1:
Claire de Lune
Giovedì
12/02/09
06.16
Claire
de lune, suona questa mattina mentre il cielo scuro gonfio della pioggia
notturna fa ancora fatica ad animarsi. Ma il protagonista di questa storia ama alzarsi
presto, cullando l’intero vicinato in un risveglio placidamente accompagnato da
una colonna sonora pressoché sempre triste se non in rare occasioni allegra e/o
meno deprimente. Fuma la sua Marlboro rossa senza alle spalle né caffè, né
alcuna colazione, e la nuvola di fumo serpeggia un po’ per tutto il salotto
mentre lo sguardo si posa sulla finestra di fronte a se. Sui palazzi che s’animano e piano prendono a
brulicare di tutti i lavoratori. Sulle panchine fredde toccate dalla rugiada
del mattino, che riesce a farsi strada pure in una metropoli grande come
quella.
“Sanzo..?” La voce assonnata ed impastata del suo
coinquilino lo risveglia dal torpore che spesso lo coglie la sonata mattutina.
E si volta sbattendo un paio di volte le palpebre ma senza interrompere Claire
de lune. Le dita lunghe ed affusolate conoscono quella melodia a menadito,
saprebbero continuarla all’infinito senza stancarsi mai.
“E’ presto, torna a letto..” Lo comanda col tono di voce inflessibile ma
fiaccamente dolce. La sigaretta rimane penzoloni tra le labbra sottili e appena
arrossate dal freddo. Aspira con veemenza e poi rigetta via il fumo dalle
narici, come fosse un drago. O un vulcano pronto per l’eruzione.
“… No, ho un esame sta mattina.. faccio il caffè, ne vuoi..?” Domanda il
coinquilino grattandosi distratto la fronte mentre con l’altra mano rovista un
po’ tra le carte sparse sul tavolo cercando qualche elastico per legare i
capelli rossi e lunghi. Sanzo annuisce chiudendo gli
occhi e tornando a fissare il paesaggio urbano. Soffermandosi su qualche
spazzino sonnacchioso. Rimirando le pozzanghere tra le buche dell’asfalto. Un
cane orina contro la ruota di una macchina. La notte è stata tempestosa ma la
giornata si prospetta serena. E mentre distende il mignolo per acchiappare una
delle ultime note, aspira ancora una volta, sollevando la mano sinistra che ha
concluso gli accordi, e con essa regge la sigaretta mollemente. Sbuffa via il
fumo dalle labbra e la destra conclude diligentemente la melodia. Le orecchie
ascoltano i rumori della casa. Gojyo che si premura
di preparare il caffè. Ed al che, il nostro protagonista s’alza dallo sgabello
davanti il pianoforte. La mano ora libera, si muove portando indietro i capelli
biondi ed i piedi nudi accedono sulla moquette raggiungendo la cucina. Un
occhiata sciatta al lavandino ancora mezzo pieno delle stoviglie sporche della
sera prima.
“Che esame hai?” Domanda il biondo appoggiando il posteriore sul bordo del
tavolo ed armeggiando con la sigaretta che sembra sulla via della morte ormai.
“Diritto tributario.” Risponde l’altro arricciando
il naso. “.. La professoressa è uno schianto da paura.. ed ha un debole per i
giovani intriganti come me, mi ha promesso un ingente voto per una bottarella
da due soldi..” Ridacchia premendo il tastino della macchinetta che prende a
riversare il caffè Americano dentro la caraffa di vetro.
“Ha un debole per gli idioti come te?” Inarca un sopracciglio Sanzo, accennando pure un sorrisetto sghembo sul volto
pallido e smunto. Una peluria ispida si mostra sul mento e sulla mascella. Il
rosso si volta sventolando una mano all’aria come per scacciare via le battute
mattiniere dell’amico.
“Tutta invidia..” Si fa vanto gonfiando il petto, l’altro. “.. Tu hai lavoro
pure oggi?” Domanda poggiando una mano su di un fianco e scrutando il volto del
biondo.
“Già” Risponde conciso spegnendo la sigaretta nel primo posacenere beccato lì a
vagare sul tavolo.
