Anime & Manga > Kuroshitsuji/Black Butler
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Autore: Ilebar98    30/01/2016    1 recensioni
Anno 845. Città di Shiganshina. Ciel Phantomhive. Sebastian Michaelis.
Cooooosaaa??? Qua c'è qualquadra che non cosa.
Ebbene, sì: cosa succederebbe se ad un tratto Ciel e Sebby si svegliassero a Shiganshina, precisamente il giorno dell'attacco del gigante colossale? Come affronterà la coppia yaoi più shippata di sempre la nuova minaccia dei titani? L'impeccabilità di Sebastian avrà la meglio anche stavolta? Capitolo dopo capitolo i nostri paladini si avvicineranno sempre di più a scoprire il motivo che li ha condotti in quel luogo, conosceranno Eren, Mikasa, Armin e gli altri, e si uniranno con loro alla legione esplorativa.
Sono particolarmente motivata per questa cross-over, ho un sacco di idee che rimbalzano in testa, e se riceverò commenti positivi contribuirete a motivarmi ancora di più! *^* Che l'esoerimento abbia inizio, e buona lettura!
Genere: Avventura, Azione, Sovrannaturale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het, Yaoi, Crack Pairing | Personaggi: Altri personaggi, Ciel Phantomhive, Sebastian Michaelis
Note: AU, Cross-over, What if? | Avvertimenti: nessuno
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4. DOMANDE

Anno 845. Città di Trost, Wall Rose.

Un figura rossa si stagliava nell’oscurità della notte, i lunghi capelli sciolti alla brezza che spirava da ovest. Passeggiava con tranquillità lungo il perimetro delle mura, buttando di tanto in tanto l’occhio verde brillante verso quei territori che fino a una settimana prima erano stati in possesso degli umani.
Come diamine erano finiti in quella situazione disastrosa? Certo, l’aspetto pratico di quella missione era stato affidato a lui in quanto aveva appena passato un importante esame con il massimo dei voti, ma ora che le cose gli erano sfuggite di mano, avrebbe dovuto vedersela con i suoi superiori. Che scocciatura. Avrebbe potuto essere chissà dove a spassarsela con qualche bel fustacchione, e invece si trovava ancora una volta in quel luogo, come se non avesse già abbastanza lavoro da sbrigare a Londra. Una volta tornato, avrebbe dovuto pagare tutti gli arretrati.
“Il passato è passato dicevano…”
Con questa sentenza sospirò stressato, e si avviò verso il modesto rifugio che si era scelto per quell’incarico scomodo. Proprio quando stava per balzare giù dalle mura, un uomo slanciato, dai capelli neri laccati all’indietro ed impeccabilmente elegante apparve al suo fianco e gli bloccò ogni via di fuga solamente aprendo bocca.
“Dove pensavi di scappare, Grell Sutcliffe? La notte è lunga e abbiamo tutto il tempo di discutere del disastro che hai combinato”
Il rosso si schiarì la voce, che proprio in quel momento aveva deciso di non uscire con la prontezza che avrebbe voluto.
“Ehm ehm, ma ciao Will! Come mai da queste parti?” tentò bonariamente.
“Non fare il finto tonto” replicò l’altro, cacciandogli uno sguardo severo che lo fece tremare da cima a fondo.
“Sono qui per conto della Sezione Amministrativa. La notizia di ciò che hai fatto ha impiegato poco tempo ad arrivare fin li, e ti conviene rimediare in fretta se non vuoi che si diffonda nei rami più alti”
“Insomma, tutti con questa storia adesso! Come se lassù non avessero niente di meglio di cui spettegolare! Hai sentito di Ronald? Pare che si sia intrufolato di nuovo nello spogliatoio delle ragazze e proprio mentre non stavano guardand-“
“Ronald non ha causato un disturbo al collegamento spazio-temporale”
Grell si sentì raggelare da quell’accusa, e questo non fece che aumentare la sua rabbia.
