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Autore: Stella Dark Star    11/12/2015    0 recensioni
Rafe e Danny sono amici perfetti, uniti dalla passione per il volo e il senso di fedeltà verso i loro ideali e la loro patria. Ma a tenerli legati c'è anche Katy (Katherine), la sorella minore di Rafe, che fin da piccola è involontaria protagonista delle loro vite! Rafe con lei è iperprotettivo e prende troppo sul serio il ruolo di fratello maggiore, Danny invece è premuroso e gentile e oltre la sua amicizia riesce a conquistare anche il suo cuore. Sono loro i primi a sostenere Katy quando prende la decisione di arruolarsi e diventare pilota, come loro, nel Campo Mitchell capitanato da Doolittle. Lì ha inizio la sua scalata professionale al pari con la rovinosa caduta in campo sentimentale, che continua a Pearl Harbor con l'entrata in scena di un certo Gooz... Tra amicizie vecchie e nuove, amori sofferti e nuove speranze e la perdita dell'amato fratello Rafe che poi ricomparirà in uno scenario inaspettato, Katy dovrà affrontare la vita faccia a faccia per capire cosa vuole davvero.
Genere: Guerra, Sentimentale, Storico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: Missing Moments, Movieverse, What if? | Avvertimenti: Tematiche delicate, Triangolo
Capitoli:
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Il rumore di un cuore infranto
 
L’autunno aveva appena aperto le porte quando i tre ragazzi rividero il Tennessee in occasione del compleanno di Danny.
I Walker e i McCawley erano tutti riuniti nella sala da pranzo per festeggiare, al centro del tavolo un’elaborata torta alla crema con sopra ventitre candeline e nell’aria il tipico canto “Perché è un bravo ragazzo…”. Perfino il padre di Danny riuscì ad intonare qualche nota tra un sorso di liquore e l’altro, prima di isolarsi buttandosi su una sedia come un peso morto.
Danny spense le candeline con un unico lungo soffio e tutti applaudirono.
Rafe fu il primo a complimentarsi, dandogli una pacca sulla spalla: “Buon compleanno, amico mio.”
Subito dopo di lui, la madre di Danny, una simpatica donnina dalle forme burrose e i capelli neri raccolti, gli incorniciò il viso con le mani e gli stampò un bacio sulla fronte: “Tanti auguri, figliolo. E cento di questi giorni.”
Poi fu Katherine a gettarsi tra le sue braccia, sorridente, e a baciarlo sulle labbra: “Buon compleanno, amore mio.”
Tutti presero posto sulle sedie, tranne lei che preferì accomodarsi sfacciatamente sulle ginocchia di Danny. La signora Walker tagliò la torta e adagiò le fette nei piattini da dolce, mentre Marybeth si occupò di servire.
Nel tardo pomeriggio, al termine della festa, Danny e Katherine uscirono per una romantica passeggiata a tu per tu, mano nella mano. Quando arrivarono al loro ciliegio, Danny la spinse con fare giocoso contro il tronco dell’albero e le rubò un lungo ed intenso bacio. Non appena le labbra si separarono, le bisbigliò: “Prima, quando ho spento le candele, ho espresso un desiderio.”
Lei sorrise divertita: “Come fanno tutti!”
“Io però ho espresso un desiderio speciale. Una cosa che cambierà la mia vita.”
Katherine scherzò: “Hai desiderato di prendere il posto di Doolittle al Campo Mitchell?”
Danny scoppiò in una risata: “No!”
“Meno male! Non riuscirei ad immaginare quel posto senza di lui.”
“Io sì, invece. Niente più rimproveri e sgridate a squarciagola.”
Lei abbozzò un broncio: “Oh Danny, non essere cattivo. Se non fosse per lui ora non saremmo qui a festeggiare il tuo compleanno.”
Danny scostò lo sguardo, inseguendo un pensiero: “Chissà perché ci ha dato il permesso.”
“Gliel’ho chiesto io!”
Danny fece una smorfia: “Cosa?”
Katherine sbatté le palpebre, come sorpresa: “E’ il mo regalo per te, amore.”
Lui si voltò sospirando: “Possibile che tu sia sempre nel suo ufficio?”
“Veramente gliel’ho chiesto al bar. Mi aveva invitata a bere qualcosa mentre tu eri in volo.”
Danny si alterò: “Praticamente siete usciti insieme!”
