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Autore: fireemeetgasoline    10/01/2016    0 recensioni
La vita di Louis è un susseguirsi di grigi, grigi pallidi e grigi scuri e neri. Potrà uno sconosciuto, con cui non è destinato ad incontrarsi, sconvolgergli l'esistenza?
(Louis/Harry)(11k)
Genere: Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Harry Styles, Louis Tomlinson, Un po' tutti
Note: AU | Avvertimenti: nessuno
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“I never wanted anything so much
Than to drown in your love and not feel your rain.”
 
 
 
 
Studenti carichi di libri e con le borse sotto gli occhi, uomini e donne d’affari tirati a lucido con valigette di pelle e auricolari nelle orecchie, gente che cerca di fuggire alla quotidianità. Questo è lo spettacolo a cui assiste Louis Tomlinson ogni giorno.

È da ben due anni che è costretto alla vita da pendolare, e in tutto quel tempo lo spettacolo non è mai cambiato.

Stamattina, un giovedì di una fredda ed uggiosa giornata londinese, Louis riesce a prendere posto di fronte ad una studentessa. Tiene un libro di storia sulle gambe e ripete la lezione a voce bassa, ma comunque udibile. Arrotola senza sosta una ciocca di capelli intorno all’indice, un tic per scaricare la tensione, ma Louis inizia ad essere infastidito da quel gesto. Così infila le cuffie nelle orecchie e si isola dal mondo esterno.

Il tragitto per raggiungere il posto di lavoro è breve, solo una ventina di minuti in cui tutto quello che può fare è ascoltare musica.

“Buongiorno Louis,” esclama Eleanor, non appena adocchia Louis nell’ufficio. Louis ricambia il saluto con un cenno della testa e si avvia alla macchinetta del tè.

Ah, la dolce e cara Eleanor. Lei e Louis erano stati assunti alla ditta farmaceutica Payne più o meno nello stesso periodo. Il lavorare a due scrivanie adiacenti aveva fatto nascere tra loro un’amicizia molto superficiale. Si limitavano a spettegolare sui colleghi durante la pausa sigaretta e la pausa pranzo ed a discutere della vita sentimentale di Eleanor. Niente di più, niente di meno.

La giornata scorre velocemente, senza intoppi. Louis è costretto a bussare alla porta di Liam solo una volta per chiedere aiuto per una pratica.

È abbastanza soddisfatto di se stesso quando raccoglie le sue cose e saluta Eleanor con un allegro “Ciao Els. Buona serata!”.

Tutto quello che deve fare ora è passare a prendere la solita pizza al prosciutto e trovarsi con Stan, Aiden e altri amici per la partitella a calcio - come succede ogni giovedì.

Ed è proprio questo il problema, pensa, non appena mette piede nell’appartamento. Louis è costretto alla solita triste routine, giorno dopo giorno.

La vita di Louis è un susseguirsi di grigi, grigi pallidi e grigi scuri e neri. Mai uno sprazzo di colore.

Tutto era cominciato due anni prima. Aveva un proposito, diventare chirurgo plastico, ma lo aveva perso e aveva mollato l’università a metà semestre. Si era irrimediabilmente perso. Come quando si smarrisce la strada, e si continua a vagare in cerca di punti di riferimento, ma invano. Come un marinaio che guida una nave attraverso la tempesta, ma deve arrendersi alla forza del vento e delle onde. Louis aveva mollato.

Sarà sempre grato a Liam che, in quel momento di crisi, aveva parlato con il padre che l’aveva assunto alla ditta farmaceutica Payne. Quella doveva essere una situazione momentanea, in attesa che passasse la tempesta, ma non era mai successo. Era ancora in balia del vento e delle onde, senza le forze necessarie per mettersi in gioco.

Louis era diventato un fantasma di se stesso, costretto a vedere le stesse facce tutti i giorni, ad avere relazioni superficiali, intrappolato in una routine piatta e noiosa.

Louis Tomlinson aveva un proposito, ma l’aveva perso, ed ora la sua vita è un triste film in bianco e nero.

.

Quella mattina, Louis viene svegliato dalla vibrazione incessante del telefono. Allunga un braccio, tastando il comodino. Solo una persona può chiamarlo a quell’ora, quindi risponde senza aprire gli occhi.

“Mamma,” borbotta nel telefono, con la voce impastata dal sonno.

“Buongiorno, raggio di sole,” esclama sua mamma all’altro capo.

Jay è sempre stata una presenza positiva nella vita di Louis. Quando era stato necessario, era stata un’amica per lui. Nel momento in cui ha deciso di lasciare l’università, sua madre ha saputo ascoltarlo in un modo in cui Liam e Zayn non hanno potuto fare. Non ha messo in discussione la decisione di Louis, non ha cercato di fargli cambiare idea, ma gli ha suggerito di fare ciò che lo rendeva felice. E chiaramente, continuare gli studi non lo avrebbe reso felice, avrebbe solamente aggravato la situazione. Per sua madre, Louis era un libro aperto.

Mentre Jay racconta dello spettacolo di danza delle gemelle, Louis si stiracchia, si alza dal letto e si avvia in cucina per prepararsi un tè.

“E Phoebe è preoccupata di non riuscire in quel salto dal nome impronunciabile,” ride Jay nel telefono.

“Adorabile,” replica Louis, sorridendo al pensiero della sorellina.

Gli mancano le ragazze e sua madre, naturalmente. Negli ultimi anni, era tornato a casa solamente per le feste ed alcuni weekend in cui aveva voluto allontanarsi dalla vita frenetica di Londra.

“Come procede nella grande città?” domanda Jay.

“Procede,” risponde, mescolando il tè e soffiando sulla tazza troppo calda.

“Tesoro, lo sai che puoi parlarne con la tua mamma, sì?”

“Mi sembra di essere fermo nello stesso punto, mamma, di non arrivare da nessuna parte,” Louis sospira. Sembra che abbiano avuto la stessa conversazione centinaia di volte.

“Louis…” inizia Jay, e Louis ha bisogno di sentire quello che sua madre ha da dire. “Lascia che ti racconti una cosa. Quando tuo padre mi ha lasciata, ero disperata. Pensavo che Mark fosse la persona con cui avrei passato il resto della mia vita. Con il divorzio, ho iniziato a domandarmi cosa avessi sbagliato. È stato il periodo peggiore della mia vita. E pensandoci sopra – perché è quello che facciamo in queste situazioni -, ho realizzato di avere due opzioni. Potevo continuare ad essere triste, piangermi addosso, pensando a cosa avrei potuto fare per evitare che le cose finissero in questo modo. Oppure potevo rimettere insieme i pezzi, permettere al divorzio di farmi crescere e diventare una persona migliore per me stessa, in primo luogo, e per i miei figli. In quel momento, ho deciso che quello sarebbe stato il percorso che avrei seguito. E le cose belle hanno iniziato ad arrivare. Ho ricevuto un’ottima offerta di lavoro, ho conosciuto Dan e i miei figli sono diventate delle splendide persone. Le cose belle arriveranno anche per te, Louis, devi solo essere paziente. Un giorno, quando meno te lo aspetti, succederà. E devi essere pronto, quando succederà.”

Louis sorride, con le lacrime che gli pizzicano gli occhi. Lacrime di gioia, naturalmente. Sua madre sa sempre quali corde toccare per farlo stare meglio.

Chiacchierano ancora del più e del meno, mentre Louis finisce il suo tè.

“Dovrei prepararmi per andare al lavoro, ora,” dice Louis.

“Va bene, tesoro. Ricordati che meriti il meglio e il meglio richiede tempo.”

Pensando alle parole di sua madre, Louis esce per avviarsi alla stazione. Nonostante il freddo, il sole brilla su Londra oggi.

Stamattina l’aria è diversa, è leggera ma allo stesso tempo carica di aspettativa. Louis la percepisce. Le cose belle arriveranno. Devi solo avere pazienza. Il meglio richiede tempo.

Quando raggiunge la piattaforma numero 2, ci sono solamente due persone ad attendere il treno. Un signore con un cappotto lungo fino ai piedi color blu notte, un basco dello stesso colore e una valigetta di pelle nera, che vagamente gli ricorda il suo vecchio professore di chimica dell’università. E una ragazza con un groviglio di capelli rossi in testa. Si accorge di essere in largo anticipo, per colpa – o merito? – della telefonata di su madre che lo ha svegliato prima che suonasse la sveglia.

Calandosi il capello sulle orecchie, fissa il segnale di “Vietato attraversare i binari”.

Continua a pensare alle parole di sua madre e all’effetto che hanno avuto su di lui. Non è mai stato il tipo da arrendersi senza combattere. Deve solo pazientare, no? Deve aspettare come ogni mattina aspetta il treno che lo porterà alla ditta farmaceutica Payne. Deve aspettare che la tempesta lasci il posto al sereno.

Alza lo sguardo dal segnale e si accorge che la piattaforma opposta alla sua, la piattaforma 1, è stranamente affollata. Lascia scorrere lo sguardo su quel bizzarro gruppo di persone che non hanno nulla a che fare l’uno con l’altro. C’è una scolaresca accalcata intorno ad una professoressa dai capelli nero corvino. Un ragazzo e una ragazza di al massimo trent’anni che si baciano appassionatamente. Una signora con un tailleur che sembra annoiata dalla vita. Ed è in quel momento che lo vede.

