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Autore: The_Black_Widow    17/01/2016    2 recensioni
Dal testo: "Ci sono legami che nemmeno un sortilegio può spezzare, e ricordi che semplicemente non si possono cancellare"
Terza stagione, Emma ha recuperato i ricordi ed è stata riportata a Storybrooke, dopo aver vissuto un anno a New York con Henry, lontano dai suoi amici e dalla sua famiglia, per salvare ancora una volta la città e i suoi abitanti dall'ennesima maledizione. Per farlo ha bisogno di imparare ad usare al meglio la sua magia e chiede aiuto a Regina, la lezione rappresenta l'occasione perfetta per scoprire quante cose in comune hanno le due mamme ed ex nemiche.
Missing moment dell'episodio 17 " La Jolly Roger".
Genere: Fluff, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Emma Swan, Regina Mills
Note: Missing Moments | Avvertimenti: nessuno
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THERE ARE PLACES I REMEMBER...

 

 

 

I raggi del sole creavano giochi di luce affascinanti sulla superficie del lago e tra le foglie degli alberi addobbati dalla brina. Il clima di quella giornata era piuttosto mite, nonostante fosse ormai pieno inverno, e uscire fuori per una passeggiata all'aria aperta non sembrava un'idea poi tanto cattiva. I piedini di Henry calpestavano incerti l'erba. Aveva imparato da poco a muovere i suoi primi passi con l'ausilio di un sostegno, e presto il timore dovuto alla scoperta della nuova superficie si trasformò in euforia, mentre provava ad accelerare stringendo forte le mani di sua madre. Rideva felice, e il dolce suono della sua risata riempiva il cuore di quest'ultima, che poteva giurare di non aver mai sentito nulla di più bello nella sua vita. Sprizzava gioia da tutti i pori, una gioia contagiosa, perché la visione del piccolo esploratore entusiasta, che sorrideva mostrando due piccoli dentini spuntati da poco, e che si muoveva goffo nella sua mise invernale, era qualcosa che avrebbe sciolto anche il più glaciale dei cuori. Dopo avergli concesso quindici minuti buoni di camminata semi-solitaria, la mamma decise che poteva bastare. Era felice che il figlio si divertisse e crescesse scoprendo la natura, ma voleva anche che crescesse forte e in salute, e una sudata infagottato in abiti pesanti, mentre il termometro segnava pochi gradi, non era certo un toccasana. Per questo scelse una panchina non troppo distante dallo specchio d'acqua, così da poter permettere al suo ometto di guardare papere e cigni nuotare eleganti, e di bearsi essa stessa della visione del suo sguardo curioso, segno evidente di una spiccata intelligenza. Era già così orgogliosa di suo figlio nonostante avesse solo undici mesi. Per lui immaginava un futuro luminoso, senza le ombre che invece avevano caratterizzato il suo passato, e avrebbe fatto qualsiasi cosa per renderlo possibile. Henry era la cosa migliore che le fosse capitata nella vita.

Mentre stava seduto sulle gambe della donna il piccolo batteva le mani ogni volta che notava qualcosa che lo divertiva particolarmente: papere che immergevano la testa nell'acqua per grattarsi e poi la ritiravano su sollevando schizzi; cigni che avvicinandosi tra loro disegnavano cuori; o ancora uccelli che arrivavano in volo e si adagiavano sul piccolo bacino sbattendo forte le ali, e ogni volta cercava di attirare l'attenzione della madre facendo versi comprensibili soltanto a lei, e indicando col dito paffuto l'oggetto del suo interesse. Non sapeva ancora parlare ma sapeva come comunicare con lei, piangendo in modi differenti o pronunciando sillabe a caso come il “Dah” che stava usando in quel momento.

« Che c'è Henry? Ti piace il lago? » Un altro verso e un battito di mani risposero alla domanda. « Ti ci porto tutte le volte che vorrai, se non piove e non fa troppo freddo » e così dicendo gli baciò la testa dopo averla teneramente accarezzata.

Un trillo artificiale e fastidioso interruppe l'idillio.

