Salve! E
niente, buona lettura :)
=
Tales of the Golden Age = Piccoli
nobili, piccoli supereroi, piccole battaglie.
Qualche piccola nota prima che iniziate a leggere.
La prima:
questa raccolta AU è ambientata in piena Golden Age
-che chi conosce solo il film de "Le 5 Leggende", non possiede i libri
o non ha avuto modo di trovare qualche informazione in più,
non
ha idea di cosa sia- durante il periodo in cui regnava la famiglia
Lunanoff, ossia quella cui appartiene il nostro Manny. Precisamente,
durante gli anni in cui è ambientato il primo capitolo di
questa raccolta, a
regnare
erano i nonni di
Manny, mentre il principe Tsar Lunar Lunanoff XI che
apparirà nei capitoli successivi è
-canonicamente- il padre di Manny.
La seconda:
escluso Kozmotis Pitchiner -ossia Pitch prima che
diventasse Pitch, per chi non lo sapesse- e la breve citazione di cui
sopra, il resto dei personaggi che compaiono in questo primo capitolo
sono tutti miei OC.
La terza: vedrete dei bambini cresciuti forse troppo in fretta -non
proprio come nel Trono di Spade, ma quanto ad età per poter
iniziare, volendo, ad addestrarsi al combattimento o sposarsi
più o
meno siamo lì- con
capacità acquisite che di norma sarebbe difficile trovare.
Ma se
-canonicamente- la figlia di Kozmotis Pitchiner sapeva utilizzare bene
una piccola nave a sei anni, alla fine non c'è nulla di
strano
neppure in questi qua.
La
quarta: ...se l'introduzione che avete letto è strana,
bizzarra e confusa è perché non sapevo cosa
accidenti scriverci, sinceramente :'D
Ma nemmeno tanto.
La
guardia cadde a
terra con un gemito e un tonfo sordo. Una volta svenuto, il
povero ghoul del deserto venne
trascinato in un punto nascosto, legato come un salame e imbavagliato. «presto,
presto!...ma vuoi muoverti, Aladohar?!» «lo sto facendo!!!» Anche
impegnandosi più
che poteva, un bambino di nove anni difficilmente avrebbe potuto
correre più
velocemente di una di undici, e poco contava che fosse ben
allenato, dal
momento che anche sua sorella lo era. «e
allora fallo meglio!
Se ci scoprono per colpa tua è l’ultima volta che
ti porto dietro, quanto sono
veri gli Dei!» Quella
non era certo la
prima volta che la piccola Lady Nahema fuggiva di nascosto dal palazzo
della
sua famiglia su Aldebaran I: aveva iniziato a farlo quando aveva sette
anni, a
volte finendo con l’essere scoperta e altre no, e le
punizioni ricevute le
volte in cui era andata male non erano servite a farla desistere, se
mai il
contrario. Nahema tendeva a dare retta a sua madre solo quando capiva
che
poteva risultarle conveniente, altrimenti faceva di testa propria. «non
ci hanno mai
beccati per colpa mia. L’altra volta è stato
perché Nihil Ralonrin aveva fatto la
spia con nostra madre!» protestò Aladohar,
raggiungendo assieme alla sorella
una nave di piccole dimensioni. «perché
tu, dopo esserti fatto sorprendere
in
corridoio, gli avevi detto quel che avremmo fatto» gli
ricordò la sorella con
un’occhiataccia, mentre apriva il portello della nave
«stavolta hai verificato
che dormisse come ti ho detto, vero?» «lo
faceva, quando ho
guardato in camera sua» le stanze di Aladohar e Ralonrin, di
soli cinque anni,
erano una vicina all’altra, e Aladohar aveva dato una breve
occhiata
all’interno mentre passava, senza vedere nulla di strano. «bene.
Sali, sbrigati!» Il
piccolo arciduca,
non appena sua sorella si fu voltata, alzò gli occhi al
cielo: Nahema aveva
sempre la tendenza a dare ordini a tutti, e a volte era un
po’difficile sopportarla,
ma d’altra parte era un tratto che aveva in comune con la
loro madre.
Nonostante l’età, Aladohar sapeva benissimo che
era Nihil Iyra Aldebaran a
tenere le redini, mentre Kerasaas, il loro padre, giocava con intrugli
e
miscugli nel suo laboratorio da alchimista. Quando
entrambi furono
saliti, acceso i motori ed ebbero allacciato le cinture, Nahema
decollò
rapidamente, e altrettanto rapidamente si lasciarono il pianeta
Aldebaran I
alle spalle. «dove
andiamo stavolta?
Nei territori dei Taurus? Kitah mi è simpatico»
disse Aladohar, riferendosi al
figlio primogenito di quella Casa, coetaneo di Nahema «magari
lo incontriamo in
giro…» «Kitah?
Pensavo
preferissi vedere Faeliria Orion» sogghignò Nahema
«avete già cominciato a
mandarvi fiori e pupazzi, se continuate così finiranno col
farvi fidanzare di già, per
davvero». «perché,
mamma diceva
per scherzo?» «no.
In effetti diceva
sul serio. Forse è meglio se lasciamo perdere questo
discorso». Aladohar
non era
l’unico di cui Iyra Aldebaran stesse decidendo il futuro.
Nahema infatti era
stata già informata sul fatto che più avanti, se
tutto fosse andato bene -ma
perché dubitarne?- si sarebbe fidanzata nientemeno che col
principe Lunanoff, Tsar Lunar XI.
La sua famiglia puntava alla corona, lo sapeva, e così
facendo sarebbe stato
tutto più semplice, ma non aveva ancora deciso se la cosa le
piaceva o meno.