“Senti Will…“
“William, se non ti dispiace”
“Ok, William, so di aver sbagliato e ne prendo atto, ma d’altronde chi poteva prevedere che sarebbe successa una cosa del genere? E io come mi sarei potuto rifiutare dopo che il capo mi aveva adulato così intensamente, -Il miglior shinigami di tutta Londra!- mi aveva detto!”
William T. Spears sospirò seccato.
“Proprio per questo il tuo compito non era quello di deluderlo. Tsk, ancora non riesco a credere che lui abbia riposto la sua fiducia in un soggetto tale… E pensare che per mezzo punto avrei potuto accettare io questo lavoro e concludere le cose in una frazione di secondo”
Il rosso non potè fare a meno di trattenere un sorriso.
“Che c’è Will? Sei forse geloso perché ti ho superatoooo?? Lo sanno tutti che sono sempre stato una spanna più sopra di te fin da quando siamo stati assunti”
“William, ti ripeto. Non dico questo, dico solo che per esempio non ho mai permesso che la mia falce mi fosse ritirata. O di presentarmi al lavoro vestito in maniera così… indecente.”
“Aaaah Will, caro mio, si vede che tu non te ne intendi di moda! Il rosso non tramonterà mai!”
Non ebbe il tempo di proferire altro, che si ritrovò l’inseparabile falce di William puntata alla gola. Cavolo, non aveva proprio pazienza quel tipo.
“Faresti meglio a pensare ad una soluzione per risolvere questo casino. Tre giorni, non di più. Pena, il licenziamento immediato e il sequestro degli occhiali e della falce. Se non rispetterai i termini, la missione verrà affidata a qualcuno dei rami più alti. E’ tutto. Saluti, Sutcliffe”
“Coooosaaaa?? Hey hey, Will! Aspetta un secondo! E secondo te io come dovrei-“
“Sei il migliore shinigami di tutta Londra, no? Confido nelle tue capacità. Arrivederci.”
Con un balzo William fu giù dal muro e sparì nella notte, intrufolandosi tra i vicoli intricati della città, prima che Grell potesse avere qualsiasi altra opportunità di rispondere.
Si sedette, le gambe penzoloni nel vuoto, portandosi le mani alle tempie.
Stavolta, era proprio nei guai.



L’evacuazione era stata estenuante.
Ammassati gli uni agli altri come in una scatola di sardine, coloro che erano riusciti a sopravvivere alla catastrofe di Shiganshina avevano faticosamente raggiunto il Wall Rose a bordo dei barconi. Le zone a nord, a est e a ovest erano già state avvertite prima dell’arrivo dei giganti, ma per la zona sud non c’era stato scampo. Tutti sapevano di essere vivi grazie all’immane sacrificio di decine di migliaia di soldati e civili. Vecchi, donne e bambini non erano stati risparmiati dalla crudeltà e dall’egoismo che ora più che mai serpeggiavano tra la popolazione: era una lotta quotidiana per avere un tozzo di pane, ammesso che ce ne fosse, o un luogo in cui riposare senza essere calpestati. I soldati non avevano altro modo per calmare le numerose sommosse se non quello di ricorrere alla violenza. Ora che i territori in mano all’umanità si erano ulteriormente ridotti, non sapevano davvero dove avrebbero potuto sistemare un numero così grande di profughi.
Ciel Phantomhive aveva visto solo una volta nella sua vita tanta disperazione: era stato il giorno in cui aveva conosciuto Sebastian, quel giorno in cui aveva venduto la sua anima in cambio di una vendetta che avrebbe assaporato dolcemente.
Lui e il maggiordomo si aggiravano per il rifugio gremito di povere anime, un piccolo cortile adibito a tale scopo, che il proprietario aveva gentilmente offerto di prestare finché le acque non si fossero calmate.