Lei alzò il tono di voce a sua volta: “Non dire assurdità! Era solo un’uscita formale.”
“Se fosse stata formale sareste andati alla mensa del Campo.”
“Allora diciamo che era un’uscita amichevole.”
“Ma ti senti quando parli? Doolittle non familiarizza coi piloti e nemmeno coi capisquadra. E’ chiaro che ci sta provando con te. Lo sospettavo fin dal primo giorno, quando ti ha accettata al Campo.”
“E anche se così fosse? Sei geloso?”
“Sì. Proprio così. Non sopporto l’idea che ti stia sempre intorno. E non sopporto nemmeno che tu gli dia campo libero.”
Lei lo squadrò con sospetto: “Che cosa stai insinuando, Danny?”
Lui rispose tra i denti: “Lui ti piace.”
Katherine rimase a bocca aperta per una simile insinuazione: “Non lo penserai davvero?”
“Dimmi la verità, Kate. Cos’hai fatto per ottenere i permessi di congedo?”
“Non ho fatto niente. Ho solo chiesto.”
“Secondo me ci sei andata a letto.”
Katherine gli tirò uno schiaffo ben assestato e lo guardò con occhi infuocati: “Non ti permettere.”
Danny si portò una mano alla guancia arrossata e si voltò per guardarla andare via, lungo i campi. Resosi conto che lei non si sarebbe voltata indietro, Danny strinse i denti e poggiò la fronte contro il tronco dell’albero, dandosi il tempo di ritrovare la calma. Emise un pesante sospiro e si spostò dal tronco. Si portò una mano al taschino della camicia e ne estrasse un anello d’argento con diamante bianco a forma di goccia. Lo sollevò all’altezza degli occhi: “Voglio sposarti. Ma prima devo essere sicuro di potermi fidare di te.”
*
Doolittle posò la penna accanto alla pila di fogli che aveva appena firmato, poggiò i gomiti sul bordo della scrivania e intrecciò le dita delle mani sotto il mento.
“McCawley, è da qualche settimana che ti vedo seria e di cattivo umore. Ho ricevuto anche delle segnalazioni dal tuo caposquadra. Dice che il tuo modo di volare è feroce e questo è di cattivo esempio per gli altri piloti. Ora è mio dovere andare a fondo alla questione. Dimmi, cosa ti sta accadendo?”
Katherine rimase sull’attenti, sperando di salvarsi: “Problemi personali, signore. D’ora in poi farò in modo che non interferiscano più col mio addestramento, signore.”
Doolittle sospirò, quindi si alzò dalla poltrona e le si avvicinò: “Riposo.”
Katherine abbassò lo sguardo, ormai non poteva fare niente per evitare quell’interrogatorio.
“Come Maggiore non posso aiutarti, ma come amico forse sì. Katherine, cos’hai? Da quando sei tornata al Campo non ti riconosco più. Cos’è accaduto nei giorni in cui sei stata a casa?”
Lei sollevò lo sguardo su di lui, con aria triste: “Io e Danny abbiamo litigato. Mi ha lanciato un’accusa imbarazzante.”
Doolittle fece dei cenni col capo: “Immaginavo che riguardasse lui. Walker ha molto potere su di te. Vuoi raccontarmi i dettagli?”
Lei aveva gli occhi lucidi: “Io…credo che lo lascerò. Qualcosa tra di noi si è spezzato e io non mi sento più a mio agio accanto a lui. Perfino mentre sono in volo sento le sue parole nella mia mente e questo non fa che irritarmi.”
“La vostra storia va avanti da cinque anni, senza contare che vi conoscete da tutta la vita. Forse si tratta solo di un periodo buio. Riflettici bene prima di prendere una decisione così importante.”
“Ci ho già pensato. Non possiamo più andare avanti così. Non voglio farlo soffrire.”
Doolittle si lasciò scappare una risata: “Non ti capisco! Se lo lasci soffrirà di certo!”
Katherine sentì mancare l’aria e cominciò a muovere le mani come in cerca di qualcosa da afferrare. Guardò Doolittle negli occhi e i suoi si riempirono di lacrime.
Lui aprì le braccia per accoglierla, pensando che volesse sfogare il pianto, invece rimase pietrificato quando lei gli afferrò la cravatta per attiralo a sé e rubargli un bacio. Un bacio forte e inaspettato, al quale lui non riuscì a ritrarsi. Allo stesso modo Katherine si staccò bruscamente, lasciandolo congelato in quella situazione. Quando finalmente lui si mosse, per portarsi una mano alla fronte come se fosse contrariato, lei si sentì in imbarazzo e prese la porta per uscire dall’ufficio. Solo quando sentì quel rumore, Doolittle parve tornare al presente. La chiamò, ma ormai era tardi, lei era già lontana.