Dal numero sul display capì che era una faccenda di lavoro e fu costretta a rispondere, nonostante il primo istinto fosse stato quello di ignorare la chiamata. Nel frattempo Henry cominciò a dimenarsi sulle sue gambe, e i “dah” a mescolarsi con dei “tah”, “nah”, “bah”. La donna però era concentrata sulla voce al telefono che blaterava di cose urgenti e importanti, di cui in realtà non importava niente a nessuno e che avrebbero potuto attendere tutto il tempo del mondo. Con uno scatto felino Henry riuscì a divincolarsi dalla stretta del braccio di sua madre che tentava di tenerlo fermo per non farlo cadere, e si tirò su quel tanto che bastava per poggiare la sua manina a lato del mento della donna e provare a farla voltare in direzione di ciò che il suo indice stava indicando. La donna diede un'occhiata veloce, senza vedere veramente quello che il figlio voleva disperatamente che scoprisse, e gli disse sbrigativa: « Sì amore. Stai fermo » non soddisfacendo per niente il bisogno di attenzioni del bambino. Allora lui riprovò con più forza nella presa e con un « Mam... ma » che, come una formula magica, ebbe il potere di fermare il tempo e lo spazio.

Il telefono, che adesso se ne stava adagiato sull'erba dopo essere lentamente scivolato dalla mano sinistra della donna, emetteva ancora un suono gracchiante, ma la mente di lei era occupata stavolta da una sola parola, quella pronunciata dall'unico uomo della sua vita. Aveva fantasticato tanto sull'effetto che avrebbe potuto farle sentirsi chiamare “mamma”, e aveva trascorso mesi nel tentativo di far memorizzare la parola magica al figlio. Adesso che era arrivato quel momento, riuscire a spiegare o a descriverne la sensazione era semplicemente impossibile, ma sapeva che era molto, molto simile a quella provata la prima volta che aveva tenuto Henry tra le braccia.

Il piccolo sembrò confuso quando vide finalmente sua madre dargli retta, era soddisfatto di aver ottenuto il suo scopo, ma anche perplesso per le lacrime che avevano iniziato a riempirle gli occhi.

« Lo hai detto! Hai detto mamma! Dillo di nuovo... » gli disse speranzosa la donna mentre lo issava per farlo stare in piedi sulle sue cosce di fronte a lei.

E inaspettatamente il prodigio si compì un'altra volta.

Henry ripeté « Mamma » per farle notare che una papera era uscita dallo stagno e stava passeggiando non troppo lontano dalla loro panchina. Poi lo fece una terza volta, una quarta e una quinta e ogni volta che riceveva un bacio sulla guancia, sul naso, sulla fronte e la risata contagiosa di sua madre come ricompensa, per prolungare all'infinito quello che per lui era diventato un gioco divertentissimo.

 

“Ma chi me l'ha fatto fare?” si ritrovò a pensare Emma, mentre si aggrappava con tutte le sue forze alle funi di un ponte pericolante sospeso sul nulla, e cercava di far capire a Regina che quello non era affatto uno scherzo divertente. Certo pensava ancora che la mora fosse un'ottima insegnante in fatto di magia, con lei aveva sempre imparato più in fretta, e adesso il tempo per sconfiggere Zelena stringeva, perché presto Mary Margaret avrebbe partorito, e la strega avrebbe rapito il suo bambino per compiere chissà quale pericoloso sortilegio. Solo che faceva ancora un po' fatica a fidarsi e ad affidarsi totalmente a lei. Lo scintillio di sadico divertimento negli occhi castani della sua maestra, poi, non era troppo rassicurante.

« Regina sei impazzita? » Gridò mentre cercava di combattere il panico.

« Ogni volta che hai tirato fuori il tuo potere è stato perché i tuoi istinti ti hanno spronata. Quindi oggi faremo leva esattamente su quegli istinti finché non li dominerai » le spiegò Regina senza convincerla troppo. Poi improvvisamente il ponte cominciò a traballare pericolosamente, e le sue assi a saltare una alla volta per mezzo della magia del sindaco.

« Ferma! Che stai facendo?! »

« Cara, faccio crollare il ponte » rispose con ovvietà la mora, « puoi decidere di fermarmi o di morire. »

Adesso sì che era terrorizzata, Regina non stava affatto scherzando.

