Addio
a un fiore
Il
primo vagito in casa Baggins dopo decenni si udì il
venticinque di marzo del 1421 del Calendario della Contea sul nascere
del
giorno, proprio nel momento in cui Frodo aveva finito di scrivere della
distruzione dell’Anello del Potere sul libro di Bilbo.
Frodo
ricordava Sam che con le mani tremanti dall’emozione
segnava la data sul libro genealogico della sua famiglia, commentando
quanto
fosse importante per lui quel giorno.
Frodo
non si era mosso dalla sua scrivania. Sentiva una
tenue e dolce sensazione di ritorno ad una nuova vita ormai rada
dell’ebbrezza
gioiosa di un tempo, ma pregna della promessa di un risveglio. Il
grigiore
delle nuvole cariche di pioggia stava pian piano sostituendosi con un
raggio di
sole dopo l’altro, raggi sempre più fulgidi,
sempre più luminosi.
Ogni
giorno prometteva di essere sempre più bello,
perché
era così che vedeva Frodo in quella casa senza di lui: una
famiglia colma di
bambini - molti, tanti bambini Hobbit di cui uno avrebbe portato il suo
nome.
Non c’era traccia di loro, eppure li aveva visti - e una
Contea per sempre
rigogliosa. E ci sarebbe stata lei a rappresentare il rifiorire
dell’armonia:
Elanor, chiamata come il fiore stella più bello che lui
avesse mai visto nella
sua vita. Non aveva esitato un attimo a darle quel nome dal momento in
cui Sam
gli aveva chiesto consiglio.
“Venite,
signore. Elanor e Rosie vi stanno aspettando.”
Era
seduto alla scrivania come al solito, la penna intinta
nell’inchiostro in procinto di lasciare il suo passaggio
sulla carta.
“Sono
occupato, Sam” rispose evasivo.
Loro
erano così felici, e più loro erano felici
più lui se
ne sentiva estraniato. Era una felicità remota, come se
avesse un’ importanza
diversa da quella che lui le aveva attribuito. Non aveva mai pensato di
sposarsi, men che meno di avere figli. Piuttosto, aveva pensato di
vivere
serenamente scapolo, attorniato dagli amici di sempre custodendo il
lascito che
Bilbo gli aveva affidato. Ma era subentrato un potere più
grande di lui, e da
allora le belle prospettive di una vecchiaia serena si erano dissipate
come gli
ultimi rivoli di fumo di un braciere, e le vecchie ferite non facevano
altro
che ricordarglielo.
Scrisse
un pensiero subitaneo e avvicinò la penna al
calamaio per intingerla nuovamente. Fissò gli occhi sul
Libro, ma Sam era
ancora lì, e insistette una seconda volta. Per lui era
impensabile non renderlo
partecipe della sua felicità. E Frodo decise di
accontentarlo.
La
sedia a dondolo in giardino che spesso soleva occupare
Bilbo nelle sue lunghe e solitarie meditazioni ospitava ora una
raggiante Rosa
fra le braccia. Accorta della sua presenza, Rosa si alzò
andandogli incontro
con gli occhi lucenti di gioia.
Una
nuova generazione, saettò nella mente di Frodo. Quante
ne aveva viste di generazioni, quella sedia? E adesso, quante ne
avrebbe viste
ancora? Altre dieci o cento, con altri Gamgee a popolarne le pareti, a
tramandarne la storia ad una lunga galleria di volti piccoli e adulti,
che
incessantemente si sarebbero susseguiti per molto tempo ancora. Quella
casa
avrebbe respirato ancora il profumo della vita, e non c’era
sorte più
consolante di quella per l’eredità di suo zio
Bilbo, dal momento che lui presto
l’avrebbe lasciata.
“Ecco,
Elanor. Siete stato voi a darle questo nome, perciò
vorrei che la prendeste in braccio. Almeno per una volta.”
Almeno
per una volta. Com’era suggestivo pensare questo,
proprio nel momento in cui era in procinto di scegliere il suo destino.
E
com’era disorientato al pensiero di dover sorreggere uno
Hobbit così piccolo.
Erano decenni, da quando lasciò Villa Brandy per trasferirsi
ad Hobbiville a
Casa Baggins, che non aveva a che fare con neonati; e dopo aver
trascorso tanto
tempo con un oggetto che era sul punto di fargli perdere la ragione,
segnandogli corpo e mente, non credeva di esser degno di tutta quella
fiducia,
e di prendere in braccio la figlia del suo migliore amico, la bambina
che più
di tutto aveva segnato la rinascita della Contea. Era così
strano che la prima
sensazione che si manifestò era di
profondo disagio. Aveva scoperto quanto in
realtà fosse un essere
debole, come fosse facilmente succube del Male nonostante facesse parte
di un
popolo semplice. Gli stessi Hobbit provavano nei suoi confronti un
timore
reverenziale che li respingeva sempre più lontano da lui.