*
Doolittle entrò nel locale e richiuse la porta alle proprie spalle rapidamente per non far entrare il freddo.
L’uomo dietro al bancone, un corpulento reduce della Grande Guerra dai capelli rossi e ricci, il naso storto e abiti sudici, fece un cenno verso di lui: “Buonasera, Maggiore.”
Doolittle lo salutò con un fiacco gesto della mano e disse: “Il solito, Gunter.”
L’uomo si affaccendò qualche istante dietro al bancone, lasciandogli così il tempo di guardarsi attorno. Il locale ospitava pochi clienti quella sera, gente taciturna che beveva e fumava pensando ai propri guai, oppure tentava la fortuna giocando ai dadi con poco interesse. Aguzzò la vista per guardare attraverso la coltre di fumo di sigarette e sigari e allora la vide. Teneva una bottiglia marrone tra le dita, lo sguardo assente.
Il barman lo richiamò tenendo alzata una bottiglia: “La sua birra, Maggiore.”
Lui la prese e accennò un grazie.
“Sapevo che ti avrei trovata qui.”
Katherine ebbe un fremito nell’essere distolta così bruscamente dai propri pensieri. Lo guardò di sfuggita e subito abbassò lo sguardo.
Doolittle prese posto accanto a lei: “Vieni a rifugiarti qui quando qualcosa ti turba.” Bevve un sorso dalla propria bottiglia e continuò: “Solo sono sorpreso di non aver visto l’auto del Campo parcheggiata qui fuori.”
Lei rispose secca: “Sono venuta a piedi.”
Lui sorrise con una punta di sarcasmo: “Una bella camminata!”
“Ascolta, se vuoi sapere di quello che è successo…”
“Del bacio, intendi?”
Katherine si sistemò una ciocca di capelli dietro all’orecchio, imbarazzata: “Sì, quello. E’ stato un incidente, quindi per favore non farmi la predica.”
Doolittle bevve un lungo sorso, guardando nel vuoto: “Non farò niente del genere, credimi. Volevo solo dirti che ci ho pensato tutto il pomeriggio.”
Lei sospirò, ammettendo: “Anch’io.”
“E non posso negare di provare qualcosa per te.”
A quelle parole lei sollevò lo sguardo su di lui, ascoltando con attenzione.
“Credevo che il nostro rapporto fosse nato su una base diversa. Che tu mi vedessi come una figura paterna. Ma dopo quanto accaduto ho dovuto ricredermi.”
Solo allora si decise a guardarla negli occhi per vedere la sua reazione. Era visibilmente confusa. Prendendo l’iniziativa, avvicinò il viso al suo e le sfiorò le labbra con un bacio, giusto un lieve tocco e poi si scostò per guardarla. Lei aveva ancora gli occhi chiusi come per assaporare un’emozione.
“Sei tu che devi decidere. Da parte mia posso consigliarti di aggiustare il tuo rapporto con Walker. E’ la cosa migliore.”
Katherine riaprì gli occhi, il suo sguardo era privo di luce: “Prima mi baci e poi mi consigli di tornare da lui?”
Doolittle accennò uno dei suoi mezzi sorrisi: “Lo sai che amo le contraddizioni.”
*
Rafe bussò alla porta della stanza di Katherine. Non ottenne risposta, ma decise di entrare comunque. La vide sdraiata sul letto, lo sguardo triste puntato al soffitto. Si avvicinò per sedersi sul bordo del materasso, quindi le carezzò i capelli con affetto: “Katy, è tutto il giorno che sei chiusa qui dentro. Questa mattina hai anche saltato l’esercitazione di volo. Sono preoccupato per te.”
Lei non mosse nemmeno lo sguardo, allora Rafe si chinò e le bisbigliò all’orecchio: “Sorellina, confidati con me.”
Stavolta Katherine reagì: “Rafe, tu mi odi?”
Lui buttò fuori una risata: “Certo che no! Anzi, ti voglio un bene dell’anima e farei qualunque cosa per te.”
“Allora devi farmi un favore. Stai vicino a Danny e se puoi fa in modo che nemmeno lui mi odi.”
