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Autore: emma_swan10    21/12/2015    8 recensioni
“Mi sei mancata,” le aveva sussurrato all’orecchio, mentre adesso accarezzava le ciocche color cioccolato. “Mi sei mancata anche tu,” le rispose Regina, alzando lo sguardo e baciandola dolcemente sulle labbra.
“Smettetela, non vi vedete da stamattina!” urlò il ragazzo, “Venite ad aiutarmi piuttosto!”
Le due donne risero, lasciando la presa una sull’altra ed avvicinandosi all’albero ancora per metà disfatto.
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Buone Feste a tutti *.*
Genere: Fluff, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: FemSlash | Personaggi: Emma Swan, Regina Mills
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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This Christmas I’ll Give You My Heart

Era una giornata tranquilla a Storybrooke: niente criminali a svaligiare negozi, niente gatti da tirare giù dagli alberi, niente Leroy ubriaco –forse anche lui aveva aderito alla tranquillità del periodo natalizio-, niente litigi tra Gold e qualsiasi altro essere vivente, niente di niente. Così, dopo aver trasferito l’avviso di chiamata al suo cellulare, in modo da rispondere direttamente da lì in caso di emergenze, Emma decise che era il momento di tornare a casa dalla sua famiglia.
Si fermò davanti la grande porta bianca, inspirando profondamente e lasciando che la sua mente vagasse tra i ricordi.
Erano passati anni da quando aveva percorso quel vialetto per la prima volta, riaccompagnando Henry a casa nel giorno del suo compleanno, quella casa che adesso era diventata anche la sua. Anni in cui lei e Regina ne avevano affrontate di tutti i colori, ma sempre insieme, una affianco all’altra. Avventure che le avevano portate ad avvicinarsi sempre di più, fino a farle diventare amiche, e poi portate ad allontanarsi quando ognuna delle due pensava di aver trovato l’amore - perché entrambe troppo impaurite per dar voce ai sentimenti già presenti nei loro cuori - decidendo di mettere a tacere tutte le voci che lasciavano spazio ad una sola soluzione che, appunto, nessuna delle due sembrava essere propensa a prendere.
Emma e Regina si erano allontanate soprattutto quando, tornata in città dopo la maledizione di Zelena, la bionda aveva trovato l’altra tra le mani di quella sottospecie di ladro che odorava di abete. E lì aveva capito che cosa provasse realmente e quanto forte fosse il suo sentimento, così si era buttata su Capitan Guyliner, come l’aveva spesso definito il Sindaco, non perché lo amasse o perché avesse dato via la sua nave per andarla a cercare a New York. No, il motivo era solo perché aveva bisogno di una distrazione che non la facesse pensare a Regina.
Tutto fu inutile, ovviamente, ma durò, durò fino a quella sera in cui aveva acconsentito a partecipare all’Operazione Mangusta; quando aveva accettato di trovare l’autore per permettere a Regina di avere il suo lieto fine, seppur distrutta al solo pensiero che la mora potesse trovare qualcun altro, ma allo stesso tempo felice e volenterosa di poterla aiutare a sorridere ogni giorno con chiunque fosse al suo fianco; anche se questo avrebbe significato soffrire in silenzio tra le braccia del pirata.
Ed Henry… quel ragazzo doveva essere santificato per aver capito anni prima quello che stava accadendo nei cuori delle sue madri ed aveva fatto di tutto per permettere che qualcosa succedesse tra loro. Così quella sera fece finta di addormentarsi su una delle comode poltrone nella grande biblioteca della casa dello stregone, lasciandole lì a parlare da sole, e sorridendo ogni qual volta Emma facesse la stupida per far ridere Regina, ed ogni qualvolta Regina trovasse una scusa per avere un contatto con Emma.