Era già una settimana che erano rinchiusi in quel posto, e non erano ancora riusciti a trovare un modo per andarsene. Non avevano ottenuto alcuna informazione dai ragazzi che avevano salvato ne dalla madre: erano tutti troppo scioccati anche solo per pensare lucidamente, tantomeno per cercare di dialogare con due persone che non avevano la minima idea del perché si trovassero lì e di come ci fossero arrivati. Ciel aveva dunque deciso di dare loro un po’ di tempo per riprendersi dall’accaduto. Comunque, prima avrebbero parlato, meglio sarebbe stato per loro. Quanto gli mancava il suo letto, così caldo e soffice… tutto ciò che era riuscito a procurarsi era stato un po’ di paglia e una coperta sgualcita, e da allora non aveva chiuso occhio la notte, invidiando Sebastian che, al contrario suo, non aveva bisogno di dormire. In tutti i casi, ne lui ne il maggiordomo avrebbero saputo dove andare, tanto valeva rimanere li.
“Sebastian. Ho fame. Prendi qualcosa senza farti vedere.”
“Gli umani non si smentiscono mai… ma come desidera, padroncino”
Detto questo, il corvino sgusciò furtivamente dietro Ciel, e in un batter d’occhio sparì in mezzo alla massa di gente.
Il conte si sedette in un angolo. Aveva davvero fame. Avrebbe pagato oro per avere una fetta di torta al cioccolato e un Earl Grey, ma da quanto poteva constatare, in quel posto bizzarro era già un gran risultato se riuscivi a permetterti una vita decente. Era così stanco di essere circondato da tanta miseria; non era forse già abbastanza occuparsi ogni giorno della malavita londinese?
“Chissà cosa staranno combinando i miei servitori… di sicuro nulla di buono” sospirò.
I suoi pensieri furono interrotti dall’arrivo di un soldato, che già da qualche minuto lo stava osservando con uno strano cipiglio.
“Che fai ancora qui ragazzino? Guarda che il coprifuoco è iniziato, togliti dai piedi o sarò costretto a prendere dei provvedimenti”
L’iride blu di Ciel lo squadrò con disprezzo.
“Sto aspettando una persona. Dovrebbe essere qui a momenti”
“Ma che, sei sordo per caso? Ti ho appena detto di levarti di mezzo, non ti conviene farmi arrabbiare”
“Tsk, se solo sapessi chi sono io non ti rivolgeresti a me con questo tono” sussurrò a denti stretti Ciel.
“Eh? Guarda che ti ho sentito sai, piccolo bastardo! L’hai voluto tu!”
Il soldato alzò il braccio, pronto a colpirlo in pieno volto. Il conte chiuse gli occhi, aspettando il dolore che, tuttavia, non arrivò.
Dopo qualche istante, si azzardò a sollevare le palpebre, e quello che vide lo lasciò spiazzato.
La mano del soldato era sospesa a mezz’aria; la sua avanzata verso il viso di Ciel era stata trattenuta da una presa ferrea. La persona che si era frapposta tra loro aveva prontamente bloccato con l’avambraccio il colpo, e ora si apprestava a sferrare un pugno in direzione dello stomaco dell’adulto.
Il soldato fu più veloce: con uno scatto, si spostò a destra, e questo determinò uno sbilanciamento da parte del minore, che ruzzolò malamente a terra.
“Che cazzo credevi i fare, eh? Ragazzino dei miei stivali!”
Detto questo, un calcio arrivò nel ventre della figura a terra, che solamente ora Ciel poteva riconoscere, facendolo gemere e sputare sangue.
“La tua mammina non ti ha insegnato a tenere le mani al tuo posto?”
Un altro colpo stava per arrivare, e il ragazzo si preparò a riceverlo.
“Oh cielo, dovreste smetterla di causare così tanti problemi, bocchan”
Sebastian arrivò in quel momento, catturando l’attenzione del soldato, che si voltò ad osservarlo.
“Che c’è? Ne vuoi un po’ anche tu, damerino?” sbraitò quest’ultimo, mostrando il pugno nella sua direzione. Il corvino vi poggiò la sua mano sopra, bloccandolo, scuotendo la testa.