Esce dalla porta che conduce alla sala d’attesa, e si avvicina al tabellone delle partenze, dando le spalle ai binari. La sua camminata è lenta ed elegante, come quella di una gazzella.

Si volta di nuovo, guardando nella direzione di Louis, ma senza vederlo.

I capelli del ragazzo sono ricci, lunghi fino alle spalle. Tutto quello che Louis vorrebbe fare è attraversare i binari, nonostante il divieto, e toccarli per sentirne la morbidezza. Vorrebbe arrotolare uno di quei ricci intorno all’indice, vorrebbe intrecciarli – come faceva con i capelli delle sue sorelle quando erano più piccole. Vorrebbe tirarli, ma allontana immediatamente quel pensiero dalla sua mente perché non è né il luogo né il momento adatto.

Dal punto in cui si trova Louis, non riesce a distinguere i tratti del volto, ma è sicuro di non aver mai visto un viso più armonioso di quello dello sconosciuto.

Indossa un cappotto nero di media lunghezza. Non lo tiene abbottonato, quindi Louis intravede un tessuto a stampa leopardata. Potrebbe essere una maglietta o una camicia, non è in grado di dirlo.

Le gambe dello sconosciuto sono magre e chilometriche e sono fasciate da un paio di skinny jeans neri, che mettono in risalto la rotondità delle sue cosce. Infine, ai piedi, indossa degli stivaletti di pelle nera che brillano alla luce del sole.

C’è qualcosa di così accattivante in quello sconosciuto, che Louis non riesce a distogliere lo sguardo da lui. Non vede nient’altro, il paesaggio intorno a lui è solamente uno sfondo sfocato.

Louis vorrebbe sapere tutto su di lui. Vorrebbe sapere il suo nome e ripeterlo come un mantra, fino a quando non diventa una parola vuota, senza significato. Vorrebbe conoscere i suoi sogni nel cassetto, il suo proposito, oppure sapere se lo ha perso, proprio come è successo a Louis. Vorrebbe sapere se da bambino dormiva con una luce nella stanza o al buio. Se preferisce il cioccolato al latte o fondente. E più di ogni altra cosa, anche se cerca di reprimere quel pensiero, vorrebbe toccarlo perché non ha mai visto una persona più affascinante mentre aspetta il treno.

La banchina inizia ad affollarsi, ma Louis non se ne accorge, troppo impegnato a studiare ogni singolo particolare dello sconosciuto.

Ma un treno ferma alla piattaforma numero 1. Per un momento, Louis spera che il ragazzo non salga, per poterlo osservare più a lungo. Non gli è riservata questa fortuna, purtroppo. Un attimo prima vede, attraverso il finestrino sporco, la sagoma dello sconosciuto salire, ed un attimo dopo il treno sfreccia fuori dalla stazione e verso la periferia di Londra.

E per tutta la giornata Louis non riesce a togliersi quello sconosciuto dalla testa. Il modo in cui i ricci gli incorniciavano il viso, la sua camminata. E quando Eleanor, notando la sua distrazione, gli domanda quale sia il problema, “le 11.15,” risponde.

E anche quando rientra, in ritardo rispetto al solito, nulla gli impedisce di pensare a quel ragazzo che ha attirato il suo sguardo, e di addormentarsi, sperando di vederlo ancora solamente per pochi minuti.

.

Per qualche strana coincidenza cosmica, è esattamente quello che succede il giorno seguente. E tutti i giorni di quella settimana.

Ogni mattina, vede quell’affascinante sconosciuto ad aspettare il treno. Alcune mattine ha il piacere di osservarlo per poco tempo, perché raggiunge la piattaforma a pochi minuti dall’arrivo del treno. Altre, invece, arriva con largo anticipo e Louis ha il tempo di studiarlo.

E più lo osserva, più coglie nuovi particolari e abitudini.

Quando è in anticipo, nell’attesa picchietta la punta degli stivaletti – ogni mattina di un colore e di un materiale diverso – contro l’asfalto. Oppure giocherella con i capelli, passandoci una mano attraverso come a pettinarli o spostando il ciuffo da un lato all’altro del viso. Quando arriva trafelato, pensando di aver perso il treno, tira un profondo respiro di sollievo.

Ed è proprio in quei momenti che Louis si domanda come mai sia arrivato così tardi, cosa lo abbia trattenuto. Non si è svegliato in tempo perché stava sognando un’isola calda, lontana da Londra? Ha ricevuto una telefonata di una persona a cui tiene? Louis non lo sa, e probabilmente non lo saprà mai.

Non gli era mai capitato di essere attratto in questo modo da una persona, tanto da volere disperatamente un minimo contatto con lei.

Louis vorrebbe poter guardare negli occhi quello sconosciuto, vorrebbe potersi scontrare accidentalmente con lui per potergli rivolgere la parola per pochi secondi.

Ma non è quello che l’universo ha in mente per lui, non è così?

Se il destino avesse voluto un’interazione tra i due, quel ragazzo avrebbe preso lo stesso treno di Louis. Oppure sarebbe stato assunto alla ditta farmaceutica Payne. Oppure sarebbe il vicino di casa che Louis può spiare dalla finestra del bagno.

Ed invece, lo sconosciuto prende il treno alla piattaforma opposta a quella di Louis, e nella direzione opposta. Se è così, non sono destinati ad incontrarsi.

Il destino è una cosa bizzarra, pensa. Fino a due anni prima, credeva di essere destinato a diventare un chirurgo di successo, a cambiare le persone in quello che credevano fosse il meglio. Ora non lo sa più.

E mentre riflette sul destino, sdraiato sul materasso nella camera fredda del suo appartamento, una citazione riecheggia negli angoli più oscuri della sua mente.

Tutti siamo soggetti al destino. Però tutti dobbiamo agire come se non lo fossimo o morire di disperazione.

Non ricorda dove l’ha sentita. Non sa se sia una perla dei suoi vecchi professori oppure se sia una citazione famosa.

Ma Louis capisce di avere una scelta. Può iniziare ad agire o continuare a vivere un vita senza colori. Può rimanere impassibile durante quella tempesta che lo bagna, lo scuote e lo ferisce, o iniziare a pensare a come salvarsi.

.
 
Questa mattina, Louis è in ritardo. Quando è suonata la sveglia, l’ha spenta e si è girato su un fianco, pensando di restare ancora qualche minuto sotto le coperte. Non ha previsto di appisolarsi di nuovo per una buona mezz’ora.
 
Ora, dopo essersi vestito il più velocemente possibile, si precipita per la strada verso la stazione, controllando regolarmente l’orologio.
 
Quando raggiunge la piattaforma, nota che lo sconosciuto sta aspettando pazientemente il treno.
 
Lo fissa, con la mente vuota, fino a quando l’annuncio dell’arrivo del treno del ragazzo lo scuote. Dobbiamo agire come se non lo fossimo o morire di disperazione. Si volta senza pensarci due volte, e scansando le persone che incrocia, percorre di corsa il sottopassaggio verso la piattaforma numero 1.
 
Ora o mai più, dice a se stesso, mentre si precipita lungo le scale che conducono ai binari e, con un ultimo scatto, si infila tra le porte del convoglio che si è fermato pochi secondi prima.
 
Dopo quella corsa, ha il fiatone. E mentre cerca di regolarizzare il respiro, pensa che dovrebbe iscriversi di nuovo in palestra. Allontana subito quel pensiero dalla testa, ci penserà in un secondo momento. Devo trovare il ragazzo ora, il motivo per cui ha fatto quella corsa in primo luogo.
 
Non appena entra nello scompartimento alla sua sinistra, lo adocchia comodamente seduto in uno dei sedili centrali. Cerca con lo sguardo un posto vuoto, vicino a quello del ragazzo e ne trova uno a pochi sedili di distanza.
 
Louis decide che è troppo presto per forzare un’interazione con l’affascinante sconosciuto, preferisce osservarlo da lontano per ora.
 
Prende posto, quindi, accanto ad un ragazzino pallido e con il viso ricoperto di brufoli, con i capelli neri come la pece, che lo con sospetto per un attimo, ma decide che Londra che scorre fuori dal finestrino sia uno spettacolo migliore.
 
Louis sfila il telefono dalla tasca e compone a memoria il numero di Liam. Liam risponde al secondo squillo con un pimpante “Buongiorno Tommo.”
 
“Li, mi sono preso qualcosa,” dice a bassa voce, fingendo un attacco di tosse. “Non mi sento per niente bene.” È un bravo attore, tanto che gli affidavano sempre il ruolo da protagonista nelle recite scolastiche. È una passeggiata recitare la parte dell’ammalato.
 
“Oh, poverino,” replica l’amico, seriamente preoccupato. “Prenditi qualche giorno e rimettiti in sesto.”
 
Louis fa una nota mentale di chiamare Zayn nel pomeriggio. Questo è il lato positivo dell’avere un amico che è un medico generico, l’avere permessi di malattia quando ne ha bisogno. Louis gli offrirà o il pranzo o la cena ed avrà saldato il debito.
 
