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Autore: giambo    20/01/2016    3 recensioni
18 squadrò il marito con sguardo glaciale. Quest'ultimo deglutì vistosamente, sentendosi terribilmente inadatto con quel completo da pinguino indosso.
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Sarebbe stato un modo come un altro per mantenere la pace. Certo, magari il criminale della domenica non era la stessa cosa che combattere Majin Bu, ma non poteva certo chiedere troppo dalla vita.
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“Bene bene...signorina Lazuli.” esclamò, con un sorriso ebete stampato sul volto e roteando il proprio manganello nella mano sinistra. “Non vorrà mica costringermi ad usare questo randello, non è vero?”
Genere: Comico, Sentimentale, Slice of life | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: 18, Crilin, Goten, Marron, Trunks | Coppie: 18/Crilin
Note: Missing Moments, Movieverse | Avvertimenti: nessuno
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Nuovo lavoro per Crilin

 

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18 squadrò il marito con sguardo glaciale. Quest'ultimo deglutì vistosamente, sentendosi terribilmente inadatto con quel completo da pinguino indosso.

A volte mi domando cosa diavolo me lo fa fare...

Roteando nella mano sinistra, con abilità inumana, un paio di forbici, la cyborg scrutò ancora una volta il completo nero, da uomo, in cui Crilin si era strizzato a fatica. Lo trovò giusto per quello che il terrestre doveva fare, ma non appena le sue iridi chiare fissarono la zazzera nera ed arruffata del guerriero, si strinsero pericolosamente.

“No, non ci siamo.” dichiarò seccamente. “Avanti, siediti!” gli ordinò, indicando una sedia imbottita di fronte ad un grosso specchio.

Crilin cominciò a sudare freddo. Aveva sperato fino all'ultimo che quel momento non arrivasse, ma a quanto pare era destino.

“Bisogna proprio? In fondo, ci ho messo tanto a farmeli crescere e...” le parole gli morirono in gola, osservando l'espressione di sua moglie.

“Vuoi forse mettere in dubbio le mie capacità?” mormorò con tono minaccioso la bionda.

“N-no, certo che no!” sospirò il moro. Successivamente, si sedette. “D'accordo, hai campo libero.”

 

 

Mentre si faceva tagliare i capelli dalla moglie, Crilin ripensò agli avvenimenti degli ultimi mesi, chiedendosi se stessero facendo la cosa giusta. Ovviamente sapeva che tutto quello era per il bene di sua figlia, ma a volte si domandava se sarebbero stati capaci di fare tutto nei migliori dei modi.

Il fatto era che Marron stava crescendo. Ormai aveva cinque anni, l'età in cui i bambini iniziavano ad andare a scuola ed a socializzare. Ma la piccola, cresciuta nella pace dorata ed isolata della Kame House, aveva avuto ben poche possibilità di farlo prima di allora, e difficilmente le cose sarebbero cambiate nel futuro, continuando a vivere sull'isola di Muten. A tutto questo, andava aggiunto i problemi logistici della distanza da una scuola. Crilin e C18 avrebbero potuto in poco più di venti minuti arrivare alla Citta dell'Ovest, ma sarebbe stato difficile spiegare ad insegnanti e sconosciuti che la piccina veniva a scuola volando. Ne si poteva lasciarla alle cure di Bulma, abbandonandola solamente per godersi la pace della Kame House a tutti i costi.

Insomma, Crilin e 18 si trovavano di fronte ad un bel problema, ma fu quest'ultima, con la sua solita calma glaciale, a trovare la soluzione.

 

Si trasloca in città.”

Eh?!”

 

Così, dopo quasi vent'anni, il terrestre fu costretto ad abbandonare quella che, a tutti gli effetti, era casa sua. Gli dispiaceva, ma sapeva che era necessario per il bene della figlia. Riguardo al Maestro Muten non era il caso di preoccuparsi: nonostante la sua età, era ancora parecchio arzillo ed in gamba. Senza contare che con lui avrebbero continuato a vivere Oolong e Umigame. La compagnia non gli sarebbe mancata, anche se il guerriero promise di venirlo a trovare ogni volta che avrebbe avuto tempo.

