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Autore: ThisisAlice    19/12/2015    5 recensioni
Jamie. Michael.
Un'alunna e un professore. Un amore proibito, vietato, ostacolato.
Due destini che si uniscono, due strade che si incontrano.
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Genere: Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Nuovo personaggio
Note: Lemon | Avvertimenti: nessuno
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Cinque.


 


Mi sveglio di soprassalto, allarmata e incredula. Era davvero tutto un sogno? Da quando in qua sogno un mio professore? Che per di più mi bacia? Mi sembrava troppo bello per essere vero, l'avrei dovuto capire subito.. a scuola non può esserci una giornata non pesante e un cibo mangiabile. Ma più che altro, a scuola non può e non deve esserci un rapporto del genere tra un insegnate e una sua alunna. È contro le regole, lo dicono e lo sanno tutti.
E allora per quale diavolo di motivo me lo sono sognata? Provo davvero qualcosa per il mio professore di algebra? Lo dice la parola stessa, professore: sbagliato, errore.
Decido di non pensarci, o almeno provarci. Mi alzo dal mio letto, dove ieri sera mi sono trascinata appena arrivato papà. Ora mi ricordo, l'ho aspettato alzata fino a mezzanotte. Non c'è stato nessun risveglio sul divano, nessuna coperta, niente di tutto ciò. Mmi sono immaginata tutto e devo scordarmene al più presto.
Osservo le occhiaie che mi segnano il viso, con disgusto. Non è possibile che ogni mattina debba usare tre kg di correttore per cercare di non sembrare uno zombie. Il mio riflesso allo specchio assomiglia tanto ad uno di loro, solo ancora un po' scombussolato per ciò che ho sognato questa notte. Forse una doccia mi farà bene.
Appena sento il getto d'acqua sfiorarmi la pelle, mi rilasso subito e quando esco mi sembra di essere rinata. Tuttavia non ho proprio voglia di andare a scuola, né tanto meno fare ripetizioni con lui. Non so con che coraggio io potrei riuscire a guardarlo negli occhi, non dopo quel sogno almeno.
Sospiro, indecisa sul da farsi, mentre vado verso la cucina dove mi aspetta mio padre.
«Ciao piccola» mi saluta, con il suo solito sorrisone. Mi è mancato. Davvero davvero tanto. Corro verso di lui, sentendo gli angoli delle labbra allungarsi sempre di più. Amo l'effetto che mi fa, è la persona della mia vita, quella senza cui non riuscirei a stare.
Lo abbraccio, come se ne dipendesse la mia vita. Lo abbraccio, cercando quella tranquillità che solo lui riesce a darmi. Lo abbraccio, perchè solo con lui riesco ad essere dolce, affettuosa. Lo abbraccio, perchè mi è semplicemente mancato e perchè gli voglio bene. Perchè è mio padre.
«Ciao papi» sussurro sulla sua spalla, continuando a tenerlo stretto.
Dopo essermi staccata, mi sistemo meglio sulla sedia e lo osservo mentre prepara la nostra solita colazione. Mi ritrovo a pensare a quanto poco ci assomigliamo fisicamente ma a quanto siamo uguali caratterialmente. È per questo che sono così legata a lui.
«E' successo qualcosa?» mi chiede, quando mi porge il mio cappuccino.
Scuoto la testa, mentre mangio un cornetto. «Vorrei solo stare a casa, oggi, però» dico, sperando che colga il significato della mia frase. Pare di sì, visto che sorride divertito, iniziando a fare battutine. Ma nonostante ciò, mi abbona l'assenza a scuola, cosa che mi fa correre verso di lui e riempirlo di baci per ringraziarlo, sentendolo ridere allegro.
Dopo averlo torturato abbastanza, mi rendo conto che lui se ne deve andare a lavorare, così lo saluto e torno in camera.
Afferro il telefono, per avvertire Kate della mia assenza. Ne approfitto per scrivere anche a Jacob che oggi non sarò a scuola. Mentre la prima, mi si lamenta -scherzando- per averla lasciata sola, il secondo è più che felice di sentirselo dire, visto che aveva intenzione di saltare le lezioni anche lui. Decidiamo perciò di andare al mare: io per schiarirmi le idee, lui solo per farmi compagnia. E gli sono grata, davvero tanto.