“.. ma oggi non è la tua settimana di riposo?” Domanda ancora Gojyo ed il pianista afferra due tazze dalla credenza
avvicinandosi subito dopo alla macchinetta, bramoso di bere il suo meritato
caffè.
“Si, ma abbiamo avuto alcuni problemi amministrativi, per cui abbiamo collegio
dei docenti un giorno si, e l’altro pure..” Spiega versando il liquido nero ed
amaro, da zuccherare per il rosso, dentro le due tazze di porcellana color
panna. Il tempo dell’azione, prima di scappare verso l’uscita della cucina. Ma
è la voce impensierita del commercialista che lo ferma sulla soglia. “Sanzo..” Pronuncia. “.. tutto bene?” Ma non sembra essere
esattamente una domanda. Sembra quasi che la sua sia un affermazione, timorosa
d’avere una risposta negativa.
Il coinquilino più grande si ferma e si volta. Accenna un sorriso fintamente
mefistofelico ed annuisce. “È solo la pioggia. Sto bene..” Si congeda così, con
un alzata di spalle prima di ritirarsi nella propria stanza, lasciando la porta
aperta.
07.05
La mano gira tra i canali dell’auto radio, prima di posarsi sul cambio
inserendo la seconda, ancora imbottigliato nel traffico. E dire che nemmeno
mezzora prima la città sembrava dormire per sempre. <Scorpione.> L’oroscopo fa capolino tra le varie voci gracchianti
della radio, e Sanzo aggrotta le sopracciglia
piacevolmente divertito.
<Un’intensa attività e
compiti che richiedono la massima precisione sembrano sopraffarvi, ma devi
resistere. Sono infatti necessari a mantenere il tuo stile di vita e ad
assicurarti il successo futuro. La Luna ti illumina con la voglia di spazi e di
nuove esperienze. Perché non organizzi per il fine settimana un viaggio alla
scoperta di una città d’arte? Potrebbe venirne fuori un’esperienza
interessante.>
“Certo..” Esclama scuotendo la testa, puntando gli occhi contro lo specchietto
retrovisore. “.. e a lavoro ci vai tu, al posto mio?” Domanda alla trasmissione
radiofonica tornando a mettere la prima arrivato al semaforo. È rosso. E l’occhio torna a guardare il mondo. A
partire della donna che sta nella macchina accanto la sua, che ingoia un
tubetto di Yogurt al volo. Indossa un tailleur nero con gonna corta. Un cappotto
pesante, ed una sciarpa intorno al collo che le stringe i capelli biondo
cenere. La donna si volta a guardarlo, e
convinta che il suo interesse per lei sia di tipo sessuale, prima arrossisce e
poi toglie di mezzo il tubetto di Yogurt. Il pianista sbuffa e guarda altrove
mentre cerca nel sedile accanto la tasca della sua ventiquattrore per
raccattare il suo pacchetto di sigarette. Ne sfila una, bianca e morbida che
porta alle labbra sottili. Il semaforo è verde. Accelera e subito dopo
inserisce la seconda, ma la mano si stacca dal cambio, per afferrare lo zippo
nascosto nella tasca accanto a quella delle sigarette. Uno scatto e la fiamma
brucia e corrode la punta del tabacco lasciando volare vie corde di fumo.
Aspira. Lascia che il catrame entri dentro i suoi polmoni beandosi
dell’ossigeno che li corrode. Poi lo rigetta via da uno spiraglio della bocca
tesa. Abbassa il finestrino e la cenere cade per strada. La mano si fionda un
attimo sul cambio ad aggiungere la terza e la macchina vola tra le altre
scivolando sull’asfalto pulito proprio da quegli spazzini assonnati visti al
mattino. Svolta a sinistra, corre ancora per una via lunga e larga, circa due
corsie per senso. Poi la freccia lampeggia per un ennesima svolta verso
sinistra, e la macchina con distinzione prenda la via. Raggiunge scuola in
circa venti minuti tutte le mattine. Presentandosi sempre puntuale e composto.