Quando riaggancia, il ragazzino pallido e brufoloso lo guarda di sbieco. Ma Louis non ha nulla di cui vergognarsi. Quante volte quel ragazzino avrà finto la febbre o un mal di testa per saltare un compito in classe o un’interrogazione. Per una volta, per scoprirne di più sull’affascinante sconosciuto, può fingersi malato.
 
Riporta l’attenzione sul ragazzo, seduto a qualche sedile di distanza. Ha infilato le cuffiette nelle orecchie e osserva con attenzione lo schermo del telefono. Si domanda che cosa stia ascoltando.
 
Louis nota che lo sconosciuto ha delle mani enormi e nodose. Una croce tatuata sulla mano sinistra. Le dita lunghe e affusolate avvolgono con facilità il telefono, e per poco Louis non si lascia sfuggire un sospiro frustrato.
 
C’era un gioco che Louis e Lottie erano soliti fare quando erano bambini e Jay li obbligava a seguirla dal medico o in posta. Osservavano le persone in fila e cercavano di immaginare la loro vita. In questo lunedì mattina, molti anni dopo, Louis decide che l’affascinante sconosciuto ha un nome regale, come Francis oppure Albert. Decide anche che è un modello di biancheria intima, che per il pubblico è felicemente fidanzato con la modella di turno, ma tutti sanno che se la fa con il segretario. Lottie avrebbe inventato una storia migliore, era sempre stata più brava in quel gioco.
 
Louis continua a guardarlo, quando appoggia la testa contro il sedile e chiude gli occhi, abbandonandosi alla musica che risuona nelle sue orecchie.
 
Osservare lo sconosciuto è come essere tra il pubblico di uno spettacolo teatrale. Talmente ipnotizzati da quello che succede sulla scena, non ci si rende conto di quello che succede intorno. Louis, come la prima volta che lo ha visto, non riesce a distogliere lo sguardo da lui. E il treno è svanito, Londra è svanita intorno a loro.
 
Louis ha perso completamente la cognizione dello spazio e del tempo. Non è in grado di dire quanto tempo è trascorso, non è in grado di dire se il treno abbia fatto delle fermate.
 
Rimane incantato ad osservarlo, fino a quando lo sconosciuto non spalanca gli occhi e si alza lentamente, lasciando scivolare il telefono nella tasca e lisciandosi il cappotto blu notte.
 
Quando si volta ed esce dallo scompartimento, Louis fa lo stesso, dirigendosi nella direzione opposta. Il treno rallenta in una stazione sconosciuta, e non appena le porte si spalancano, Louis si precipita fuori e cerca di nuovo con lo sguardo il ragazzo.
 
Ed a pochi metri di distanza, Louis guarda la schiena dello sconosciuto avvolta nel cappotto allontanarsi lentamente lungo la piattaforma.
 
.
 
Nulla impedisce a Louis di ripetere la cosa nei giorni successivi, coperto dal certificato di malattia firmato da Zayn.
 
Ogni mattina, invece di dirigersi alla piattaforma numero 2, si dirige al binario 1. E non appena il treno si ferma nella stazione, si infila nello scompartimento in cui si trova lo sconosciuto e siede a qualche sedile di distanza.
 
Nei giorni successivi, però, il ragazzo non ascolta musica come era successo la prima volta. Legge un libro che tiene aperto sulle gambe, di cui Louis cerca di sbirciare il titolo, ma senza successo. Si domanda, quindi, che genere potrebbe piacere allo sconosciuto. Adora i classici? Wilde, Joyce e Dickens? Oppure preferisce i romanzi sdolcinati di Nicholas Sparks?
 
Louis si rende conto di fare qualcosa perseguibile per legge. Ma non può farne a meno, nonostante sappia di rischiare una denuncia per stalking. Per questo, preferisce continuare ad osservarlo da lontano. Beh, questo e perché non sopporterebbe la vergognare del chiamare sua madre da un carcere.
 
Pochi giorni dopo, il binario è più affollato del solito. Un gruppo di un centinaio di studenti, probabilmente diretto fuori città per una gita scolastica, schiamazza in attesa del treno.
 
E quando Louis cerca un posto nello stesso scompartimento in cui ha visto infilarsi lo sconosciuto, si rende conto che è stato occupato da quei ragazzi e dai professori che li accompagnano.
 
Percorre lentamente il corridoio, sperando di trovare un sedile libero, fino a quando “Qui c’è posto,” esclama qualcuno dietro di lui.
 
Si volta in direzione della voce, ed è sicuro che tutti i passeggeri siano in grado di sentire il modo in cui il suo battito cardiaco accelera all’improvviso.
 
Perché è l’affascinante sconosciuto che gli ha rivolto la parola, segnalandogli un posto libero. “Oh… Sì, grazie,” dice Louis, avvicinandosi e prendendo posto di fronte al ragazzo. Nota, come non aveva avuto modo di fare in precedenza, che ha dei brillanti occhi verde smeraldo, ed un’espressione stranamente soddisfatta sul volto, mentre Louis si sistema sul sedile.
 
Finalmente Louis può scoprire quale libro sta leggendo lo sconosciuto. Lo tiene ancora chiuso sulle gambe, mentre giocherella con gli angoli della copertina morbida. È 22/11/’63 di Stephen King. Non il genere di Louis, decisamente. Se leggesse un libro di Stephen King, probabilmente non riuscirebbe a dormire per una settimana intera.
 
Il particolare, però, che attira l’attenzione di Louis sono le sue labbra. Sono rosse, piene, e, mentre le fissa, a Louis ricordano due marshmallows colorati. Lo sconosciuto se le lecca ad intervalli regolari, mentre lascia scorrere lo sguardo sulle pagine. La situazione non migliora quando il ragazzo inizia a mordicchiare l’interno della sua guancia e, facendolo, arriccia le labbra.
 
Per Louis, è difficile mantenere il controllo con uno spettacolo del genere davanti, e quando tutto quello a cui riesce a pensare è a come sarebbe baciare quelle labbra, o leccarle lentamente, o morderle, o… Un colpo di tosse lo scuote dai suoi pensieri e, per un momento, è grato alla signora seduta accanto a lui che lo ha fatto.
 
Nonostante sia seduto di fronte allo sconosciuto, Louis non può evitare di fissarlo. Non può evitare di osservare il modo in cui corruga la fronte, il modo in cui mima con la bocca alcune frasi, il modo in cui delicatamente sfoglia le pagine con quelle dita lunghe. È terribilmente accattivante, e Louis maledice se stesso perché non riesce a distogliere lo sguardo dal ragazzo. Potrebbe guardare la signora seduta accanto a lui, ma non ne è in grado.
 
Improvvisamente, il ragazzo chiude il libro e si alza, incrociando lo sguardo di Louis e sorridendogli calorosamente. Senza che Louis se ne rendesse conto, sono arrivati alla fermata a cui scende lo sconosciuto.
 
Louis lo imita subito dopo. Non si dirige dalla parte opposta, questa volta, ma esce dallo scompartimento e si avvicina a lui. Come se quel ragazzo fosse un enorme calamita, e Louis un semplice pezzo di metallo che non può fare altro che esserne attratto.
 
E non è nemmeno in grado di fermare le sue gambe che, nel momento in cui Louis scende dal treno, sembrano mosse da una forza superiore. Resta a qualche metro di distanza dallo sconosciuto. E quando il ragazzo si separa dal gruppo, svoltando a destra, Louis fa lo stesso.
 
Mentre percorre il sottopassaggio, infila le mani in tasca e cerca di assumere un’aria disinvolta. Come se facesse quella strada tutti i giorni, quando, in realtà, non ha la minima idea di dove si trova. Come se non stesse seguendo un completo sconosciuto.
 
Abbassa lo sguardo, dopo aver visto il ragazzo girare a sinistra alla fine del sottopassaggio. Procede in quel modo fino a quando, svoltato anch’esso l’angolo, si scontra con una persona che se ne sta appoggiata al muro.
 
Louis vorrebbe scusarsi velocemente e continuare a seguire il ragazzo, ma quando alza lo sguardo per farlo non può fare altro che arrossire per la vergogna. Perché lo sconosciuto è la persona contro cui si è scontrato.
 
Se ne sta lì, appoggiato al muro imbrattato di murales, con le braccia incrociate sul petto ed un sorriso impertinente sul viso, come se conoscesse i maggiori segreti dell’universo.
 
Louis apre la bocca per scusarsi, ma il ragazzo lo precede. “Mi stai seguendo?” domanda, inclinando la testa di lato. La sua voce è graffiata, roca, come se si fosse appena svegliato, e Louis è certo di sentire i cori degli angeli del paradiso, nonostante non sia  nemmeno sicuro di credere nel paradiso.
 
“No, io… Non stavo… Io… Non è quello che sembra,” balbetta Louis in risposta. Sul serio? È appena stato beccato a seguire una persona dalla persona in questione, ed è tutto quello che è in grado di dire?
 
“Ehi, non preoccuparti. Non ho intenzione di denunciarti o quant’altro,” dice lo sconosciuto, sorridendogli amichevolmente.
 