Fu Bulma a trovare loro una casa. Quando la scienziata seppe che l'amico voleva venire a vivere in città, fu leggermente sorpresa, tanto da chiedergli il motivo.

 

Scusa un attimo, Crilin. Perché, fra tutte le città del mondo, proprio la Città dell'Ovest? È una metropoli caotica, disordinata ed inquinata. Sei sicuro che tu e C18 riuscirete a viverci, abituati alla pace della Kame House?”

Beh, non lo so. Però possiamo provarci, e poi così potremmo vederci più spesso.”

 

Per la donna non fu facile trovare loro l'abitazione giusta. Conoscendo i gusti dell'amico, e soprattutto quelli molto più esigenti della moglie, Bulma non era mai sicura definitivamente di qualsiasi casa andò a visitare, per un motivo o per l'altro. Finchè, un bel giorno, decise di mandare in malora tutte le agenzie immobiliari del mondo, e di fare di testa sua: avrebbe progettato e costruito lei stessa la casa. Quando Crilin ne fu informato, rimase basito.

 

Ripeti un attimo, Bulma. Non sono sicuro di aver capito bene...”

Cos'è, sei forse sordo? Ti ho detto che la progetterò e finanzierò io la costruzione. Così avrai la casa perfetta.”

Ma...”

Ho già deciso di fartelà costruire nella zona più chic della città. Così vivremo praticamente attaccati.”

E mi spieghi dove li trovo i soldi per mantenermi un palazzo?! Non sono mica miliardario io!”

Beh, sai com'è: pensavo di comprarmi la cinquecentesima automobile la settimana prossima, ma se dovrò regalarti qualche spicciolo dovrò farne a meno...che tragedia.”

...”

 

In poche settimane, il trasloco fu pronto e, con l'aiuto di Muten, Yamcha, Trunks e Goten, realizzato. In realtà i piccoli saiyan non erano previsti nel piano iniziale, ma l'idea di vedere la casa nuova dello zio Crilin, progettata e costruita dalla mente geniale di Bulma, aveva incuriosito così tanto le due piccole pesti che non ci fu verso di far loro cambiare idea.

Crilin non era esattamente convinto che Bulma, abituata alla gigantesca Capsule Corporation, con tutte le comodità possibili ed inimmaginabili, fosse capace di comprendere appieno le esigenze di lui e di sua moglie. Temeva qualcosa di eccessivamente pacchiano o vistoso. Ancora una volta, fu costretto ad ammettere di aver sottovalutato l'intelligenza dell'amica. Ciò che si trovò davanti fu una casa sì spaziosa, ma il giusto. Niente ville o costruzioni esagerate. Inoltre, una volta dentro, i due coniugi si trovarono davanti ad un appartamento spazioso, confortevole, ed arredato con gusto. Mobilio, cucina e sanitari erano stati progettati da Bulma in persona, dando l'aspetto alla loro nuova casa di un'abitazione moderna, ma allo stesso tempo non pacchiana o sgradevole alla vista. In una parola: perfetta.

“Allora?” chiese la scienziata, una volta terminato il giro di presentazione della casa, tenendo in una mano le chiavi. “Sono o non sono la migliore?”

“Sei...” il terrestre faceva fatica a trovare le parole giuste. “Sei un dannato genio, Bulma! Non so come avremmo fatto senza di te, grazie di cuore!”

“Bah, non è niente. Considerando che mi hai salvato la vita una decina di volte, direi che era il minimo.”

“Urca!” Goten faceva fatica a tenere chiusa la bocca, ed anche Trunks dovette ammettere che era proprio una bella casa. “E' proprio un bel posto, zio!”