“Lui ti ama. Non potrebbe mai odiarti. Tra non molto lo saprai.”
“Io temo che potrebbe odiarmi a causa di quello che gli dirò.”
“Che assurdità. Cosa mai potresti dirgli di così terribile?”
Katherine volse lo sguardo altrove, come per mascherare i propri pensieri e questo fu un chiaro segnale di allarme. Rafe aveva preso quella strana conversazione come uno scherzo, ma ora cominciava a capire che c’era qualcosa di grosso in ballo.
“Katy, non avrai intenzione di…?”
Lei si voltò a guardarlo e dentro quegli occhi lui lesse la risposta.
Il suo tono di voce si alterò: “No. Katy non farlo. Non puoi farlo. Ti prego, cambia idea. Lui non si aspetta minimamente una cosa del genere. Non puoi fargli questo.”
Katherine si mise seduta, lo sguardo di una che non accetta obiezioni: “So quello che sto facendo. Non si tratta di un capriccio.”
“E per quale remota ragione dovresti lasciarlo?”
“Perché ho preso una cotta per un altro. Ecco.”
Rafe aggrottò le sopracciglia: “Allora è vero quello che si dice.”
Katherine scosse la testa: “No, non è vero. Quelle sono solo cattiverie. Non siamo mai andati a letto assieme.”
Il fratello si alzò dal letto con uno scatto, il suo volto una maschera di rabbia: “Lasci un ragazzo che ti ama da tutta la vita per fare la sgualdrina con un tuo superiore?”
Era davvero troppo. Katherine si incendiò: “Vaffanculo, Rafe. Te l’ho già detto anni fa: non sono affari tuoi.”
“Più tardi, quando Danny si presenterà a te con lo sguardo felice e una frase importante fra le labbra, voglio vedere se avrai il coraggio di lasciarlo. Spero per te che ti renda conto in tempo della puttanata che stai per fare.”
Uscì dalla stanza facendo sbattere la porta.
*
Katherine continuava a camminare avanti e indietro all’interno del capannone. Attorno a lei imperavano numerosi modellini di aerei che pendevano dal soffitto tramite corde metalliche, sulla parete in fondo, accanto alla porta dei bagni, era stata messa una piccola libreria che conteneva manuali di pilotaggio, storia dell’aviazione e quant’altro riguardasse quell’argomento. Le due file di letti avevano un aspetto severo, ma fortunatamente ad attenuarlo c’erano i comò su cui i piloti tenevano foto e piccoli oggetti personali di valore affettivo. Su quello di Danny vi erano solo una sveglia ed un portafoto a libretto. Si avvicinò per guardare meglio le foto, una ritraeva lei e Danny nel Tennessee, abbracciati e sorridenti, l’altra invece era un primo piano di lei, un piccolo capolavoro di fotografia. Posò lo sguardo sulla foto precedente e sentì una fitta al cuore al pensiero di quello che stava per fare.
“Se io fossi stata una ragazza normale e fossi rimasta a casa, tutto questo non sarebbe mai successo.” Si asciugò una lacrima prima che questa scivolasse dalle ciglia.
Danny entrò nel capannone come un fulmine, sorriso raggiante e mazzo di rose rosse in mano. Vide Katherine, intimidita dentro una camicetta blu e una gonna al ginocchio dello stesso colore: “Quanto sei bella. Hanno ragione i nostri amici a dire che sono il ragazzo più fortunato del mondo.”
La vide abbassare il viso e credette si trattasse di una forma di timidezza. Le si avvicinò e le risollevò il viso con una carezza: “Sei bellissima, amore mio.” Si chinò per baciarla, ma lei scostò il viso per impedirglielo.
Nonostante il comportamento strano, Danny non si preoccupò, continuando a sorridere le mise il mazzo di rose tra le mani. Solo quando sentì quelle mani tremare, cominciò ad allarmarsi, e risollevando lo sguardo vide che i suoi occhi erano pieni di lacrime.
Katherine cercò di darsi forza: “Danny, devo assolutamente parlarti prima che il coraggio mi venga meno.”
“Cosa succede?”
“Non ti sei accorto che ultimamente le cose tra noi non vanno bene? Non hai notato il mio distacco?”
Lui deglutì, impacciato: “Sì, l’ho notato. Ma non ha importanza, perché le cose d’ora in poi andranno per il verso giusto. Per noi è arrivato il momento di una svolta.”