La bionda sorrise, ripensando a quel momento in cui una ciocca di capelli scivolò sul viso di Regina mentre tra le mani teneva un altro libro vuoto e si disperava per le ricerche inutili a cui si stavano dando, Emma aveva allungato un braccio, spostandole dolcemente i capelli dietro l’orecchio e guardandola con espressione dolce. L’altra aveva alzato immediatamente il volto verso di lei, voltandolo leggermente e facendo in modo che la mano si poggiasse sulla sua guancia; si guardarono intensamente, mentre le dita di Emma lentamente iniziarono ad accarezzarle la pelle morbida ed ambrata, nessuna delle due avrebbe voluto fermare quel contatto, quel momento di tranquillità ed affetto, quel tocco tanto cercato da entrambe, così perfetto e stranamente familiare. E non lo fecero, rimasero lì in quella posizione fino a che Emma non si allungò con tutto il corpo, trovandola a metà strada e facendo incontrare le loro labbra nel bacio più dolce e casto che ciascuna avesse mai ricevuto o dato, ma al contempo, un bacio pieno di tutte quelle parole che nessuna era mai stata capace di dire all’altra. Non appena il contatto fu terminato, Regina lasciò che la sua fronte si poggiasse su quella della bionda.
“Emma…” le sussurrò cosciente di ciò che era appena accaduto e sapendo di quanto sbagliato fosse, ma subito dopo la ragazza poggiò l’indice sulle sue labbra morbide.
“Shh… Regina, va tutto bene.” E l’aveva baciata ancora ed ancora, tranquillizzandola e dandole quella sicurezza che tanto stava cercando; fino a quando ormai stanche dalla lunga giornata, non si erano addormentate. Henry le aveva trovate il mattino dopo sul divano della grande sala, Emma con la testa sulle gambe di Regina, la quale aveva una mano sulla guancia della ragazza l’altra legata alla sua. Il ragazzo aveva scattato loro una foto, quella che adesso si trovava nella camera da letto sul comodino del Sindaco, mentre su quello di Emma vi era la foto di loro tre insieme al compleanno di Henry – quando stavano già insieme da qualche mese.
 
Emma non fece cadere il suo sorriso, estrasse le chiavi dalla sua tasca e le inserì nella toppa facendo scattare la serratura ed entrando dentro quella che era casa sua, dal momento in cui Regina le aveva chiesto di andare a vivere con lei ed Henry, e quella sera, lo sapeva, non l’avrebbe mai scordata.
 
Era ormai buio fuori, quando la bionda si era recata a casa Mills per la consueta cena dopo il turno in stazione; aveva bussato alla porta di Regina aspettando solo pochi minuti prima che Henry le aprisse permettendole di entrare. Salutò il ragazzo scompigliando come sempre i suoi capelli, “ragazzino, dov’è tua madre?” gli sussurrò quasi.
Henry le fece segno di andare in cucina mentre tornava sul divano a giocare con la sua playstation, lei tolse il giubbotto poggiandolo su una delle sedie dell’ingresso e si sfilò le scarpe, dirigendosi silenziosamente verso l’altra stanza; la vide ai fornelli districarsi tra i vari ingredienti di quella che doveva essere la loro cena; indossava un vestito nero, aderente e lungo fino al ginocchio che la rendeva più bella di quanto già non lo fosse. La sentì canticchiare una melodia che conosceva fin troppo bene, quella che Emma le aveva fatto ascoltare durante il loro primo appuntamento; incrociò le braccia al petto, appoggiandosi allo stipite della porta e continuando a guardarla, come incantata da lei, incantata dalla donna che le aveva stravolto la vita in miliardi di modi diversi.
“Ha intenzione di restare lì a fissare il mio sedere, Miss Swan, o si degnerà di venire a salutarmi?”
Emma rise, staccandosi dalla porta e facendo pochi passi verso di lei, fino a trovarsi alle sue spalle e cingerla stringendola a sé. “Non è colpa mia se hai il sedere più bello che esista.” Le sussurrò all’orecchio, lasciandole un leggero bacio sulla guancia e ridendo subito dopo.
Regina si voltò nelle sue braccia e la cinse con le sue, avvicinandola a sé e baciandola sulle labbra.
“Sei mia, Emma Swan.”
E la baciò ancora, più intensamente, profondamente.
La bionda si scostò quel tanto che bastava per guardarla e, notando i suoi occhi chiusi, Emma ripetè il gesto di quella sera in biblioteca e le scostò la solita ciocca dietro l’orecchio. “Regina, c’è qualcosa che non va?”
La mora aprì gli occhi e la guardò per poi spostare lo sguardo verso la parete dietro di lei, cercò di non far notare quanto preoccupata fosse, sapendo però che mai sarebbe riuscita a convincere Emma, che la conosceva meglio di chiunque altro in quel mondo ed in tutti gli altri.
“Devo chiederti una cosa.”
L’espressione della ragazza si fece confusa, non capendo per quale motivo la mora avesse quello sguardo spaventato, nonostante sapesse che poteva chiederle tutto ciò che voleva, dirle tutto ciò che le passava per la mente. Annuì iniziando ad accarezzarle la guancia, cercando di calmarla.
“Voglio che tu sia sincera con me.”
“Regina mi stai facendo preoccup-”
“Promettilo.”
Emma le prese il volto tra le mani e la guardò ancora, “Te lo prometto.”
Regina annuì abbassando lo sguardo cercando di prendere tutto il coraggio che avesse in corpo, e lo disse, veloce, ma lo disse.
"Vorrei che tu venissi a vivere qui con me ed Henry.” Arrossì, vergognandosi e nascondendosi immediatamente sul petto dell'altra.
La ragazza sorrise, e la strinse a sé dondolandola lentamente tra le sue braccia mentre le lasciava un dolce bacio tra i capelli, “questa non era una domanda.”
Regina grugnì, dandole un pizzico sul fianco e facendola ridere maggiormente, poi alzò il volto per guardarla ancora. “Emma…”
“Oh Mio Dio,” rise notando il rossore ancora presente sulle sue guance, “chi sei tu e che ne hai fatto della mia Regina?”
Questa sbuffò, dandole un pugno e voltandosi per tornare a cucinare. Emma capì, in quel momento, che la mora aveva bisogno di quella certezza, quella che l’avrebbe rassicurata sulla loro relazione, sulla permanente presenza della bionda nella sua vita. Aveva bisogno di sapere che non se ne sarebbe andata, anche dopo tutti i possibili litigi o le incomprensioni o altro ancora.
“Regina,” le disse poggiando nuovamente le mani sulla sua vita ed invitandola a voltarsi. “Anch’io vorrei vivere con te ed Henry, quindi la mia risposta alla tua non domanda è sì.”
E le sorrise, dandole quella sicurezza che tanto cercava, e la mora si gettò su di lei, baciandola e stringendola mentre delle lacrime si facevano spazio sul suo viso. Lacrime di felicità alle quali finalmente poteva dare sfogo. “Grazie!” le sussurrò all’orecchio prima di liberarla dalla sua presa e sfiorare le labbra con le sue.
Emma rise, allungandosi per baciarla nel modo giusto, “Grazie a te, mia Regina.”
 