Indossando il suo pezzo con giacca e cravatta. Parcheggia in una strada
parallela e finalmente scende dall’auto che lo accompagna ogni giorno. Supera
il cancello d’ingresso ed esamina un gruppo di ragazzi arrivato presto quanto
lui. Voci vaghe e volti che non ricorda lo salutano gentilmente, ma lui non
ascolta per davvero. La sigaretta scivola sul terreno, e la punta della scarpa
lucida la pesta uccidendola. Schiacciandola. Un attimo e si è spenta per sempre
mentre le labbra s’umettano per assaporare il sapore del tabacco dolce.
07.02
Osservo Sanzo andare via dalla finestrella del bagno,
mentre continuo a sciabordare lo spazzolino tra i denti. Mi sono espresso male.
Non è che lui stia uscendo dalla finestra del bagno. Sono che io che guardo
attraverso il vetro e seguo, sin dove posso, la Maserati quattro porte
sfrecciare nel traffico. Come faccia un professore Liceale avere una macchina
simile ancora me lo chiedo. Vero è che forse quella è stata la sua più grande
spesa. Per il resto dividiamo l’affitto, la spesa, a poco il cesso se non ci
fossero due bagni. Sputo il dentifricio in eccesso ed esco di lì per
raggiungere la mia stanza. Apro l’anta del mio armadio e deglutisco. Ecco,
forse avrei dovuto chiedere al mio coinquilino un consiglio su cosa diavolo
mettermi. Non so mai come presentarmi durante un esame. Certo è che, se sia ha
studiato, poco conta. Ma in questo caso, appunto, io non ho studiato un fico
secco. La professoressa ed io abbiamo avuto una veloce scappatella in cui ha
promesso, tra un gemito e l’altro, d’interrogarmi soltanto su due argomenti ben
definiti e delineati tra una spinta e l’altra. Soltanto che, se vado troppo scialbo,
sembrerà che non me ne freghi nulla, ma pure se vado compito sembrerà che
voglio farle una dichiarazione d’amore. Sospiro. Me tapino. Vediamo di unire le
due cose. Un jeans, scarpe sportive ma non da tennis, una camicia ed un
maglioncino a righe sopra. Si dai, sono un gran figo.
Mi guardo allo specchio e vedo appeso alla maniglia della porta il mio elastico
nero, che prendo ed utilizzo per legarmi i capelli in una coda.
Prendo le chiavi di casa, la borsa a tracolla, la
giacca e la sciarpa caduta dietro il divanetto all’ingresso. Esco di casa che
sono circa le sette e venti, ma l’università è qui dietro ed io giro con il mio
mezzo di trasporto. Non è esattamente una Maserati, che tra l’altro Sanzo non mi ha mai - e sottolineo mai - lasciato guidare, ma
una vespa di cui vado fiero. Comprata su Ebay poco
tempo fa, e spedita direttamente dall’Italia da un ragazzo che l’ha
praticamente svenduta. Io la tratto come fosse nuova. Anche perché in effetti è
arrivata in condizioni impeccabili. Qualche problema, quando c’è troppo freddo,
nell’accensione. Ma questo è niente, per il resto si presenta blu scuro lucido
e fiammante. Specchietti metallizzati splendenti. E una tenuta su strada da
fare invidia a quella Maserati. Alzo la saracinesca del garage ed osservo Autunno
dormire sul sedile della mia Vespa. Arriccio il naso ma sorrido divertito.
“Ciao,
Autunno.. ” Saluto il gattone tigrato, marrone, che ricambia il mio buongiorno
con un miagolio rauco ed addormentato. Mentre tolgo la catena dalla ruota il micione sbadiglia, s’alza sulle zampe ed incurva tutta la
schiena. Le orecchiette tirate e continua i suoi esercizi mattutini per
svegliarsi mentre adocchio in angolo che accanto il posto macchina del mio
coinquilino, sta un piattino con del cibo per gatti. Rido di gusto da solo,
come uno scemo. Quel biondino tanto scontroso a volte sa essere molto più buono
e magnanimo di quel che si creda. E dire che dovrebbe essere allergico ai
gatti. Poco male.