“Già.” confermò il figlio di Vegeta. “Dici che la zia ci permetterà di venire a trovarvi?”

“State tranquilli. Ogni volta che vorrete sarete i benvenuti.” dichiarò il moro, facendo loro l'occhiolino.

“Evviva!” i due piccoli saiyan fecero un salto di gioia, mentre Bulma sospirò.

“Hai firmato la tua condanna a morte, Crilin.” osservò successivamente con fare scherzoso. “Mi auguro che non ti distruggano eccessivamente la casa.”

 

 

Le prime settimane nella nuova abitazione furono piene per Crilin e 18. Impegnati a sistemare gli oggetti traslocati, a trovare una scuola per Marron ed ad abituarsi a ritmi di vita molto diversi da quelli della Kame House. Cyborg e terrestre all'inizio trovarono quasi impossibile vivere nel mezzo della confusione metropolitana, e più di una volta il moro rimpiangeva la pace e la tranquillità dell'isola di Muten. Era vero che ora vedeva molto più spesso Bulma, Yamcha e Puar, senza contare quei due satanassi di Goten e Trunks, ma più di una volta ebbe l'impressione di essere fuori posto, in mezzo a quella confusione. Vedere continuamente persone di fretta attorno a lui, che correvano da una parte all'altra per tutta la giornata ininterrottamente gli davano una sensazione di ansia perenne, che faceva fatica a smaltire la notte. Anche Marron faceva fatica ad abituarsi a tutte quelle novità, compresa la scuola, ma era una bambina intelligente, solare e piena di costanza, e non ci mise molto ad abituarsi alla sua nuova vita, facendosi nuove amicizie, e rinforzando quella con Trunks e Goten.

Di veduta diversa era 18. La nuova casa, moderna, elegante e piena di comodità, le piaceva, senza contare che ora le bastavano pochi minuti per raggiungere le sue botteghe preferite. Certo, neanche a lei tutta quella confusione e rumore le piacevano, eppure non rimpiangeva quanto il marito la lontana Kame House. Anche se ben presto cominciò ad avvertire un vuoto fastidioso nelle sue giornate.

Abituata ormai da anni a badare a Marron, con l'arrivo della scuola, 18 si ritrovò con moltissimo tempo libero, troppo. E provò l'orribile sensazione della noia. Le sue giornate trascorrevano lente, aspettando con ansia l'uscita della sua adorata bambina da scuola, per poter finalmente trascorrere del tempo con lei. Alla fine, stanca di quelle giornate piatte, decise di trovarsi un diversivo.

All'inizio pensò a qualcosa come svaligiare banche e gioiellerie, ma non era del tutto convinta che suo marito avrebbe approvato. Un giorno però, passando davanti ad un negozio di motociclette, rimase incantata da quei gioiellini tecnologici, veri e propri mostri della strada. Certo, grazie alla sua forza era capace di spostarsi molto più velocemente di qualsiasi mezzo inventato dall'uomo, ma l'idea di sentire rombare sotto i piedi cinquecento cavalli era allettante. In fondo, gli umani che compravano quelle tipologie di mezzi lo facevano per hobby, proprio ciò che stava cercando.

E così, dopo essersi 'rifornita' gentilmente dal suo eterno debitore Mr. Satan, 18 si era presa il proprio veicolo: un bestione a due ruote capace di far tremare la terra al suo passaggio. Cinquecento cavalli di pura cattiveria, miscelati ad una cilindrata pari a mille, il tutto tenuto su da un luccicante telaio nero metalizzato. 18 la trovava semplicemente meravigliosa, suo marito un po' meno.

 

Ehm...Tesoro, non voglio fare il polemico, ma...dove li hai trovati i soldi per un simile carrarmato?!”

Stai tranquillo. Non era niente di illegale...non troppo almeno.”

...”

