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Autore: Maty Frost    28/12/2015    2 recensioni
"Scortare un unico pony alla biblioteca? Cosa c'è di più facile?"
Si, certo. Potrebbe capitare di tutto. Veramente di tutto....
Genere: Generale | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Altri, Nuovo personaggio
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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                                                                                                                                                                                                                                                  Giorno 25, 12°mese

Gentile Miss Wasp,
Sono venuto a sapere che sarà lei a condurmi al luogo prestabilito dalla Corporazione, e mi sento in dovere di ringraziarla in anticipo per il disturbo spero non troppo gravoso che si sta prendendo.
Cercherò in tutti i modi di venirle in aiuto, e per questo, ho già stabilito tutto affinché il nostro incontro si svolga senza incidenti; l’attenderò esattamente davanti alla porta della FDI, fabbrica che si occupa della produzione di medicinali e che si trova nell’area nord di Ponyville, come le sarà certamente stato detto dalla suddetta Corporazione.
Mi riconoscerà grazie al cappello a cilindro nero con una fascia bianca che indosserò, e la prego di indossare a sua volta un foulard, di colore scuro, in modo che anche io possa riconoscerla.
Confido che sarà lei a occuparsi del mezzo di trasporto, ma la avviso che non amo viaggiare su mezzi pubblici e la esorto a procurarsi un mezzo privato.
L’incontro avverrà il giorno 20 di questo mese, alle 11.00 precise.
Cerchi di essere puntuale.

                      

                                                                                                                                       

La lettera era firmata con una calligrafia svolazzante da Maple Syrup, e mi era stata recapitata quella mattina dal postino.
Dal postino!
Chiunque, e sottolineo chiunque, avrebbe potuto intercettare e aprire quella busta, leggere il contenuto e arrivare prima di me all’appuntamento.
Il sigillo di ceralacca era ancora integro, ma non significava nulla.
Ma se il danno era stato fatto, non avrei potuto farci niente, se non tenere gli occhi bene aperti e sperare per il meglio.
Il contratto doveva essere portato a termine, e mi stavo preparando il meglio possibile: avevo anche cercato informazioni su questo Maple Syrup, un ricchissimo mercante di Manehattan, uno di quelli che vivevano nelle enormi ville e che davano feste ogni giorno; in passato era apparso molte volte in fotografie ufficiali con le Principesse, e anche ora aveva molta influenza in tutta Equestria.
Sempre grazie alle fotografie ero riuscita a farmi un’idea dell’aspetto del simpatizzante: manto bianco pezzato e criniera colore dello sciroppo d’acero, pettinata all’indietro da chili e chili di brillantina; a quanto sapevo, indossava sempre la stessa identica giacca di seta.
E dall’espressione, non doveva essere nemmeno troppo sveglio. Considerato anche il fatto che mi aveva spedito una lettera -che doveva rimanere segreta- con il postino.
Comunque sia, mi ero preparata altri piani di riserva, nel caso quello che il mio “caro” simpatizzante mi aveva “gentilmente” fornito avesse fallito.
Ero riuscita a fargli arrivare un telegramma stenografato- sapevo che era in grado di leggerlo- dove lo avvertivo che, in caso di problemi, ci saremmo incontrati dentro la FDI.
Lui doveva solo entrare,con la scusa di voler visitare la fabbrica -cosa abbastanza facile e stravagante, per uno ricco come lui- e aspettarmi in un punto qualsiasi della fabbrica: io l’avrei rintracciato grazie alle telecamere di sicurezza, che avrei poi disattivato per poter uscire indisturbati.
Beh, i piani erano già pronti e inviati alla Corporazione. Non mi restava che aspettare.

 