“Beh, lo apprezzo,” risponde Louis. Vorrebbe tirarsi fuori da questa situazione imbarazzante il più in fretta possibile, ma non è in grado di allontanarsi. C’è qualcosa in quello sconosciuto che lo tiene ancorato al marciapiede. Ora che ha avuto un primo contatto con il ragazzo, vuole di più.
 
“Inoltre,” aggiunge dopo qualche secondo, “ti ho adocchiato alla stazione. Lasciatelo dire, è impossibile ignorare un ragazzo come te.”
 
E se Louis era rosso per la vergogna, ormai il suo viso aveva assunto un colore più simile al violaceo per il velato complimento dello sconosciuto. Ridacchia, abbassando lo sguardo sulle Vans nere. Louis non era mai stato bravo ad accettare i complimenti. Quando rispondeva con un commento sarcastico, veniva ripreso perché avrebbe dovuto ringraziare. Quando ringraziava, sentiva come se la conversazione si affossasse. Quindi ha deciso di non rispondere, di ridere solamente e di cambiare discorso.
 
“Harry Styles,” continua, allungando una mano di fronte a lui. E Louis impiega qualche secondo a recepire quello che lo sconosciuto gli sta dicendo, che si sta presentando. Finalmente ha scoperto il nome del ragazzo, e dopotutto non si era sbagliato quando aveva immaginato che avesse un nome regale.
 
“Sono Louis. Louis Tomlinson.” Louis afferra la mano di Harry e la stringe. Louis nota il modo in cui la sua mano venga completamente avvolta da quella enorme di Harry. Si rende conto, anche, che la pelle di Harry è liscia e morbida, e per un momento pensa a come sarebbe essere accarezzato e toccato da delle mani così delicate.
 
La stretta di mano avviene fin troppo rapidamente per i gusti di Louis, ma cerca di non preoccuparsene.
 
“Allora, Louis, ti capita spesso di seguire le persone come hai fatto con me?” domanda Harry, con un sorriso audace sul volto.
 
“No, assolutamente no. Tu sei l’eccezione alla regola, dovresti sentirti lusingato,” replica Louis in modo sfacciato, l’imbarazzo iniziale ormai dimenticato.
 
Harry ride al commento, arricciando il naso. Due paia di adorabili fossette appaiono ai lati della bocca di Harry, e Louis è sicuro di sentire la vita abbandonare il suo corpo, di essere partito per la tangente. Questo ragazzo non può essere reale. Deve essere il risultato di qualche esperimento scientifico. O un alieno. Probabilmente nella segretissima Area 51 progettano e creano ragazzi come Harry Styles.
 
“Ti andrebbe di prendere un caffè con me?” chiede Harry, dopo essersi calmato.
 
Louis si fa improvvisamente serio e scuote leggermente la testa. “Non mi piace il caffè.” Nota la chiara delusione negli occhi di Harry, quindi si affretta ad aggiungere “Preferisco il tè.”
 
Harry non può evitare di illuminarsi e “Allora, vada per un tè,” dice.
 
Louis annuisce lentamente e sente di aver chiuso un cerchio, che non può fare altro per oggi. “Vada per il tè,” ripete e inizia a fare dei piccoli passi all’indietro per permettere a Harry di allontanarsi dal muro e proseguire per la sua strada.
 
“Ciao Louis,” dice Harry, infine, imitando Louis e camminando all’indietro.
 
“Ciao Harry,” risponde Louis. Suona quasi come un sussurro, ma è certo che Harry sia in grado di sentirlo. Si volta e percorre il sottopassaggio a ritroso, con le mani in tasca, un sorriso sul volto e una strana sensazione alla bocca dello stomaco.
 
.
 
Louis e Harry si accordano per il loro non-appuntamento per il sabato pomeriggio successivo. Louis ha deciso che non era un’uscita tra amici, perché non si conoscevano minimamente, ma non era nemmeno un appuntamento. Decisamente no.
 
È Harry a decidere il luogo dell’incontro. Un bar a pochi isolati dalla stazione. Fa ad angolo tra una strada molto trafficata ed una strada chiusa. È molto piccolo, solamente tre tavolini all’interno ed un paio all’esterno, ma Louis lo trova molto intimo. Harry sembra conoscere molto bene la barista, una ragazza con una chioma di capelli ricci e gli occhi ambrati, che risponde al nome di Lexie.
 
Durante il loro non-appuntamento, Louis scopre che Harry ha solamente un paio di anni in meno di lui, che studia giornalismo all’università, e che si è trasferito da Holmes Chapel a Londra da poco meno di un mese per uno stage lavorativo presso una testata minore.
 
Scopre che la sua famiglia è composta da sua madre, Anne, una donna solare, energica e con una strana passione per i conigli; da sua sorella Gemma, che, come Louis ha potuto constatare dalle foto, è Harry con dei capelli rossicci e le tette; e da una gattina bianca, di nome Olivia. Come Harry gli ha raccontato, l’hanno trovata vagare nel parco dietro a casa, spaventata e affamata. L’hanno portata a casa per nutrirla, ma non se n’è più andata. Del padre, invece, non fa menzione, e Louis non insiste a chiedere. Dalla luce che brilla negli occhi di Harry mentre parla della sua famiglia, Louis capisce quanto siano legati e, anche se è felice di aver l’opportunità di fare quell’esperienza e di stare lontano “da quella rompicazzo di Gemma”, capisce quanto gli manchino.
 
Scopre che Harry ha iniziato a bere caffè intorno ai quindici anni. Aveva l’abitudine di addormentarsi ovunque, anche sui libri di scuola, e quando i suoi voti hanno subito un drastico calo, ha dovuto ricorrere ad una soluzione.
 
Scopre che il suo coinquilino è un ragazzo irlandese, Niall, con una risata contagiosa. Harry è sicuro che Louis e Niall andrebbero d’accordo e programma un’uscita per presentarli.
 
Mentre spezza a metà un cupcake al cioccolato per dividerlo con Louis, Harry gli rivela che ha una paura folle dei clown. Nonostante questo, ha letto It di Stephen King in due giorni, e l’ha riletto quattro volte negli ultimi due anni.
 
Louis, dal canto suo, gli racconta di essere arrivato a Londra quattro anni prima, e di non essersene mai andato. Si era innamorato dell’atmosfera londinese, e non crede di essere in grado di vivere altrove.
 
Gli parla della sua famiglia, e dal modo in cui Harry lo guarda, con un sorriso tutto fossette e occhi lucidi, capisce che nel suo sguardo brilla la stessa luce che ha notato poco prima nello sguardo di Harry. Gli parla di Jay, di come sua madre sia il suo punto di riferimento, il suo esempio, la sua ispirazione nella vita, e che spera, se un giorno avrà mai dei figli, di essere quello che sua madre è stata per lui e per le sorelline.
 
Gli rivela della sua malsana ossessione per i fumetti, in particolare quelli di Diabolik. Da bambino, con la paghetta settimanale, ne ha fatto la collezione e, quando si è trasferito a Londra, non ha potuto fare a meno di portarla con sé. Gli rivela anche di avere un cotta per Eva Kant, anche se è solamente un disegno e un personaggio fittizio.
 
Ed è così facile sedere con Harry, con una tazza di caffè ed una di tè tra di loro, Louis si sente talmente a suo agio da rivelargli di come si sia perso negli ultimi due anni, di come la sua bussola non abbia più puntato verso Nord.
 
E Harry lo ascolta con attenzione, soffiando sul caffè nero bollente e annuendo di tanto in tanto. Non lo interrompe, e non lo giudica, e Louis gliene è profondamente grato.
 
All’ora di cena sono costretti a separarsi, non prima che Louis abbia accompagnato a casa Harry, da vero gentiluomo qual è.
 
E mentre cammina verso casa, senza alcuna fretta di rientrare, Louis pensa a quanto sia facile essere in compagnia di Harry. Non c’è nulla di forzato, o di imbarazzante. Durante il loro non-appuntamento, avevano chiacchierato come se fossero amici da anni, la conversazione fluiva senza silenzi imbarazzanti. La sola presenza di Harry lo rilassava, lo metteva a suo agio. Con lui, veniva tutto naturale come respirare.
 
E Louis non si meraviglia quando, appena rientrato in casa, riceve un messaggio da Harry che recita Le leggi inglesi sono parecchio stupide. Voglio dire, le donne incinta possono fare i loro bisogni dove vogliono. Perché le donne incinta sì, ed io no? Cosa hanno loro in più di me?
 
Louis non può fare a meno di sorridere, mentre digita una risposta, perché avevano raggiunto una spontaneità tale- e dopo una sola uscita- che Harry si sentiva in diritto di inviargli messaggi del genere.
 
.
 
Ed è fantastico.
 