 

Anche il terrestre si era trovato ad avere troppo tempo libero. Alla Kame House le sue giornate le trascorreva ad allenarsi, oppure a fare qualche interessante immersione. Ma lì in città dove avrebbe trovato lo spazio per i suoi esercizi? Non poteva certo mettersi a lanciare Kamehameha a destra ed a manca come se niente fosse! All'inizio pensò di andare in palestra, ma dopo un paio di tentativi rinunciò: la sua forza era eccessiva per le persone comuni, e lo capì dopo aver distrutto otto macchine diverse in un pomeriggio. Decisamente, era meglio allenarsi per conto suo.

La risoluzione al suo problema la trovò Yamcha. Un giorno, infatti, confidando all'amico i suoi problemi ad ambientarsi alla vita di città, gli chiese se conosceva qualche buon posto dove allenarsi. Per tutta risposta, l'affascinante terrestre scoppiò a ridere.

“Crilin, amico mio, perché non me l'hai detto subito? Conosco un posto perfetto dove ogni tanto vado ad esercitarmi, perché non mi accompagni? Un compagno di esercizi fa sempre comodo.”

Il posto perfetto di Yamcha, altro non era che un vecchio campo di allenamento di pallacanestro, alla periferia della città. Lì, ogni sera, i due cominciarono ad allenarsi assieme, affrontandosi in scontri all'ultimo sangue. Il più delle volte vinceva Crilin, ma anche Yamcha, col tempo, si prese le sue soddisfazioni.

 

Pugno contro pugno. Ki contro ki. Ognuno senza mai smettere di fissare negli occhi l'altro.

Crilin sorrise, mentre rompeva la guardia dell'amico, per colpirlo in pieno petto con un ki-blast. Yamcha però, incassò senza troppi problemi il colpo, restituendolo sotto forma di una ginocchiata in fronte.

Però!” ansimò Crilin, parando a fatica l'attacco. “Stai facendo progressi, amico.”

Non sei niente male neanche tu!” dichiarò Yamcha, tremando per lo sforzo.

 

Tuttavia, nonostante la gioia di avere trovato un luogo dove allenarsi, il terrestre non si sentiva realizzato. Gli mancava ancora qualcosa, come ad esempio, un lavoro.

Lì iniziavano le note dolenti. Il guerriero non aveva mai compiuto un lavoro in vita sua. Si era solamente allenato e basta. Disponeva di una discreta cultura, ma di sicuro non era il cervello il suo muscolo meglio allenato, senza contare che non possedeva neanche uno straccio di titolo di studio in tasca.

Poi, un giorno, passando per caso davanti ad una vetrina, vide un foglio, con su scritto il nuovo bando per la polizia cittadina.

Una strana idea gli passò per la testa. Era, sotto molti aspetti, assurda, ma allo stesso tempo, la cosa lo intrigava.

In fondo...perché no?

Sarebbe stato un modo come un altro per mantenere la pace. Certo, magari il criminale della domenica non era la stessa cosa che combattere Majin Bu, ma non poteva certo chiedere troppo dalla vita.

 

 

E così, tre giorni dopo, Crilin si era strizzato in quell'abito da pinguino, pronto al suo primo colloquio di lavoro, sotto la giurisdizione di sua moglie, che approvava l'idea di un'entrata finanziaria fissa nella loro famiglia.

“Ecco, ho finito.” dichiarò 18, spegnendo la macchinetta.

Fu con sollievo che Crilin constatò come la moglie avesse risparmiato di raderlo a zero. I suoi capelli, seppure corti, terminavano con una frangia sparata verso l'alto che lo ringiovaniva di parecchio, facendolo passare più per un ventenne che per l'uomo fatto e finito che era. Nonostante non fosse per niente abituato a portare i capelli 'alla moda', doveva ammettere che non gli dispiaceva neanche un po'.

“E' perfetto. Ti ringrazio, Juu.” esclamò, liberandosi dall'asciugamano, e schioccando un bacio sulla guancia della moglie, la quale reagì con un flebile sorriso.