« Basta! Regina basta così, smettila! »

« No, tu devi smetterla! Smetti di farti tenere per mano, devi riuscirci da sola », “certo tutto facile a parole” « cerca in fondo a te stessa, sai che puoi farcela. Il potere è dentro di te. Salva il ponte, salva te stessa » e così dicendo cominciò a far spezzare le corde. Emma non poteva credere ai suoi occhi, voleva con tutta se stessa riuscire a fidarsi senza remore della donna che la stava mettendo così in difficoltà, ma davanti a certi comportamenti la cosa risultava davvero difficile. Non fece in tempo a completare il pensiero, che le corde si spezzarono del tutto facendo precipitare lei e il ponte nel baratro su cui era sospeso. Non seppe dire dove avesse trovato la forza, e come l'avesse usata per ammassare l'uno sull'altro i pezzi del ponte e tirarsi su dove c'era la donna più anziana, sollevata per aver creduto nelle capacità della sua allieva.

Aveva ragione, era come diceva Regina: l'istinto!

Il pericolo imminente e la paura di morire avevano attivato la sua magia permettendole di salvarsi. I metodi di Regina potevano essere discutibili, forse un po' rudi, ma senza dubbio efficaci. Peccato che l'entusiasmo della bionda non fosse condiviso.

« Sono stata io a farlo? »

« Sì, e pensa che mi sarebbe bastato che tendessi le funi di sospensione. » Non che Emma si aspettasse che la mora facesse i salti di gioia conoscendola, ma tutta quella freddezza la spiazzò.

« Perché ti arrabbi? Ce l'ho fatta, non importa come »

« Credi che io sia arrabbiata perché non mi hai dato ascolto? Sono arrabbiata perché... .Insomma guarda quanto potenziale c'è dentro di te, e per tutto questo tempo l'hai sprecato! » Sbottò il sindaco. Le aveva già detto una cosa simile quando erano a Neverland, ma Regina non poteva capire. Emma non voleva la magia. Emma bramava la normalità. Una vita senza personaggi delle favole in carne ed ossa, mondi incantati e mostri da sconfiggere, come quella che aveva vissuto fino a pochi giorni prima a New York con Henry. Si era accorta da sé di avere un potere straordinario, ma a lei semplicemente non interessava imparare a sfruttarlo, o almeno era così finché non aveva realizzato che le serviva per proteggere la sua famiglia e i suoi amici. Come spiegare tutto questo alla potente Regina Cattiva capace di scagliare mostruose maledizioni solo per vendicarsi di una bambina di dieci anni?

« Mi dai una mano? » Chiese lo sceriffo in cerca di aiuto da parte del sindaco per raggiungere la terra ferma prima che il sostegno improvvisato magicamente iniziasse a cedere. Regina le afferrò un braccio e la tirò verso di sé, e appena Emma poggiò il piede sul piano roccioso quello che restava del ponte crollò.

« Devi imparare a dosare la magia per poterla sfruttare a tuo piacimento. Non puoi usare la stessa quantità di potere per spostare un macigno o una piuma »

Emma annuì concorde, poi tirando su un sopracciglio chiese: « perché mai dovrei voler spostare una piuma con la magia? »

« Non è questo il punto Swan, era solo un esempio » rispose seccata la maga più esperta.

« Certo, scusa. Beh ma non è un problema, sono una brava allieva no? » La speranza di strapparle un sorriso scomparve l'istante successivo, quando notò l'espressione impassibile della mora. « E ho la maestra migliore del mondo? » Tentò di nuovo con una lusinga... inutilmente.

« Dovrai allenarti, ormai mi sono rimaste poche cose da insegnarti. Adesso dipenderà tutto da te e dalla tua volontà »

« Signor sì, Signora! Ma... dobbiamo farlo qui? » Stava mettendo a dura prova la pazienza del sindaco.

« Sei peggio di un bambino signorina Swan! » E così avvolse entrambe in una nuvola viola per trasportarle in un altro punto della foresta, dove costrinse davvero la Salvatrice ad allenarsi sollevando e spostando in alternanza piume e macigni.

Poche ore dopo Emma era già in grado di svolgere il compito alla perfezione, e anche piuttosto stanca.

« Anche Tremotino ti sfiniva in questo modo? »

« No, lui preferiva logorare mente e spirito. Può bastare così Emma, è meglio tornare a casa prima che i tuoi genitori comincino a sospettare che ti abbia rapita »

« Punto primo: è bello che ogni tanto mi ricordi che conosci anche il mio nome. Punto secondo: se c'è qualcuno che si fida di te quelli sono proprio i miei genitori. » Regina la guardò scettica. « Ok, magari David non metterebbe la mano sul fuoco per te, ma Mary Margaret sì, e io sono con lei »

« Per il tuo super potere che con me non fallisce mai, lo so »

« Già... »

Eppure non era solo quello. Conosceva Regina da diversi anni ormai, aveva lottato contro di lei e poi al suo fianco, e sapeva che sotto quello strato duro di apparenza c'era una donna complicata, forte e affascinante per la quale provava grande rispetto.