“No, Danny. Non sarà una svolta, ma un ritorno alle origini. Non percorreremo più la stessa strada ma io sarò comunque in una strada accanto alla tua.”
Lui non capì il significato di quelle parole, perciò proseguì con quanto aveva in mente: “Amore, noi saremo più uniti che mai. Tra le rose c’è il nostro futuro.”
Katherine scoppiò in lacrime: “Come faccio a dirti che ti lascio? Stai rendendo le cose più complicate che mai.”
Un secchio di acqua gelida sulla testa, ecco come si sentì in quel momento. Cosa stava accadendo? Non poteva aver sentito quelle parole. No. Di certo si era sbagliato. Ma allora perché stava tremando in quel modo ed era terrorizzato?
“Cosa…? Cos’hai detto?”
Katherine parlò tutto d’un fiato, nonostante le lacrime non le dessero tregua: “Non voglio più essere la tua ragazza. Questo rapporto mi sta soffocando. E non posso nemmeno darti la colpa perché il problema sono io. Tu avevi previsto che sarebbe successo ma io non ti ho creduto.”
“Stai parlando di Doolittle, vero?”
“Ti prego di perdonarmi. Non riesco a cancellare quello che provo per lui.”
“Mi dispiace averti accusata quel giorno. Non credevo che quelle parole ti avrebbero davvero allontanata da me.” Le afferrò le mani che ancora stringevano il mazzo di rose: “Non lasciarmi. Io ti amo.”
“Mi dispiace. Sono troppo attratta da lui e se resto con te finirò per tradirti.”
Per un istante Danny vide una luce di speranza in quelle parole: “Se è solo questo il problema, ti prometto che farò finta di niente. Per una notte chiuderò gli occhi, potrai fare tutto quello che vorrai.”
Katherine liberò le mani dalle sue e gettò sul letto il mazzo di rose: “Ma che stai dicendo? Vuoi essere chiamato cornuto per il resto della tua vita?”
A quel punto Danny cedette alla disperazione, gli occhi pieni di lacrime come quelli di un bambino: “Katy, ascoltami. Tra le rose c’è il nostro futuro. Ora non puoi capire, ma se guardi all’interno…”
Katherine lo interruppe, riprendendo in mano il mazzo e sventolandolo: “Sono fiori. Cosa c’entra il futuro?” Stanca di quel discorso, gettò il mazzo a terra con più cattiveria di quanto avesse voluto. Doveva andarsene o il dolore l’avrebbe fatta crollare. Si incamminò velocemente verso la porta, ma proprio quando stava per uscire, Danny le corse incontro e l’afferrò per un braccio: “Tu non capisci. Io ti sto chiedendo di…”
Lei lo interruppe di nuovo: “Lasciami andare, ti prego. E perdonami se puoi.” Si liberò dalla stretta e corse via piangendo a dirotto.
Danny sentì che le forze lo stavano abbandonando. Si inginocchiò a terra e pian piano strisciò fino ad arrivare al suo letto. Le lacrime finalmente sgorgarono mentre le labbra sussurravano con difficoltà: “Katy. Katy.” Con le dita che tremavano, prese dal pavimento l’anello che era scivolato fuori dal mazzo quando lei lo aveva gettato a terra.
*
Grazie al cielo, durante la corsa non aveva incontrato nessuno. Aveva corso come se avesse avuto il diavolo alle calcagna e finalmente era arrivata al proprio dormitorio. Invece di andare nella propria stanza era andata dritta in quella di Doolittle. Chiuse la porta come se fosse stata la sua unica salvezza e poi vi appoggiò le spalle e si diede il tempo di riprendere fiato.
Doolittle era disteso sul letto, intendo a leggere un libro, ma quando la vide lo posò e si alzò per andare da lei. Aveva il viso segnato di lacrime e gli occhi gonfi e rossi.
“Non posso vederti così. Preferisco che torni da lui piuttosto che vederti soffrire in questo modo.”
Katherine lo guardò, ricominciando a lacrimare: “Ho fatto la mia scelta. Non posso più tornare indietro.”
Doolittle sospirò: “Nemmeno io.” E voltò il viso verso la luce affinché lei vedesse: sulla guancia c’era una vistosa ombra viola.
Lei si avvicinò per guardare meglio, alzò una mano per sfiorare quell’ombra, ma poi non osò per timore di fargli male: “Chi è stato?”