“Vedi di tornare a casa con quel lavoro! Dopo tutta la fatica che ho fatto per renderti presentabile, ci mancherebbe altro che fallissi!” minacciò l'androide, cercando di apparire pericolosa.

“Ricevuto! Vado, mi faccio assumere, e torno!” scherzò il terrestre, scattando sull'attenti, ed uscendo di casa, pronto per la sua nuova sfida personale con il mondo 'normale'.

 

 

Quattro ore dopo, di cui oltre tre passate in coda ad attendere il proprio turno, Crilin non era così sicuro di poter vincere quella sfida. La sua pazienza si stava esaurendo rapidamente, e dentro quel vestito aveva ormai riversato tutto il sudore che il suo corpo era capace di produrre. Se a quello si aggiungeva che mancavano ancora cinque persone prima di lui, beh, rimpiangeva sempre di più la sua casetta comoda in mezzo all'oceano, lontana da tutta quella burocrazia e follia quotidiana della metropoli.

Sospirò, sistemandosi il nodo alla cravatta per la milionesima volta, mentre si chiedeva, tanto per cambiare, cosa ci faceva lui là. Avrebbe potuto mettersi un costume ridicolo, svolazzare insieme a Gohan, e fingersi un paladino della giustizia. Anche se, ad essere sinceri, nessuno paga i supereroi, senza contare che avrebbe dovuto mandare al diavolo la sua dignità per strizzarsi in quelle calzamaglie colorate che tanto piacevano al figlio di Goku.

Udì una voce stentorea chiamare il suo nome. Sospirando per il sollievo, il guerriero si accinse ad entrare, pronto a vincere anche quella battaglia.

In fondo, non sarà peggio che combattere contro Freezer, no?

 

 

Mezz'ora dopo, uscendo dall'ufficio del commissario, Crilin strisciò lentamente fuori dall'edificio, ammettendo che, forse, si sarebbe fatto volentieri un altro giro della morte con il defunto tiranno spaziale, piuttosto che ripetere quell'esperienza agghiacciante. Il terrestre era bianco in volto come un cencio lavato, teneva gli occhi vacui come quelli di un pesce, e non vedeva l'ora di levarsi di dosso quel dannato vestito che portava, per potersi mettere di nuovo la sua cara e comoda tuta.

Che razza di domande mi ha fatto quel...quel...quella cosa?!

Sarà stato il suo essere una persona 'anormale', il suo vivere per vent'anni in una casetta sperduta in mezzo all'oceano, la sua compagnia di amici non propriamente 'normale' (che includeva parecchi saiyan, un truce namecciano, un Dio della Terra alieno ed, ultimamente, anche un Dio della distruzione ed il suo scintillante assistente), ma riguardo quel colloquio di una sola cosa il terrestre era stato sicuro, prima di entrare: a valutarlo idoneo o meno per il corso di addestramento sarebbe stato un uomo. Non certo un'affascinante trentenne rossa, con un davanzale da paura, ed un'espressione da perversa sul volto che, ad essere sinceri, gli aveva messo addosso una paura ben superiore a quella che gli aveva trasmesso, a suo tempo, Freezer.

 

Allora...signor Crilin.” esordì l'avvenente commissaria, lanciandogli un'occhiata lasciva. “Partiamo con una domanda essenziale: lei è sposato?”

Eh?”

Intendo dire se è impegnato sentimentalmente.” aggiunse la donna, mangiandoselo con gli occhi.

Beh, sì. Sono sposato e con una figlia.” rispose il moro, a disagio sotto quello sguardo.

Ah, capisco...” rispose la rossa, 'stranamente' delusa dalla risposta di lui.

Bene, andiamo avanti con le domande, signor Crilin...”

 

Quella donna era stata un vero incubo. Non appena aveva scoperto che Crilin non sarebbe stato una facile preda, l'aveva semplicemente bombardato di domande, la maggior parte delle quali erano assolutamente assurde e, il più delle volte, inutili.