« Andiamo al loft così saluti Henry. E mentre lo aspettiamo ti faccio assaggiare una miscela di tè davvero ottima che ho scoperto a New York »

Regina fece per teletrasportarle nuovamente, ma fu subito fermata.

« Mi era parso di capire che fossi stanca »

« Sì: della magia! Andiamo a piedi ti prego » le chiese Emma implorante, la mora allargò le braccia sconfitta e si incamminarono. Presto si avvicinarono alla zona della foresta più vicina alla città, quella che fungeva da parco e si distendeva tutta intorno al lago.

« Quindi devo proprio continuare ad allenarmi da sola “Maestro Miyagi”? » Emma non ebbe il tempo di godersi lo sguardo esasperato di Regina perché il suo fu catturato dal panorama. Il lago, le panchine, le sembrava un posto familiare. Il pensiero la fece sorridere.

« E' incredibile che tu non abbia mai visitato la Grande Mela, nonostante il soprannome avrebbe dovuto invogliarti a farlo, e che sia riuscita a riprodurre uno scorcio identico di Central Park qui a Storybrooke » disse alla mora guardandosi intorno.

« Di che stai parlando? » Chiese l'altra confusa

« Di questo » rispose Emma continuando a indicare lo scenario che le circondava. « A Central Park c'è un posto uguale, o credo simile. Me lo ricordo perché è lì che Henry ha detto la sua prima par_ »

Una nuova consapevolezza le mozzò il fiato, era proprio quello il punto: il ricordo. Non poteva essere vero perché Henry non era cresciuto con lei, lo aveva dato in adozione subito dopo averlo messo al mondo. Tutto quello che ricordava della sua infanzia non era reale, ma frutto della magia di Regina, memorie finte create apposta per loro quando furono costretti appena un anno prima a separarsi dal resto degli abitanti di Storybrooke a causa del sortilegio lanciato da Peter Pan. Quindi non era mai successo. Henry non l'aveva chiamata per la prima volta mamma sulle rive di un lago, non lo aveva visto imparare a camminare, non gli aveva mai raccontato storie per farlo addormentare, né lo aveva mai rassicurato dopo un incubo. Eppure sembrava tutto così reale, nonostante i finti ricordi fossero affiancati a quelli veri. Era una sensazione strana, come se avesse vissuto due vite diverse e ne ricordasse distintamente ogni particolare, forse è così che si sentivano i suoi genitori e tutti gli altri da quando la prima maledizione era stata spezzata. Tornò in sé scuotendo leggermente la testa.

« Lascia stare, sto dicendo un mucchio di sciocchezze » e si portò qualche passo più avanti perdendosi lo sguardo velato di malinconia della donna dietro di lei, che fissava con un triste sorriso una panchina.

Per il resto del tragitto fino a casa Emma fu insolitamente silenziosa, il sentore che ci fosse qualcosa che le sfuggiva la rese pensierosa. L'unica certezza era che non avrebbe mai permesso che lo stesso stato di smarrimento si impossessasse di suo figlio. No, appena risolto il problema Perfida Strega Dell'Ovest lei e Henry sarebbero tornati a New York, alla loro vita perfetta e normale, e il ragazzo non avrebbe avuto nostalgia di nessuno perché non avrebbe ricordato nessuno. Mentre riempiva il bollitore dovette lottare coi sensi di colpa, perché ogni volta che guardava Regina, il pensiero che le avrebbe portato via Henry la colpiva con un forte gancio allo stomaco. A parti invertite sapeva che sarebbe impazzita di dolore, già doveva essere orribile stargli accanto sapendo di essere soltanto una sconosciuta per lui. Ma la cosa non aveva importanza, l'unica cosa che contava e che avrebbe sempre contato, era il benessere di Henry. Per lui entrambe avrebbero sacrificato ogni cosa, e in fondo Regina lo aveva già fatto una volta. Lo aveva lasciato andare, aveva lasciato che lui la dimenticasse sapendo che non lo avrebbe mai più rivisto. Doveva prendere esempio da lei. Essere forte come lei, che invece Henry lo aveva cresciuto sul serio, accudito, consolato. Gli aveva insegnato a camminare, gli aveva raccontato storie per farlo addormentare e aveva sentito la sua prima parola.