Lui emise un suono divertito e rispose: “Un omaggio di tuo fratello. Mi ha detto chiaramente cosa pensa di me.”
“Oddio, mi dispiace. Non credevo che avrebbe reagito così.”
“Suppongo tu gli abbia detto tutto durante il pomeriggio. Appena mi sono ritirato nella mia stanza lui mi ha raggiunto.”
Katherine scosse il capo, dispiaciuta: “Avrei fatto meglio a tacere.”
“No. Me lo sarei preso comunque. Prima o dopo non fa differenza.”
“Ora dove si trova Rafe? Lo hai fatto…” Non riuscì a dire quella parola, così fu lui a pronunciarla: “Arrestare? No, tranquilla. Me lo sono meritato. Non posso biasimarlo. In fondo sei sua sorella.”
Si guardarono negli occhi qualche istante e poi si lasciarono andare in un abbraccio di conforto. Ora erano soli e avevano tutti contro.
*
Rafe entrò nel capannone e trovò Danny che piangeva col viso affondato nel cuscino.
Sentendo un rumore provenire dalla porta, Danny sollevò il capo per vedere chi fosse. Riconoscendo l’amico, gli lanciò uno sguardo disperato.
Rafe si affrettò ad andare da lui ed ad abbracciarlo fraternamente: “Mi dispiace, amico mio.”
Tra i singhiozzi, Danny riuscì solo a dire: “Tu lo sapevi, vero?”
“Ho provato ad impedirglielo. Te lo giuro.”
“Rafe, mi sento a pezzi. Lei è quella giusta per me. Non posso credere che sia accaduto davvero.”
“Lo so. Vedrai che quando si renderà conto di ciò che ha fatto tornerà da te e ti supplicherà di perdonarla.”
“Lo pensi davvero?”
“Andrà tutto bene.” Ma il suo sguardo perso nel vuoto diceva tutt’altro.
*
Il sole caldo risplendeva, l’aria era meno fredda del solito, la tranquillità del cielo era disturbata dalle decine di aerei del Campo durante l’orario di addestramento. E quel giorno, Danny fece uno dei suoi atterraggi migliori.
Billy, sfoggiando un gran sorriso entusiasta, fu il primo a complimentarsi: “Ecco il Re dei piloti!”
Red, dietro di lui, si fece avanti più timidamente: “P-proprio u-un bel att-terraggio, Danny!”
Poi fu la volta di Rafe, che li sorpassò con aria da perfetto gradasso e gli mise un braccio attorno al collo: “Niente male. Sei diventato bravo quasi quanto me.” Ed entrambi scoppiarono a ridere per quello scherzo.
Danny era contento di essere, per una volta, al centro dell’attenzione per la sua bravura di pilota invece che per le sue sventure amorose, e il suo bel sorriso era sincero. Bastò che allungasse lo sguardo sulla pista per cambiare espressione in un lampo. I suoi occhi si posarono su Katherine, in quel momento intenta a scendere dal proprio aereo, i lunghi capelli che si agitavano al vento. Non li legava mai quando pilotava.
Rafe si accorse del suo sguardo, sembrava quasi dire ‘ce la sto mettendo tutta per dimenticare ma non ci riuscirò mai’, così pensò bene di attirare la sua attenzione con una domanda banale: “Ti fa ancora molto male?”
Silenzio ti tomba.
Lui perciò proseguì: “Non sei costretto a parlarle se non te la senti.” Deglutì e aggiunse: “Me lo ha detto lei.”
Solo allora Danny lo degnò di uno sguardo, lanciandogli un’occhiata carica di interesse: “Ti ha parlato di me?”
Rafe abbassò lo sguardo, non sapendo cosa rispondere.
“Rafe, sono passate tre settimane. Ho avuto tempo per pensare e ho preso una decisione. Se ho perso il suo amore è stata solo colpa mia. Non ho saputo averne cura. Ma questo non significa che voglio rinunciare al suo affetto. E tantomeno che non proverò a riconquistarla. Ma per adesso mi accontenterò di essere il suo migliore amico. Come quando eravamo bambini.”
Rafe rialzò lo sguardo su di lui e parlò francamente: “Vorrei che tu riuscissi a darle quell’anello.”
In un solo istante, l’atterraggio e la gloria furono dimenticati.
*
Quella sera stessa, Danny bussò alla porta di Katherine.