“Su, Autunno, vai a giocare con la tua padroncina.. ti prometto che se l’esame
va bene ti porto qualcosa di buono da mangiare!” Annuncio al gatto, il quale
sembra aver capito, perché miagola in risposta e scende dalla mia vettura.
Questo essere tanto grasso quanto coccolone, vive qui da sempre, che io sappia.
E’ il gatto della figlia del portiere. I suoi genitori sono entrambi allergici,
così lei lo tiene lì ed il felino non sembra protestare. In fondo ha tanto
spazio per se, quando vuole può uscire, ma è tanto pigro che gli basta avere la
sua cuccetta colorata ed un buon pasto mattina e pomeriggio. Sono già le sette
e mezza quando guido il mio veicolo nel freddo del mattino. Snodo le ruote
sull’asfalto, punto il clacson contro una signora che vuole praticamente
uccidermi ed in meno di dieci minuti sono all’università.
Parcheggio il mio veicolo insieme a tanti altri prima di andare a leggere la
lista. Sono il decimo del secondo turno. Speriamo si faccia in fretta. Oggi è
pure il mio turno di spesa.
09.24
Siamo qui dalle sette e mezza del mattino, ed i colleghi non fanno altro che
discutere, mentre il mio mal di testa comincia a diventare di dimensioni
gigantesche. Quanto vorrei essere in un altro posto. In un altro mondo.
Preferire essere in guerra in Iraq piuttosto che qui, tra queste quattro mura
ad ascoltare i discorsi stupidi e prevalentemente idioti dei miei colleghi. E
non mi azzardo nemmeno a dire la mia. Se aprissi bocca, probabile ch arriverei
a dire cose tanto brutte e velenose da ucciderli. Per cui me ne rimango in un
angolo del tavolo a scrivere il verbale. Ecco perché mi offro sempre io per
scriverlo. Per non dovere davvero ascoltarli, ma trascrivere i discorsi.
Al tavolo, oggi, ci sono proprio tutti.
La preside della scuola. Kanzeon
Bosatsu. Una donna formosa e succinta, nel modo di
vestire, quanto nel modo di parlare. Ogni volta che apre bocca sembra volerti
stuprare. Come una sirena, invita le sue prede nell’ufficio privato all’ultimo
piano, e poi le divora o le annega lentamente, con dolcezza. Mostrando il suo
reggiseno blu di pizzo, con abbinato il tanga vertiginoso. Non che lo sappia,
perché abbia mai fatto chissà che con questa donna, lo so perché indossa certe
gonne o certe camice, che sono una presa un giro. Basta qualsiasi movimento per
mostrare al mondo i suoi infiniti completi dai più svariati colori e dalle
molteplici forme.
Accanto a lei, il professore di matematica con cui mi
trovo meglio e con cui si può parlare senza che il discorso finisca su partite
di calcio o chissà che. Cho Hakkai.
Un uomo umile e gentile. A dire il vero ho sempre avuto la sensazione che fosse
una specie di maschera la sua. Non si scompone mai. Ha sempre un comportamento
impeccabile, e alle riunioni come queste, è l’unico forse che dice qualcosa di
sensato, anche se, sappiamo entrambi, le rigira sempre in modo tale da fare
contento i suoi colleghi. Sorrido beffardo tra me, quando lui mi osserva,
notando come il mio sguardo oggi sia più calmo rispetto agli altri giorni,
sebbene però la mia voglia di ucciderli tutti rimanga la stessa.
Frugo nella mia ventiquattrore raccattando il flaconcino di antidepressivi
prescritti dal mio medico. Un uomo vecchio e simpatico. Forse ormai con qualche
rotella fuori posto, ma non importa, basta che mi passi le caramelle giuste.
Ingollo una pillola senza nemmeno acqua, con movimenti riservati, ma loro sono
tanto presi dal parlare che potrei anche mettermi a ballare nudo sulla sedia e
non se ne accorgerebbero.
La
riunione si conclude circa mezzora dopo, quando ormai è troppo tardi per andare
a pagare alle poste, e troppo presto persino per tornare a casa.