Bisognava vedere quanto sarebbe stato d’ostacolo alla sua
carriera militare. «quindi
dove andiamo?» «ma
sei demente? Ho
appena nominato Faeliria Orion, secondo te dove andiamo?» «a
casa sua?» Stavolta
toccò a Nahema
alzare gli occhi al soffitto. Di norma suo fratello non era un cretino,
nonostante la giovane età, ma in
certi momenti le faceva venire voglia di mettersi a dare testate contro
il
muro. «perché secondo te ha senso fuggire di
nascosto da casa nostra per andare
a imbucarci in casa di un altro nobile che ci rispedirebbe subito da
dove siamo
venuti, vero?! Tieni» gli appioppò in mano un
flacone «copriti la voglia,
altrimenti ci riconoscono subito». «sì
infatti, giusto
volevo chiederti il correttore». «ora
ce l’hai». Specchiandosi
su una
superfice lucida, Nihil Aladohar coprì la strana voglia
color vinaccia a forma di stella a otto punte che aveva sulla guancia
destra, in basso. Era la caratteristica che rendeva gli Aldebaran
immediatamente identificabili, ben più del colore nero/blu
dei capelli o del verde dei loro occhi, benché anch'essi
fossero tratti largamente diffusi nella loro famiglia. «stavo
pensando: ma quando la guardia verrà liberata, non ci
beccheranno ugualmente?» «non
ha visto chi è
stato, l’abbiamo nascosta bene, e quando la troveranno, se lo
faranno, saremo già tornati. Chi lo sa,
magari qualcuno è entrato in casa nostra di nascosto
chissà come e perché. Zero
prove per chiunque voglia accusarci, è questo che
conta». Aladohar,
seppur
leggermente dubbioso, alla fine si limitò a scrollare le
spalle. Se lo diceva
lei, che era più grande di lui, magari aveva ragione per
davvero… «quindi
tra quanto
cominci?» «un
mese. Mi sa che non
ci vedremo per un po’, eh Aleha?» disse, non
riuscendo a mascherare un accenno di amarezza nella voce
all'idea. «allora
sei sempre
convinto di voler fare, insomma, il militare?» gli chiese la
ragazzina dai
lunghi capelli scuri e gli occhi blu, sua dirimpettaia e sua amica
praticamente da
sempre, stringendosi nel vestito azzurro pallido e
accostandoglisi di più sulla panchina che
occupavano. Kozmotis
Pitchiner,
tredici anni e una settimana, annuì con decisione.
«sì. Ovvio. Seguirò le orme
di mio padre e farò la mia parte per aiutare il regno. Lo
volevo prima, e lo voglio
ancor di più adesso che…adesso, ecco»
concluse bruscamente, e strinse la mano dell'amica in una presa salda,
come cercando un contatto che gli desse conforto. La
frase lasciata a
metà era “adesso che è
morto”, come Aleha ben sapeva. Tutti nel quartiere erano
stati al funerale del tenente colonnello Pitchiner, caduto in battaglia
appena
due mesi prima. Era stato un brav’uomo, benvoluto da chiunque
l’avesse conosciuto,
dunque non avrebbe potuto essere altrimenti. «ti
capisco. Io non
credo di avere le caratteristiche giuste per entrare
nell’esercito, ma mi piacerebbe
poter aiutare il regno come faceva tuo padre, e come faceva il
mio». La
guerra contro Dream
Pirates, Fearlings e gli altri nemici del regno non si era portata via
solo il
padre di Kozmotis, ma anche quello di Aleha, ormai tre anni prima. Se
la madre
di Kozmotis non si era lasciata abbattere, la situazione in casa di
Aleha era
ben più complicata. Sua madre trascorreva tutto il giorno a
languire sotto le
coperte, e ormai era sua sorella maggiore, Spear, a fare di tutto per
tenere a
galla quel che restava della famiglia, dibattendosi tra gli studi e la
specializzazione in medicina, e lavori di ogni genere: il vitalizio
dato alle vedove di guerra
non
bastava per tre persone, specialmente non nei quartieri alti come
quello.
Avrebbero potuto vendere la casa e trasferirsi, ma Spear non ne aveva
la minima
intenzione, non la casa costruita dai loro bisnonni, e le aveva imposto
di non
dire nulla a nessuno della loro situazione. Aleha, incapace di
ribattere, si
era limitata a chinare la testa e obbedire. Che altro fare, se no? «il
capitano
Sinetenebris era un grand’uomo, e sono sicuro che troverai il
modo di aiutare
anche senza entrare nell’esercito, vedrai!» sorrise
Kozmotis «il regno non ha
bisogno di soli soldati». «lo
so. A dirtela tutta
lo sai, stavo pensando che forse potrei studiare da infermiera. Mia
sorella un
giorno diventerà un dottore, e io…» «penso
che potresti
essere molto brava, ma non devi farti condizionare troppo da tua
sorella. Con
tutto il rispetto». Aveva
avuto a che fare
con Spear solo indirettamente, in quanto sorella di Aleha, ma non
poteva dire
che gli piacesse molto. Troppo fredda, troppo dura, anche prima della
morte del
padre, per non parlare del modo in cui l’aveva sempre
guardato dall’alto in
basso -in virtù di cosa, poi?-. «non
mi faccio
condizionare!» ribatté la ragazzina «ma
penso che potrebbe essere una buona
idea!» «ma
sì, sì! Non
guardarmi in quel modo» borbottò Kozmotis
«quand’è che ti ho dato torto? Ti ho
anche detto che potresti essere molto brava…quanto sei
permalosa, certe volte…» L’
attenzione di
entrambi venne attirata da un bambino con una busta della spesa in
mano, che
passò loro davanti con aria abbattuta, tirando su col naso.
Aleha, naturalmente
portata ad aiutare il prossimo -e forse anche un
po’ficcanaso- gli si fece
immediatamente vicina. «aspetta…tu sei il figlio
degli Starr, giusto? Cos’hai?» Il
bambino sollevò gli
occhi azzurri arrossati su Aleha, indeciso se raccontarle o meno quel
che era
accaduto poco prima, ma alla fine si lasciò persuadere.