È fantastico parlarsi ogni mattina da una banchina all’altra della stazione, mimando quello che si vuole dire e scoppiando a ridere per le facce buffe dell’altro. È fantastico trovarsi per un caffè al solito bar, con Lexie che passeggia allegra tra i tavoli, chiedendo se abbiano bisogno di qualcosa. È fantastico il modo in cui riescano a capirsi senza il bisogno di aprire bocca. È fantastico uscire con Niall, che li trascina per locali- ogni volta in uno diverso. È fantastico stare a casa, sdraiati sul divano a guardare un film con una birra tra le mani, ed uscire ad orari improponibili della notte perché Louis ha voglia di kebab. È fantastico avere accanto una persona come Harry.
 
Harry. Così bello e puro e assoluto.
 
Con Harry, tutto si trasforma in una sfida. Con Harry, riesce a parlare di tutto, dalle questioni più serie al discutere il perché i nani di Biancaneve siano sette. Con Harry, riesce a respirare come non era riuscito a fare negli ultimi mesi.
 
Da quando aveva conosciuto Harry, Louis vede tutto ciò che lo circonda sotto una luce diversa. Non vede le solite facce ogni mattina, ma vede volti nuovi ogni giorno. Nota il bambino che si è svegliato presto pur di salutare la nonna che sta partendo. Nota il ragazzo che aspetta pazientemente la sua fidanzata con un mazzo di rose bianche. Nota un gruppo di ragazze con valige e borsoni e si domanda quale sia la meta del loro viaggio.
 
E Louis non vuole sminuire l’amicizia che lo lega a Liam e Zayn - Harry li aveva conosciuti una sera in cui si erano trovati all’appartamento di Louis e li ha adorati dal momento in cui avevano messo piede in casa. Liam e Zayn erano stati accanto a Louis nel momento peggiore della sua crisi. Ma con Harry, Louis sente che ormai ha smesso di piovere.
 
Con Harry, Louis si sente una persona diversa. È grato di averlo nella sua vita.
 
E sente il costante bisogno di dirglielo, dirgli che non ha idea di cosa farebbe senza di lui, ma non ne ha il coraggio. Significherebbe esporsi, parlare con il cuore in mano, e Louis non è bravo a farlo. Non lo è mai stato.
 
Decide, però, di farlo. Sono in un pub, non molto lontano dall’appartamento che Harry e Niall condividono. Stan e Zayn sono al bar a prendere il terzo - o quarto? - giro di shots ed a flirtare con la barista. Aiden sta facendo tappa al bagno. Niall, seduto al tavolo, sta mostrando un trucco di magia a Liam e Sophia, che lo guardano estasiati. Harry resta in disparte, sorseggiando birra e cercando di capire dove stia il trucco.
           
Louis, con il rum che scorre nelle vene e con la musica che gli rimbomba nella testa, si avvicina a Harry e lo abbraccia da dietro, accosta le labbra al suo orecchio e “Grazie,” mormora. Grazie per esserci, grazie per avermi visto tra miliardi di persone, grazie per aver messo fine alla tempesta.
 
Non ha la certezza che Harry lo abbia sentito, fino a quando non si volta e gli sorride, con gli occhi luccicanti.
 
.
 
“Ho una domanda,” dice Harry, rovesciando due bustine di zucchero nel cappuccino chiaro.
 
Sono seduti all’interno del bar questa volta, per niente desiderosi di sfidare il freddo che ha avvolto Lontra negli ultimi giorni.
 
“Spara,” replica Louis, distogliendo lo sguardo da Lexie, che si sta agitando dietro al bancone a ritmo di Uptown Girl.
 
Harry resta in silenzio per un attimo, mescola solamente il cappuccino e lo fissa, come se fosse una strega che osserva la sua sfera di cristallo.
 
“Sei felice, Lou?”
 
Ottima domanda, pensa Louis. Perché nemmeno lui è in grado di rispondere.
 
Non è nemmeno sicuro di essere in grado di definire la felicità. Per lui, felicità era quando, da bambino, si svegliava la mattina di Natale e trovava altri regali sotto l’albero, che andavano ad aggiungersi a quelli ricevuti il giorno prima per il compleanno. Felicità era parlare al telefono con sua mamma o fare FaceTime con le sue sorelle. Felicità era avere Harry nella sua vita.
 
Louis non sa come rispondere alla domanda di Harry. Fluttuava semplicemente nel mezzo, tra la felicità inspiegabile e la tristezza cupa.
 
Beve un lungo sorso d’aranciata e tiene lo sguardo sul pacchetto di patatine di fronte a lui, mentre pensa a cosa dire.
 
“Non lo so,” inizia Louis. “Non sono felice, ma non sono nemmeno triste.” Louis non è in grado di spiegare a parole quel sentirsi nel mezzo. Non è una risposta soddisfacente, se ne rende conto, ma è il massimo che riesce a tirare fuori al momento.
 
Ma Harry sembra capire. Annuisce molto seriamente, stringendo la tazza tra le sue mani. Louis sa che Harry sta per dire qualcosa, lo capisce dalla sua espressione, e sembra qualcosa di molto importante.
 
“Beh,” dice Harry, dopo qualche secondo. “Lascia che ti dica una cosa che mio padre mi dice sempre.”
 
Louis è sicuro che i suoi occhi stiano per cadere nel bicchiere di aranciata per quanto li stia strabuzzando. Harry non ama parlare di suo padre. Le rare volte in cui lo ha fatto, ha spiegato che il loro è un rapporto di odio e amore, ma soprattutto di odio, se deve essere sincero. È strano che Harry lo menzioni in una conversazione con una tale disinvoltura.
 
Sollevando lo sguardo dalla tazza, continua. “Sì, mi dice “La felicità la si può trovare anche negli attimi più tenebrosi, se solo uno si ricorda di accendere la luce.””
 
Ed a quel punto, Louis non riesce a trattenere il sorriso che si allarga sul suo volto. “Oooh,” commenta, guardando Harry negli occhi. “Quindi, tuo padre è il grande Albus Silente?”
 
Harry, che fino ad un secondo prima era riuscito a rimanere serio e composto, scoppia in una risata che attira le occhiate sia di Lexie sia della coppia di anziani seduta sugli sgabelli. “Cavolo, la mia copertura è saltata.”
 
Il momento di serietà è ormai passato e trascorrono il resto del pomeriggio a parlare di Harry Potter ed a spettegolare su Niall che, a detta di Harry, ha puntato la loro vicina di casa.
 
Solamente più tardi, quando Louis rientra a casa e si infila nella doccia, ripensa alle parole di Harry.
 
Al momento, Louis non aveva dato molto peso a quello che Harry aveva detto, pensando che fosse solamente una battuta, un commento per farlo ridere. Dopotutto, Harry ha uno strano senso dell’umorismo.
 
Ma ora, mentre l’acqua calda scivola sul suo corpo stanco, il ricordo di una telefonata con sua madre riecheggia nella mente di Louis.
 
Realizza che Harry gli ha detto la stessa cosa che, tempo fa, gli aveva detto sua madre, solamente con parole diverse.
 
Louis deve permettere a se stesso di essere felice. Deve permettersi di diventare una persona migliore. Deve ricordare di accendere la luce.
 
.
 
“Louis, puoi venire nel mio ufficio?” domanda Liam, a voce abbastanza alta da sentirlo sopra alle conversazioni che avvengono nella stanza.
 
“Certo,” risponde Louis immediatamente. Si volta, poi, verso Eleanor e “Puoi concludere tu questa fattura?”, le chiede.
 
Alla risposta affermativa della ragazza, Louis si alza e si dirige verso l’ufficio di Liam.
 
Liam lo chiamava raramente nel suo ufficio, solitamente era Louis ad andarci quando era in difficoltà con delle pratiche o con dei clienti troppo esigenti.
 
Louis prende posto sulla sedia di pelle marrone di fronte a Liam.
 
“Buone notizie,” inizia l’amico, sfregandosi le mani. “Fra un paio di mesi, la ditta farmaceutica Payne aprirà una nuova sede ad Edimburgo.”
 
“Cosa? Ma è fantastico, Lì.” Louis sapeva che il padre di Liam da anni cercava di aprire una sede al Nord. A quanto pare, quella vecchia volpe di Geoff ce l’ha fatta.
 
“E c’è di più,” continua Liam. “Sarò io a gestire la nuova azienda. Almeno per i primi mesi.”
 
“Cosa?” Louis non riesce a dire molto di più, non riesce a credere a quello che gli sta dicendo l’amico. Liam annuisce, grattandosi la nuca.
 
“Ti trasferisci nella maestosa Edimburgo, allora.” Liam procede a raccontargli la sua disperata ricerca di un appartamento nella Città Vecchia, dove l’affitto è più abbordabile.
 
“Come l’ha presa Sophia?” domanda Louis, sapendo che la ragazza non può allontanarsi da Londra, per il suo internato alla casa di moda Paul Smith.
 
“È felice per me, naturalmente. Ma potremmo vederci solo nei fine settimana.” Louis annuisce. “Ma non è per questo che ti ho chiamato,” Liam continua. “Con il mio trasferimento, il mio incarico resterà libero. Beh, io e mio padre ne abbiamo discusso e vogliamo che tu prenda il mio posto.”
 
“Cosa?” Louis ha bisogno che qualcuno gli dia un pizzicotto. Liam ha detto che lo vogliono a capo dell’ufficio di Londra. Deve essere un sogno. O un’allucinazione.
 