 

Mi dica, lei è mancino o destro? E di piede?”

Da quanto tempo è che sta cercando lavoro?”

Cosa intende con 'esperto di arti marziali'? Sia più preciso per favore, significa che ha partecipato a dei Tornei anche? Può descrimerli?”

Le piacciono le rosse?”

 

Alla fine, quando ormai il guerriero era sul punto di mettersi a piangere dalla disperazione, la sua torturatrice si era stancata, congedandolo con un semplice “Ci vediamo al corso.”. Crilin, incredulo di essere uscito indenne da tale prova ai limiti dell'umano, era andato fuori lentamente, desiderando solamente un letto e un interruttore per spegnere il cervello.

Almeno non dovrò più vederla... pensò, prima di ricordarsi, con un gemito, che quella donna sarebbe diventata il suo superiore.

Ed a quel pensiero, il terrestre fu convinto di una cosa: che se qualcuno avesse fatto resuscitare Freezer, ne sarebbe stato felice, perché così quel mostro in gonnella sarebbe morto.

 

 

Sei mesi di corso dopo, Crilin poteva finalmente dar lustro della sua nuova divisa. Non era stato facile indossarla, su questo doveva essere sincero. Convinto di trovarsi di fronte ad una passeggiata, il guerriero si era trovato impantanato tra codici della strada, codici penali, ipotetiche situazioni di emergenza ed avanches pericolose da parte del suo capo, con il risultato che, ben presto, era caduto nel pallone più completo.

 

Dunque, nel caso ci trovassimo ad un incrocio, sotto una pioggia di meteoriti, con due strade libere, ma tre no, con un semaforo rosso, un tram che passa, due tir ribaltati ma uno solo a metà, dieci auto rosse e cinque blu, ed un aereo che atterra proprio in mezzo ad esso, cosa bisogna fare?”

Crilin abbassò lentamente il libro delle domande, convinto che presto sarebbe scoppiato in lacrime per la disperazione. Fu con orrore che vide la rossa fissarlo, con un sorriso lascivo sulle labbra morbide, quasi stesse gustandosi un succulento dolcetto.

Vuole provare lei a rispondere, signor Crilin?”

Il moro deglutì il groppo compatto di saliva che gli ostruiva la gola. Sentendosi gli sguardi di tutti addosso, il terrestre percepì, con sgradevole intensità, la pressione di dover rispondere a tutti i costi.

Ehm...chiamo Superman?”

 

Ma per fortuna, dopo tre esami teorici ripetuti e sei incidenti in auto sfiorati, era tutto finito. Aveva ottenuto il suo lavoro, finalmente avrebbe avuto qualche soldo in tasca, e doveva ammettere che faceva la sua signora figura con quella divisa addosso.

“Uao! Che bella divisa, zio!” esclamò Trunks, volteggiando attorno a suo zio adottivo, e fissando con inquietante invidia la pistola che portava alla vita.

“Quindi adesso dai la caccia ai cattivi come fa il mio fratellone?” domandò Goten, fissando perplesso il manganello che teneva in mano il moro.

“Beh, sì...in un certo senso.” rispose sorridendo il terrestre, leggermente a disagio nell'essere vivisezionato dai due piccoli saiyan.

“Che forza! Ci devi portare con te, zio!” dichiarò il figlio di Vegeta, eccitato all'idea di poter partecipare a qualche inseguimento, sparatoria o rissa della polizia. “Sono sicuro che il tuo lavoro sia un divertimento continuo!”

“Beh...non è esattamente così.”

“Però ci porti lo stesso, vero zio?” insistette Goten, sfoderando due occhioni da cane bastonato. Di solito funzionavano con sua mamma per ottenere qualche porzione di cibo extra, sai mai...

“Siete troppo piccoli.” replicò Crilin, sentendosi un mostro nel vedere le faccine deluse dei due satanassi. Sapeva che era tutta una finta per farlo cedere, ma...diavolo! Erano veramente due bravi attori!

