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Autore: _Cissy_    30/01/2016    1 recensioni
Una Emma appena adolescente scappa nuovamente dalla casa a cui è stata affidata, in una notte d'inizio inverno. Cosa si prova ad essere sola al mondo, senza una famiglia?
Songfic basata sulla canzone "Swan" di Elisa
Genere: Malinconico | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Emma Swan
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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SWAN (Elisa)

 
Walking by yourself in the cold, cold winter
Wrapped up in your coat like
It's a magic blande

 

Di nuovo Dicembre. Malediva quel mese: l’inizio del periodo del freddo. Ovviamente poteva evitarsi di scappare da tutte quelle case. Ma, non sapeva come e perché, succedeva sempre qualcosa che la costringeva ad andarsene, imbracciando quello zaino, sempre pronto e sempre vicino alla parta d’ingresso della nuova casa. Conteneva le cose più importanti che aveva bisogno- un paio di bottiglie d’acqua, qualche merendina e due o tre pacchetti di cracker. E ovviamente l’unica cosa che gli rimaneva della sua famiglia: la copertina. Quella copertina dove vi era ricamato l’unica cosa che suo padre, o sua madre, o entrambi, si erano presi la briga di fare, prima di lasciarla sul ciglio di una strada, nel Massachusetts:  darle un nome. E quello era li, su quella coperta. Il suo nome. Emma.
 
You say: "No matter where I go
They all look like strangers"
You see, the world only seems 
The fairytale that it isn't

 
Pensava che quella fosse la famiglia giusta, quella buona. L’ultima tappa, prima di essere finalmente adottata. E invece no. Si rivelavano sempre persone maggiormente attaccate o ai figli naturali o, alla fine, scopriva quanto poco era aperta la ragazza, facendola sentire ancora più sola e costringendola, alla fine, a scappare. L’unica persona che sembrava tenerci davvero si era rivelata una pazza, facendo scappare Emma, stavolta, di paura. Ormai era troppo grande. Nessuno l’avrebbe più voluta. Era ormai tempo di chiudersi in quello stramaledetto guscio che si era costruita, lontano da tutti. È quello che diceva sempre a se stessa:  ovunque vado, tutti sembrano estranei.
 
Dream on, dream on 
There's nothing wrong
 
Sognare. Come poteva continuare a sognare? Come poteva anche solo pensare di farlo, stesa in quella panchina alla stazione degli autobus, in un paese vicino a Boston? Era scappata dall’ennesima famiglia, che, a quanto pare, non riusciva a relazionarsi con una ragazza tanto sola e chiusa. Se n’era  andata prima che potessero chiamare di nuovo l’orfanotrofio, per venirla a riprendere. Non voleva più vedere quella casa, piena di bambini sperduti, come le piaceva chiamarli o pensarli. Perché era così che si pensava, come una bambina sperduta. A volte nella speranza che Peter Pan esistesse sul serio e venisse a prenderla, per poi portarla sull’Isola Che Non C’è. Ma ovviamente era solo un sogno.  In fondo, cosa poteva esserci di sbagliato?
 
 
Of being a swan
 
Sognare. Sognare ancora. Perché si ostinava a farlo? Perché voleva fuggire? Perché voleva essere come in quell’altra fiaba, il Brutto Anatroccolo. Voleva forse riscattarsi?  No. Voleva solo trovare la casa. Scosse la testa, fissando la vetrata a specchio della cabina di attesa dell’autobus. Come poteva definirsi un cigno? Perché, tra le moltitudini di cognomi, proprio Swan? Non aveva nulla del cigno: ne la bellezza, ne le ali, ne una vera e propria libertà.
 
But I know you're thinking...
And now you're looking at the sky
Talking to your angel 
Could he turn this dirty street
Into a flying carpet?

 
Alzò gli occhi al cielo, fissando le poche stelle non coperte dalle nuvole. Assomigliavano a puntini bianchi da collegare e creare disegni nel cielo. Ricordò come, una volta, quella pazza, Ingrid, le mostrò un paio di costellazioni, semplici: il Carro Maggiore, quello Minore. Pensò anche a quando, sorridente, indicò un ammasso di stelle, urlando: “Quelle assomigliano ad un angelo”.
Ecco cosa le avrebbe fatto comodo in quel momento: un angelo. Uno custode. Così da aiutarla a ripulire quel sudiciume che credeva fosse la sua vita, per trasformarla in qualcosa di bello. Come il cigno di cui portava il cognome.
 
But then you say: "I am not scared of anything"
Such a shy lie silent as the snow that is fallin' down
 
In quel momento, la paura si impossessò della sua mente, nel ricordare la felicità provata con Ingrid. Si, forse quella pazza una cosa buona l’aveva fatta: le aveva fatto passare un periodo felice.  Per poi farla scappare e farle tornare quella paura che, da 16 anni a quella parte, la rincorreva: la paura di non essere amata. Non essere accettata. Non trovare una casa.
Diceva di non avere paura di nulla, per convincere se stessa. Ma dentro di lei sapeva, che è la più grossa bugia che abbia mai detto.
 
Dream on, dream on 
There's nothing wrong
If you dream on, dream on 
Of being a swan

 
Non sapeva cosa la spingesse ancora a pensare di sognare.  Sognare, attendendo un autobus che la potesse portare lontano da tutto ciò che la potesse farla soffrire. Riflettendoci bene, Emma arrivò alla conclusione che non ci fosse veramente nulla di male a farlo. Anzi, non era lei a pensare: era qualcuno che la incitava. Incitava a sperare; sperare  di diventare libera, come un cigno.  
 
