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Autore: hemwings    06/02/2016    4 recensioni
In the flesh AU
“Mio fratello è morto dopo un incidente” aveva detto Teresa un giorno, mesi dopo. “un idiota gli ha sparato. Ha ancora le cicatrici”
Newt aveva annuito, senza dire niente. Solo dopo qualche minuto aveva parlato. “Io avevo un cancro al cervello. Una bella seccatura se ci pensi, ma alla fine chissenefrega. Ad un certo punto avrei perfino preferito che qualcuno mi uccidesse ma sono morto prima di riuscire a dirlo ad alta voce”
“Non penso sia una cosa bella essere uccisi, sai?” aveva risposto Teresa, guardando davanti a sé. “Forse dovresti chiedere a mio fratello. Se vuoi te lo presento”
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Newt è un morto vivente, ma non di quelli che uccidono gente e mangiano cervelli. Lui è un morto vivente, di quelli che si vergognano di ciò che sono e fanno finta di essere vivi.
Poi incontra Thomas e, ovviamente, tutto cambia.
Genere: Generale, Romantico, Sovrannaturale | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Newt, Newt/Thomas, Thomas
Note: AU, Cross-over | Avvertimenti: nessuno
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You make me feel alive.
 
 
Piccola precisazione.
In The Flesh è una serie tv (a mio parere sottovalutatissima) della BBC. In pratica si parla di zombie che, dopo essere "rinati" vengono curati e reinseriti nella società, anche se non sono visti molto bene. Per non far sentire gli altri a disagio, vengono dati loro delle lenti a contatto e del fondotinta per coprire i loro segni particolari, ovvero gli occhi e la pelle, diversi da quelli della gente normale. La loro "malattia" è detta PDS ovvero Partially Deceased Syndrome 
(Sindrome dei Parzialmente Deceduti) e ogni tanto il protagonista, Kieren, ha dei flash, ricordandosi delle cose orribili fatte da zombie (uccidere persone, mangiare cervelli ecc.).
Detto questo, buona lettura e spero vi piaccia c:
 
 Dedicata a Michela e Ele.
Perché si. ♥
 
Era saltato fuori che la settimana scorsa si era rotto il riscaldamento e che suo padre, troppo preso dall'entusiasmo di riavere suo figlio, si era dimenticato di chiamare chiunque si occupasse di aggiustare il riscaldamento.
Era per quello che sua madre si era avvicinata a lui con un sorriso commosso e gli aveva poggiato sulle mani sempre gelide una borsa dell'acqua calda.
"So per certo che di notte fa freddo, tesoro" aveva detto la donna dai capelli chiari. "Questa ti terrà al caldo"
Newt non aveva avuto cuore di dirle che lui non aveva bisogno di una borsa dell'acqua calda. Lui era fottutamente morto e non sentiva né freddo né caldo. Avrebbe potuto uscire di casa in pieno inverno e in mutande e non avrebbe sentito nulla, oltre alla vergogna.
Ma aveva sorriso comunque e l'aveva ringraziata con un bacio sulla guancia. Sua madre aveva reagito con un risolino, toccando la guancia su cui Newt aveva appena poggiato le labbra fredde.
"Vai a dormire tesoro. Domani Sonya tornerà a casa dal campeggio, sarà contenta di rivederti"
 