“Chiudi la bocca, Lou Lou, ci entrano le mosche,” Liam ride.
 
“Va bene, dove sono le telecamere? Finirò su Candid Camera, non è vero?” Deve essere l’unica spiegazione plausibile, pensa.
 
“Nessuna telecamera. Nessuno scherzo. Sei un leader nato, Lou. Sono sicuro che sarai un grande capo. E visti gli affari che hai concluso negli ultimi mesi, anche mio padre ne è convinto. Non devi darmi una risposta immediata. Puoi pensarci su, naturalmente.”
 
Lavorare alla ditta farmaceutica Payne doveva essere una soluzione momentanea, ma ora Louis sta per essere promosso a capo dell’ufficio. Non sa cosa dire. Non sa se ridere o piangere dalla gioia.
 
“Sei cambiato, Lou,” commenta Liam, dopo un momento di silenzio.
 
“Lo devo prendere come un complimento o come un’accusa?” domanda Louis, sorridendo all’amico.
 
“Come un complimento, cretino. Sei raggiante. Merito del tuo uomo?”
 
“Non è il mio uomo, Li,” replica Louis. “Ma credo di sì. Mi rende… felice.” Non è sicuro che “felice” sia il termine adatto a spiegare quella contentezza, quell’ebbrezza che provava quando era con Harry. Non solo sentiva le farfalle nello stomaco, era certo che le sue ballassero la macarena.
 
“Ed hai mai pensato di dirglielo?” chiede Liam, come se fosse la domanda più ovvia del mondo.
 
Louis si stringe nelle spalle. Perché ci pensa ogni volta che, passeggiando per strada, i dorsi delle loro mani si sfiorano e Louis ha voglia di prendere Harry per mano ed attirarlo più vicino. Ci pensa ogni volta che, in fila al supermercato, Harry appoggia la testa sulla sua spalla e Louis ha voglia di voltarsi e stampargli un bacio sulla tempia. Ci pensa ogni volta che, al bar di Lexie, Harry si brucia le labbra con la tazza troppo calda e Louis ha voglia di avvicinarsi e baciarlo, per alleviare il dolore.
 
Ci ha pensato. Ci ha pensato tante volte.
 
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Per tutta la settimana, Louis non aveva aspettato altro che arrivasse il giovedì successivo. Perché, per tutta la settimana, aveva organizzato un’uscita con Harry. E per tutta la settimana, Harry aveva cercato di estorcergli informazioni. “Per sapere che tipo di vino portare,” o “Per farmi un’idea di come vestirmi,” si giustificava, con aria innocente.
 
Era stata una giornata pressoché tranquilla. Anche Louis lo era stato. Ma ora che aspetta fuori dalla palazzina di mattoni, guardando troppo spesso l’ora, è un fascio di nervi.
 
Non è sicuro che quello possa essere definito “appuntamento”. Non ne ha uno da molto, troppo tempo. Tutto quello che sa è che aveva indossato il suo maglione preferito, quello grigio che sua madre gli aveva regalato qualche anno prima, e che aveva passato decisamente troppo tempo a sistemarsi il ciuffo di fronte allo specchio.
 
Quando lo individua dall’altro lato della strada, mentre guarda a destra ed a sinistra prima di attraversare, Harry è bellissimo. È vestito in modo semplice, come Louis gli aveva detto di fare, con un paio di skinny jeans neri ed una camicia bianca. Quando si avvicina, Louis nota che le punte dei capelli sono ancora bagnate.
 
“Ehi. Non avevo mai visto questa parte della città,” è la prima cosa che Harry gli dice.
 
“Nemmeno io. Almeno non da molto tempo,” risponde Louis.
 
Il posto che Louis aveva scelto era la palazzina dove Zayn abitava durante il loro primo anno di università. Louis ci era stato molto spesso. Quando rientravano tardi dalla discoteca e scopriva che i suoi simpatici coinquilini l’avevano chiuso fuori, cosa che era capitata più di una volta, Zayn l’aveva ospitato. Quando dovevano preparare gli esami, preparavano il caffè e il salotto di Zayn diventava una seconda biblioteca. Ora Louis si domanda chi abiti l’appartamento al terzo piano che era stato testimone di serate sui libri, crisi amorose e fin troppe sbronze.
 
“Allora, dove andiamo?” domanda Harry, con un sorriso che gli illumina il viso, come un bambino al luna park che domanda alla madre il permesso di andare sulla giostra dei cavalli.
 
“Dentro,” risponde Louis, spalancando la porta di vetro con la mano libera.
 
Harry lo guarda con aria interrogativa, ma, senza fare domande, entra nell’ingresso del palazzo. Louis lo segue e lo accompagna all’ascensore.
 
“Stiamo per fare irruzione in una proprietà privata?” domanda Harry, rivolgendo a Louis una gomitata amichevole. Louis, dal canto suo, non risponde. Gli sorride solamente, prima di infilarsi tra le porte spalancate dell’ascensore.
 
Però, Harry rimane immobile, piazzando la mano - quella libera dal sacchetto che contiene le bottiglie di vino – sulla porta e “Louis,” dice semplicemente.
 
“Harry,” replica Louis. “Ti fidi di me?”
 
“Certo.” Sta per aggiungere qualcosa, ma Louis lo interrompe con un gesto della mano e lo invita ad entrare in ascensore. Harry obbedisce, con un alzata di spalle.
 
Louis preme il pulsante dell’ultimo piano, e quando l’ascensore inizia a salire, lancia un’occhiata a Harry, che lo sta fissando con un espressione mista tra l’eccitazione e la confusione.
 
Giunti all’ultimo piano, devono salire una rampa di scale prima di trovarsi di fronte ad una porta metallica.
 
Louis sfila una chiave dalla tasca posteriore dei suoi pantaloni neri e la mostra a Harry. Non distoglie lo sguardo da Harry, quando infila la chiave nella toppa, la ruota e spalanca la porta.
 
Harry si avvicina lentamente e, quando quello che c’è oltre alla porta entra nel suo campo visivo, spalanca la bocca.
 
Louis ha organizzato un pic-nic sotto le stelle sulla terrazza del palazzo. Aveva sistemato la tovaglia e le coperte – nel caso in cui a uno dei due venisse freddo – sulla parte rialzata contenente gli ingranaggi dell’ascensore. Quando Zayn lo ospitava e non riusciva a dormire, Louis adorava salire a stendersi sulla terrazza a guardare la luna. Lo aiutava a fare ordine tra i suoi pensieri. Aveva conservato la chiave – per sicurezza, si diceva -, non pensando che potesse tornagli utile.
 
Spiega tutto questo a Harry, mentre mangiano la pasta alla carbonara, che Louis aveva comprato al suo ristorante italiano preferito d’asporto, e mentre sorseggiano lentamente il vino bianco.
 
Bevono tre delle quattro bottiglie che Harry aveva portato e, con la testa già leggermente pesante, si avvolgono nelle coperte e si stendono ad osservare le stelle.
 
“La vedi la linea di quella costellazione?” domanda Harry, indicando un punto indefinito del cielo.
 
“Harry, ci sono miliardi di stelle,” gli risponde Louis, con tono saccente.
 
“Oh, andiamo,” dice Harry, dandogli un pizzicotto sulla pancia. “Strizza gli occhi. Dovresti vedere tre stelle allineate, più luminose delle altre. Sì? Le hai individuate?”
 
Louis potrebbe essere stato condizionato dalle parole di Harry, ma vede effettivamente tre stelle più grosse e più brillanti rispetto alle altre. “Credo di sì.”
 
“Quella è la Cintura di Orione.”
 
“E tu come lo sai?” gli domanda Louis, voltandosi a guardare il profilo di Harry.
 
Harry gira la testa e “Mi piace imparare cose nuove,” dice semplicemente.
 
Louis non sa se sia colpa del vino o di altro, ma Harry è ancora più bello ora. Con la luce della luna che gli illumina il viso, i suoi occhi sembrano due zaffiri appena lucidati. La mascella sembra ancora più definita e affilata e tutto quello che Louis vorrebbe fare è morderla con forza e baciarla, quindi, per alleviare il dolore. La sua pelle sembra più lattiginosa e più delicata, tanto che se si arrischiasse a toccarla, Louis teme che si squarcerebbe sotto al suo tocco. I suoi capelli sono sparpagliati sulla tovaglia, formando con i quadrati colorati un disegno attratto.
 
Probabilmente sentendo il peso dello sguardo di Louis su di sé, Harry si volta e lo guarda negli occhi.
 
Louis si domanda quali pensieri solchino la mente di Harry, in questo momento, mentre lo guarda con un sorriso appena accennato. Lo guarda come se fosse un’opera d’arte, osservandolo attentamente e studiando ogni minimo particolare. Louis non è sicuro di apprezzare tutta questa attenzione.
 
Allontana la coperta che aveva avvolto intorno alle spalle, sentendosi bruciare sotto quello sguardo.
 
Si gira lentamente su un lato e, allungando una mano, accarezza la guancia di Harry. Harry sospira al tocco.
 