“Sanzo.” La voce quieta di Hakkai
mi ferma sulla soia dell’aula. Usciamo per ultimi, lui addosso il cappotto ed
io, il mio, lo tengo su di un braccio.
“Non era la tua settimana di riposo questa?” Mi domanda aggrottando appena le
sopracciglia ma sorridendo gentile. Ma perché tutti sembrano interessarsi alla
mia settimana di riposo? Da un occhiata all’orologio da polso e poi accenna al
corridoio, come invitandomi ad uscire dalla classe.
“Si ma, per il collegio dei docenti vogliono tutti..” Faccio spallucce
inarcando un sopracciglio mentre la campanella suona ed i ragazzi cominciano a
serpeggiare per le classi. Io scanso un
ragazzino che corre inseguito da un compagno. “Ehi, vedete di non combinare
casino..!” Gli urlo dietro e loro ridono e si scusano. Poi spariscono dietro un
angolo.
“Hai da fare adesso?” Mi domanda il collega il di matematica, avanzando.
“No, perché?” Intanto io cerco le sigarette, che sembrano sparite nelle
molteplici carte da lavoro.
“Ti va di bere un caffè? C’è un posto qui vicino dove lo fanno discretamente
buono …” Lo osservo per una manciata di secondi e poi annuisco. “Si, mi va.”
Raggiungiamo
la piccola tavola calda dietro scuola dove vanno alcuni studenti a volte,
quando dimenticano il pranzo. E un posto discretamente tranquillo. Nessuno che
rompe le scatole. Difficilmente trovi la tipica mamma con insieme il bambino
che non smette di piangere, sarà per questo che ad Hakkai
rilassa tanto. Hanno pure un piccolo mangia dischi che alternano con musiche
degli ELP o dei Pink Floyd. Ci sediamo in un tavolo in fondo alla saletta e
ordiniamo due caffè. Lui con latte, io amaro nero.
“Sono passato l’altro ieri da casa tua, per lasciarti alcune pratiche, Gojyo mi ha detto che stavi poco bene..”
Gojyo è un impiccione. Su questo non ci piove. E
s’impiccia anche male degli affari miei, visto che non stavo affatto male. Ma
taglio corto. Non mi va nemmeno di pensarci a cosa rispondere.
“Si, mi ha fatto avere le pratiche.. grazie per averle portate, anzi scusa il
disturbo..”
Hakkai rimane un tantino interdetto ma sorride di
rimando ed annuisce appena mentre con un dito delinea sul tavolo forme
inesistenti. Non abbiamo ancora tanta confidenza. Anche perché lui è stato
trasferito nella scuola da poco, ma sa per certo, come lo so io, che tra
qualche tempo forse riusciremo ad avere una conversazione decente senza troppi
silenzi nel tentativo di trovare qualcosa da dire. Essere colleghi è difficile.
“E Goku come sta?” Domando di punto in bianco. “Sta seguendo le lezioni più o
meno facilmente?” Goku è suo fratello minore. Segue il terzo anno di Liceo, ma
trovatosi in difficoltà Hakkai è venuto a chiedermi
di dargli qualche lezione privata di Italiano e Storia. Non è un ragazzo
stupido, è soltanto molto pigro.
“Ti ringrazia per averlo aiutato, anzi si scusa del disturbo..” Mi prende in
giro lui con un sorrisetto divertito sul volto ed io sbuffo, schioccando la
lingua.
“Stronzo..” Mormoro scorbutico, ma di rimando il mio collega continua a
ridacchiare sommessamente. E basta quel poco a sciogliere un po’ il ghiaccio.
“Goku sta bene, anzi … voleva chiamarti per decidere la prossima lezione, visto
il tuo periodo di malattia..” Mi spiega mentre la cameriera porta da noi le
ordinazioni. Ad ognuno il proprio e torna dietro il bancone.
“Digli che può venire quando vuole.. li conosce i miei orari..”
12.00
Non ci credo ancora che ho finito. Una mattina ad aspettare per un
interrogazione che sapevo sarebbe finita bene. Sbuffo calciando via una lattina
di acqua frizzante mentre delle ragazze mi salutano come fossero in calore.