Avevo aspettato abbastanza. Un’ora, per la precisione.
Era il giorno venti, e lo stavo aspettando nel posto prestabilito, davanti all’ingresso della fabbrica, dalle dieci del mattino-anche se l’appuntamento era alle undici, volevo essere sicura che non ci fossero problemi- ma di Maple Syrup nemmeno l’ombra.
Non potevo nemmeno avere confuso il luogo dell’appuntamento visto che la fabbrica, senza contare l’unica uscita di sicurezza, aveva solo un ingresso; durante quell’ora, avevo percorso avanti e indietro il viale su cui dava l’ingresso, mi ero fermata a leggere un libro su una panchina lì davanti, ma non avevo mai perso di vista l’entrata.
Mi strinsi nel foulard grigio cenere che mi ero messa, e mi guardai di nuovo attorno: nessuno che corrispondesse alla descrizione di Maple, ma in compenso avevo visto almeno tre stalloni con il cilindro in testa; nessuno aveva una fascia bianca legata ad esso.
Per sicurezza mi ero anche avvicinata a loro, ma non avevano dato segno di riconoscere il foulard.
All’inizio avevo anche pensato che Syrup avesse confuso un’altra giumenta per me, e fosse finito nei guai, ma avevo capito che non era possibile: a giudicare dagli sguardi orripilanti delle giumente che mi passavano vicino, i foulard grigi erano fuori moda.
Qualcuno aveva davvero intercettato la lettera e mi aveva preceduta? Ma non avevo mai visto Syrup avvicinarsi all’ingresso, e nemmeno entrare nella fabbrica!
Avevo lanciato anche un piccolo incantesimo, che mi permetteva di sapere se qualcuno, nelle vicinanze, avesse intenzioni ostili, ma aveva dato esito negativo: nessuno aveva scoperto niente.
Allora dov’era?!
Osservai di nuovo: un viavai di pony vestiti elegantemente passeggiava nel viale di fronte alla fabbrica, incurante del cielo plumbeo che prometteva pioggia: osservavano le vetrine dei negozi lungo la strada, trascinando dietro di loro sacchetti e buste piene dei precedenti acquisti.
Tutti ignoravano la fabbrica,l’unico edificio grigio, che stonava con le luci colorate dei negozi, con le finestre chiuse da sbarre di ferro che facevano sembrare il tutto una prigione. Da dentro si sentivano provenire i rumori delle turbine e le grida degli operai che azionavano le leve.
L’ingresso, che occupava la parte centrale della facciata del palazzo, era enorme, incavato all’interno della parete, con una porta gigantesca dai battenti in ferro.
Solo una porticina, incastrata in quelle decisamente troppo grandi e inutili ante si apriva per vomitare fuori pony operai che trasportavano ai camion parcheggiati lì davanti casse piene di medicinali.
Ma nemmeno tra di loro vidi Maple Syrup.
Decisi di controllare anche all’interno della fabbrica.

 

L’interno era più grande di quanto non sembrasse vista da fuori, ma conservava comunque lo stesso aspetto tetro dell’esterno: le pareti erano grigio cemento, percorse da tubature che si diramavano per tutto l’edificio e che poi andavano a finire nelle enormi vasche piene degli ingredienti  per i medicinali, intrugli dagli strani colori, resi ancora più inquietanti dalle luci fredde che cercavano di illuminare l’ambiente ma che davano all’insieme un aspetto da ospedale.
L’ala ovest dell’edificio era uguale, a quanto sapevo.
Io ero nell’ala est.
Mentre trottavo lungo il corridoio diedi qualche occhiata ai pony che mi passavano frettolosi accanto: tutti avevano le stesse tute blu e bianche con tanto di elmetto blu incorporato, come quella che avevo rubato dallo spogliatoio, ma nessuno di loro aveva il manto bianco pezzato e la criniera del colore dello sciroppo.
E, purtroppo, era questo il fortunato stallone che cercavo.