“Ci penserò!” capitolò infine, quando i due piccoli stavano già ricorrendo all'arma finale: il pianto disperato.

“Evviva! Sei lo zio migliore del mondo!” esclamarono Goten e Trunks all'unisono, facendo una piroetta in aria, il tutto sotto lo sguardo depresso del terrestre.

Sarò anche il migliore del mondo...ma poi come lo spiego a quell'invasata che porto in pattuglia due bambini?!

 

Nonostante alla lunga, quel lavoro gli stesse portando più impicci che altro (tra cui un capo con una forte sessualità repressa), almeno su quello Crilin poteva dirsi soddisfatto.

“Bene bene...signorina Lazuli.” esclamò, con un sorriso ebete stampato sul volto e roteando il proprio manganello nella mano sinistra. “Non vorrà mica costringermi ad usare questo randello, non è vero?”

Sdraiata sul letto, con solo una leggera sottoveste addosso, 18 fissò suo marito entrare nella loro camera da letto vestito da poliziotto, con in faccia un sorriso alquanto irritante. Senza mutare minimamente la propria espressione impassibile, la bionda colpì con una ginocchiata, velocissima e letale, il terrestre sull'addome, afferrandolo per il bavero della giacca prima che potesse cadere a terra.

“Non è questo il modo di trattare un criminale, agente...” soffiò lei, un sorriso assai poco casto sulle labbra, ad un centimetro dal volto di lui. “Prima deve ammanettarlo, poi deve usare il suo duro randello per punirlo.”

 

Nessuno seppe mai di preciso cosa accadde quella notte. Tuttavia, la mattina dopo, la piccola Marron osservò perplessa lo strano buon umore della sua mamma, mentre il suo papà sembrava semplicemente troppo stanco anche solo per finire la colazione.

“Che hai papà?” chiese la piccina, ignara di tutto. “Hai fatto un brutto sogno?”

Crilin gemette, mentre 18 sorseggiava il proprio caffè, un sorrisetto soddisfatto sulle labbra.

“No, Tesoro mio...ne ho fatto uno anche troppo bello!”

 

 

FINE

 

Note dell'autore:

 

Ok, questa storiella non è niente di che, ed il finale è veramente IDIOTA, ma dopo aver visto l'ultimo film di Dragon Ball, dove vediamo Crilin essere diventato un poliziotto, guadagnandosi anche un “Com'è prestante!” da parte di sua moglie, beh...non ho resistito all'idea di ipotizzare come si fosse arrivati a queste scene, e soprattutto come mai 18 abbia una visione così elevata del fisico del suo uomo.

Riguardo l'immagine iniziale...beh, che posso dire? Era un modo come un altro per far vedere il nuovo taglio di capelli faccion che hanno rifilato al nostro nanetto preferito negli ultimi film. Eppoi, l'idea che i due piccioncini vadano in giro con magliette abbinate era veramente dolce (anche se forse le scritte tanto dolci non lo sono).

Ah, un ultima cosa: Lazuli è il vero nome di 18, ovvero quello che possedeva prima di essere trasformata in un cyborg dal Dottor Gero. Lo ha rivelato Toriyama in un'intervista di un paio di anni fa, dicendo anche che il nome di 17 era Lapis (Lapis e Lazuli...che fantasia, eh?). Il creatore di Dragon Ball aveva anche aggiunto che i due cyborg avevano memoria e conoscenza dei loro precedenti nomi, ma che avevano preferito tenersi i loro nomi in codice a causa del mutamento che avevano subito. Juu invece è un nomignolo che Crilin ha dato alla moglie: sarebbe Juu-chan, l'abbrevazione di Juhachigo, che in giapponese significa proprio diciotto.

Ed ora ho veramente finito. Come sempre, qualsiasi recensione, positiva o negativa, vogliate lasciarmi sappiate che sarà ben accetta.

Un saluto!

 

Giambo

  
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