Dopo poco più di una mezz'ora ricevo un messaggio dal mio compagno di viaggio, che mi avverte di essere pronto. Passo così a prenderlo per dirigerci verso Brighton, dove passiamo la maggior parte delle nostre vacanze.
«Come mai la nostra signorina Jamie non è andata a scuola questa mattina?» mi chiede, indagatore, Jake mentre si accomoda sul sedile, prendendo la cintura.
«E tu? » gli chiedo io, cercando di sviare la risposta. Il fatto è che non conosco neanche io il motivo per cui ho deciso di saltarla, ma so solo che dopo il sogno di stanotte non avrei potuto stare nella stessa stanza con lui. Non oggi, almeno.
«J, ci conosciamo da troppo» mi ammonisce il mio amico «so quando vuoi evitare di rispondere» ci tiene a precisare.
Mentire a Jacob è una delle cose che odio di più al mondo, ma sta volta non saprà quello che mi passa per la testa. Non mi sento pronta a dirlo e poi lui arriverebbe a conclusioni assurde, alle quali io non voglio neanche pensare. In più, raccontarlo ad altre persone vorrebbe dire che devo ammettere di pensare a lui a volte, anche se inconsciamente.
Perciò raccolgo tutte le mie doti di bugiarda che ho e gli rispondo nel modo più convincente possibile «Bho, non avevo dormito bene questa notte e poi papà mi ha detto che andava bene se saltavo scuola» spiego, con con voce ovvia «E chi sono io per andare contro il volere del grande capo? Tu invece?» aggiungo ironica. Spero che se la beva e smetta di farmi domande.
«Io non sapevo niente di letteratura» dice, grattandosi la nuca.
«Chissà come mai» lo prendo in giro io, scuotendo la testa. Jake la odia, così come odia la signorina Mejer. Come dargli torto!
Ora che la conversazione si è spostata su di lui, posso finalmente tirare un sospiro di sollievo. Il viaggio infatti, prosegue senza più accenni al motivo per cui non sono andata a scuola. Dopo poco più di un'ora siamo finalmente arrivati a Brighton, dove, per nostra grande fortuna, troviamo un clima abbastanza caldo per essere novembre.
Appena scendo dalla macchina, ispiro l'aria marittima. Quanto mi è mancato questo posto. Amo il mare, l'ho sempre amato fin da quando ero bambina. Sia d'estate che d'inverno. Mi piace stare seduta in spiaggia ad osservare le onde che incontrano la riva, osservare la calma che c'è qui, la pace.
Ed è proprio quello che stiamo facendo io e Jake in questo momento. Stiamo seduti sui resti di una barca di legno, vicino alla riva. In silenzio, in pace.
«A che pensi?» domanda lui, interrompendo solo per un momento questo clima di tranquillità che si è stabilito.
«Che dovremmo venire qui più spesso» gli rispondo, senza smettere di guardare dritta davanti a me. Lo vedo annuire, con la coda dell'occhio «Tu a che pensi?» gli pongo il suo stesso quesito.
«Che è bello qui» spiega, sorridendo appena «E che forse dovrei avvertire mia madre che oggi pomeriggio non ci sono» continua.
Merda, devo avvertire Michael, cioè il professore di algebra, il mio professore di algebra che oggi non potremo fare lezione. Sospiro, non appena vedo il mio amico allontanarsi per chiamare Lauren, sua madre. Tiro fuori dalla mia borsa il telefono e inizio a digitare, indecisa su quello che scrivere.
Scusami ma oggi dovremo rimandare le ripetizioni, mi dispiace
Messaggio inviato. Perfetto. Ora basta aspettare la sua risposta e sperare che non mi chieda niente sul motivo per il quale io abbia deciso di non vederci più. Per studiare, ovvio.
Un suono interrompe i miei pensieri, mi ha risposto immediatamente e ho un'incredibile e immotivata paura nel leggere la sua risposta.
Tranquilla, va tutto bene? Non ti ho vista a scuola stamattina..
Leggo velocemente. Oh Michael.. se solo tu sapessi quello che mi passa per la testa. Sto bene? Si, sono un po' confusa ma va bene così. Ho solo bisogno di stare sola e schiarirmi le idee, nonostante io sappia benissimo che domani dovrò tornare a scuola e rivederlo.