Ma una cosa per volta. Prima le telecamere.
Per essere una semplice fabbrica di medicinali, aveva un sistema di sorveglianza avanzatissimo: la porta principale e quelle riservate allo scarico delle merci erano sorvegliate da diverse guardie, e superate loro ce ne erano altre che controllavano i pass degli operai.
Io avevo faticato parecchio per passare, ma con un pass falsificato in precedenza e con un rapido cambio d’identità ero entrata senza destare sospetti.
Poi, c’era il problema delle telecamere, nascoste in ogni angolo: per disattivarle avrei benissimo potuto staccare la corrente in tutta la fabbrica ma si sarebbero subito accorti del problema, e bloccato la mia fuga con il simpatizzante. Senza contare che il contratto richiedeva chiaramente molta discrezione e un blackout avrebbe gettato in allarme molti.
Mi sarei dovuta intrufolare nella sala di controllo e sabotare da lì le telecamere; nessuno si sarebbe accorto del problema fino al giorno successivo, e avrebbero pensato ad un errore nel sistema.
Avrei anche cercato Syrups dalle telecamere, risparmiandomi ore di ricerche e con i sistemi di sicurezza fuori uso lo avrei portato fuori con tranquillità. Questo secondo il mio “piano B”.
La porta della sala di controllo era in fondo al corridoio, senza nessun tipo di sorveglianza: assomigliava a tutte le altre porte e non era contrassegnata in nessun modo.
Chi non sapeva dove guardare sarebbe andato dritto senza notarla, ma io avevo studiato la mappatura dell’edificio -nel caso anche il piano “B” fosse fallito, era meglio avere una via di fuga pronta- e sapevo cosa fare.
Cosa alquanto strana, il corridoio non aveva telecamere, e non c’era nessuno né in giro, né dentro la stanza, così potei intrufolarmi senza incrociare problemi; una volta entrata mi ritrovai nella “sala di comando dell’Enterprise”.
Ok, forse non era un commento molto appropriato, ma il paragone calzava a pennello!
La stanza era angusta, ma erano riusciti a stiparvi dentro computer, monitor, comandi, e chi ne ha più ne metta; tutti i monitor erano accesi e illuminavano la stanza mostrando le immagini di operai che lavoravano senza sosta, e si calavano vicino alle vasche dei medicinali con imbracature e sistemi di sicurezza al limite delle norme assicurative.
Vidi addirittura un unicorno che precipitava da una impalcatura in legno fatiscente che non aveva retto il suo peso. Fortunatamente venne ripreso da un pegaso, ma questo non sminuì la mia rabbia.
Una volta terminato il contratto con la Corporazione, avrei fatto in modo di dare una bella lezione ai proprietari.
Ma per quel momento, dovevo concentrarmi sulla missione.
Percorsi con lo sguardo i venti monitor che avevo davanti, concentrandomi anche sui particolari, ma non riuscii a trovare Syrup da nessuna parte.
-“Come è possibile?”. borbottai:-“ Non era fuori. Non è dentro la fabbrica, e se prima c’era non può essere uscito, le guardie non l’avrebbero fatto passare, eppure non lo vedo…dove è?! Devo portarlo al sicuro, Luna dannata, ma se non si presenta all’appuntamento che lui mi aveva dato e non si fa trovare, come faccio!”-
Battei frustrata uno zoccolo a terra e presi un respiro profondo: dare in escandescenze non mi avrebbe aiutato a trovare nessuno.
“-Ok. Riflettiamo. Probabilmente Syrup non è così stupido come credevo e si è nascosto da qualche parte lontano dalla vista delle telecamere, in attesa di farsi trovare, anche se gli avevo detto di mettersi in bella vista.
Ora, le telecamere sono inattive negli uffici dei dirigenti, nei corridoi di emergenza e nel piccolo magazzino vuoto in fondo all’ala est. Probabilmente si è nascosto lì. Andrò a prenderlo. Ora le telecamere.”-
Feci fluttuare fuori dalla tasca della tuta un piccolo trasmettitore di onde medie, che avrebbe disattivato le telecamere per tutto il giorno, consentendomi di agire indisturbata: solo, doveva essere posizionato vicino agli schermi, e questo rendeva la cosa più difficile, visto che i suddetti schermi erano troppo in alto.
Non riuscivo a vederli bene, e questo li escludeva dal mio campo telecinetico; fortunatamente, la Corporazione mi venne in aiuto: grazie alle modifiche che mi avevano apportato, riuscii ad alzarmi un po’ traballante sugli zoccoli posteriori e….wow! Il mondo da lassù sembrava più piccolo!