“Sono a casa!” urlò una volta chiusa la porta alle sue spalle, come consueto, si spogliò di giubbotto e stivali, e si recò nella sala dalla quale provenivano le risate che stava sentendo. “Hey,” disse una volta raggiunte le due persone presenti ed indaffarate.
Infatti, Henry e Regina stavano sistemando i rami del grande albero di natale che la mora doveva aver tirato fuori quella mattina, dato che non c'era quando lei era uscita di casa.
“Hey” rispose lei e, una volta incontrati gli occhi di Emma, i suoi si illuminarono.
“Ciao ma,” la salutò il ragazzo continuando in quello che stava facendo senza farle troppa festa.
Emma allargò le sue braccia, chiedendo silenziosamente a Regina di raggiungerla; cosa che la mora fece immediatamente, trovando un posto sicuro stretta nell’altra, il suo naso andò a sfregarsi sul collo della bionda mentre questa le poggiava un bacio tra i capelli.
“Mi sei mancata,” le aveva sussurrato all’orecchio, mentre adesso accarezzava le ciocche color cioccolato. “Mi sei mancata anche tu,” le rispose Regina, alzando lo sguardo e baciandola dolcemente sulle labbra.
“Smettetela! Non vi vedete da stamattina,” urlò il ragazzo facendo finta di essere scocciato, ma in realtà felice dell'amore che le sue madri provavano una per l'altra, “Venite ad aiutarmi piuttosto!”
Le due donne risero, lasciando la presa una sull’altra ed avvicinandosi all’albero ancora per metà disfatto.

Risero, sistemando i fiocchi argentati sui rami verdi; parlarono del più e del meno mentre le palline blu venivano attaccate qua e là cercando di riempire tutti gli spazi liberi; raccontarono le loro giornate mentre le luci accendevano l’albero a festa, alternandosi in quel gioco di colori che rallegrava l’intera stanza.
“Adesso manca solo la stella,” disse Henry passando l’oggetto alla madre e dandole così l’incarico di porla sulla cima. Regina sorrise, salendo i gradini della scala che le permisero di arrivare al livello d'altezza giusto e di poggiare la decorazione per terminare totalmente il loro lavoro.
“Perfetto,” disse con un leggero passo indietro, così facendo sbilanciò la scala e cadde giù, o meglio – cadde tra le braccia di Emma, che immediatamente la sorresse.
“Cosa stavi cercando di fare, eh?” chiese la bionda guardandola tra le sue braccia con un sopracciglio alzato ed un’espressione di rimprovero. Regina rise, portandole una mano sulla guancia, “Sei la mia salvatrice!” la prese in giro.
“Ah. Ah. Ah.” Finse Emma, aiutandola a rimettersi sulle sue gambe e baciandole la guancia, “non farlo mai più, ci siamo capite?”
Regina annuì, portando una mano sulla fronte e facendo quello che sembrò un gesto militare, “Ricevuto sceriffo.” L'altra sorrise, allontanandosi verso la cucina per sistemare la tavola per la cena, che avrebbero dovuto consumare di lì a poco.
“O forse volevo testare che non ti fossi arrugginita.” La sfidò, sapendo che la bionda non si sarebbe mai e poi mai tirata indietro dinanzi una battaglia. Infatti la ragazza si bloccò, voltandosi ed alzando nuovamente un sopracciglio.“Cos’hai detto?”
Regina poggiò entrambe le mani sui fianchi, impostando quella posizione che utilizzava per spaventare chiunque avesse intenzione di battersi con lei, si trattasse di lavoro nella vita presente o di problemi a palazzo nella vita passata.
“Penso che tu ti sia arrugginita, Em-ma.”
Henry guardava gli scambi tra i loro sguardi e rise, una volta che la bionda iniziò a fare dei lenti passi verso la madre. “Io penso che tu debba scappare, mamma.” Rise ancora quando Emma aumentò il passo e Regina iniziò a correre su per le scale e, vedendole sparire in cima ad esse, si diresse verso la cucina, sussurrando a sé stesso che avrebbe apparecchiato da solo, aspettando che le loro mamme avessero finito la loro dolce lotta.

