maledetto di cui tutti sembrano voler parlare e cantare.
Lui sta bene così, può fingere di amare. Quello è capacissimo di farlo, fintanto che Cynthia lo sa e lo accetta, e le ragazze ci cascano, a lui va bene così. Perché dovrebbe importargliene?
Fermo nella sua convinzione, John non vuole amare, se si può correre il rischio di perdere chi si ama.
Finché, nella sua vita, in un pomeriggio come tutti gli altri, non era apparsa una persona.
Nel posto giusto al momento giusto.
E una piccola vocina aveva cominciato a parlare, a farsi fastidiosa e pungente come un tarlo.
Ma John Lennon aveva saputo ignorarla, per tutti quegli anni di frustrazione e freno, di insulti e di bestemmie lanciate contro il cielo.
Perché non importava se la sua vita era cambiata in un solo momento, un momento così perfetto nella sua imperfezione, così candido anche tra lattine vuote e puzza di birra e sudore.
Non aveva cambiato idea, aveva stretto i pugni e aveva continuato a non credere nell’amore.
Paul McCartney non sarebbe stato l’eccezione.


Maybe I know, somewhere
Deep in my soul
That love never lasts
And we've got to find other ways
To make it alone
But keep a straight face
And I've always lived like this
Keeping a comfortable, distance
And up until now
I had sworn to myself that I'm content
With loneliness
Because none of it was ever worth the risk.
 
Non è che John avesse mai creduto al “finché morte non vi separi”. Si era sposato perché doveva, non perché voleva. Ed era perfettamente cosciente del fatto che stesse ripetutamente tradendo sua moglie con così tante donne da non poterle nemmeno elencare. Così tante che molte erano solo delle facce sfocate, o delle tacchette sul muro di una camera puzzolente ad Amburgo.
Eppure, qualcosa era successo, quando Yoko era entrata nella sua vita.
E John si stava rendendo conto che Yoko, quella donna così minuta e affascinante, così silenziosa eppure così piena di cose da dire, lo stava allontanando da tutto ciò che era stato per quegli anni la sua vita. Come una folata di vento dell’est, lo stava portando lontano dai Beatles, lontano da Londra, ma soprattutto, lontano da Paul.
Non era stato difficile pensare di dire a Cynthia di Yoko, e non era nemmeno stato troppo difficile vomitarle tutta la verità addosso, come un veleno tossico e corrosivo che aveva distrutto per sempre il suo sorriso.
Queste cose non avevano minimamente scalfito John e la sua determinazione.
Invece, era stato più difficile riuscire ad ammettere a Paul che si era innamorato. Innamorato di una donna. Ed era stato ancora più difficile vedere la sua reazione, notare come il suo sorriso si fosse incrinato, non appena aveva capito che non era l’ennesimo scherzo. E John si era reso conto di come, con una semplice frase, avesse chiuso più porte di quante ne avesse sbarrato chiedendo il divorzio da sua moglie.
Aveva cominciato, pian pianino, mattone dopo mattone, a costruire un muro tra lui e il resto del mondo. E poteva vedere nello sguardo di Paul come, con una semplice e banale frase, stesse dicendo addio a quel ragazzino che suonava con lui in camera, e che non lo giudicava perché, anche se si atteggiava da rockstar, sapeva a malapena come fosse fatta una chitarra. Stava salutando per sempre anche quel giovane uomo dannatamente geloso di lui, che maltrattava Stuart e gli faceva i dispetti sul palco pur di essere l’unico agli occhi di John. Stava dicendo addio a l’unica persona che fino a quel momento era stato in grado di capirlo, senza aprire bocca, e che era sempre stato così all’opposto da essere perfettamente complementare.
Soprattutto, si rese conto che stava prendendo le distanze da un’illusione. Dall’illusione che non avrebbe mai conosciuto l’amore, il vero amore. Dall’illusione che, non ammettendo a nessuno, neppure a se stesso, cosa provava per quel ragazzo davanti a lui, non avrebbe mai più sofferto per colpa di un cuore spezzato.
Eppure, mentre guardava Paul prenderlo in giro davanti alla notizia di Yoko, John si rese conto di una cosa. Non importava quante bugie si dicesse, quanti muri costruisse, quanti insulti si gridasse davanti ad uno specchio rotto.
Paul McCartney era sempre stato l’eccezione.

 
I've got a tight grip on reality
But I can't let go of what's in front of me here
I know your leaving in the morning, when you wake up
Leave me with some kind of proof it's not a dream, oh
You are, the only exception
And I'm on my way to believing.