Riuscivo a vedere bene i monitor. Con la magia posizionai il trasmettitore e lo nascosi con un incantesimo di invisibilità permanente.
Nessuno lo avrebbe visto.
Tornai su quattro zoccoli, controllai di non aver lasciato tracce e mi affacciai cautamente dalla porta: nessuno passava, e potei uscire; percorsi il corridoio all’inverso, immettendomi nella massa caotica nell’atrio, mi arrampicai sulle impalcature di metallo traballanti, consumate dagli zoccoli che ogni giorno le percorrevano, mi inoltrai all’interno della fabbrica superando i sempre più rari operai raggruppati in piccoli gruppi e lì mi fermai di botto.
-“ …non saprei come fare senza…”-
-“ Già. Fortunatamente è compresa nella paga. Finché le Guardie non si accorgono di niente, siamo tranquilli.”-
-“Ah! Figuriamoci se vengono a fare dei controlli, con tutti i problemi che si ritrovano! E anche se trovassero il tempo per venire a ficcare il muso qua dentro, non penso troveranno mai la stanza dove il capo produce la Dash ”-
Due operai si passavano delle buste trasparenti,  contenenti una sostanza bianca, granulosa che a giudicare dai loro discorsi non era zucchero.
Ora. Tra tutte le fabbriche di Ponyville, proprio quella che produce droga mi doveva capitare?!
Mandai qualche accidente e continuai a camminare per il corridoio, più lentamente, cercando di captare il discorso che i due operai stavano continuando: uno di loro scoppiò a ridere, uno smilzo, basso e un po’ nevrotico, a giudicare il tic all occhio che lo tormentava:-“ Hai proprio ragione! Non saprebbero dove cercare, è nascosto troppo bene!  A chi verrebbe mai in mente di cercare nei bagni?!-
Non capii subito il senso dell’ultima frase, ma non feci in tempo a riflettere meglio che il piccoletto si era avvicinato all’altro, magro anche lui ma alto il doppio,  con l’aria saccente e soddisfatta di uno che sa una notizia succosa, e che non vede l’ora di raccontare.
Infatti:-“ Sono appena tornato dal magazzino; Maximus mi ha raccontato una cosa interessantissima!
L’altro si chinò in avanti, spalancando gli occhi facendogli segno di continuare.
-“Ieri notte qualcuno è riuscito ad entrare nella fabbrica!”-
Mi fermai: possibile che….?
Anche l’altro operaio era stupito, e fissava il compagno con gli occhi spalancati, facendogli cenno di continuare; mi avvicinai anche io, curiosa di sentire. Appena mi videro, i due mi lanciarono occhiate sospettose, ma li rassicurai:-“ Piacere, Wrench.”- mi inventai un nome su due zoccoli
- “Ho sentito la vostra conversazione: davvero un ladro si è intrufolato qui stanotte? I”-
Lo stallone si lisciò la criniera, compiaciuto di aver trovato un altro spettatore:-“ Beh, ladro è una parola grossa. Non ha rubato niente.”-
-“Niente?”-
-“Assolutamente niente. Ha solo forzato la porta, è entrato ed è sparito nel nulla. Di certo non è uscito: a quanto ho saputo, il capo è arrivato pochi minuti dopo di lui, ha visto le porte spalancate e ha chiamato una guardia. Hanno perquisito l’intera fabbrica, ma non hanno trovato tracce del intruso: probabilmente è caduto in una delle vasche ed è affogato.”-
-“Oh.”- questo poteva essere un problema:”- Ma il…cadavere non è stato ritrovato?”- chiesi aggrappandomi a questa speranza.
-“ No. Secondo me le turbine l’hanno fatto a pezzi.”- ghignò, come se l’idea gli piacesse.
Ma non potevo perdermi in considerazioni riguardo l’inquietante necrofilia dello stallone: se quello che aveva raccontato era vero, ero decisamente fottuta. Maple Syrup era morto, io avevo fallito la missione, e Saxton Hale mi avrebbe riempita di pallottole.
E il peggio era che me lo meritavo. Dovevo ammetterlo, ero stata una stupida irresponsabile, e adesso dovevo pagarne le conseguenze….
-“ Io non credo”-
L’intervento del operaio mi fece uscire dal labirinto di commiserazione in cui mi ero chiusa.
-“ Io non credo sia morto, né affogato né fatto a pezzi dalle turbine.”
La sua affermazione fu come una boccata d’aria fresca per me. Un po’ meno per il suo amico.
-“ Come sarebbe a dire che non è morto!?”- era palesemente seccato per essere stato smentito.