Guardo l’orologio, ho solo un oretta per fare la spesa ma dovrebbe bastarmi.
Salgo sulla sella della mia vespa ed esco dal casolare dell’università
abbastanza velocemente. Casa nostra è ben piazzata. L’università e la scuola in
cui insegna Sanzo sono vicine, abbiamo un minimarket
davanti il palazzo, un o due negozi di vestiario, una piccolo centro per
noleggiare film, una tavola calda accanto il minimarket, una cartoleria.
Insomma c’è tutto a portata di pochi passi. Per cui poso il veicolo dentro il
garage, dove adesso Autunno dorme beato sulla Maserati del mio coinquilino.
Strano che sia già tornato, ma poco male. Attraverso la strada ed entro nel
market con la mia lista “di sempre”. In pratica ho segnato in un agendina tutto
quello che teniamo in casa come viveri. Così ogni volta non ho bisogno di
scrivere quello che manca. Anche perché non siamo esattamente due tipi voraci.
Anzi, Sanzo mangia a malapena a tutti i pasti. Io
qualcuno lo salto a causa dell’università o della palestra. Ah si, c’è pure quella
dietro casa.
Per cui prendo con me una scorta di tutto, non si sa mai che non arrivi Goku.
Quella cosina così bassa riesce a divorare davvero di tutto. Fa paura di quanto
mangia.
Per cui varie merendine per la colazione, caffè. Uova, pasta, quale cibo
precotto. Qualche patatina per le mie strane voglie che mi prendono alla
sprovvista. Ed esco dal minimarket vittorioso, e senza che me ne accorge è
quasi l’una. Giusto in tempo per il pranzo. Salgo le scale, tanto viviamo al
primo piano. Apro la porta di casa e la risata tranquilla di Hakkai m’investe. Inarco le sopracciglia mentre chiudo la
porta dietro di me e seguo la voce sino a raggiungere il salotto. Sanzo ed il suo collega conversano tranquillamente. Quale
miracolo?
“Oh, ciao Gojyo!” Mi saluta allegro il docente di
matematica, con tra le mani un bicchiere di Rum. E’ un po’ presto per bere ma i
‘grandi’ sono loro, no? Per cui che li si lasci fare. Il biondino qui si gira a
guardare e mi lancia un cenno del capo a mò di
saluto. Da uomo a uomo.
“Ciao, oggi avete marinato la scuola?” Li prendo in giro ed il moro, ridacchia
tranquillo facendo spallucce.
“Più o meno.”
Il pianista sbuffa una risata soffocata. Non sia mai che qualcuno lo veda
ridere eh?
“Vuoi rimanere a pranzo? Ho fatto la spesa giusto adesso..” Lo invito educato e
noto Hakkai lanciare uno sguardo al collega, come a
chiedere la sua approvazione. Sanzo fa spallucce, si
alza in piedi e cerca le sigaretta nel cassetto del mobile che sorregge il
televisore.
“Goku esce da scuola tra poco no? Chiamalo e digli di venire qui.. così vediamo
se ha studiato o meno..” Si finge duro ed io ed Hakkai
ci guardiamo placidamente orgogliosi del morale alto del biondo. Per cui
ridendo io mi rifugio in cucina.
“Pure quella scimmia?! Significa che questo pomeriggio dovrò rifare la spesa!”
Urlo, ma continuo a ridere di gusto. Era una settimana che mangiavo da solo, ad
ascoltare quello stramaledetto piano suonare a causa della pioggia. Per una
volta ascolterò le urla di una scimmia.
Continua
…
Diciamo che se mi ero sempre buttata su fanfic di FMA ora tento con quelle di saiyuki,
perché ascoltando proprio questa canzone mi è venuta in mente una storiella,
che spero gradirete. Diciamo che tutta è incentrata su Sanzo,
perché leggendo qua e là mi sono resa conto che viene sempre dipinto, si
scorbutico, ma esageratamente. Io me lo immagino più come un timidone, ed uno molto lunatico, tutto qui.
Per cui spero la storia vi piaccia. :)
Un bacio ed alla prossima.
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