“Adesso non puoi più scappare,” disse Emma chiudendo la porta della loro camera alle sue spalle e posando la chiave nella tasca posteriore dei suoi pantaloni. “Sei in trappola…” continuò avanzando verso di lei, mentre Regina indietreggiava fino a toccare la parete alle sue spalle. “E sei mia.”
La mora sospirò quando incontrò il muro dietro di lei, alzò la mani, in segno di resa. “Va bene, Miss Swan. Basta giocare, adesso devo andare a preparare la cena-”
Bloccò le sue braccia, Emma, mentre piano iniziò a baciare la pelle nuda del suo collo. “No, no. Tu non vai da nessuna parte.” La sua lingua tracciò il percorso dalla spalla, al lobo del suo orecchio, andando a bloccarlo tra le sue labbra. Lo succhiò, e successivamente piano iniziò a morderlo sentendo l’immediato gemito provenire dalle labbra della mora.
“Cosa vuoi, Regina?” le sussurrò all’orecchio con la voce piena di lussuria, strinse le mani della donna con una delle sue e con quella libera, andò immediatamente a sbottonare la camicia che stava indossando; quando della pelle nuda si fece spazio tra le stoffe dell’indumento, Emma sfiorò la sua pelle, salendo fino ad arrivare al suo seno. Infilò le dita al di sotto del reggiseno, trovando il capezzolo di Regina già duro ed eretto. Sorrise, quando lei chiuse forte gli occhi al contatto con il punto delicato, ed Emma la baciò così intensamente lasciarla senza fiato, quasi incosciente.
Quando la mora aprì gli occhi e cercò di far tornare il suo respiro ed il suo battito regolari, la bionda non c’era più, la porta era aperta, e delle risate si sentivano dal piano inferiore. “Che cosa diavolo mi hai fatto, Emma Swan?”
 
*****

Era tutto pronto al 108 di Mifflin Street.
Le decorazioni all’esterno della casa, illuminavano tutto il giardino a festa, rendendo l'atmosfera semplicemente più magico; all’interno si poteva già trovare una tavola imbandita, pronta per accogliere gli ospiti di quella serata; l’interno era stato riempito dalla padrona di casa con candelabri, tovagliette, tende e quant’altro, tutto a stile natalizio.
Tutto era pronto a casa SwanMills.
O quasi.
Henry e Regina si apprestavano a portare le ultime cose in tavola, quando sentirono bussare alla porta.
“Saranno i nonni,” disse il ragazzo poggiando un piatto di antipasti preparati dalla madre pochi minuti prima in modo da essere più freschi. “Vado ad aprire.” affermò, ma non fece in tempo a muoversi che la mora lo bloccò.
“Vado io, tu va a chiamare tua madre e dille di sbrigarsi.” Mormorò la mora mentre si apprestava a raggiungere la porta d’entrata. “Sempre in ritardo.”
Henry sorrise, sapendo quanto in realtà non fosse scocciata, perché lei amava Emma, amava ogni parte di lei, i suoi difetti, anche se spesso affermava il contrario. L’amava così tanto che Regina aveva iniziato a mangiare –una volta ogni tanto- gli hamburger che la bionda trangugiava quasi ogni giorno. Ovviamente prima del suo arrivo, perché la mora si era impuntata sul fatto che non avrebbe permesso alla sua ragazza di morire prima dei 40 anni per colpa di quel cibo spazzatura, così aveva iniziato a preparale i pranzi, messi poi in contenitori e portati alla centrare nell’ora della pausa e, ovviamente, ne preparava sempre uno anche per sé rimanendole accanto e facendole compagnia.
Ed era una sola delle tante cose che Emma aveva cambiato in Regina, ma altrettante erano quelle che la mora aveva mutato nell'altra. Emma mangiava la verdura, un esempio a caso, senza lamentarsi.