-“ Un mio amico lavora alle vasche. Proprio stamani si lamentava di un guasto alle turbine; non le hanno attivate stamani, per fare dei controlli, quindi il corpo non può essere stato fatto a pezzi.”-
-“ Beh, magari il cadavere è rimasto incastrato tra le ventole, per questo il guasto!”- l’altro non demordeva
-“ No, il problema c’è stato ieri sera, poco prima della chiusura, per questo il capo ha rimandato i controlli a stamani.”-
Stavo per saltare al collo del mio “salvatore”, ma mi trattenni e indossai una maschera di cortesia pacata:-“ Beh, è stato molto interessante. Adesso però scusatemi, devo proprio andare”-
Salutai entrambi e me ne andai, assorta nei miei pensieri:
“Non è morto! Si è davvero nascosto! E’ fantastico! Probabilmente ha scoperto che qualcosa in questa fabbrica non andava e questa notte è andato a controllare!” la gioia per la scoperta fu per un attimo offuscata dalla rabbia per il fatto che non mi avesse avvertito, ma lasciai perdere, troppo presa dai miei ragionamenti: “ L’arrivo del dirigente non gli ha permesso di uscire, per questo si è nascosto nel….nel magazzino…”
Non era possibile. L’operaio aveva detto di essere appena uscito dal magazzino, e il magazzino più vicino era quel magazzino. Non poteva essersi nascosto lì.
Mi sedetti in un angolo: “Non è nel raggio d’azione delle telecamere, ma gli unici posti fuori dalla loro vista sono il magazzino, ma non è lì, i corridoi d’emergenza, ma sono trafficati e troppo scoperti, e l’ufficio del dirigente, ma non può essere, l’avrebbero già trovato.
Un altro posto dove potersi nascondere…un altro posto…”
Mi tornò in mente qualcosa che aveva detto l’operaio:”A chi verrebbe mai in mente di cercare nei bagni?”
Nei bagni non c’erano telecamere. Nessuno avrebbe cercato il “ladro” nei bagni!
Mi alzai sugli zoccoli, ripensando alla mappa della fabbrica: i bagni più vicini dovevano essere qualche corridoio più in là.
Trottai più velocemente possibile, ma cercando di non destare sospetti; in poco tempo ero davanti alla porta:-“ Speriamo sia il bagno giusto….non ho più tanto tempo….”- borbottai, e accostai l’orecchio alla parete per sentire se c’era qualcuno all’interno-era il bagno degli stalloni, sarebbe stato alquanto imbarazzante entrare di colpo se ci fosse stato qualcuno-.
Non sentivo nessun rumore; spinsi lentamente la porta e mi affacciai: i bagni erano spaziosi, forse troppo, con il pavimento lucido e le porte ancora nuove, senza nessuna scritta; sembravano nuovi anche i lavandini e gli specchi.
Sembrava tutto a posto. Poi sentii il gemito.
Semi-nascosto dietro una porta, intravidi uno zoccolo, per terra, sistemato in una posizione innaturale.
Corsi a vedere, e mi si gelò il sangue nelle vene.
Avevo sbagliato: Syrup era entrato sì nella fabbrica, ma non per saperne di più sui suoi loschi traffici; e non era stato costretto a nascondersi perché vistosi scoperto.
Semplicemente, non poteva, perché in quel momento giaceva sul pavimento, ed era palesemente fatto.
Quello che prima avevo scambiato per un gemito era il suo russare sommesso: vicino a lui  delle siringhe erano sparse sul pavimento, vicino ad un vistosissimo cappello a cilindro e dietro di lui era aperta una porticina, mimetizzata alla perfezione con la parete, dalla quale riuscivo a vedere file e file di sacchi pieni di droga.
Avevo trovato il deposito “segreto” della fabbrica, ma soprattutto avevo trovato il simpatizzante.
Adesso, dovevo solo portarlo fuori.
Feci sparire le siringhe, chiusi la porta del magazzino, sollevai  di peso Syrup con la magia, aprii il rubinetto del lavandino e infilai la testa dello stallone sotto l’acqua; funzionò: aprì gli occhi rabbrividendo e tirandosi via dal getto d’acqua fredda e mentre cercava di mettere a fuoco gli passai un asciugamano.
-“ Signor Syrup. Sono Lisbeth Wasp.”- gelida.
-“Co-cosa?”- aveva ancora lo sguardo annebbiato, ma almeno era sveglio.
-“Devo portarla via.”- continuava a fissarmi tra le ciocche caramello della criniera bagnata senza capire.
Allora lasciai perdere la democrazia e dopo essermi assicurata che si fosse asciugato a dovere, attivai la mia magia e cominciai a cambiare il suo aspetto: in poco tempo avevo cambiato l’unicorno dal manto bianco pezzato che si lamentava per i vestiti bagnati in un pony terrestre dal manto cinerino e la criniera blu che si lamentava per il dolore.