Non poteva essere.
Se lo ripeteva da mesi, da anni: lui, Paul McCartney, non poteva provare qualcosa per un altro uomo. Non poteva provare amore per John Lennon.
Si era ripetuto quella sorta di nenia per tutto quel tempo, e si era convinto. Ogni volta che lui e John si sfioravano, si toccavano, si guardavano, e capitava spesso, lui era ormai sicuro di non sentire niente se non affetto, qualcosa di caldo che rientrava ancora nelle sfumature dell’amicizia.
Ma poi era successo qualcosa.
John si era allontanato da lui, pian piano, un passo alla volta, senza fare rumore, come se camminasse su un manto di foglie bagnate.  E senza preavviso, si era lasciato scappare una frase, un verbo che nessuno gli aveva mai sentito usare: John si era innamorato.
Paul si era dovuto risvegliare da quella sorta di trance sorda in cui era piombato, ignorando il dolore atroce che l’aveva trafitto da parte a parte. Come trascurare quella piccola, fastidiosa vocina che gli ripeteva che in fondo, avrebbe sperato un giorno di sentirgli usare quel verbo solo vicino al proprio nome?
Ma non era possibile, perché Paul aveva già superato quella fase, quando era ancora un ragazzino che sospirava e pensava a quanto dovessero essere morbide le labbra di John.
E di nuovo, per difendersi da quei sentimenti scomodi e da quei pensieri proibiti, ora stava a lui comportarsi come sempre, come se nulla fosse. Dunque, Paul appoggiò la mano alla spalla del compagno, e ignorando ciò che la sua testa gli gridava, non lo abbracciò né lo implorò di dirgli che fosse uno scherzo, ma semplicemente cominciò a prenderlo in giro, come se fosse la cosa più naturale del mondo. Come se il suo cuore, maledetto bastardo, non si fosse spezzato in quel momento, con una semplice frase.
Eppure, non poteva mentire all’altro, perché c’era stato troppo tra di loro perché non si capissero ancora con un solo sguardo. E davanti a quel debole tentativo di distrazione, John si era avvicinato, in preda a una sorta di spavalderia data forse dal fumo, forse da quella confessione, e l’aveva baciato.
Dio, Paul si era sorpreso di se stesso quando si trovò a realizzare quanto avesse aspettato un momento come quello. Prima ancora di riuscire a frenarsi, ricambiò il bacio, spingendo John sul divanetto e lasciando che tutti quegli anni di parole non dette, di frustrazioni e sentimenti taciuti avessero la meglio. Era come una diga: una volta aperta, non poteva che travolgerli. Forse era ora, forse era finalmente arrivato il momento giusto per loro di annegare, perché non avevano più niente da perdere.
Non c’era più quell’illusione di sentimento, amicizia o amore, o come cazzo volevano chiamarlo. Si stava indebolendo anche quel qualcosa, quell’essenza dolce e calda che li aveva avvolti come un abbraccio, ovunque andassero, e che li aveva resi così uniti per tutti quegli anni.
Quando si staccarono per prendere fiato, uno con le unghie affondate nella carne dell’altro, i capelli disordinati e le fronti sudate, ci fu un momento carico di tensione, imbarazzo e incertezza. Paul cercò negli occhi di John una risposta, e quella che vide non gli piacque, ma lasciò che il buio cancellasse i suoi pensieri e i suoi freni, lasciandosi andare al tocco di John. Chiuse gli occhi e aprì il proprio cuore e il proprio corpo all’altro, facendo ciò che avrebbe dovuto fare molto tempo prima.
Quando la mattina dopo si svegliò, il suo letto era già freddo e vuoto da parecchio tempo, e le lenzuola buttate a casaccio per coprirlo erano l’unico segno che gli restava di un ricordo confuso e amaro.
Paul lo sapeva, sapeva che quello che aveva letto negli occhi di John era un saluto, un addio.
Un addio a tutto quello che avevano rappresentato l’uno per l’altro in tutti quegli anni, senza che nessuno dei due avesse il coraggio e la forza di ammetterlo.
E stropicciandosi gli occhi per impedirsi di piangere, in un gesto che faceva quando era piccolo, si trovò ad affrontare una realizzazione dolorosa.
Che lui, Paul McCartney, non avrebbe mai potuto innamorarsi di un altro uomo.
Ma John Lennon sarebbe sempre stato l’eccezione.







Angolo dell’autrice:
Buonasera. Che dire dell’ennesima mia schifezza? La canzone è questa. L’ho ascoltata per caso, e ho pensato che si prestasse perfettamente al pairing. Poi, non so come sia successo, ma nel giro di due ore è diventata una storia depressa post Yoko. A tal proposito, parlando di lei, avete visto che brava? Ho pure scritto che è affascinante e un sacco di altre cose positive. Mi merito un abbraccio solo per questo. E magari una recensione. Positiva.
No, ok, non esageriamo, restiamo all’abbraccio.
Un abbraccio invece va a Kia85 che l’ha betata per tutti voi. Grazie.
Un altro abbraccio va ad una persona con cui sono diventata amica proprio un anno fa, durante questa giornata particolare: Paperback White. Grazie anche a te, mia cara, per tutto.
E un grazie infine a John, che da 35 anni non è più con noi e che manca come se ci avesse lasciato oggi.
A presto, con la fanfiction di Natale.
Anya
   
 
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