Magari un “mamma”...

Su una panchina...

In riva al lago...

In una mite giornata d'inverno.

Il cuore cominciò a pulsarle forte nella testa, e gli occhi a inumidirsi: era così, era senza dubbio così!

Quella donna che adesso stava seduta al tavolo, tamburellando le dita sovrappensiero, era una sorpresa continua, un mistero, una contraddizione vivente. Capace di compiere azioni orribili e gesti di grande altruismo; di strappare vite indiscriminatamente e di sacrificare la propria per guadagnare tempo e permettere a loro di salvarsi da un problema da lei stessa creato; di ricorrere alle soluzioni più meschine per tenerla lontano da loro figlio e di rinunciare a lui dando a lei una seconda possibilità di essere madre, come se non lo avesse mai abbandonato, e donandole i suoi stessi ricordi.

Sì perché tutto quello che Emma ricordava dell'infanzia di Henry era successo davvero, solo che era stata Regina a viverlo in prima persona, e aveva scelto di condividerlo con lei piuttosto che creare dei bei ricordi dal nulla.

La mamma felice in quel parco era Regina, ma era anche Emma. Perché se c'era una cosa che le aveva sempre rese simili era l'amore incondizionato che nutrivano per Henry. Ma non era la sola cosa che avevano in comune, Emma lo aveva capito da tempo e ne aveva conferma ogni volta che scopriva qualcosa di nuovo del carattere dell'altra madre di suo figlio. Regina Mills era come una matriosca: ogni involucro ne proteggeva un altro, e una volta rimosso uno si ottenevano delle risposte e altrettante nuove domande. Emma ammirava Regina, e forse nutriva anche dell'affetto per lei, o se non altro avrebbe potuto farlo tranquillamente. Perché dentro la Evil Queen c'era una donna ferita, dentro la quale ce n'era una coraggiosa, che a sua volta conteneva quella generosa, poi la mamma affettuosa... ed era sicura che ci fosse anche l'amica leale, che sapeva avrebbe raggiunto molto presto.

« Sceriffo Swan ci vuole ancora molto per questo tè? Arriva dritto da New York? »

Emma sorrise asciugandosi velocemente la piccola lacrima sfuggita alla rete delle sue ciglia.

« Pochi minuti in infusione e mi ringrazierai Sindaco Mills » rispose versando l'acqua bollente nelle tazze, e andando a sedersi di fronte a lei.

Una volta sconfitta Zelena lei e Henry sarebbero tornati a New York, ma niente impediva loro di tornare a Storybrooke tutte le volte che avrebbero voluto.

« Sai Henry ti trova simpatica »

« Davvero? Te lo ha detto lui? »

« Sì. Mi ha detto “mi piace il sindaco, è una tipa cool” »

La bocca di Regina si piegò in un sorriso triste e carico di dolore, e quasi sottovoce ripeté « Il sindaco... »

Emma lo notò e non poté fare a meno di aggiungere: « Credo che inconsciamente sappia di appartenere a questa città, e che tu sei importante per lui » si portò la sua tazza alla bocca, « Ci sono legami che nemmeno un sortilegio può spezzare, e ricordi che semplicemente non si possono cancellare. »

Le due si guardarono in silenzio negli occhi per un tempo indefinito, non si erano mai sentite così vicine come in quel momento. Poi Regina espresse a parole quello che stava comunicando con lo sguardo: « Grazie » le disse con un sorriso sincero e riconoscente.

Emma sorridendo a sua volta le afferrò una mano stringendola con dolcezza

« Grazie a te. »

 

 

Widow's corner

Vi siete mai chiesti come è proseguita la lezione di magia di quel giorno? Io sì, e ho provato a scriverlo. Mi piaceva l'idea di Emma che fa la spiritosa per alleggerire la tensione, secondo me ci tiene a fare bella figura con Regina. Soprattutto ho sempre pensato che Regina abbia donato a Emma non dei semplici ricordi inventati sull'infanzia di Henry ma i suoi personali... e da qui nasce questa piccola fanfiction vagamente SQ (“vagamente” perché non sono in grado di competere con quelle che leggo su questo sito e su fanfiction.net). Spero l'abbiate apprezzata almeno un po'.

Cercherò di aggiornare presto anche la mia long, come sempre per pareri e domande non esitate a scrivermi.

Ciao a tutti!

   
 
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