Il
cancelliere Palpatine osservava morbosamente il
mortale combattimento che si stava svolgendo davanti ai suoi occhi:
Anakin
Skywalker fronteggiava il conte Dooku, le spade laser che si
scontravano in un
turbine rosso e blu.
Palpatine
stentava a nascondere un sorriso sadico
nel vedere l’atteggiamento dello Jedi. Anakin attaccava con
audacia ed
arroganza, cercando di spezzare la difesa del Conte con affondi
rabbiosi. Il
cancelliere sapeva che la sua rabbia era dovuta alla voglia di
vendetta. Lo Jedi
stava ormai dando libero sfogo a tutte le sue emozioni nel
combattimento.
Palpatine provava un piacere perverso nel vederlo inesorabilmente
trascinato verso
il Lato Oscuro. Kenobi, messo fuori combattimento, non avrebbe
interferito; non
ci sarebbe stato nessuno a farlo rinsavire.
Il
cancelliere era sempre stato capace di
riconoscere un individuo fragile. Adorava la sensazione che provava nel
corrompere persone all’apparenza oneste: l’intero
Ordine dei Jedi ancora non riusciva
a capacitarsi del tradimento di un Maestro come Dooku, ora diventato un
Signore
dei Sith.
Ma
in fondo Palpatine sapeva che non sarebbe durato
ancora a lungo. Dooku era vecchio e debole, una pedina ormai inutile
per lui.
Da tempo il cancelliere aveva puntato i suoi occhi sull’eroe
delle guerre dei
cloni, il prescelto dalla Forza: Anakin Skywalker.
Lo
aveva preso sotto la sua ala protettiva ed era
ben presto diventato il suo confidente, sussurrandogli consigli in tono
mellifluo e lasciando sedimentare nella sua giovane mente dubbi
sull’etica
degli Jedi. Skywalker poteva diventare il suo miglior apprendista:
avrebbe
conosciuto ogni sfumatura della Forza, ne aveva le
potenzialità, ma Palpatine
non avrebbe mai permesso che fosse più
dell’ennesima pedina nel suo sadico ed
ingannevole gioco. Lo avrebbe sottomesso, reso completamente succube
della sua
influenza, finché non avrebbe fatto altro che eseguire i
suoi ordini. Insieme
avrebbero finalmente sterminato tutti gli Jedi, cancellandoli dalla
storia. Il
Lato Oscuro avrebbe dominato la Forza e Palpatine avrebbe governato
l’intera
galassia con il terrore.
Raggiri
e tradimenti… Il cancelliere non si faceva
scrupoli ad utilizzare qualsiasi mezzo per raggiungere i suoi fini
perversi.
Dopotutto, ricordava ancora con estremo piacere la notte in cui aveva
assassinato il suo leggendario maestro Sith, Darth Plagueis, colui che
aveva
scoperto come creare la vita attraverso la Forza. Colui che forse
avrebbe
sostituito Palpatine con un apprendista creato da lui stesso. E il
cancelliere,
nella migliore tradizione dei Sith, lo aveva ucciso nel sonno, con la
freddezza
di un serpente.
Il
Signore Oscuro tornò al presente: lo scontro era
giunto al termine. Anakin aveva appena mozzato entrambe le mani a
Dooku, il
quale, ormai sconfitto, era caduto ai piedi dello Jedi.
“Uccidilo,
Anakin” lo esortò Palpatine “Uccidilo
ora.”
Il
Conte lo guardò, gli occhi sbarrati per la
consapevolezza del tradimento del maestro.
Ma
Palpatine rise di quello sguardo, e godette dello
sgomento di Dooku.
“Non
dovrei” esitò Anakin, che stringeva sia la sua
spada blu che quella rossa del nemico, come a dover scegliere tra le
due.
Il
cancelliere sapeva di doverlo guidare. Prima o
poi avrebbe eliminato tutti quegli insulsi principi da Jedi.
“Uccidilo!”
sibilò con ferocia Sidious, un lampo giallo che gli
balenò negli occhi, e Anakin,
seppur riluttante, decapitò Dooku.
Complimenti,
Skywalker, pensò
il Sith, celando un ghigno, benvenuto nel
Lato Oscuro.