Il ragazzo salì le scale, bussando alla camera della madre ed entrando in seguito al suo ‘vieni’. La vide indaffarata dietro le ante del grande armadio e assunse uno sguardo interrogativo mentre cercava di capire cosa stesse facendo. Quando la vide uscire, rimase bloccato, di stucco: Emma indossava uno smoking nero con una camicia bianca e una cravatta a terminare il tutto, aveva una coda non molto alta con una treccia che le partiva dalla fronte e le arrivava al nodo di essa. Era semplicemente bellissima, perfetta e non vi erano altre parole per descriverla.
“Mamma, sei… Wow!” disse Henry facendola quasi arrossire per quel complimento, poi guardò in basso e sorrise.
“Pensi piacerà a tua madre?”
Il ragazzo notò il nervosismo nelle sue parole, e cercò subito di tranquillizzarla.
“Resterà a bocca aperta!”
Emma sorrise immediatamente e, dopo averlo abbracciato ed aver tastato la sua tasca destra, si diresse con lui al piano inferiore, pronta a vedere la reazione della donna della sua vita.
 
“Emma…” sussurrò Snow una volta che sua figlia fu in cucina, attirando immediatamente l’attenzione di David che alzando il volto verso di lei, sorrise e fischiò il suo consenso, mentre il piccolo Neal giocava con le carte sul suo grembo. Regina, indaffarata a mettere a posto degli altri stuzzichini nel vassoio d’argento, non vide immediatamente la donna sulla soglia che stava solo aspettando che lei la notasse.
“Miss Swan,” iniziò non alzando minimante il volto dall’oggetto che teneva tra le mani mentre avanzava verso di lei lasciando che i suoi tacchi picchiettassero sul pavimento, “perché non porta questo nell’altra stan-”
Se non fosse stato per la prontezza di Henry nel prendere il vassoio, tutto il suo contenuto sarebbe finito sul pavimento, e sarebbe diventato pasto per la spazzatura.
“Donna! Sta' attenta, sai quanto amo quelle tartine al salmone.” Scherzò Emma, mentre si grattava dietro la testa, leggermente imbarazzata. Regina non smise un attimo di guardarla, dalla testa ai piedi, la bocca spalancata e gli occhi brillanti. “Emma sei… sei bellissima!”
E questa volta la bionda arrossì, abbassando il viso e sorridendo, mentre tutti gli altri ridevano al suo comportamento. “Gr-grazie.”
La mora si avvicinò a lei e le prese la mano sussurrando uno ‘scusateci’ e portandola nel suo studio. Chiuse la porta dietro di sé, e vi sospinse la ragazza che emise un gemito di dolore. “Regina, ma che-”
“Sta’ zitta e baciami!” Le disse sulle labbra, premendo il corpo contro il suo. Emma non se lo fece ripetere due volte e, posando le mani sul suo sedere rivestito con uno, stretto e perfettamente modellato sul suo corpo, vestito rosso, la strinse ancora a sé e la baciò con foga, con le loro lingue a lottare per il dominio e lasciando che la mora vincesse e le baciasse via tutta l’aria che aveva in corpo.
Quando si separarono, i loro respiri erano pesanti, le loro gote rosse e i loro sorrisi immensi.
“Pagherai più tardi per questo, sappilo.” Le disse la mora lasciando che un’altra occhiata attraversasse il suo corpo e, aprendo la porta dello studio, la oltrepassò e uscì fuori consciente di avere gli occhi della ragazza incollati sul suo sedere, mentre con movimenti di bacino più accentuati del solito, si dirigeva verso la cucina.
“Sei la mia morte, Regina Mills.”
 