Conosceva quella
ragazzina, una volta lo aveva aiutato quando si era sbucciato un
ginocchio, e
anche la sua mamma la conosceva, e ne aveva sempre parlato bene.
«ero andato a
fare la spesa per la mamma. Mentre tornavo giocavo con la mia pallina
magica…quella
che diventa un pesciolino volante…» «ne
ho una collezione,
di quelle» Kozmotis si avvicinò, facendogli un
breve sorriso. Anche lui e quel
bambino si conoscevano, abitava a tre case di distanza sulla stessa
via. «e
poi? Cos’è successo?» «un
bambino più grande
di me mi ha detto che era bella, poi mi ha detto di dargliela, e quando
ho risposto
di no me l’ha presa, e non me l’ha
ridata». Kozmotis
sbuffò,
irritato. «li detesto i tipi così. Senti, se vuoi
possiamo tornare indietro e
convincere quel bulletto a restituirti il maltolto». Il
bambino sorrise
speranzoso, ma Aleha era tentennante. «Kozmotis, non vorrei
che finissi col
metterti nei guai…» «si
tratta di
recuperare una pallina magica da un bambino, non vedo come potrei
mettermi nei
guai. Non finirà mica in rissa! Dai, andiamo, e vediamo se
il bulletto è ancora
lì». Aleha
si passò una mano
sul volto e sistemò il vestito, rassegnandosi a seguirli.
Kozmotis doveva
sempre fare l’eroe della situazione, altrimenti non era
contento! Di solito era
un tratto di lui che amava e ammirava molto, ma era anche una
caratteristica
che purtroppo a volte l’aveva trascinato in qualche scontro,
e non conveniva,
non ora che mancava un mese alla sua entrata in accademia. «eccolo,
è lui!» Kozmotis
lo avrebbe
identificato anche se il figlio degli Starr non gliel’avesse
indicato: era quel
bambino con i capelli nero-blu, ben vestito, seduto su un vecchio tubo
all’interno del parco abbandonato, che giocava con aria
arrogante
e indolente con
la pallina rubata, lanciando ogni tanto qualche occhiata al negozio di
dolci lì
davanti. Aveva qualche anno meno di Kozmotis, si capiva dai tratti del
viso,
ma a
giudicare dalla lunghezza delle gambe non c’era tanta
differenza d’altezza tra
loro. «ehi». Aladohar,
intuendo che
stessero dicendo a lui, si voltò a osservare il gruppetto.
«ehi». “il
bambinetto ha
portato i rinforzi” pensò. La ragazzina mora con
le meches ramate non
lo impensieriva affatto, ma
non poteva dire lo stesso del tizio con i capelli neri e quel naso che
probabilmente mamma Iyra avrebbe definito “notevole”.
Era alto quanto Nahema, e a guardargli braccia e gambe neppure lui
sembrava
nuovo a corse e allenamenti vari. Se le cose si fossero messe male
forse
avrebbe potuto sfruttare il fatto di essere un
po’più piccolo e quindi forse
più agile, ma nel dubbio sperava che sua sorella uscisse
presto dal negozio di
dolci in cui era -malvolentieri e dopo una tremenda sequela di
rimproveri-
entrata per
accontentarlo, quando le aveva detto di avere fame. «quel
giocattolo non è
tuo, ma di questo bambino, e tu gliel’hai rubato.
Restituisciglielo subito» gli
ordinò seccamente Kozmotis. «suo?
Macché. È mio.
Non devo restituire proprio niente a nessuno». «bugiardo! È mio, lo sai che è
il mio! Ridammelo!!!» gridò il
bambino. Kozmotis
non conosceva
il nome di quel tipo, ma già lo detestava. «quanto
si deve essere vigliacchi
per rubare un giocattolo a un bambino più piccolo, e poi
negare quello che hai
fatto in modo tanto sfacciato? I bulli non mi piacciono, e mi piace
ancora meno
che se la prendano con i bambini del mio quartiere, per cui-» «bla,
bla, bla!» lo
interruppe Aladohar con una smorfia «che importa a me di
quello che non ti
piace?» Quante
seccature per
una stupida pallina magica. Forse avrebbe potuto evitare di prenderla a
quel
bambino, ma gli era piaciuta, e lui in casa aveva diversi tipi di
giochi ma non
quello, per cui cosa c’era di strano nell’essersene
appropriato? Se quel bambino
gliel’avesse ceduta appena gliel’aveva chiesta, non
avrebbe dovuto
togliergliela di mano. Aleha
lanciò
un’occhiata preoccupata a Kozmotis. Di quel passo avrebbe
dato in escandescenze
da un momento all’altro, e non era proprio il caso.
«Kozmotis, forse è meglio
se lasciamo perdere, lo ricompro io il giocattolo a-» «ma nossignora! Non esiste proprio, Aleha!
Sentimi bene» si avvicinò
minacciosamente ad Aladohar «ora tu restituisci
immediatamente quel giocattolo,
sennò io-» «“sennò”
che? Non mi
faccio minacciare da uno come te, anche se sei più grande
non mi fai paura, e
non mi faccio dire da te quello che devo fare. Se vuoi questa stupida
palla me
la dovrai strappare dalle mani, ma è meglio per te se ne vai
via: sei noioso». Strappargli
la palla
dalle mani? Kozmotis non chiedeva di meglio, e ignorando le proteste di
Aleha agì
di conseguenza, avventandosi addosso a quel piccolo arrogante. «non
so chi sei e cosa
vuoi, ma se tocchi mio fratello io poi “tocco”
te». Se
il bambino bullo non
gli piaceva, quella ragazzina -la sorella, a quanto pareva- per qualche
motivo
gli piaceva ancora meno. Gli trasmetteva una brutta sensazione,
così a pelle,
al di là del fatto che l’avesse appena
scaraventato al suolo. Kozmotis era un
cavaliere, non aveva mai alzato un dito su una donna, eppure quella lì l’avrebbe
presa a pugni
volentieri. «tuo fratello è un vigliacco, un ladro
e un bugiardo che ha rubato
un giocattolo a un bambino più piccolo e ha pure la faccia
tosta di negare
l’evidenza!» esclamò, rialzandosi. Nahema
lo squadrò da
capo a piedi. «cosa saresti, il supereroe del quartiere? Ma
per piacere! E tu»
rivolse lo sguardo ad Aladohar, che
parve rimpiccolire «che bisogno avevi di prendergli quel
giocattolo? Dammelo»
gli intimò bruscamente. “chiunque
sia è
abituata a dare ordini, e si vede” pensò Aleha.