Lei uscì dalla stanza, richiudendo velocemente la porta alle proprie spalle. Il suo sguardo era felicemente sorpreso e le labbra sussurrarono il nome di Danny come una parola magica.
Lui invece era visibilmente agitato: “Hey…ciao! Avevo voglia di vederti. E anche di…parlarti. Se sei d’accordo. Di questi tempi ci siamo scambiati a malapena il saluto.”
Katherine si morse un labbro, un po’ imbarazzata: “Sì, ho notato che per te era un enorme sforzo rivolgermi la parola. Non ti ho cercato perché temevo di peggiorare le cose.”
Danny si portò una mano tra i capelli: “Non avresti potuto peggiorarle di più, credimi. Comunque, sì, insomma, sono qui per parlarti.”
“Va bene. Ti ascolto.”
“Ehm… Preferirei entrare nella tua stanza. Sai, è una cosa un po’ riservata.”
Katherine strinse il pomello della porta fra le mani, dietro di sé: “Forse è meglio se parliamo un’altra volta.”
Danny la squadrò severamente, come accorgendosi all’improvviso che lei indossava solo una camicia color crema di almeno due taglie più grande e le sue lunghe gambe nude sembravano stringersi contro il freddo del corridoio.
La fulminò ad occhi stretti e sussurrò: “Lui.” Poi puntò il dito verso la porta e alzò la voce: “E’ lì dentro vero?”
Katherine cercò di calmarlo: “Danny, per favore. Non è il caso di fare scenate qui.”
“Non sto facendo scenate!”  Questa volta aveva gridato così forte che si ritrovò senza fiato. Aveva ragione lei. Sospirò rassegnato: “E’ meglio che me ne vada. Scusami.”
Si voltò per andarsene, ma si bloccò quando lei disse: “Mi manchi.”
Continuando a darle di spalle, lui disse in tono nostalgico: “Ricordi quando io venni qui al Campo ma tu dovesti rimanere a casa perché eri troppo giovane?”
Lei deglutì per scacciare quel nodo alla gola: “Sì.”
“Io ti telefonavo tutte le sere e parlavamo per ore, tanto che una volta fui rimproverato. Ricordi?”
“Sì.”
“E ogni sera, nonostante tutte le risate, le promesse e le parole dolci, quando arrivava il momento di riattaccare tu piangevi, perché dicevi che ti mancavo.”
“Sì.” Katherine rispose anche se non era una domanda.
“A quei tempi ti mancavo davvero. Ti mancavo a tal punto che non potevi trattenere le lacrime al pensiero di non sentirmi fino al giorno dopo. Adesso invece non piangi più.”
Lei disse senza fiato: “Non è vero.” Cercò in ogni modo di trattenere le lacrime, non voleva scoppiare a piangere proprio in quel momento.
Danny se ne andò senza voltarsi, lasciandola sola in quel freddo corridoio. Katherine aveva una gran voglia di seguirlo, di raggiungerlo e tirargli uno schiaffo. E di baciarlo. E di dirgli che lo amava. E di chiedere perdono. Ma non poteva. Si asciugò gli occhi con la manica della camicia e rientrò nella stanza. Si tolse la camicia, restando così completamente nuda, e si infilò sotto le coperte dove Doolittle la stava aspettando.
Lui le cinse il girovita con un braccio: “Ti ama davvero molto.”
Lei cercò di rispondere con distacco: “Credo di sì.”
Ovviamente lui si era accorto che qualcosa non andava, perciò gli venne spontaneo sorridere e animare il momento: “Sai, non ho ancora capito perché hai lasciato un ragazzo così innamorato per metterti con un vecchio come me!”
La tattica funzionò, visto che lei emise una risatina: “Tu non sei vecchio! Non hai nemmeno l’età per essere mio padre!”
Nella mente di Doolittle riaffiorarono tutti gli incontri con l’insegnante di calcolo matematico. Quella materia non era certo il punto di forza di quella ragazza! Però lui aveva sempre chiuso un occhio: “Non so quanti anni abbia tuo padre, ma ti assicuro che io ho l’età per esserlo. Ne ho quarantaquattro.”
Katherine lo zittì con un bacio. Non aveva proprio voglia di fare di conto, in quel momento.
Gli lanciò un’occhiata maliziosa: “Ho freddo. Aiutami a scaldarmi.”
Doolittle, seppur eccellente uomo d’armi, era pur sempre un uomo, perciò accettò l’invito senza pensarci due volte.
  
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