“Sei nervosa?”
“No!”
“Si che lo è!”
“Henry!”
“Emma…”
“Papà!  Ho detto di no!”
David alzò la mani in segno di resa, “Va bene,” disse andandosi a sistemare sul divano e prendendo il telecomando per fare un po’ di zapping tra i canali. Emma attese qualche secondo, prima di accomodarsi accanto a lui ed alzare il suo braccio per potersi stringere sul suo fianco.
“Ho paura.”
Il principe sorrise, stringendola a sé e poggiandole un bacio sulla fonte, cercando di confortarla. “Andra tutto bene Emma, sei una Charming, ricordalo sempre!”
“No!” esclamò Regina entrando nella grande sala adibita a festa portando della cioccolata sul tavolo al centro della stanza. “Fortunatamente non ha preso quel gene.”
Risero tutti, sapendo bene a cosa la mora si stesse riferendo - da un po’ di tempo ormai le famiglie avevano deposto l’ascia di guerra e lasciavano che tutti i loro screzi cadessero sul giocoso.
“Simpatica, Regina.” Cantilenò Snow portando le ultime tazze rimaste e invitando tutti a prendere la propria mentre mancavano pochi minuti alla mezzanotte.
Emma si alzò, stava per raggiungere il tavolo e prendere la grossa tazza sulla sinistra piena fino all'orlo appositamente per lei, prima che Regina la fermasse per tirarla verso di sé in disparte; una volta fuori dalle orecchie dei restanti in stanza, la mora prese tra le mani il volto della bionda. “Emma, va tutto bene?”
La ragazza volse lo sguardo alla parete dietro di lei, cercando di rimanere calma e non mandare tutto all’aria. “Si, perché?” rispose solamente.
“Perché sei strana, è da ieri che-”
“Regina, va tutto bene. Sta' tranquilla.” Le disse poggiandole un bacio veloce sulle labbra per poi tornare alla sua cioccolata.
 
“Manca un minuto e mezzo alla mezzanotte,” urlò Mary Margaret mentre tutti presero posizione sul divano davanti il camino. Emma deglutì fredda, ‘adesso o mai più’ si disse, e annuì a David quando lui la esortò a procedere. Aveva chiesto di essere cronometrata, il suo discorso, doveva essere tutto perfetto.
Perfetto come quella che sarebbe dovuta diventare sua moglie, bastava solo una piccola sillaba di consenso, e l'avrebbe resa la donna più felice nell'intero universo, se fosse stato possibile.
“Regina puoi venire qui?” urlò alla mora che in quel momento si trovava in cucina a sistemare le ultime cose.
“Emma vieni tu, sono occupata in questo momento!”
Henry rise, seguito da David alla risposta della mora, ricevendo un immediato sguardo assassino da parte della nonna e moglie.
La bionda sbuffò rumorosamente, “Regina Mills, perché deve essere tutto così difficile con te?” e a passo di marcia si diresse nell’altra stanza togliendo dalle mani della donna lo straccio e il piatto che stava asciugando per poi trascinarla nella grande sala dove gli altri tre facevano finta di nulla e Neal giocava davanti le gambe della madre con uno dei suoi regali ovviamente già aperti.
La fermò davanti il camino, e la guardò negli occhi.
“Emma ma che diav-”
“Sta' zitta, Regina.” Le urlò in faccia Emma, non riuscendo più a mantenere la calma e lasciando che il nervosismo prendesse possesso del suo corpo.
“Swan non ti azzardare più a zitt-”
“Tu, mi rendi tutto più difficile.” Sussurrò Emma, sapendo di aver ormai perso tempo prezioso.
“Cosa?” le chiese Regina mettendo le mani sui fianchi e guardandola di traverso.