Pur avendo intuìto ciò, però,
non riusciva a capire quanti anni avesse quella ragazzina. La sua
curiosa
pettinatura -una moltitudine di treccine sottili, raccolte in una coda
di
cavallo- non l’aiutava. «mi
piaceva…» borbottò
Aladohar, affrettandosi a consegnare il giocattolo alla sorella appena
questa
tese la mano. «è
l’ultima volta che
ti porto con me, puoi starne sicuro. Ma guarda se devo discutere con
certa
gente per colpa di un cretino» con “certa
gente” ovviamente intendeva il
ragazzino che, se mai un giorno avesse voluto davvero diventare il
supereroe
del quartiere, non avrebbe potuto farsi conoscere in altro modo se non
“Super
Naso”. Non le era ancora del tutto antipatico, ma di sicuro
le dava l’idea di
un povero idiota. «eccoti la palla magica» disse al
bambino, porgendogliela con
una certa grazia «e con questo direi che il caso è
chiuso. Andiamo, Al». «no
invece!» sbottò
Kozmotis, parandosi davanti a Nahema «non mi è
parso che tuo fratello si sia
scusato per quel che ha fatto, quindi il caso non è chiuso
per niente!» D’accordo.
Aveva
capito. Super Naso cercava rogne. «sì che lo
è, ah…come ti chiami?» «sono
Kozmotis
Pitchiner, figlio del tenente colonnello Pitchiner, e se dico che una
faccenda
non è chiusa, allora vuol dire che non è
chiusa!» disse il ragazzino, con
decisione. “e
io sono
l’arciduchessa Nihil Nahema della Casa Aldebaran, per cui il
tuo essere figlio
di un tenente colonnello mi importa meno di zero, ma se non altro
adesso
conosco la vera identità di Super Naso”
pensò Nahema. «e se io dico che fai
meglio a toglierti di torno immediatamente, allora vuol dire che fai
meglio a
toglierti di torno immediatamente. Il bambino ha riavuto il suo
giocattolo, tu
ti sei divertito a fare il supereroe per farti sbavare dietro dalla tua
amica»
Aleha, nel sentirsi nominare in quel contesto, trasalì
«direi che basti». «non
riferirti ad Aleha in quel modo» disse piano Kozmotis,
irrigidendo i pugni
«lasciala in pace». Ormai si erano avvicinati talmente
tanto l'uno all'altra che i loro nasi quasi si sfioravano, e nessuno
dei due sembrava intenzionato ad abbassare lo sguardo. «a
me non importa nulla
né di lei né di te»
disse freddamente Nahema
«togliti
di torno, Super
Naso». Della
serie “la goccia
che fa traboccare il vaso”. «Kozmotis! Me lo sentivo che sarebbe
finita male, me lo sentivo!...»
Aleha si mordicchiava le unghie, avrebbe voluto fermarli, ma come farlo
senza
finire a farsi colpire a sua volta? Kozmotis
cercò di
assestare un pugno dritto in volto a Nahema, ma invece fu lei a
picchiarlo con
forza ad uno zigomo, facendogli vedere per un attimo un sacco di
scintille
bianche. Lui comunque incassò, non desistette, e mettendo da
parte il dolore
scattò, riuscendo a colpirla dritta all’addome. A
quel punto, vedendola
piegarsi in una posa semi accovacciata, ne approfittò per
darle un colpo in
testa, illudendosi di terminare così la lotta; per un
attimo, vedendo che aveva
ferito la sua avversaria, temette persino di aver esagerato. «e
vai così!» esultò
Aladohar. Aleha
a quel punto non
riuscì più a rimanere ferma a guardare, e
cercò di spingere via Nahema. «basta,
smettila!» «ma
scansati!…» fu
Aladohar, invece, a spingere via Aleha, che riuscì a
reggersi in piedi solo per
miracolo. «è tutta colpa del tuo amico,
gliel’avevamo detto di farla finita!» Vedere
la sua amica
bistrattata, tuttavia, diede a Kozmotis la forza necessaria a bloccare
le mani
di Nahema, e a colpirla in volto con una solenne testata. Stavolta fu
lei a
vedere le scintille bianche, prima di cadere all’indietro. Aleha
prese tra le
braccia il figlio degli Starr, allontanandolo ulteriormente dallo
scontro.
«torna a casa. Corri dalla tua mamma. Sono stata stupida a
non avertelo detto
prima. Vai!» «ma
il tuo amico-» «Kozmotis
se la cava.
Vai!» ripeté Aleha, e dopo un’ultima
esitazione in bambino le obbedì. «vi ho detto di lasciarla in pace!!!»
gridò Kozmotis, avvicinandosi
pericolosamente ad Aladohar. «vi
avremmo lasciati in
pace tutti e due se vi foste fatti gli affari vostri. Non cercavamo
guai, noi!»
ribatté Aladohar, senza indietreggiare di un passo. Il
motivo era semplice:
Nahema si era appena rialzata, e fu lesta ad assalire
l’avversario alle spalle,
bloccandogli il collo in una morsa che se prolungata avrebbe potuto
tranquillamente farlo svenire. «Aladohar…fai
una bella
cosa…stai zitto!»
sbottò Nahema, la
voce spezzata per lo sforzo. Quel tizio era forte quanto lei, non
sarebbe
riuscita a trattenerlo ancora per molto, e tantomeno a farlo svenire.