But I know you're thinking:
"Am I gonna make it through?"
Dream on, dream on (and you can't run away)
There's nothing wrong (you've got to find a way to make it through this mess)
 
Of being a swan (you've got to find a way, a way out of this mess)
 
Si mise le mani alle orecchie, tappandole.  Maledizione: ancora quelle voci. Quella stramaledetta voce dolce e gentile, che le diceva di non perdere la speranza. Perché continuava a sentirla? Che fosse come un messaggio? “Mantieni la speranza”. Beh, poteva passare come messaggio. Magari da parte di sua madre. Sorrise sarcastica, nel ripensare al pensiero: certo. Tua madre, che ti ha abbandonato sul ciglio di una strada, ti ricorderebbe di ricordare di avere speranza. “Avanti, Emma” pensò alzandosi, alla vista dei fari dell’autobus. “È ora di scappare. Ora di essere libera”.
 
But I know you're thinking: ('cause you can't run away)
"Am I gonna make it though?" (you've got to find a way to make it through this mess)
Scosse nuovamente la testa, tentando di scacciare quei pensieri, quella strana voce di coscienza, che le si era impressa. Come se fosse il suo Grillo Parlante e la seguisse. “Non serve a nulla scappare. Devi affrontare questi problemi” le diceva. E più sentiva quella dolce voce, più credeva che a qualcuno importasse di lei. Ma chi era lei per fidarsi di voci? Barlumi di una vita, forse, passata? Minuscoli spiazzi rimasti nel suo subconscio di piccoli insegnamenti di vita che sua madre voleva imprimerle, prima di lasciarla al fato? Non lo sapeva, ed eccola li, a fuggire. Da una famiglia. Dall’orfanotrofio. Da se stessa.
 
Girl on the run (go girl)
You don't look back (go)
What did you see? (go girl)
What did you get? (go girl)
You're on the run (go girl)
Trying to forget (go)
But in the end,
Is it so bad?

 
“Prossima fermata: Boston”. Emma si alzò dal sedile, scusandosi con il signore che fece alzare in piedi. Scese dall’autobus, inspirando a  pieni polmoni l’aria della sera e dello smog delle macchine. Aria di città. Iniziò a camminare, guardandosi intorno: i grandi palazzi, le donne in carriera nei loro tailleur scuri, gli uomini con cellulari, i primi cellulari, attaccati all’orecchio. La ragazza iniziò a camminare, alla ricerca di un qualche camera di motel vuota. Si fermò, quando si rese conto che non c’erano motel in centro, a Boston. Come fare? Era una ragazza in fuga. Chi l’avrebbe accolta? Come avrebbe fatto?
Continuò a camminare, non guardando indietro. Credendo che non lo avrebbe mai più fatto.
 
Girl on the run (go girl)
You don't look back (go)
What did you see? (go girl)
What did you get? (go girl)
You're on the run (go girl)
Trying to forget (go)
But in the end (go girl)
Is it so bad...
(go)
 
“Emma! Emma, eccoti!”.
La ragazza si fermò di colpo, voltandosi. Maledizione, era già arrivata. Iniziò a correre, imbracciando stradine secondarie, evitando di farsi vedere dalla tipa che aveva in custodia l’orfanotrofio. Non voleva tornarci. Nessuno ormai la avrebbe voluta: perché non farla vivere direttamente per strada? Il suo futuro sarebbe stato quello.
Il piccolo pulmino la seguiva, continuando a chiamarla. Emma si buttò in mezzo alla strada, facendo frenare i taxi che passavano, imbucandosi poi in una strada corta, circondata da case e bloccata da una rete.  Era sicura che la donna non l’avrebbe vista. Si accovacciò contro una parete, nascosta da una pattumiera rettangolare. L’odore non era dei migliori, ma doveva nasconderla: era quello l’importante. Abbracciò l’inseparabile zaino delle fughe, iniziando a piangere.  Non ce la faceva, alla fine: non riusciva a dimenticare ne lei, ne il suo passato. Il suo passato di ragazza sperduta.  Come poterlo dimenticare alla fine? Ormai cosa pensare.
Si asciugò gli occhi con la manica della camicia , fissando poi l’orologio digitale, regalo di una famiglia che aveva pensato bene di farle un regalo per il suo compleanno.  Vide l’orario cambiare, i minuti e le ore diventare quattro rettangoli verdi.
“Buon Natale, Emma” sussurrò, a se stessa, alzando gli occhi al cielo, sperando che qualcuno potesse sentirla.
Ma è così male, in fondo, vivere questa vita...
 
Being a girl?
 
ANGOLO AUTRICE: Eccomi qui,  con la mia prima OUAT-songfic. Questa storia mi è venuta fuori solo leggendo il titolo. E quando sono andata a leggere del tutto la traduzione ho pensato: “Ehi. Ma questa è la canzone di Emma!”. Si, perché per me, è stata scritta appositamente per Emma- così..-. Come vedete, ho usato una Emma adolescente, che scappa di nuovo da casa e che sente le voci (stile Giovanna D’Arco) della madre che la rassicura. È leggermente OOC, forse, ma era una cosa bellina a parer mio. E niente, credo che la storia renda. Stavolta ho usato tutto il testo, non solo la prima strofa e il ritornello, anche perché tutta la canzone trasmette un significato che rispecchia la Salvatrice/Oscura/quello che è adesso al 100%.    
Beh, che dire? Buona lettura.. e buon ascolto. (Sopra allegato il link per la canzone).
Baci, Cissy ♥

PS: lo so, ho millemila Fanfiction da ultimare, ma non ho resistito a pubblicarla
  
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