Louis non perde tempo a chiudere la distanza tra di loro ed a baciarlo sulle labbra. Harry ricambia il bacio, senza indugio, leccando il labbro inferiore di Louis. E quando Louis dischiude leggermente la bocca, le loro lingue si sfiorano, in un primo momento, con delicatezza e poi con più irruenza.
 
A questo punto, la testa di Louis vortica senza sosta, non è sicuro se sia colpa del vino o se sia ubriaco di quel bacio, della mano di Harry sulla parte bassa della sua schiena o dei leggeri gemiti che sfuggono alla bocca di Harry.
 
Rimangono a baciarsi a lungo, sotto il cielo stellato di Londra e con il chiarore della luna che li avvolge.
 
.
 
Con la testa appoggiata contro al finestrino, Louis si lascia cullare dal dondolio del vagone e dal ticchettio delle unghie laccate di rosse della donna seduta di fronte a lui, mentre digita lentamente sul Mac. Sembra nervosa, oppure assorta nei suoi pensieri.
 
Il treno ha un ritardo di dieci minuti, ma a Louis non importa. In realtà, non muore dalla voglia di arrivare al lavoro questa mattina.
 
È la mattina successiva all’uscita con Harry, e Louis vorrebbe solamente tornare ad affondare tra le calde coperte del suo letto. Non era riuscito a dormire quella notte, tornando con la mente alla terrazza della palazzina in mattoni e alle labbra soffici di Harry sulle sue. Ed anche quando era riuscito a prendere sonno, aveva sognato mani delicate che lo accarezzavano e ricci che gli solleticavano il viso.
 
Quello che lo preoccupa, però, non è l’aver riposato solamente per un paio d’ore. Non ha notizie di Harry dal momento in cui lo ha lasciato di fronte al suo appartamento. Si aspettava un messaggio al suo risveglio, ma non era arrivato. Si aspettava di trovare Harry in stazione, ma non ne aveva visto nemmeno l’ombra.
 
E Louis era fatto così, un concentrato di paranoie. Quando espone a Liam le sue preoccupazioni, “Avrà dormito fino a tardi e ti scriverà nel pomeriggio” cerca di tranquillizzarlo, conoscendo fin troppo bene quel tratto del suo carattere.
 
Ma questa volta, Liam si è sbagliato. Harry non si fa sentire nel pomeriggio e nemmeno per tutta la giornata successiva.
 
Louis non può fare a meno di pensare a quello che è successo sulla terrazza. Non può fare a meno di ipotizzare che Harry non voleva che succedesse, e per questo motivo lo sta evitando.
 
Louis ne ha la certezza il giorno successivo, quando, dopo aver pranzato con Zayn, decide di scrivergli un messaggio. Sei vivo? Semplice e diretto e sufficientemente distaccato.
 
Vivo e vegeto. Sono tornato a Holmes Chapel per qualche giorno. Ci vediamo presto, H. È la risposta che Louis riceve qualche ora dopo, quando ormai aveva perso le speranze.
 
Harry era stato costretto ad allontanarsi da Londra, pensa Louis. Era stato costretto ad allontanarsi non solo dalla città, ma anche da Louis, perché si era pentito di quello che era successo. Di quel bacio che per Louis aveva significato tanto.
 
Louis doveva aver letto male i messaggi che gli aveva inviato Harry, doveva aver oltrepassato un limite.
 
Ed ora, seduto sul divano, con la tv che passa La fabbrica di cioccolato, Louis pensa al da farsi. Pensa che l’unica cosa che deve fare è allontanarsi da Harry. Chiaramente non ricambiato, deve fare un passo indietro.
 
Si era lasciato andare, si era lasciato trasportare da questa storia, tanto da non domandarsi se Harry fosse sulla stessa barca, se ricambiasse quel sentimento a cui Louis non sa dare ancora un nome.
 
Spera di non aver rovinato tutto in modo irreparabile, spera di poter continuare a scrivere a Harry quanto voglia un cucciolo, ogni volta che un cagnolino gli fa le feste. Spera di poter continuare ad uscire con Niall e Harry, e spera che Harry continui a presentarsi al campetto a sostenere Louis durante le partite di calcetto.
 
Louis spera di poter continuare a godere della presenza di Harry perché, nonostante quello che potrebbe provare per lui, non può più farne a meno. Perché se Harry se ne andasse, Louis tornerebbe a camminare sotto un cielo grigio e piovoso.
 
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Dopo il ritorno di Harry a Londra, non cambia poi molto. Entrambi decidono di ignorare quello che era successo su quella terrazza, si comportano come se quella serata non fosse nemmeno avvenuta, come se fosse stata solamente un sogno, uno di quelli di cui ci si dimentica al risveglio.
 
Louis è molto più cauto con Harry, però. Cerca di non lasciarsi avvolgere dal suono della risata di Harry, ogni volta che Louis dice qualcosa di divertente o incredibilmente stupido. Cerca di non lasciarsi andare al tocco di Harry, ogni volta che si sfiorano, anche per sbaglio.
 
Appoggiandosi contro il muretto della terrazzina della ditta farmaceutica Payne, Louis infila la sigaretta fra le labbra e l’accende, facendo scattare l’accendino.
 
Quando sente il cigolio della porta, solleva la testa ed individua Eleanor e Patrick uscire all’esterno per la mezz’ora di pausa. La ragazza si avvicina a lui e si appoggia al muretto, aspirando lentamente dalla sigaretta già accesa.
 
“Allora, come va con il tuo ragazzo?” domanda Eleanor. E Louis volta la testa, con uno scatto così repentino che teme che si stacchi e voli sopra i tetti dei palazzi intorno.
 
“Cosa?” chiede, la sua voce di un’ottava più alta.
 
“Oh andiamo, Louis,” replica Eleanor, picchiettando la sigaretta e lasciando cadere la cenere oltre il muro. “Ti si legge in faccia che c’è qualcuno nella tua vita. Non credo di averti mai visto così felice, così raggiante. All’inizio credevo che il vero Louis fosse stato rapito dagli alieni.”
 
Ridacchia, e Louis la segue a ruota, abbassando lo sguardo a guardarsi la punta delle sue scarpe.
 
“Beh, è complicato,” mormora Louis in risposta. È molto semplice, in realtà. Louis lo ha baciato, Harry si è allontanato, ed ora fingono che nulla sia successo.
 
Rimangono in silenzio per un po’, aspirando e soffiando lentamente fuori il fumo, con la voce profonda di Patrick che fa loro da sottofondo.
 
“Non conosco la situazione, ma lascia che ti dica una cosa sull’amore. Non bussa spesso alla tua porta, ma quando lo fa devi lasciarlo entrare.” Eleanor si volta verso di lui, e poi getta la sigaretta ormai terminata il più lontano possibile.
 
E mentre la ragazza torna all’interno dell’edificio, Louis fissa la sua andatura ancheggiante e pensa a come siano cambiate le cose. Fino a pochi mesi fa, Louis ascoltava le vicende amorose di Eleanor, non sapendo esattamente cosa dirle. Ora, invece, è il turno di Eleanor di dare consigli a Louis.
 
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“Niall parte per qualche giorno – porta Alyssa, la nostra vicina, a Brighton. Possiamo stare da me e fare una maratona di Ritorno al futuro, stasera,” gli aveva detto Harry quella mattina. E Louis aveva accettato senza troppi ripensamenti.
 
Sta per suonare il campanello dell’appartamento, quando un bigliettino ai suoi piedi attira la sua attenzione.
 
Sono in doccia. Ho lasciato la porta aperta. H. Aveva disegnato una faccina con la lingua di fuori nell’angolo del biglietto, e Louis non può fare a meno di sorridere.
 
L’appartamento che Niall e Harry condividono è su due piani. La porta apre sul salotto e quando Louis entra, si siede sul divano.
 
Sa che Harry preferisce fare la doccia nel bagno del piano superiore, piuttosto che quello al piano terra – “Voglio tenere le tende aperte, ma non voglio che mi vedano come mamma mi ha fatto,” si era giustificato.  Sa anche che Harry trascorre ore nel bagno, quindi si mette comodo, sfilando il telefono dalla tasca posteriore dei jeans ed accedendo a Facebook.
 
Dopo un ventina di minuti, in cui Louis ha scorso i profili di una buona metà dei suoi amici, sente il rumore dei passi di Harry sulle scale, che via via si avvicina, e “Credevo che avessi già accesso la tv,” esclama.
 
Bloccando di nuovo il telefono, Louis solleva lo sguardo ed Harry è lì. In piedi davanti a lui, indossando un paio di pantaloni grigi di una tuta, a torso nudo, i tatuaggi neri che risaltano sulla pelle candida, ed i capelli lunghi raccolti in uno chignon quasi perfetto. Harry sorride, e la bocca di Louis si fa incredibilmente asciutta.
 
“Potresti mettere un maglietta, però” commenta Louis, ridacchiando e cercando di sembrare il più disinvolto possibile ma, a quanto pare, fallisce nel suo intento. Perché il sorriso sparisce dal viso di Harry, e la bocca si distende in una linea.
 
“Ne ho abbastanza!” sbotta Harry, un’irritazione inspiegabile che trapela dai suoi pori. Louis non ha idea a cosa si riferisca.
 