Non che gli pesasse -
aveva passato molte ore in solitudine ad Hobbiville proprio
perché considerato
matto come suo zio e strano come i suoi cugini Brandybuck - ma era come
se in
cuor suo sapesse di aver avuto un ruolo talmente profondo in quella
storia da
disegnargli un alone di mistero ancora più fitto, di
conseguenza molto più
oscuro e pericoloso.
Come
colto alla sprovvista, gli venne posta la piccola
Elanor e lasciata la sedia libera, e Frodo con un cenno di gentile
ringraziamento si accomodò con la piccola sul grembo per
poter passare del
tempo con lei.
Non
era vittima delle esagerazioni di un padre quando Sam
affermava che sua figlia era bellissima. I suoi capelli biondi, seppur
radi a
causa dell’età ancora tenera, le circondavano le
guance rosee e piene. I
lineamenti del suo viso promettevano un aspetto ben diverso da quello
che gli
altri bambini Hobbit avevano. Come quelli di un Elfo. Non aveva mai
visto degli
Elfi ancora bambini ma non aveva dubbi su quanto fossero meravigliosi
in
giovane età.
Nell’istante
in cui la sistemò meglio per avere la certezza
di non commettere qualche sbaglio nei suoi confronti, gli occhi lucidi
ed
insonnoliti di Elanor si aprirono per la prima volta davanti a lui. Le
sue
palpebre si muovevano come i timidi piccoli eppure maestosi petali del
fiore da
cui era ispirato il suo nome, per rivelare il loro contenuto: occhi
dolci e
grigi, inconsapevolmente infiammati di lucida ostinazione, gli stessi
di Sam.
Lo guardavano come se fosse una novità, un essere che non
aveva mai visto e su
cui era doveroso riversare la propria curiosità.
Sulle
labbra di Frodo apparve un sorriso, e di riflesso ebbe
l’impressione che anche Elanor stesse sorridendo.
Animato
da ciò, Frodo diede una leggera spinta alla sedia,
facendola oscillare per cullare Elanor.
La
vide vivace e forte nella sua infanzia, adulta e
bellissima nel suo abito da sposa. La vide ancora giovane ridere e
piangere con
suo padre, imparare e confrontarsi con sua madre, crescere con loro e
con i
suoi fratelli e sorelle mentre ogni giorno avrebbe saputo qualcosa in
più del
passato della Contea e di tutta la Terra di Mezzo leggendone le storie
o
ascoltandole da Samvise.
Elanor
cominciò ad agitarsi, come alla ricerca di qualcosa -
che avesse sentito i sui pensieri? -, e Frodo le diede un bacio sulla
fronte
per calmarla. Nel farlo Elanor gli tirò una ciocca di
capelli, e dalla tenacia
della presa lasciava intuire che non aveva intenzione di permettergli
di
allontanarsi.
Frodo
rise, e piano piano si alzò per riporla nelle braccia
del padre. “Non posso rimanere con te”
commentò, sperando che Sam non cogliesse
l’ambivalenza di quella frase. “Ho una storia da
concludere, Elanor, ed è anche
un po’ la tua.”
Fece
per ritornare nel suo studio, finché udì le
parole di
Sam dietro di lui.
“Ed
Elanor è un po’ come se fosse anche figlia
vostra.”
Frodo
si voltò, avvertendo quanto ci fosse del vero. Elanor
era un nome che di per sé raccontava tutte le vicende
trascorse al di fuori
della Contea, quanto di bello - ma anche di brutto - avessero
incrociato sul
loro cammino, e soprattutto di quanto l’impronta degli Elfi
avesse benedetto la
loro esistenza dopo la Guerra. Frodo era consapevole che tutto
ciò non era
soltanto opera sua, che il suo viaggio era stato possibile soltanto con
l’aiuto
di tutti. Ma era straordinario sentirsi fautore della
felicità del suo amico e
del futuro sereno di Elanor.
Fece
un cenno, guardò per un’ultima volta la piccola
Hobbit,
poi scomparve oltre la porta rotonda.
NDA
Nell’ultimo
capitolo della storia, al momento della partenza
di Frodo, il nostro protagonista fa accenno alla numerosissima famiglia
che Sam
avrebbe avuto, e ne elenca perfino alcuni nomi. Questo mi ha fatto
supporre che
in qualche modo l’Anello gli abbia conferito anche delle doti
profetiche.
Ovviamente qui ci ho giocato un po' xD
Finché
ho cominciato a scrivere questa ff. Avrebbe dovuto
essere un regalo per leila91 per il suo compleanno, ma non ho fatto in
tempo,
ahimè, a postarlo a tempo debito. Spero che comunque lo
consideri un pensierino
- in ritardo, ma pur sempre un pensierino.
Prendetela
un po’ come un aneddoto successivo della vecchia
“Home”, se qualcuno se la ricorda xD
Scusate per gli errori
ma non ho controllato. Se ce ne sono
segnalateli, please. :)