“Tu, Regina Mills, mi rendi tutto fottutamente più difficile. Sto preparando questo momento da circa due mesi, pensando ogni giorno ad un discorso diverso, un momento diverso, delle parole diverse. Ho immaginato questa scena milioni di volte nella mia testa, lasciando che la mia fantasia vagasse su tutti i possibili scenari che sarebbeto potuti presentarsi.” Rise, non l’aveva guardata un attimo negli occhi da quando aveva iniziato a parlare, e la mora era semplicemente ferma a fissarla, a bocca aperta, non capendo cosa stesse succedendo. “Ma non è mai come si immagina, giusto?” alzò lo sguardo su di lei, sorridendole appena. “Soprattutto con te, Regina Mills, tu mi rendi tutto più difficile perché quando sto intorno a te, io non capisco più nulla. E mi rendi ansiosa, soprattutto adesso, e nervosa, perché ho paura di mandare all’aria tutto. Ma non voglio rovinare questo, Regina, ho rovinato molte cose nella mia vita, ma non voglio che tu sia una di quelle. Perché tu sei diversa, con te tutto è diverso, è... perfetto.”
Emma prese le sue mani, guardandola ancora negli occhi e sorridendole felice, adesso. 
Poi si voltò leggermente verso suo padre, “quanto manca?”
David sorrise, guardando il suo orologio, “quaranta secondi.”
“Emma, che-?”
“Shh,” la fermò nuovamente, “Ho preparato questo discorso, ho cronometrato questo discorso per far in modo che la domanda fosse arrivata proprio allo scoccare della mezzanotte. Quindi non interrompermi e lasciami finire.” La mora annuì ed Emma continuò, “Tu, Regina, sei la donna più bella su cui i miei occhi si siano mai posati, tu sei speciale e sei stata l’unica in grado di guarire le ferite che portavo nel cuore. Sei l’unica che riesce a capirmi pienamente, perché nonostante quello che entrambe abbiamo passato, sappiamo di non essere sole. Solo tu sai calmarmi quando do di matto, sai farmi ragionare quando faccio la bambina e sai farmi capire quando ho torto. Sei in grado di farmi stare bene solo stando al mio fianco e io ti amo, Regina, ti amo perché finalmente mi hai fatta sentire a casa, mi hai dato una famiglia e mi hai dato qualcosa per cui lottare. Lottare per noi.”
Si inginocchiò, prendendo la mano di Regina con la sua e guardandola negli occhi, estrasse il cofanetto dalla sua tasca. “Regina Mills, in questi mesi insieme mi hai resa la donna più felice del mondo, e… diamine… voglio passare tutta la mia vita con te. Voglio svegliarmi sapendo di trovare il tuo corpo accanto al mio. Il tuo viso a sorridermi quando apro gli occhi e poi potermi perdere nei tuoi. Voglio andare in giro tenendoti per mano e abbracciarti e baciarti ogni volta che voglio. Tu dirai che posso già fare queste cose, e ti do assolutamente ragione, ma io voglio farlo sapendo di averti con me… di averti come mia moglie. Quindi… Regina Mills, la domanda è… vuoi sposarmi?”
Ed aprì il cofanetto nero tra le sue mani, lasciando che l’anello brillasse sotto la luce calda del fuoco del camino; alzò lo sguardo sulla mora, notando come le lacrime ormai non smettessero più di scorrere, e si guardarono, mentre dei lunghi secondi passarono prima di una sua risposta.
“Ehm… Mamma?” chiamò Henry, sollecitandola per non far morire Emma di ansia e nervosismo, più di quanto già non ne avesse.
Regina lasciò andare una risata, vedendo quanto tesa fosse la donna davanti a lei, o meglio, inginocchiata davanti a lei. Si abbassò a sua volta, prese il volto di Emma tra le mani e la baciò intensamente lasciando che la ragazza si rilassasse al tocco delle sue labbra. “Si, Emma. Si!” esclamò quando necessitarono fiato entrambe. “Voglio diventare tua moglie.”
 
