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Autore: eugeal    31/01/2016    0 recensioni
I piani di Vaisey sono stati sventati e lo sceriffo è morto.
Ora Robin Hood non è più un fuorilegge e lui e Guy possono affrontare una nuova vita in una Nottingham governata da un altro sceriffo.
Genere: Avventura, Drammatico, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Allan A Dale, Guy di Gisborne, Marian, Robin Hood, Un po' tutti
Note: AU, What if? | Avvertimenti: Violenza
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'From Ashes'
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Robin si svegliò nel sentire il suono di una voce che parlava sottovoce a poca distanza da lui.
L'infuso di Tuck doveva essere più forte di quanto avesse pensato, o lui molto più stanco, perché si sentiva ancora intorpidito dal sonno e faticava a tenere gli occhi aperti.
Ma la voce che sentiva non gli era familiare, aveva l'impressione di non averla mai sentita in vita sua e quel pensiero era abbastanza allarmante da tenerlo sveglio.
Socchiuse gli occhi e vide che quella che entrava dalla finestra era la luce rosata del tramonto, quindi doveva aver dormito per alcune ore. Guy sembrava ancora addormentato, ma non riusciva a vederlo in viso perché la persona che parlava era in piedi accanto al letto del cavaliere, china su di lui.
Era una donna e in un primo momento il suo atteggiamento fece pensare a Robin che fosse Adeline, ma a una seconda occhiata si rese conto che non poteva essere lei. Questa donna era alta e più robusta della ex balia, ma non riusciva a capire chi fosse perché aveva la testa coperta da un velo.
Inquieto, Robin spostò una mano per toccare l'elsa del pugnale che portava alla cintura e rimase in attesa.
- Rowan… Povero, caro Rowan… - Sussurrava la donna, con la voce tremante di pianto e Robin vide che stava sfiorando i capelli di Guy con una mano, scostandoglieli dal viso e pettinandoli con le dita.
Guy si mosse, svegliato dal suo tocco.
- Milady... - Sussurrò, ancora assonnato e le sorrise.
La donna toccò piano la benda che copriva la ferita e si lasciò sfuggire un gemito nel vedere che era macchiata di sangue.
- Così rosso… Quanto, quanto dolore! Lo prenderei su di me, piccolo caro, ma non posso… Non potevo allora e non posso adesso… Perdonami, Rowan, non andare via, non lasciarmi di nuovo!
La donna si sciolse in singhiozzi e Guy tirò su la coperta a coprire la fasciatura, rendendosi conto di quanto la vista del sangue l'avesse turbata, poi le prese una mano e se la portò alle labbra.
- Non piangete, non è nulla e lo devo a voi. La vostra croce mi ha protetto: ha deviato il colpo che mi avrebbe ucciso. Sono vivo grazie al vostro dono.
La donna trattenne il respiro.
- Davvero?
- Davvero.
La donna sollevò il velo e si chinò per sfiorare la fronte di Guy con un bacio. Robin cercò di guardarla in volto, ma Elisabeth lo sentì muoversi, sussultò e lasciò ricadere in fretta il velo, poi corse via, scomparendo dalla stanza in un attimo.
Robin si strofinò gli occhi, chiedendosi se avesse sognato.
- La hai spaventata. - Disse Guy a bassa voce e Robin lo guardò.
- Chi era?
- Non lo so.
- A me sembrava che la conoscessi piuttosto bene invece. - Disse Robin, in tono di accusa. Non capiva perché l'amico cercasse di mentirgli in modo tanto evidente.
- Già. Ma non ho la minima idea di chi sia.
- Spiega.
- Non mi ha mai detto il suo nome e non so dove viva. Forse ha trovato rifugio in una delle stanze deserte del castello, ma non ne ho la certezza, di solito la incontro nella parte vecchia, a volte è lei a trovarmi. Una volta è entrata nei miei alloggi, ma di solito si tiene alla larga dalle zone più frequentate. Non l'avevo mai vista spingersi fino a qui, doveva essere davvero preoccupata per farlo…
Robin scosse la testa senza capire.
- Ma chi è? Perché tiene così tanto a te?
- Non lo so. Mi chiama Rowan, ma non so perché e non voglio farle domande. Forse le ricordo qualcuno a cui ha voluto bene... È fragile e basta poco per agitarla, lo hai visto anche tu poco fa. Eppure mi ha aiutato, mi ha aiutato così tanto… Quando il dolore sembrava impossibile da sopportare potevo parlare con lei senza che mi giudicasse pazzo, potevo dirle come mi sentivo veramente senza temere di ferirla o di farla preoccupare per me e lei aveva sempre un gesto o una parola gentile, mi consolava in silenzio senza che dovessi provare vergogna per la mia debolezza...
- La striscia di velo che portavi al braccio durante il torneo! È stata lei a dartela?
Guy annuì.
- E anche la croce d'argento. Accettare il suo dono l'ha resa felice, almeno per un po' e portare il suo nastro era il minimo che potessi fare per lei. Non so chi sia, ma le sono grato.