“Harry?” domanda quindi, a voce bassa e tentennante.
 
“Ne ho abbastanza, Louis. Non ce la faccio più a…” Sospira, ed inizia a giocherellare con il labbro inferiore, come se stesse soppesando le parole, come se non fosse sicuro di cosa dire. “Sono innamorato di te, Louis. E mi dispiace se non è quello che vuoi sentire. È così, sono innamorato di te. E per un momento, quando mi hai baciato su quella terrazza, ho pensato che anche tu provassi qualcosa per me. Che stupido sono stato. Ci ho sperato, ma sembra che non sia così. Ti sei allontanato, ti comporti come se nulla fosse successo.”
 
Harry sospira di nuovo, come se quel discorso gli fosse costato fatica, ed abbassa lo sguardo. Nella stanza cala un silenzio carico di rumore.
 
Louis, invece, rimane con la bocca spalancata, con la testa che vortica furiosamente e le farfalle che si agitano nel suo stomaco.
 
“Harry,” sussurra, e Harry solleva lo sguardo dal pavimento.
 
Louis scuote la testa prima di continuare, tutto questo supera ogni sua immaginazione. “Harry. Io sono innamorato di te. Ho cercato di reprimerlo, di ignorare la cosa, ma non ho fatto un buon lavoro. Dopo quella sera, te ne sei andato ad Holmes Chapel e ho pensato che ti fossi pentito di quello che era successo.”
 
Ora, Harry lo fissa con gli occhi spalancati e gli angoli della sua bocca non possono evitare di arricciarsi all’insù.
 
Si lascia cadere sul divano accanto a Louis, prendendo la testa fra le mani e ridendo di gusto. “Era da un po’ che pensavo di fare visita alla mia famiglia. E avevo bisogno di riordinare i pensieri. Forse non è stata una bella idea scappare così.”
 
Appoggiandosi contro lo schienale del divano, Harry si volta verso Louis e gli sorridi, gli occhi verdi e scintillanti, come su quella terrazza.
 
Louis non può fare a meno di ridacchiare e “Siamo due idioti,” commentare. “È la cosa più divertente che sia capitata da quando Niall si è messo a ballare la macarena sull’autobus e quella vecchietta ha cercato di picchiarlo con l’ombrello perché era troppo indecente,” replica Harry. “Quello è stato esilarante,” Louis ride, al ricordo dell’episodio. Harry annuisce semplicemente.
 
È Harry ad attirare Louis a sé, iniziando a baciarlo con urgenza. Louis dischiude immediatamente le labbra. Gli era mancato. A Louis era mancata la sensazione delle labbra piene di Harry sulle sue. Gli era mancato il modo in cui la lingua di Harry si intreccia con la sua con facilità. Gli era mancato il sapore dolciastro di Harry.
 
Con la mano destra di Harry stretta intorno al suo fianco – Louis è sicuro che rimarranno i segni – e la mano sinistra appoggiata al centro della schiena, le dita che premono nella pelle per attirarlo più vicino, Louis pensa che potrebbe restare così per sempre.
 
E continua a pensarlo quando Harry lo spinge delicatamente contro il cuscino blu alle sue spalle. Continua a pensarlo quando “Sei troppo vestito,” Harry mormora, con la voce arrochita dal desiderio e con la sua erezione che preme contro la coscia di Louis. Continua a pensarlo quando Louis gli morde la pelle dietro all’orecchio, guadagnandosi un gemito sommesso da Harry. Continua a pensarlo quando Harry allinea l’erezione alla sua apertura, dopo averlo preparato con cura, e lo penetra fin troppo lentamente. Continua a pensarlo quando viene, lasciando cadere la testa sul cuscino e ripetendo il nome di Harry come una litania.
 
L’amore ha bussato alla sua porta, e Louis non può fare altro che lasciarlo entrare.
 
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Non molto cambia dopo quella notte. Solamente, Louis e Harry si baciano di più. Molto di più, tanto da guadagnarsi il titolo di “coppietta disgustosa ed insopportabile che sfrutta ogni momento libero per sbaciucchiarsi” tra i loro amici. Si giustificano dicendo che non possono farne a meno.
 
Il sesso è grandioso. “Dovrò andare in terapia dopo averlo saputo,” commenta Zayn una mattina, dopo che Louis gli ha raccontato del modo in cui Harry lo aveva scopato sul tavolo della cucina. “Puoi andarci con Niall. Ha sentito fin troppe cose,” Louis ride. Non può farne a meno.
 
Una sera, uscendo dal bagno, Louis trova Harry al telefono con Jay e nota il sorriso che illumina il viso del suo fidanzato. Probabilmente sua madre starà raccontando un episodio imbarazzante della sua adolescenza, ma Louis sorride ugualmente. Non può farne a meno.
 
Harry sta prendendo in considerazione l’idea di trasferirsi definitivamente a Londra. Ultimamente, cerchia con un pennarello nero le offerte che trova sul quotidiano e, quando non è al lavoro, va a vedere gli appartamenti e ne valuta i pro ed i contro. “Sai,” inizia Louis un pomeriggio, dopo aver visto una villetta che era decisamente troppo costosa. “Non sarà facile pagare l’appartamento per conto tuo. Tutti quelli che abbiamo visto non erano male, ma sforavano il budget.” Avevano già avuto quella conversazione – molte volte, in realtà – ma Louis ha altro da aggiungere. “Potremmo, ehm… Potremmo cercare qualcosa insieme. Che ne dici?” Harry si lancia in avanti e lo bacia con passione. Non può farne a meno.
 
Louis sorride alla prospettiva del futuro. Non può farne a meno.
 
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Un’aria gelida ha avvolto Londra in quei giorni. E Louis, nonostante sia coperto dal cappotto e dalla sciarpa di lana, trema mentre aspetta pazientemente in stazione.
 
Harry, sulla banchina opposta alla sua, gesticola e cerca di dirgli che resterà al lavoro fino alle cinque. Louis finge di non capire perché è divertente vedere Harry in quello stato, che si trattiene dallo scoppiare a ridere.
 
Dopo un momento, Harry cerca di dirgli dell’altro. Per prima cosa indica se stesso. Successivamente, incrocia le braccia davanti al petto, con i pugni chiusi. Ed infine, indica Louis.
 
Louis è confuso. Questa volta non ha idea di quello che Harry vuole comunicargli. Così estrae il telefono dalla tasca del cappotto e digita velocemente un messaggio. Hai freddo?
 
La risposta non si fa attendere. No. Risolvi l’enigma, Louis ;)
 
Louis legge più volte quelle parole, prima di vedere il treno fermarsi, con uno stridore di freni, al binario numero 1 e poi sfrecciare fuori dalla stazione.
 
Con Harry, tutto era una sfida, un enigma da risolvere. Ma a questo, Louis non riesce a venirne a capo.
 
È un dipendente della ditta farmaceutica Payne che gli rivela la soluzione. Quando aveva raggiunto l’ufficio, il custode stava sbraitando contro una segretaria, una ragazza minuta con i capelli a caschetto e gli occhiali. “Devo farti un disegnino, Megan? Devo mimartelo nel linguaggio dei segni?” aveva urlato. Ed in quel momento qualcosa era scattato nella testa di Louis.
 
Ed ora, sul treno di ritorno delle 17.24, Louis freme, desideroso che le porte si aprano di nuovo sulla banchina e possa incontrare Harry per replicare, per dirgli quello che aveva aspettato tutto il giorno di dirgli.
 
Harry sta aspettando Louis alla piattaforma, appoggiato alla colonna. Sembra un murales, un disegno blu e nero contro la superficie bianca. Lo schermo del telefono gli illumina il viso.
 
Louis lo individua non appena il suo piede poggia sul marciapiede e nota che infila il telefono nella tasca dei jeans, non appena le porte si aprono con un “bing” metallico.
 
Louis gli corre incontro, posandogli le mani sulle spalle quando gli si para davanti, impedendogli di muoversi da quella posizione. Preme la bocca contro la sua, e sente Harry sorridere sulle sue labbra, prima di dischiuderle.
 
Probabilmente stanno intralciando le altre persone che, scese dal treno, non vogliono altro che tornare a casa, al caldo, dalla loro famiglie. Ma a Louis non importa.
 
“Ti amo anch’io,” Louis mormora contro le labbra di Harry, prima di tornare a baciarlo come se il mondo intorno a loro fosse scomparso.
 
La tempesta è ormai un ricordo lontano, il sole è tornato a splendere.
 



Hello babes. Sono tornata!
Questa storia è nata una sera, mentre viaggiavo in treno, e ho deciso di comunicare immediatamente l’idea a Mars. Ci ho lavorato sopra per un po’ e here I am.
 
Ovviamente, un ringraziamento speciale va a lei, Mars – santa ragazza – non solo per essere la mia beta, ma anche per il supporto e per le belle parole sulla storia.
 
Il titolo viene dalla canzone Gravity di Sara Bareilles. Beh, non ho altro da dirvi. Vi invito a lasciare una recensione per dirmi cosa ne pensate oppure a contattarmi su twitter.
 
Alla prossima, si spera. Eleonora.
   
 
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