Si, ero solo un po' stanca. Avevo bisogno di una giornata di relax :)
Digito. Potrebbe prenderla per buona, infondo è la verità, seppur in piccola parte. In più, volevo seriamente di un po' di riposo e oggi sembrava il giorno perfetto.
Meglio così :)
Leggo il messaggio di Michael. Non credo di rispondergli, sia perchè non ho idea di cosa scrivergli, sia perchè Jake è tornato e credo che vedere la sua migliore amica chattare con un suo professore non sia proprio il massimo. Riprendiamo le posizioni originali e continuiamo a fissare l'orizzonte.
«Che ti ha detto Lory?» chiedo riferendomi alla chiamata che ha fatto per avvisare sua madre.
«Devo tornare appena dopo pranzo» mi spiega, per poi aggiungere senza neanche farmi parlare «Non c'è bisogno che torni con me, c'è Greg nei paraggi».
Annuisco, sorridendo «Lo sai che potrei benissimo tornare a Londra con te» gli dico, come se fosse la cosa più scontata del mondo. È ovvio che rimarrei volentieri qui un altro po', ma è anche ovvio che non lo lascerei mai solo.
«Lo so, ma non voglio disturbarti. L'ho capito che c'è qualcosa che ti turba Jams, anche se non me ne vuoi parlare» mi dice, sorridendomi dolcemente. Bene, e così l'ha capito. Apro la bocca sorpresa, cercando di ribattere in qualche modo, ma vengo bloccata da lui. «Andiamo ci conosciamo da troppo tempo, ho imparato a conoscerti» continua.
Sospiro sconfitta, ormai non ha senso provare a replicare, non con lui perlomeno. Mi conosce, ha ragione. Sono solo stata un po' sciocca a pensare che non se ne sarebbe accorto. Appoggio la testa sulla sua spalla, sentendo subito dopo il suo braccio circondarmi la schiena.


 


 


«Ci vediamo a Londra, allora?» mi chiede Jake scrutandomi per la centesima volta.
«Oh mio Dio Jake, si! Starò solo un altro paio d'ore» sbuffo, non riuscendo però a trattenere un sorriso «Ti prego, portalo via» esclamo ridendo, rivolgendomi al fratello del mio migliore amico. Greg è più grande di Jacob e me di sette anni, anche se ancora dee compiere i suoi tanto attesi ventisei anni. Siccome quando ero bambina passavo la maggior parte del tempo dai signori Kennet, anche Greg è diventato come un fratello. Certo, ho avuto un breve periodo in cui ho avuto una cotta per lui, ma niente di più. Nessuno dei fratelli Kennet ne è a conoscenza e io non ho intenzione di svelare il mio piccolo segreto per nessuna ragione al mondo.
«Ha ragione Jamie, lasciala stare fratellino!» lo richiama quest'ultimo, ricevendo da me un pollice alzato e un'occhiataccia da Jake.
«Zitto tu» lo ammonisce, facendomi ridere divertita. Non la smetteranno mai di battibeccare, mai e poi mai «Tu, invece, chiama quando sei arrivata a casa e.. » dice il mio super-protettivo migliore amico.
«E fai per bene» concludo al suo posto «So già tutto Jakie» dico addolcendo il tono, appena pronuncio il soprannome che gli avevo affibbiato quando eravamo piccoli. Questa frase deve avergli fatto effetto, visto che si decide ad abbracciarmi di slancio e salutarmi.
Muovo la mano a destra e sinistra in aria, mentre vedo la macchina sfrecciare via verso Londra. Ora sono finalmente da sola, non che la presenza di Jake mi infastidisse, anzi. Avevo unicamente bisogno di un po' di tempo per riflettere e starmene per conto mio.
Ritorno verso il ristorante dove siamo stati a pranzo, andando però questa volta non verso la spiaggia ma proseguendo verso il molo. Quello è il mio posto, è dove venivo sempre con mia madre ed era qui che prendevano vita le migliori chiacchierate con lei.
Dopo appena cinque minuti di camminata, con la voce di Dave Grohl dei Foo Fighters nelle orecchie, arrivo alla meta. È come l'ultima volta, solitario, tranquillo, maestoso. Mi sento a casa, è come se la sua essenza fosse racchiusa in questo posto, come se lei fosse ancora qui.