Robin rimase in silenzio per qualche attimo. Non c'era molto altro da dire su quella donna misteriosa e aveva l'impressione che anche se lo avesse saputo, Guy avrebbe mantenuto il suo segreto.
- Tu come ti senti?
- Fa male. Molto. Eppure non rinuncerei nemmeno a una piccola parte di questo dolore perché è la prova che Marian è viva, che il mio non è solo un sogno. Non ne hai idea, Robin, non puoi immaginare quante volte ho sognato di abbracciarla, di averla vicino, per poi svegliarmi da solo… Avevo quasi paura di chiudere gli occhi, ma questo – si sfiorò la fasciatura con un dito – questo lo sento e so che è stata lei a farmelo. So che è stata Marian viva a farmelo.
- Così tanto tempo passato a convincerti del contrario e invece sei davvero matto, amico mio.
Guy scoppiò a ridere, ma la sua risata si smorzò in un gemito.
- Smettila, Hood, non farmi ridere, fa male.
Robin sorrise.
- Non hai appena detto di essere entusiasta del dolore? Hai già cambiato idea?
- Spiritoso.
- Vedo che vi siete svegliati.
Robin e Guy guardarono Tuck, fermo sulla soglia. Il frate entrò e si richiuse la porta alle spalle, poi si avvicinò a loro.
- Devo controllare la ferita, poi lascerò entrare i vostri cari.
Tuck si accertò che non ci fossero tracce di infezione, coprì di nuovo il taglio con l'unguento e fasciò di nuovo il torace di Guy con bende pulite.
- Riesci a restare seduto?
Lo aiutò a tirarsi su e gli mise alcuni cuscini dietro la schiena perché potesse appoggiarsi. Guy vi si appoggiò con un sospiro e tirò su la coperta fino al collo.
- Guy!
Isabella entrò nella stanza non appena Tuck ebbe riaperto la porta e corse verso il fratello.
Si fermò accanto al letto e osservò Guy attentamente, poi sedette sul bordo del letto e gli prese le mani tra le sue.
- Devi smetterla. Sono stanca di sentirmi dire che sei ferito o che qualcuno ha tentato di ucciderti! Ho vissuto senza di te per così tanto tempo e ora che ti ho ritrovato non voglio perderti.
Gisborne le sfiorò le dita con un bacio.
- Sto bene, te lo giuro, non è niente.
Isabella sospirò e liberò una mano per asciugarsi gli occhi.
- Guarda come sei pallido… - Si girò verso Robin. - E tu perché non me lo hai detto subito? Puoi immaginare come mi sono sentita quando ho sentito dire per strada che qualcuno aveva pugnalato mio fratello?
Isabella guardò il marito, accorgendosi solo in quel momento del suo aspetto disordinato.
- Ma dove sei stato?! Sembra che tu abbia dormito…
- ...in una stalla. - La interruppe Guy. - Era con me la notte scorsa. Quando pensavo di essere impazzito ho bevuto troppo e Robin è rimasto con me per aiutarmi. Per questo non ti ha avvisato subito, era esausto dopo essere rimasto sveglio tutta la notte e si è addormentato.
Isabella guardò entrambi, poco convinta.
- Sei un pessimo bugiardo, Guy. - Disse, ma preferì non approfondire il discorso, anche perché in quel momento Seth arrivò di corsa nella stanza, seguito da Adeline.
- Padre! - Singhiozzò il bambino. - Ti sei fatto ancora male?!
Guy tenne stretta la coperta in modo che il bambino non potesse vedere la fasciatura e allargò l'altro braccio per invitarlo ad arrampicarsi sul letto accanto a lui. Seth si rannicchiò contro il suo fianco, piangendo e Gisborne lo tenne stretto, cercando di consolarlo.
- È solo un piccolo taglio. Guarirà presto.
Adeline lo fissò, interrogandolo con lo sguardo e Guy le sorrise per rassicurare anche lei.
Robin prese per mano Isabella.
- Andiamo? Credo di avere bisogno di fare un bagno.
Isabella esitò per un attimo, poi capì che il marito voleva lasciare Guy libero di parlare con Adeline.
Si chinò a baciare il fratello sulla guancia.
- Torneremo più tardi.
- Mi porti qualcosa da mangiare? Sto morendo di fame.
- Buon segno, vuol dire che stai meglio. - Isabella gli rivolse un sorriso triste. - E una volta tanto sarò io a prendermi cura di te.
Isabella e Robin andarono via e Adeline sedette sul letto accanto a Guy, dalla parte opposta rispetto a Seth. Il bambino si era addormentato abbracciato al padre, stanco per aver pianto tanto a lungo e Guy e Adeline sorrisero nel guardarlo.
La donna guardò Guy e gli mise una mano sulla guancia per assicurarsi che non avesse la febbre. Lo abbracciò facendo attenzione a non fargli male e Gisborne si appoggiò a lei con un piccolo sospiro.
- Ora puoi dirmelo, piccolo mio, come stai davvero?