Urgeva
mollare la presa ed escogitare qualcos’altro. «…Kozmotis!» Una
voce poco distante,
femminile e decisamente adulta. Va’ a vedere che il bambino
della pallina
magica aveva chiamato i rinforzi di
nuovo. Poco male, forse così facendo le aveva
offerto una nuova scappatoia.
Gli
aveva sorriso?...perché? «Kozmotis Pitchiner, che diamine stai facendo?!!» Le
dita del ragazzino
si aprirono di scatto, lasciando che Nahema ricadesse a terra.
Deglutì, e si
volse lentamente a guardare indietro. «ehm.
Mamma…è una lunga faccenda…» Kozmotis
Pitchiner
temeva poche cose, ma sua madre era senz’altro tra queste,
più che altro per
tutti gli inseguimenti e le botte col battipanni sul sedere ogni volta
che
tornava a casa dopo aver fatto a botte. Sua madre non voleva che
andasse a
litigare in giro, non le importavano i perché e i percome, e
Kozmotis doveva
ancora capire per quale miracolo divino avesse più o meno
accettato l’idea che
lui volesse entrare in accademia. «non
devi andare a fare
a botte in giro, te l’ho detto miliardi di volte, e adesso il
discorso è ancora
più valido! Ti sei dimenticato dov’è
che andrai tra un mese?!» la signora
Pitchiner era molto più bassa del figlio e decisamente
paffuta, ma altrettanto
energica «se continui così finirai a metterti in
qualche guaio serio, e allora
potrai dimenticarti l’esercito, perché di
combinaguai nell’accademia militare non ne
vogliono!» Il
figlio degli Starr,
sentendosi in colpa per la predica ricevuta da Kozmotis,
scappò via. Quando
Aleha gli aveva detto di andarsene, e aveva incontrato per caso la
mamma di
Kozmotis, aveva pensato fosse una buona idea dirle che stava succedendo
qualcosa di spiacevole, nella speranza che facesse finire tutto. Era
stato così
in effetti, ma l’umiliazione per quel rimprovero pubblico
si rifletteva
sulle gote rosso fuoco del povero Kozmotis, che trovava il tutto
alquanto
ingiusto. «picchiare
una
ragazzina, poi! Si può sapere cosa ti è saltato
in testa?!» «ma lo vedi come sono ridotto?!»
gridò Kozmotis, inascoltato. «signora
Pitchiner,
Kozmotis ha solo-» provò a dire Aleha, ma venne
interrotta bruscamente dalla
signora con un gesto della mano. «tu
non fai testo,
Aleha, sei una brava ragazza e so quanto vuoi bene a Kozmotis, per
cui so
anche quanto sei pronta a coprirgli le spalle» disse, e si
avvicinò a Nahema,
che era rimasta seduta a terra «qualunque cosa sia successa
con mio figlio mi
dispiace, è un bravo ragazzo ma è tremendamente
impulsivo, e il modo in cui si
è comportato è assolutamente-oh
miei Dei». Per
un istante Nahema
la guardò perplessa, poi notò che la signora
stava fissando il lato in basso a
destra del suo volto, quello dov’era la voglia. Probabilmente
nella lotta il
trucco era andato via in qualche modo, rendendola visibile. Aleha,
in
quell’atmosfera di sbigottimento generale, notò il
fratello della ragazzina
pulirsi la guancia in basso a destra, scoprendo una specie di voglia
che fino a
un attimo prima non si vedeva. Significava di certo qualcosa, ma al
momento non
riusciva a capire di preciso cosa. «oh miei Dei» ripeté
la signora Pitchiner, pallida e incredibilmente
impaurita «milady, sono costernata, io non
avevo…non pensavo…»
balbettò,
prodigandosi nell’aiutare Nahema a rialzarsi
«Kozmotis, scusati immediatamente»
gli intimò la madre, sempre più allarmata
«lo sapevo che un giorno…te l’avevo
detto che non si va in giro a litigare, quante
volte te l’ho detto?!» Kozmotis
ora era
decisamente confuso, e l’agitazione della madre iniziava a
contagiare anche
lui. Non l’aveva mai vista così preoccupata, e
l’aveva vista altrettanto
pallida solo due mesi prima, quando aveva ricevuto la notizia della
morte del
marito. «mamma, ma che succede? Io non
capisco…» «signora,
non dovete
preoccuparvi» disse Nahema, con aria conciliante
«è stato solo un piccolo
equivoco. Mio fratello minore»
indicò Aladohar con un cenno del capo «non si
è comportato troppo bene, sia io
che vostro figlio a quanto pare siamo un po’impulsivi, una
cosa tira l’altra
e…» fece spallucce «sono i rischi che si
corrono quando si esce di casa senza
farsi riconoscere. In un certo senso siamo noi che ce la siamo
cercata». Kozmotis
era allibito quanto profondamente indignato sia per quel cambio
d’atteggiamento della sua avversaria, sia per il
comportamento di sua madre,
sia per aver capito che quella lì si
era lasciata afferrare il collo di proposito, perché sua
madre vedesse lui in atteggiamenti
compromettenti!
«non “in un certo senso”, siete stati
proprio voi a-» «milady,
no, non è
assolutamente colpa vostra e di vostro fratello, non ditelo neppure! E
tu,
Kozmotis, taci! Per gli Dei» si passò una mano sul
viso «sono mortificata,
credetemi…Kozmotis, inginocchiati e scusati come si conviene
per aver alzato le
mani su di lei». «ma
mamma!...» «adesso!» Del
tutto controvoglia,
con lo sguardo ostile e pieno di rabbia per quella che reputava
un’ingiustizia
completa, Kozmotis obbedì alla madre, inchinandosi di fronte
a quella ragazzina
diabolica che detestava, di cui non conosceva neppure nome e titolo.
