Passano interminabili secondi e Kieren non sente nulla. Sa che la mano sinistra di Simon si trova sulla sua spalla solo perché la scorge con la coda dell’occhio, ma non ne avverte il tocco sulla pelle, e probabilmente è giusto così. E’ morto, non ha il diritto di sentire un bel niente.
Poi, di botto, un’esplosione atomica di sensazioni. Le dita di Simon che tremano un po’ e muovono quasi impercettibilmente la stoffa della maglietta, la cucitura grossolana del rammendo sul calzino destro che preme sull’alluce e lo graffia, la pressione degli anfibi allacciati troppo stretti, il fastidio dell’etichetta della felpa contro il collo. E Simon. Simon, Simon, Simon.