“Non sono interessato ad arrecarvi alcun disturbo. Solo che…”
Si girò verso Ciel e lo prese per la maglia, avvicinando i loro volti in modo tale da poterlo guardare negli occhi. Il conte si sentiva sciogliere sotto quello sguardo così affilato, ma sapeva che se avesse distolto il suo sarebbe stato peggio. Sebastian sorrise.
“… Dovrei proprio stare più attento con i miei fratellini! Sono delle tali pesti ahaha non trovate? Adesso quando andremo al dormitorio vi meritate una bella strigliata…”
“FRATELLINO UN CORNO! COME TI PERMET-“ urlarono i due all’unisono
Il maggiordomo tappò immediatamente le loro bocche con entrambe le mani, e prima che il soldato perplesso potesse obiettare qualcosa, caricò i due ragazzi in spalla e, borbottando qualche scusa, si affrettò ad allontanarsi dal luogo dove era appena avvenuto quello spiacevole incidente. Non appena furono a debita distanza, li gettò in malo modo sopra un mucchio di sacchi.
“Signorino e… Eren, se non sbaglio? Capisco le vostre motivazioni, ma non credete sia forse meglio non dare nell’occhio finchè siamo in balia di questa gente? Lo dico soprattutto per la vostra salute, non penso sia stato piacevole essere malmenati da quel tizio” disse Sebastian, rivolgendosi verso Eren, che negli occhi aveva le fiamme.
“Certo che no! Ma hai visto come stava trattando il tuo amico qui?”
Nel sentire la parola “amico”, Ciel fece una smorfia: “Io e lui non siamo amici, ciò che ci lega è solo una relazione strettamente professionale”
Sul viso del corvino comparve un sorriso sornione, che tuttavia non fece in tempo ad indagare perché Eren continuò: “Anche se significa venire maltrattati e picchiati, io non mi sottometterò mai a questi maiali che se ne stanno qui dalla mattina alla sera a non fare nulla, mentre la fuori potrebbero esserci dei giganti che non stanno aspettando altro che divorarci tutti! Pensano solamente ai propri interessi senza preoccuparsi veramente del bene dell’umanità! Se continueremo di questo passo, verremo sicuramente eliminati dalla faccia della terra, e io non posso starmene a guardare! Ah, beh ecco…”
Fece una pausa che gli costò molto, ma finalmente riuscì a dire ciò che gli premeva di più.
“Si, insomma.. ecco.. io vi dovevo un favore. Vi ringrazio per tutto quello che avete fatto per me e per la mia famiglia finora. E.. se vorrete sarò felice di rispondere a qualsiasi domanda vogliate farmi, non esitate a chiedere” si offrì, arrossendo un poco.
Un’espressione di incredulità si dipinse sul viso del conte Phantomhive, che subito si rilassò al pensiero che aveva così tanti interrogativi per la mente che non aveva nemmeno il tempo di stupirsi per qualcosa a quel punto. Sebastian intanto si era seduto, prevedendo che sarebbe stata una faccenda alquanto lunga.
“Bene, vedo che finalmente ti decidi a collaborare. Allora, innanzitutto, noi non siamo di queste parti. Sei mai stato in Inghilterra?” chiese ad Eren, che scosse energicamente la testa.
“Inghilterra? No, però sono stato parecchie volte nei distretti a nord delle mura con mio padre quando lo accompagnavo in qualche suo viaggio” rispose il ragazzo.
“Mmm allora non penso tu sappia spiegarci il perché noi due ci troviamo qui… ma penso che l’Inghilterra sia fuori dalle mura sai”
Gli occhi di Eren si fecero ardenti di curiosità.
“Come? Fuori dalle mura? Impossibile! Li ci abitano soltanto i giganti. Aspetta: non vorrete forse dirmi che siete dei giganti anche voi?”
Così inveendo si alzò di scatto e si allontanò di qualche passo, orripilato a quell’idea. Ci pensò Sebastian a tranquillizzarlo.
“Non dire sciocchezze, come vedi non superiamo i tre metri di altezza, e se proprio fossimo dei giganti non pensi che a quest’ora ti avremmo già divorato piuttosto che starcene qui a chiacchierare con te?”