«chiedo
umilmente perdono per aver alzato le mani su di voi» disse,
col tono di voce
che però suggeriva tutt’altro «milady». «lo
apprezzo,
ma non era
necessario, né io ne mio fratello siamo arrabbiati con
vostro figlio, quindi
che si rialzi pure» disse Nahema. Aleha
notò che, in
tutta la gentilezza che mostrava al momento, non sembrava aver
calcolato
minimamente le scuse di Kozmotis, livido di rabbia e di vergogna.
Occhieggiò
anche il fratello, che osservava la scena con aria decisamente
soddisfatta. Di
sicuro anche la ragazzina provava la stessa cosa, ma era più
brava a
nasconderlo, e Aleha non sapeva dire se fosse meglio o peggio. «permettetemi
di
invitare voi e vostro fratello nella mia umile dimora per offrirvi
assistenza,
milady, è il minimo che possa fare dopo quel che ha
combinato questo
scapestrato!» Nahema
a quel punto
voleva solo togliersi di torno e riprendere la gita, ma quella povera
donna era
veramente spaventata e preoccupata, rifiutare il suo aiuto sarebbe
stato
scortese e, ultimo ma non per importanza, rimanere sarebbe stata
un’ulteriore
seccatura per Super Naso. «accetto la vostra generosa
offerta. Avete la
gratitudine di lady Nihil Nahema, primogenita della famiglia
Aldebaran…» «…e
di Lord Nihil
Aladohar» aggiunse il bambino, affiancando la sorella
«secondogenito». Aleha
impallidì. Lei e
Kozmotis si scambiarono un’occhiata.
L’atteggiamento della signora Pitchiner adesso era molto
più comprensibile: Aldebaran = arciduchi = nobili delle
Costellazioni molto molto in alto. C’era da chiedersi
perché fossero venuti lì, e proprio in
incognito, ma il problema
sicuramente non era quello. La
madre di Kozmotis si
allontanò assieme ai due fratelli, mentre Kozmotis e Aleha
rimasero indietro. «“nobile
sangue, nobile
cuore”?»
così recitava il proverbio riguardante i nobili della Golden
Age «quei
due sono l’eccezione che conferma la
regola» mormorò Kozmotis. «adesso
che so chi sono, se
non ricordo male
sono entrambi più piccoli di noi...fare qualche stupidaggine
è normale, e forse
fai meglio a non dire altro» ribatté Aleha
«se mai spera che lascino perdere sul
serio quel che è successo». «sentimi
bene, né
tu né io
quand’eravamo più piccoli abbiamo rubato un
giocattolo ad un altro bambino, non c'è età che
tenga, e
se sono veramente chi dicono di essere possono comprarsi tutte le
palline
magiche che vogliono!» sibilò il ragazzino
«quell’Aladohar è un piccolo
arrogante, e Nahema è…è cattiva!
L’hai vista come mi prendeva a pugni!» «vi
siete saltati
addosso nello stesso momento, Kozmotis…» «nemmeno
tu mi
sostieni, tu che c’eri?!»
s’infuriò lui, sentendosi tradito «che
razza di amica
sei?! Basta, non voglio vederti più!»
gridò, e si allontanò da lei zoppicando,
incurante dei lividi e di tutto il sangue che gli sporcava il volto e
gli
abiti. Era una reazione piuttosto infantile, ma in quel momento di
sentiva
abbandonato da tutto e tutti, e avrebbe solo voluto che suo padre fosse
lì. Lui
avrebbe capito, lui capiva sempre… «Kozmotis, torna indietro! Kozmotis!» Lei
gli voleva bene,
gli riconosceva tanti pregi, ma purtroppo Kozmotis sembrava incapace di
capire
che il mondo non era tutto in bianco o nero, e sperava per lui che
ciò,
crescendo, sarebbe cambiato. Con un sospiro lo seguì,
augurandosi di riuscire a
farlo ragionare. Quando
tre ore più
tardi Kozmotis, dopo essersi rappacificato con Aleha, tornò
a casa, trovò sua
madre seduta accanto al tavolo, coi gomiti poggiati sul ripiano e il
volto
nascosto tra le mani. La donna, avendolo sentito rincasare,
le tolse, rivelando
un’aria
terribilmente stanca. «siediti» disse, piano. «mamma…» «per
piacere». Dopo
una breve
esitazione Kozmotis si sedette mentre, curiosamente, sua madre si
alzò. Il
ragazzino, perplesso e
un po’preoccupato, la sentì aprire il rubinetto
dell’acqua, e qualche secondo
dopo la vide riavvicinarsi a lui. «solleva
il viso, così
posso dargli una pulita e vedere in che condizioni
è». Kozmotis
obbedì
nuovamente, stupito. Si era aspettato l’ennesima predica, e
invece no, mamma
gli stava pulendo delicatamente il volto con un fazzoletto bagnato, con
l'infinita premura che solo una madre poteva avere. «le
nobili di oggi non
sono più quelle di una volta»
commentò la signora «quella
ragazzina ha solo
undici anni, così mi ha
detto, e a giudicare da quel che vedo picchia duro quanto un ragazzo di
sedici. Il
naso?...» «se
lo tocco fa male,
ma non credo sia proprio rotto-rotto» mormorò
Kozmotis
«o almeno, non
credo». «dopo
chiamo comunque
il medico». Per
un po’nessuno dei
due disse nulla, anche se Kozmotis avrebbe avuto molto di cui parlare.
La
rabbia per l’ingiustizia subita bruciava ancora, ma diminuiva
un po’ad ogni
tocco delicato della madre. «io
non voglio che tu
vada in giro a litigare. Lo sai» esordì
all’improvviso la suddetta «te l’ho
sempre detto. E anche tuo padre te lo diceva». «ma-» «fammi
finire.
Nonostante questo, non pensare che vederti così mi abbia
lasciata indifferente.