*****
 
“Sono distrutta!” esalò Emma lasciandosi cadere sul divano della grande sala orami ripulita dagli avanzi della cena, s’incantò a guardare il fuoco scoppiettante davanti a lei, dove poco prima aveva lasciato un altro ramo bruciare al suo interno.
“La solita esagerata,” sussurrò a sua volta Regina sedendosi accanto a lei e porgendole uno dei due bicchieri di sidro di mele che era andata a riempire direttamente dalla sua riserva, mentre le leggere note di una canzone si facevano strada nel silenzio della stanza. La mora poggiò la testa sulla spalla dell’altra e questa chiuse gli occhi, godendosi la perfezione di quel momento accanto alla donna che sarebbe diventata sua moglie e che l'aveva resa viva, dal primo momento che l'aveva incontrata.
“Questo è…” iniziò Regina che aveva portato l’anello vicino il suo viso, riconoscendolo, e cercando conferme nella bionda che aveva iniziato ad accarezzarle le ciocce dei capelli amorevolmente, come solo lei sapeva fare.
“Sì, è questo.”
La mora sorrise, alzando leggermente il viso e sfregando il naso sul suo collo, “Come lo sapevi?” Le chiese leggera mentre si fermava a respirare il profumo di quella pelle che mai si sarebbe stancata di sentire.
“Quella sera, quando abbiamo fatto la passeggiata con Henry. Ti ho vista osservarlo a lungo e ho pensato che sarebbe stato perfetto per la tua mano. Così sono tornata il giorno dopo e l’ho comprato.” Spiegò semplicemente lasciandole un bacio sulla fronte e stringendola a sé.
“Ma questo è successo più di due mesi fa, prima che iniziassi a preparare tutto, come sapevi che…”
Emma rise, alzandosi e allungando la mano verso l’altra, “Vuoi ballare con la tua futura moglie?”
Sorrisero entrambe alle sue parole, notando quanto dolce e perfetto fosse quell’appellativo.
La donna annuì, sorridendo e prendendo la sua mano, “con molto piacere.” Emma la aiutò ad alzarsi e la strinse a sé poggiando le mani sulla sua vita e lasciandole un altro dolce bacio sulla guancia; Regina portò le sue al collo, poggiando nuovamente la testa al suo petto. Ci fu silenzio, solo la musica a riempire l’aria ed i loro corpi a stringersi e danzare lentamente con essa, fino a quando Emma non si schiarì la voce, iniziando a parlare.
“E’ vero, è stato prima che iniziassi a preparare tutto,” girarono ancora una volta nei loro dolci passi, “ma questo è niente, sapevo di voler passare tutta la vita insieme a te da quella sera in cui siamo andate a pattinare…”
Regina si fermò e la guardò ferma, interrogativa, sorpresa. “Ma quello è successo quasi un anno fa, quando-”
“Tu stavi con Robin ed io con Hook, lo so bene.” Emma la strinse nuovamente a sé e continuò nella sua danza. “Avevamo deciso di andare a pattinare solo per fare felice Henry e dargli una serata in famiglia, solo noi tre.”
Regina annuì, ridendo e ripensando a quel momento così esilarante che aveva interessato la bionda. “Esatto,” rise anche Emma, “ricordo anch’io quel volo assurdo e a volte mi fa ancora male il sedere per quello.”
La mora lasciò andare una risata ad un volume leggermente più alto che riscaldò il cuore dell’altra, mentre con le mani scendeva e le accarezzava il punto su cui Emma era caduta. “Povera, la mia piccolina.” La bionda si illuminò, non capitava spesso che Regina si rivolgesse a lei utilizzando quel nomignolo, ma ogni volta che lo faceva, era un tuffo al cuore per lei. E l'altra lo sapeva benissimo.
La guardò negli occhi. “Non devi usare queste scuse per toccarmi il sedere sai? Diventerò tua moglie, quindi puoi farlo quando vuoi…”
Regina rise ancora, “Oh, credimi, lo so bene.” Le fece l’occhiolino, stringendo maggiormente la pelle sotto le sue mani.
“Comunque, come ricorderai, mi sono fatta così male da non riuscire più a pattinare.”
La mora la guardò di traverso, alzando un sopracciglio. “Adesso è questa la scusa che usi, anziché ammettere che non sapevi pattinare?”
“Shhh, donna! Io sapevo pattinare, la caduta ha necessitato del tuo aiuto.”
Regina non riuscì a trattenersi ancora dal ridere, mentre Emma le faceva fare una giravolta e la riprendeva vicino a sé.
“Comunque, come già sai, ero innamorata di te da tempo, ma quella sera, il modo in cui ti sei occupata di me dopo la caduta, come mi tenevi in piedi e come hai esultato quando sono riuscita a fare quel piccolo pezzo senza tenermi al muretto o a te. Il modo in cui mi hai abbracciata, dicendomi che eri orgogliosa di come ci fossi riuscita da sola.” Emma lasciò che Regina si stringesse maggiormente a sé, trovando quell’appiglio di cui aveva sempre avuto bisogno, e che solo lei era stata capace di darle. “E’ stata la prima volta in cui mi sono sentita davvero capace di fare qualcosa, orgogliosa di me stessa, addirittura. Per una cosa che potrebbe essere considerata anche stupida, ma per me non lo era, in quel momento ho capito di amarti così tanto da volerti con me per sempre.”
La mora lasciò che una lacrima cadesse sul suo viso, e poi un’altra, ripensando a quelle dolci parole appena pronunciate, si allontanò leggermente portando le mani sul viso, e sorridendo alla faccia confusa dell’altra.
“Emma Swan, devi smetterla di farmi piangere,” la bionda sorrise a sua volta e, poggiando le mani sulle sue, le spostò trovando libero accesso alla sua faccia. Si sporse su di lei, andando a baciare le calde lacrime che le rigavano le guance, portandole via. “Sei bellissima,” le dissero occhi verdi color del mare mentre le guardavano l’anima e la facevano sentire amata, come mai le era successo.
Regina sbuffò, “sembrerò un mostro, la mia futura moglie mi ha già fatto piangere due volte, stasera.” Ed Emma rise abbracciandola forte, “Non c’è due senza tre?”
“Swan, non mettere alla prova la mia pazienza.”
Emma riprese a ballare, stringendola e baciandola dolcemente. “Buon Natale, Amore Mio.”
Regina si alzò in punta di piedi per baciarla ancora, “Buon Natale, Piccola.”


>> Ed eccomi qui con questa Os natalizia per augurarvi un Buon Natale ed un felice Anno Nuovo, sperando che tra i desideri per questi nuovi 365 giorni si avveri quello di avere le SwanQueen canon ;).
Fatemi sapere che ne pensate, buone feste ancora e alla prossima.
  
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