Eren si fece paonazzo una seconda volta, e questo era un lato di se che odiava: arrossiva per ogni minima osservazione che veniva fatta nei suoi confronti, senza riuscire a controllarsi. Dovette ricredersi e si diede dello stupido solo per aver pensato a quell’eventualità. Tornò a sedersi di fronte ai suoi interlocutori.
“Scusatemi, mi sono fatto prendere dalla rabbia”
“Ti capisco. La verità è che io e il mio maggiordomo ci siamo svegliati in una casa diversa da quella che siamo abituati a frequentare di solito, nella tua città, e non abbiamo la minima idea di come potremmo esserci finiti” spiegò Ciel, osservando la faccia stupita di Eren.
“Davvero? Non avevo mai sentito nulla del genere prima d’ora… potrebbe essere un nuovo tipo di epidemia di perdita della memoria?”
“Non credo. I disturbi legati alle perdite di memoria sono di solito individuali e molto personali, e dalle mie conoscenze in campo medico posso affermare che non si tratta di nulla di epidemico” rispose Sebastian.
Discussero per una buona mezz’ora, ma nessun’idea sembrava essere migliore della precedente. Ogni volta che uno di loro arrivava ad una conclusione, questa veniva subito smontata dagli altri due, e doveva ammettere di avere torto. Arrivarono persino ad ipotizzare di essere giunti in un universo parallelo, ma dovevano avere molta fantasia per pensare a una cosa del genere.
Rinunciarono dopo un’ora: il sole era ormai tramontato e avrebbero dovuto essere nei dormitori, o altrimenti sarebbero sorte altre risse con i soldati. Si alzarono tutti e tre e si incamminarono verso i loro giacigli, niente più che dei semplici mucchi di paglia con una coperta sgualcita per ognuno. Trovarono ad attenderli Mikasa e Carla, che si erano fatte preoccupate. Eren le tranquillizzò dolcemente spiegando loro la situazione in cui si trovavano Sebastian e Ciel, ma evitando i dettagli sul piccolo… inconveniente di prima.
Si coricarono tutti tranne Sebastian, che invece rimase seduto a gambe incrociate.
“Non dormi tu?” domandò Eren.
“Non ne ho bisogno” rispose semplicemente l’altro.
“Bah, come vuoi. Sappi che però finchè non ce ne andremo di qui le giornate saranno molto faticose. Dio, perché devo aspettare tre anni?”
“Tre anni per cosa?” chiese incuriosito Ciel, che nonostante il sonno fece uno sforzo per concentrarsi e rimanere vigile.
“Quando finalmente avrò l’età giusta, voglio entrare nell’esercito” dichiarò fieramente Eren.
“Intendi che ti unirai anche tu a quella banda di ubriaconi buoni a nulla?”
“Assolutamente no! Io non sarò come loro, perché io voglio entrare a far parte della legione esplorativa”
“Interessante, spiegati meglio” lo incalzò Sebastian.
“La legione esplorativa è il meglio che possa esistere! I soldati li non hanno paura di niente e combattono faccia a faccia con i titani. Ogni tanto organizzano delle esplorazioni al di fuori delle mura per cercare di ottenere più informazioni riguardo ai nostri nemici; purtroppo, negli ultimi anni non hanno scoperto nulla, ma io sono sicuro che se continueranno così saranno acclamati come eroi salvatori dell’umanità! Sono i soldati che offrono i loro cuori per il bene del genere umano!”
Ciel e Sebastian si guardarono perplessi.
“E come riescono ad uccidere i giganti? L’abilità di Sebastian si è rivelata pressoché inutile ed estremamente lenta contro quei mostri ” chiese il conte, dubbioso, ricevendo un’occhiataccia senza precedenti dal suo maggiordomo, che parve alquanto offeso da quell’azzardata mossa del suo padroncino.