Tu sei il mio unico figlio, sei tutto quello che ti rimane, vederti
ferito fa
più male a me di quanto ne faccia a te. Ho agito come ho
fatto per cercare di
arginare i danni, e non compromettere il tuo prossimo futuro. Seguire
le orme
di tuo padre è sempre stato il tuo sogno, nonché
il suo, e anche se io non sono
d’accordo non posso che rispettarlo, e aiutarti ad andare
avanti. Se sono stata
così ossequiosa con quei due, se ho cercato di rabbonirli in
tutti i modi, è
perché la parola di un nobile delle Costellazioni
può distruggere questo sogno
come se nulla fosse. “Nobile sangue, nobile
cuore”…ma il cuore di chiunque
diventa meno nobile, se la sua primogenita torna a casa arrabbiata e
con dei
lividi». «se
lo sarebbero
meritato tutti e due. Lui aveva rubato un giocattolo al figlio degli
Starr…poi
Nahema ha rimproverato suo fratello e glielo ha restituito, ma non
pensava che
fosse necessario scusarsi». «hanno
nove e undici
anni, per cui hanno tempo di migliorare» disse la signora
Pitchiner «anche
perché non penso possano peggiorare oltre». «quindi
tu non pensi
bene di loro!» esclamò Kozmotis, sorpreso. «entrambi
si sono
comportati bene con me, non hanno sbagliato d’un picco, e
proprio per questo dico che non potrebbero essere peggio di
così. Nessun bambino di undici e nove anni, di
natura,
parla e si comporta in quel modo. Era tutta una finzione, e loro erano
veramente bravi» dichiarò
«altri forse non se ne sarebbero
resi conto e li avrebbero trovati deliziosi nella loro gentile
clemenza, ma io
sì. Lei
in particolare, fa quasi paura...Lady Nahema, dico. Spero che la
faccenda finisca qui per
davvero,
che non ci siano ripercussioni, e di non dover incontrare
più nessuno dei due. Io ho fatto tutto quel che
potevo» incluse le pubbliche scuse in ginocchio a cui aveva
costretto Kozmotis, e oh, dover fare una cosa del genere per evitare di
peggio l'aveva seccata eccome. «me
lo auguro anch’io»
disse Kozmotis, con sincerità e rinnovato amore verso sua
madre «…che hai?» «la
speranza vana che
Lady Nahema non riesca a entrare nell’accademia militare
prima che tu ne sia
uscito. Abbiamo fatto due chiacchiere, e sembra che potrebbe
entrare con un anno d’anticipo». «che cosa?! Se finiamo nella stessa sede
potremmo ritrovarci insieme
due anni interi! Non che mi faccia paura, io posso batterla»
puntalizzò «credo. Ma
sarebbe…brutto». “se
siete alla pari
adesso che lei ha due anni meno di te, che ne sai di come saranno le
cose in
futuro?” pensò la signora Pitchiner, senza
esprimersi. «voglio che tu mi
prometta che d’ora in poi starai attento, Kozmotis. Ma
attento per davvero, non
come al solito». Si
guardarono negli
occhi, occhi identici, l’unico tratto che Kozmotis avesse
ereditato da lei. «lo
farò, mamma. Te lo
prometto». «…davvero
vuoi lasciare
che finisca così?» «Aladohar,
sua madre
l’ha rimproverato in pubblico e obbligato a scusarsi in
ginocchio, se ci
accanissimo sarebbe stupido. È solo un tredicenne
disgraziato che si crede un
supereroe, non vale la pena perdere tempo con lui. Non mi importa
niente di
Kozmotis Pitchiner, e non dovrebbe importare nemmeno a te»
aggiunse «imparerai.
Quando avrai la mia età capirai». Aveva
solo due anni più
di lui, undici, e parlava come una
donna vissuta. Avrebbe fatto quasi ridere, se non avesse avuto ragione.
Erano
Aldebaran, avevano degli obiettivi da raggiungere, e dovevano crescere
in
fretta, con tutto quel che comportava… Oh.
Maledizione. «Nahema…vedi
anche tu
mamma, Ralonrin e delle guardie vicino al punto dove noi dovremmo
atterrare?» Certo
che Nahema li
vedeva, e vedeva anche che mamma Iyra, come al solito di una bellezza
quasi ultreterrena nel suo stretto abito dorato, era palesemente
irritata. «mi avevi detto
che Ralonrin dormiva!» «ne
ero convinto! Avevo
controllato! Non dirmi che ha fatto finta…» «a
questo punto direi
di sì. Ultima volta che ti porto dietro, è
deciso» disse, preparandosi ad
atterrare. Aladohar
guardò a
terra, decisamente agitato. «ma se tornassimo indietro e
chiedessimo asilo
politico a Faeliria? A Kitah? A chiunque?» «potremmo
chiedere
asilo politico solo se fossero in un regno diverso dal nostro, e
comunque pensi
davvero che servirebbe a qualcosa? Siamo Aldebaran. Possiamo
proteggerci da
tutto, ma non da noi stessi». Pura
verità. Aladohar
sospirò. «se chiedono dei tuoi lividi diciamo che
sei caduta?» «esatto». Li
aspettava un brutto
quarto d’ora, ma in fin dei conti era giusto così:
come dice il proverbio, “a
ognuno il suo”. Nobili
compresi. Ci
tengo a ringraziare chiunque sia
stato così paziente da leggere fino alla fine :) Prima
che me lo chiediate,
sì, Aleha nel mio immaginario è la futura moglie
di Kozmotis. Lady Pitchiner nel canon è una figura di cui
non si conosce neppure il nome, e tantomeno l'aspetto (ho provato a
cercare informazioni ufficiali a riguardo senza trovarne neanche mezza)
per cui ho potuto farla un po'come mi pareva. Alla
prossima, _Dracarys_
Due figure, una più
piccola dell’altra, si mossero rapidamente in direzione delle
astronavi.