Guy si sentiva debole al punto di riuscire a malapena a tenere gli occhi aperti, era affamato e l'unguento usato da Tuck sembrava bruciare sulla ferita e la faceva dolere ancora di più, ma qualunque disagio perdeva importanza davanti alla consapevolezza che Marian era viva e che solo poche ore prima l'aveva stretta a sé per proteggerla dagli arcieri del castello. Prima di perdere i sensi aveva sentito il profumo della sua pelle e il corpo di Marian aveva riempito il vuoto tra le sue braccia.
- Sono felice, Adeline. - Rispose. - Completamente felice.

Seduta sul letto, Marian guardò il cielo che diventava sempre più scuro fuori dalla finestra, col rosso del tramonto che sfumava nel buio della notte.
Avrebbe dovuto alzarsi per accendere una candela, ma non lo fece e rimase ad aspettare che si accendessero le stelle.
La stanza, in quel momento illuminata solo dal fuoco del camino, era fin troppo lussuosa e lei era certa di non aver fatto nulla per meritare quel trattamento di favore.
Fissò il vassoio pieno di cibo che giaceva sul tavolo, intoccato. Lei non era riuscita a mangiare nulla, ma poteva vedere chiaramente che la carne era abbondante e cucinata in maniera raffinata, la frutta fresca e matura e il pane fragrante e sfornato da poco.
Non capiva, non poteva capire.
Aveva colpito Guy di Gisborne con un pugnale, molto probabilmente lo aveva ucciso e i soldati del castello l'avevano arrestata per quel delitto. L'avevano trascinata nelle segrete e l'avevano rinchiusa in una cella umida e puzzolente.
Marian era rimasta in un angolo, tremante e certa che ormai la sua vita fosse finita. Era un'assassina ed era stata catturata: sarebbe stata sicuramente impiccata e nemmeno il conte avrebbe potuto proteggerla.
Poi, dopo qualche tempo passato nel terrore, un giovane era andato a trovarla nelle segrete e si era presentato come Archer, dicendo di essere il maestro d'armi del castello.
Si era fermato davanti alla porta della sua cella e l'aveva osservata attentamente per un po', poi aveva scosso la testa con un sorrisetto ironico.
- E dire che l'avevamo preso tutti per matto…
L'aveva guardata negli occhi fino a farla sentire a disagio e le aveva fatto qualche domanda.
- Perché lo hai fatto? Perché hai accoltellato Guy?
Marian si era lasciata sfuggire un singhiozzo.
- Voleva farmi del male. È pericoloso e crudele e di sicuro voleva vendicarsi.
- Vendicarsi di cosa?
La ragazza aveva scosso la testa. Ricordava il suo sogno, Gisborne con la gola tagliata che cadeva a terra, sanguinando, ma non avrebbe potuto spiegare perché fosse così certa di aver tentato di ucciderlo né per quale motivo lo avesse fatto.
Si era stretta il corpo con le braccia con un brivido. Poteva sentire i vestiti umidi sulla pelle e si era resa conto con orrore di essere bagnata di sangue, del sangue di Gisborne.
- Non ti ricordi proprio niente, vero? - Aveva chiesto Archer e Marian si era stupita di trovare una nota affettuosa nella sua voce.
Il giovane aveva aperto la cella e l'aveva fatta alzare da terra prendendola per un braccio. Marian l'aveva seguito passivamente, senza nemmeno provare a ribellarsi e Archer l'aveva portata in quella stanza lussuosa e l'aveva lasciata lì, chiudendola dentro.
Rimasta sola, la ragazza si era liberata degli abiti insanguinati, lavando via il sangue che le macchiava la pelle con l'acqua del catino, aveva indossato uno degli abiti che erano stati lasciati nella stanza e si era seduta sul letto, confusa e spaurita, senza sapere cosa poteva aspettarsi.
Ora che il sole era tramontato era ancora nella stessa posizione, immersa nei suoi pensieri.
Continuava a vedere Gisborne che le correva incontro, minaccioso, la sua esitazione e il tentativo di fuga di Marian che si era concluso quando lui le aveva stretto il polso dopo un breve inseguimento.
Marian poteva ancora sentire il tocco delle sue dita sulla pelle, come un marchio infuocato.
E quello che era successo dopo era un turbinio confuso e allo stesso tempo lentissimo, una specie di incubo di cui poteva ricordare ogni singolo istante: il suo scatto quando lo aveva colpito con il pugnale, le frecce degli arcieri puntate su di lei e Gisborne che, pur ferito, correva verso di lei per spingerla a terra, cadendole addosso.
Se non avesse cercato di catturarmi, gli arcieri mi avrebbero uccisa.
Marian spalancò gli occhi, rendendosi conto all'improvviso di quello che era successo veramente: Guy di Gisborne non l'aveva trascinata a terra per arrestarla, ma l'aveva protetta dalle frecce dei soldati facendole scudo col proprio corpo. Anche se era ferito. Mi ha salvato la vita.
Viste in quella nuova luce, anche le parole che le aveva rivolto prima di perdere i sensi assumevano un significato diverso.
Ma perché un uomo come Guy di Gisborne avrebbe dovuto salvare la vita della donna che aveva tentato di ucciderlo?
Marian non riusciva a capirlo.
   
 
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