“Beh, ma con il dispositivo per il movimento tridimensionale, mi pare ovvio!” rispose Eren eccitato. “Non so bene come funzioni, ma qualche volta l’ho visto usare durante delle prove di evacuazione dei civili, e devo dire che è strepitoso!”
“Ssshhh! Voi tre la volete piantare? Qui c’è qualcuno che sta cercando di dormire!”
La voce di Carla li fece sussultare, e qualcosa disse loro che forse era meglio se avessero terminato al più presto quella chiacchierata notturna. Si scambiarono la buona notte in fretta e si lasciarono trasportare da un sonno appagante.



Ciel non riusciva a dormire, nonostante la spossatezza derivata dalle ultime ore intense. Sebastian se ne accorse.
“Non riuscite ad addormentarvi, bocchan?”
“No. Andiamo fuori, fa caldo qua dentro, ho bisogno di una boccata d’aria”
Si alzarono entrambi e si diressero verso il cortile, eludendo la sorveglianza delle guardie.
Ciel alzò gli occhi verso il cielo stellato. La luna era piena quella sera, ed era meravigliosa. A Londra non aveva potuto mai ammirare nulla di così bello.
“Che dici, Sebastian? Riusciremo a tornare alla magione?” chiese il piccolo conte, con una voce che in quel momento sembrò davvero infantile e dolce alle orecchie del corvino.
“Ne dubitate?”
Ciel fissò il suo maggiordomo con intensità. Quegli occhi cremisi volevano trasmettergli qualcosa che lui tuttavia non era in grado di cogliere.
“Ricordi cosa ti ho ordinato quando abbiamo stretto il patto?” domandò.
“Pensate davvero che io vi stia mentendo?”
Colto alla sprovvista da quella domanda, Ciel non seppe cosa rispondere. Era vero che se fosse rimasto al fianco di Sebastian, lui non avrebbe dovuto temere per la sua vita, ma stavolta qualcosa lo angosciava, come se veramente sarebbero rimasti intrappolati li per l’eternità.
Il maggiordomo si avvicinò e prese il mento di Ciel tra le sue dita, costringendolo a guardarlo. Ancora una volta il conte rimase paralizzato: i suoi arti non rispondevano più ai comandi del cervello, e la voce gli si era come bloccata in gola.
“Che maggiordomo sarei se non riuscissi a tirar fuori il mio bocchan da questi pasticci?”
Aveva ragione. Ogni volta che si era trovato in difficoltà, Sebastian c’era sempre stato… era sempre accorso per salvarlo, e ora Ciel si sentiva impotente di fronte a quello sguardo che non ammetteva repliche.
Improvvisamente, i loro volti si fecero più vicini, sempre di più: le loro labbra erano a pochi millimetri di distanza, senza che Ciel avesse avuto tempo di protestare o di dire qualsiasi cosa. La testa vorticava pericolosamente, sapeva che c’era qualcosa di sbagliato in quello che stava accadendo, ma allo stesso tempo non poteva sembrargli più giusto.

“SEBAAAAAS-CHAAAAAN!!! TI HO TROVATO!!! Ora tu e il tuo amichetto venite con me!”
L’ultima cosa che Ciel vide furono le labbra di Sebastian che come si erano avvicinate alla velocità della luce alle sue, tanto velocemente si allontanarono da lui, e una figura rossa dai contorni indistinti che li afferrava saldamente e li trascinava lontano, poi un forte dolore alla testa fece diventare tutto nero.





Angolo dell'autrice ritardataria
Ciao a tutti!! Scusatemi, scusatemi davvero se ci ho messo così taaaanto tempo per questo capitolo, ma l'ispirazione era andata a farsi benedire e in più la scuola non mi ha lasciato un attimo di tempo libero!!! >.<
E' già da una settimana che ci sto lavorando, infatti è un po' più lungo del solito :D le cose iniziano a farsi complicate, cosa avrà combinato Grell stavolta?? 0.0
Eeeee fregatiii ahah pensavate che un approccio Sebaciel fosse così facile? eh no u.u il parto deve ancora iniziare xD
Buona letturaaa <3
   
 
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