L’obiettivo suo e della
sua famiglia era il regno, ma lei puntava anche a diventare Lady High
General
of the Galaxies, il massimo grado nell’esercito. Se ce
l’avesse fatta, sarebbe
stata la prima donna in assoluto ad ottenere quel titolo.
Aveva preso quella
decisione a sei anni, assistendo a una cerimonia in onore
dell’High General
attuale, e si era detta “un giorno io sarò
lì al suo posto”. Per tale motivo
aveva preteso e ottenuto di iniziare immediatamente
l’addestramento che serviva
-e lo stesso aveva fatto Aladohar, due anni dopo- e grazie a
ciò avrebbe potuto
entrare nell’accademia militare tra un anno, invece che due.
I suoi compagni di corso
sarebbero stati più
grandi di lei, ma ciò non le importava, e non la spaventava:
già adesso Nahema
andava a caccia del punto debole dell’avversario e colpiva
duro, senza mostrare
alcun accenno di pietà, e la cosa funzionava.
Non le importava
neppure che l’allenamento avesse impedito la formazione di
quei minimi accenni
di forme femminili che alcune sue coetanee iniziavano a mostrare. Forse
più
avanti le cose sarebbero cambiate, ma non avrebbe fatto un dramma se
così non
fosse stato: in considerazione di quel che voleva fare, braccia forti e
gambe
in grado di sostenere lunghe corse sarebbero state più utili
di un po’di seno e
un po’di fianchi.
***
L’accademia l’avrebbe
impegnato per dieci mesi all’anno, con uno solo di pausa tra
un quinquemestre e
l’altro. Stare lontano da casa non sarebbe stato facile, ne
era consapevole, ma
avrebbe tenuto duro. Doveva riuscirci. Voleva riuscirci.
Da quando c'era una data precisa per la partenza, i due cercavano di
passare insieme più tempo possibile, consci che avrebbero
sentito vicendevolmente la mancanza l'uno dell'altra, e incuranti delle
chiacchiere originate da quella frequentazione più che mai
assidua. Erano amici, si volevano bene, e non contava nient'altro per
nessuno dei due.
Kozmotis,
da parte sua,
sembrava aver imboccato la strada giusta per finire con
l’essere altrettanto
amato dalla sua gente. Non era un ragazzino disposto a concedere
così
facilmente la propria lealtà e la propria fiducia al primo
che passasse, ma era
un tipo onesto, pronto a dare una mano a chi ne aveva bisogno, e
gentile…con
chi non rompeva le scatole a lui e agli altri, almeno. Detestava i
bulli
arroganti -se ne trovava sempre qualcuno in giro-, chi se la prendeva
con i più
deboli, la falsità, le ipocrisie e le ingiustizie in genere.
Diventando un guerriero
come suo padre avrebbe potuto combattere tutto ciò, o
così lui credeva
fermamente.
Poi
certo, c’era anche
il sogno di diventare Lord High General of the Galaxies, che cullava
sin da
bambino. Di solito a ottenere quel titolo era qualche nobile delle
Costellazioni -sempre per merito, per carità- ma se fosse
diventato molto,
molto, molto bravo non sarebbe
stato
un sogno impossibile, e suo padre, che sicuramente vegliava su di lui
dal regno
degli spiriti, ne sarebbe stato orgoglioso.
Appena
gli ebbe stretto
il polso, però, qualcuno lo afferrò da dietro
facendogli perdere l’equilibrio e
lo scaraventò a terra con forza. Kozmotis per fortuna
riuscì a cadere bene, e
appena toccata terra era già pronto a rialzarsi, con gli
occhi puntati sulla
sua nuova avversaria, una ragazzina alta quanto lui -e a giudicare
dalla mossa
che aveva appena fatto anche altrettanto forte- che lo stava fulminando
con lo
sguardo.
L’istante
dopo Nihil
Nahema e Kozmotis si saltarono addosso contemporaneamente, entrambi con
l’intento di spaccare la faccia all’avversario.
Finirono però col bloccarsi a vicenda le mani,
fronteggiandosi senza dire una parola in una
prova di
forza in cui nessuno dei due sembrava prevalere. Nahema fu la prima a
lasciare
la presa, e si abbassò velocemente per assestare a Kozmotis
un calcio dritto
allo stomaco che egli, tuttavia, riuscì a parare
efficacemente.
Comprese
che sbagliava
appena Nahema strinse il suo avambraccio destro in una morsa e, dopo
averlo
tirato giù
in avanti, gli scagliò un pugno dritto sotto al mento che lo
fece cadere
all’indietro. Non contenta di ciò, la ragazzina si
lasciò cadere in ginocchio
sul suo ventre, iniziando a prendere a pugni ogni centimetro quadrato
del suo
corpo che riuscisse a raggiungere, e quando sentì il
“crack” del naso di
Kozmotis, che si incrinò, tutto pensò meno che di
aver esagerato. Le regole
erano sempre le stesse: colpire duro e colpire senza pietà.
Kozmotis
non aveva
sentito la voce chiamarlo, ma sentì Nahema lasciare la presa
sul suo collo, e
non esitò ad approfittarne, volgendosi verso
l’avversaria, che aveva le braccia
lungo i fianchi e il mento sollevato. Il ragazzino la vide come
un’occasione
d’oro e, senza esitare, afferrò il collo della sua
sfidante, e la sollevò
persino da terra. «hai finito di giocare, eh?!» le
ringhiò contro con rabbia
«tu e tuo fratello non-»
Era
suo padre a
comprenderlo -seppure non approvasse la sua eccessiva
impulsività in certe
cose- e lui ormai non c’era più.
***
***
Per il resto, chi segue la mia pagina su FB, o il mio profilo su
Manga.it, probabilmente già conosce Nahema, Aladohar e gli
altri Aldebaran, ormai adulti -e no, la madre di Kozmotis non ha
sbagliato di di loro, li ha inquadrati più che bene :'D-
.