Bene.
Gli diedi un’altra tuta da operaio che avevo preso, poi dissi:-“ Signore, mi ascolti. Adesso la porterò fuori di qui, ma lei deve fare esattamente come le dico. Chiaro?”-
Lui storse il muso seccato:-“Ma veramente….”-
Lo interruppi:-“ Chiaro?- e lo guardai con una delle mie peggiori occhiatacce; lui si zittì.
-“Ascoltami. Se qualcuno chiede qualcosa, noi siamo due operai di passaggio, abbiamo portato qui i rifornimenti di fieno e biada, dal campo  settentrionale di Ponyville; ci siamo fermati qui per riposarci e per sgranchirci gli zoccoli e adesso stiamo tornando indietro.
Comunque sia, lascia parlare me. Capito?”-
-“ Capito”.-
Mi guardò leggermente spaventato, e io mi compiacqui nel vedere che il mio comportamento freddo e distaccato facesse effetto e fosse credibile, anche se dentro ribollivo di rabbia.
-“Bene. Andiamo.”-
Sbirciai dalla porta del bagno, e appena ci fu via libera uscimmo e percorremmo il corridoio, immettendoci nel viavai degli altri operai; Syrup continuava a guardare schifato la divisa un po’ sporca di grasso che stava indossando, rimpiangendo la giacca di seta, ma per il resto si sta comportando bene e mi seguiva docilmente.
Quando arrivammo nelle vicinanze della porta di uscita tirai un sospiro di sollievo: il grosso ormai era fatto. Subito dopo mi pentii di aver pensato così positivo, perché non c’è limite al peggio.
Nei dieci passi che ci separavano dall’uscita, potevano fermarci per qualsiasi motivo, Syrup poteva rovinare tutto con il suo irritante modo di parlare da “aristocratico”, potevano scoprire che qualcuno era entrato nel magazzino…..
No! Eravamo usciti! Finalmente!
Tirai un sospiro di sollievo: finalmente il mio piano stava andando per il verso giusto.
Feci salire Syrup sulla macchina -che fortunatamente non era tata rubata; non si sa mai- e misi in moto, risalendo lungo la strada e stando attenta ad ogni minimo particolare: non potevo permettermi un altro ritardo, una multa o altro, era già passata un ora e il contratto specificava rapidità.
Fortunatamente le strade erano libere: i pochi veicoli che riuscii a vedere erano quelli degli addetti alle pulizie, che ripulivano i coriandoli, le cartacce e gli altri rifiuti della festa.
Il venticello freddo portata l’odore delle ciambelle calde e dello zucchero filato che alcune bancarelle ai lati della strada avevano venduto fino a poco tempo fa; appese alle finestre c’erano ancora le decorazioni della Festa dell’Amicizia, ormai passata da un po’.
Schivai con facilità una pattuglia di Guardie, infilandomi in una stradina laterale, e finalmente arrivai in vista della biblioteca-albero; in pochi minuti saremmo arrivati.
Furono i “pochi minuti più snervanti della mia vita: considerata la sfortuna che mi aveva colpito precedentemente, mi aspettavo qualche catastrofe imminente, ma fortunatamente arrivammo davanti alla porta senza incidenti; mentre scendeva dall’auto, Maple Syrup barcollò un istante, ma per il resto sembrava a posto.
Rivolsi la mia attenzione allo stallone  che fumava seduto su una sedia di legno, al fianco sinistro della porta d’ingresso, come la Corporazione aveva detto: mi avvicinai tranquilla, con Syrup che mi seguiva a breve distanza.
Lo stallone alzò lo sguardo verso di noi, aggrottando leggermente le sopracciglia alla vista delle nostre tute da operaio: ignorando il suo sospetto gli dissi:-“Cazzo fumi, che dai fuoco alle foglie?”-
L’espressione soddisfatta dell’operatore non fu niente in confronto all’espressione scandalizzata di Syrup nell’udire quella frase: mi sarei volentieri messa a ridere, ma l’operatore ci fece segno di entrare nella biblioteca.
Una volta dentro lasciai andare l’incantesimo di metamorfosi che avevo lanciato su Syrup e gli ridetti indietro la sua giacca di seta: il cappello a cilindro era finito nel cestino appena usciti dalla fabbrica, ma non pensavo Syrup se la sarebbe presa.
Infatti non disse niente, ma mi ringraziò con aria supponente.
Viscido e appiccicoso come il suo nome”
Quando finalmente me ne andai dalla biblioteca, tirai un sospiro di sollievo.
Ora, non mi restava altro da fare che aspettare.

 

 

 

 

   
 
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