Mi siedo su una dei tanti scogli e inizio a guardare. Mi piace osservare le persone, i paesaggi, gli oggetti. E penso.
Penso a quanto mia madre mi manchi, al bene che voglio a mio padre, a quanto sono fortunata a ad avere amici fantastici come sono loro e sì, anche a Michael e a quel maledetto sogno. Mi rendo conto di quanto tutto ciò sia stupido e insensato, infondo è solo un abbaglio, un'insignificante fantasticheria. Ora, solamente perchè mi sono sognata un bel ragazzo, non posso stare a fare tutte queste scene. Eppure c'è qualcosa dentro di me che mi blocca, che non mi fa essere sicura al cento per cento. Indubbiamente c'è qualcosa che non va in me, anche se non so bene cosa. Se adesso anche un'alunna si invaghisce di un insegnante, andiamo dritti dritti nella merda.
“It's the first time, that I worry of a bad dream” dicono i Blink -182, nelle mie orecchie.
“È la prima volta che sono preoccupato di un incubo”, o meglio di un cattivo sogno. Ed è così, sono spaventata da questo maledetto cattivo sogno.
A fermare lo scorrere dei miei pensieri ci pensa un cucciolo di Golden Retriver, che tutto scodinzolante si piazza vicino a me. Allungo una mano, un po' titubante, provando ad accarezzarlo. È un cucciolo ancora ed è dolcissimo, si sta lasciando coccolare da una perfetta estranea. Mi salta addirittura addosso e inizia a farmi le feste, riuscendo persino a togliermi le cuffiette. Sorrido involontariamente, iniziando a giocare con il cucciolo.
«Dov'è il tuo padrone, piccolo?» chiedo retoricamente a lui, come se fosse in grado di rispondermi.
Mentre continuo ad accarezzarlo, sento un richiamo dapprima più lontano e poi sempre più vicino «Mel! Eccoti, finalmente!» esclama una voce maschile, venendo verso di noi. Ma è..
«Michael!» e «Jamie!» urliamo in perfetta sincronia. Oh mio dio, ditemi che è uno scherzo, che il cane non è suo e che lui non è davvero qui. Il mio professore di algebra, quello da cui sono letteralmente “scappata” oggi, è qui. Esattamente difronte a me.
«Che ci fai tu qui?» mi chiede, poi. Glie l'avrei chiesto io, ma devo ancora riprendermi dallo shock di averlo qui davanti. Quante probabilità c'erano di incontrarsi a Brighton proprio oggi? Una su un milione, eppure eccolo qui davanti a me.
Bene, ora devo rispondergli sembrando più normale possibile «Volevo fare un giro, tu?» dico semplicemente, senza dargli tante spiegazioni. Non voglio che pensi che sia lui motivo per il quale non sono andata scuola, anche se in realtà, il motivo è seriamente lui.
«Siccome avevo il pomeriggio libero» e qui mi ammonisce con lo sguardo, senza però smettere di sorridere «Ho deciso di fare un giretto al mare e ho portato anche Melachi» conclude indicando il cucciolo che sta ancora seduto accanto a me.
Annuisco una volta ascoltate le sue parole e mi risiedo dato che prima ero scattata in piedi come una molla alla sua vista, riprendendo ad accarezzare il cane e puntando lo sguardo verso le onde. Posso sentirlo compiere le mie stesse azioni e sedersi accanto a Melachi, l'unica a dividerci.
«Ti dispiace se sto con te? Mel non sembra volersene andare» dice, indicando con un gesto il cucciolo in mezzo a noi «Le piaci» aggiunge, come se la cosa lo stupisse.
«No, fa pure» dico sincera, facendo brevemente incontrare i nostri occhi quando mi sono girata per osservare il cane. «E' bellissima» esclamo sincera, dando voce ai miei pensieri.
Dopo questo breve scambio di battute, restiamo in silenzio per un po' , respirando l'aria pura, guardando il paesaggio, e di tanto scambiandoci occhiate fugaci sperando che l'una o l'altro non se ne accorgano.
«Eri con Jacob Kennet oggi?» chiede ad un certo punto, lui. Jake? Ma come diavolo.. «Era assente anche lui, so che vi frequentate» finisce prima che possa replicare, sputando fuori quell'ultima frase quasi con tono accusatorio.
«Siamo amici e sì, era con me» tengo a precisare, calcando bene sulla parola 'amici'.
«Solo amici? Andiamo, state sempre insieme» replica lui.
«Sì, solo e solamente amici. Ci conosciamo da più di dieci anni. E poi non ti devo dare spiegazioni..» dico piccata, mi da fastidio che usi questo tono insinuatore con me.
«Uhm..hai ragione, scusa» dice poi lui, dopo averci pensato un attimo su. Annuisco, calmandomi. Non mi piace quando la gente si rivolge a me così ed avendo una carattere che prende fuoco subito, mi sono immediatamente irritata.
«Comunque, come mai eravate qui?» chiede ad un certo punto.
Come faccio a spiegargli che la causa della mia assenza è lui stesso? Come faccio a dirgli che mi sto sentendo a disagio a stare nello stesso posto, da soli? Mi gratto il collo, nervosamente. «Sei imbarazzata» constata, senza che io apra bocca.
«Cosa?» lo guardo interrogativa, sentendo le guance prendere calore.
«Quanto ti gratti il collo, sei in imbarazzo per qualcosa» dice come se fosse la cosa più semplice del mondo. Non mi ero mai resa conto di compiere quest'azione,eppure ora che ci ragiono su, è vero.
«Non sono in imbarazzo» replico, provando a mentire senza risultati, visto che ricevo un'occhiata come a dire 'si, certo come no'. Sospiro, arrendendomi e sentendo le mie labbra incurvarsi in un piccolo sorriso «Mi piace questo posto, avevo voglia di ritornarci» rispondo alla domanda che mi ha posto Michael poco prima.
«È bellissimo, infatti» acconsente lui, annuendo alle mie parole.
Riprendiamo ad osservare il panorama che si erge dinnanzi ai nostri occhi. Siamo seduti tra gli scogli a fissare il confine tra mare e cielo. In autunno, e forse più in inverno, il colore azzurro acceso estivo, che brilla sotto il raggi del sole lascia il posto ad un blu cobalto più cupo, più scuro. Eppure non è mai stato più spettacolare, più maestoso.
Sento Michael muoversi senza però capire quale sia il suo intendo. Poi la musica torna a colpirmi, è The Scientist dei Coldplay. Ho capito cosa stava facendo, ha preso le mie cuffiette, una per me e una per lui, e ora stiamo ascoltando una delle mie canzoni preferite in assoluto.
Restiamo così per non so quanto, probabilmente per più di una mezz'ora visto che i brani continuano a riprodursi uno dopo l'altro. Senza dire niente, senza rovinare la pace che c'è qui, che c'è tra di noi.
«Posso farti una domanda?» chiedo ad un certo punto, senza smettere di guardare avanti. Ricevo il permesso con un 'si' pronunciato dal ragazzo accanto a me «Non è strano tutto questo?»
«Questo cosa?» reclama lui, non riuscendo, forse, a capire a cosa io mi stia riferendo.
«Stare qui, insieme..» rispondo, abbassando sia lo sguardo sia il mio tono di voce. «Voglio dire, sei il mio professore e io sono una tua alunna.. ma malgrado ciò, non mi sembra di stare con un mio insegnate» butto fuori tutto di un fiato.
Non ricevendo risposta, punto i miei occhi su di lui, mentre mi mordo nervosamente il labbro inferiore. Devo averlo messo a disagio, vista che la sua espressione si è incupita tutta ad un tratto.
«Forse è meglio che vada» dice semplicemente, senza però degnarmi di uno sguardo «Andiamo Mel» dice poi rivolto al cane.
«Michael» lo provo a richiamare io, ma non ricevendo nessun tipo di risposta, nessun tipo di contatto, né visivo né niente. Lo vedo andare via, salutandomi con un frettoloso 'ciao' a mezza bocca, mentre io ancora interdetta e confusa dalla sua reazione, resto seduta qui. In compagnia dei miei pensieri e della mia musica.
Oh Michael, che diavolo mi sta succedendo.. 







 

  
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