Alla fine Sonya non era stata così contenta di rivederlo. Non appena era entrata in casa gli aveva rifilato uno sguardo sprezzante, seguito da un: "E lui che ci fa qui?" e poi era scappata in camera sua, sbattendosi la porta alle spalle. Sua madre, quella donna che non perdeva neanche per un secondo l'autocontrollo e la fermezza, aveva sorriso. "Deve solo abituarsi, non preoccuparti" aveva detto, scomparendo in cucina.
Newt non pensava che Sonya si sarebbe abituata. La sua sorellina aveva pianto la sua morte solo pochi anni prima e sicuramente sapeva delle cose orribili che aveva fatto da zombie.
Magari aveva mangiato una sua amica.
Magari un suo insegnante.
Magari il loro vicino di casa.
Newt non ricordava cosa aveva fatto. Aveva qualche immagine fissata nella mente, di quelle che non ti lasciano mai, ma non il ricordo intero. Ma poteva ben immaginare le cose terribili che aveva fatto. Dopotutto, grazie ai racconti degli altri pazienti, suoi simili, aveva capito che più o meno avevano fatto tutti le stesse cose. Avevano mangiato persone, avevano ucciso. Nient’altro.
Ora però stava bene e Newt non aveva la minima intenzione di mangiare la sua famiglia. Era solo uno zombie che non sentiva il bisogno di mangiare, ecco tutto.
 
Passeggiando per il quartiere aveva incontrato Teresa, la persona più fastidiosa del pianeta. Teresa, o Tess, era un’umana che lui trovava alquanto strana, con i capelli costantemente spettinati e che non stava zitta neanche un secondo. Newt non l’ascoltava molto ma aveva comunque imparato che la ragazza aveva un fratello appena tornato a casa e che amava le stesse cose che amava lui. Lei scherzava sempre sul fatto che oltre ad avere le stesse passioni, lui e suo fratello avevano un’altra cosa in comune: erano morti entrambi. E Teresa cercava sempre di fargli dire in che modo era morto, senza successo.
“Mio fratello è morto dopo un incidente” aveva detto Teresa un giorno, mesi dopo. “un idiota gli ha sparato. Ha ancora le cicatrici”
Newt aveva annuito, senza dire niente. Solo dopo qualche minuto aveva parlato. “Io avevo un cancro al cervello. Una bella seccatura se ci pensi, ma alla fine chissenefrega. Ad un certo punto avrei perfino preferito che qualcuno mi uccidesse ma sono morto prima di riuscire a dirlo ad alta voce”
“Non penso sia una cosa bella essere uccisi, sai?” aveva risposto Teresa, guardando davanti a sé. “Forse dovresti chiedere a mio fratello. Se vuoi te lo presento”
“Non voglio conoscere tuo fratello”
Aveva perso il conto di tutte le volte che le aveva detto di non volerlo. In realtà Newt aveva perso il conto di tante cose, come le penne blu che aveva perso in circa due mesi o tutti i ‘mostro’ che sua sorella mormorava ogni volta che si sedeva davanti a lei a cena. Lui neanche mangiava, ma gli sembrava carino sedersi con la sua famiglia e chiacchierare, come ai vecchi tempi. Il problema era che sua madre continuava a servirgli cibo e sua sorella neanche lo guardava, mentre suo padre faceva finta di niente. Il tutto non sembrava affatto le cene di un tempo, quando lui era ancora sano e, soprattutto, vivo.
“Si, dovresti proprio conoscere Tom”
“Non voglio conoscere tuo fratello” aveva ribattuto Newt per la seconda volta.
“Invece dovresti, hai incontrato qualcuno come te in questi ultimi tempi?”
Newt non voleva conoscere questo ‘Tom’. Rappresentava semplicemente la persona più vicina al suo mondo e gli avrebbe ricordato troppo la sua vera natura, quella che lui voleva ignorare o, addirittura, dimenticare.
“E poi non capisco perché usi tutto questo fondotinta e le lenti a contatto, non dovresti nascondere ciò che sei” aveva continuato nel frattempo Teresa. “Tom non li usa, dice che le lenti a contatto non sono del suo vero colore e il fondotinta non è abbastanza chiaro per la sua pelle ma io credo sia solo una scusa da rifilare a mamma e papà, sai…”
“Per l’ultima volta Teresa” l’aveva interrotta il biondo. “Non voglio conoscere tuo fratello, voglio dimenticare questa storia, voglio essere un ragazzo normale, okay?”
Teresa aveva sbuffato e si era alzata dall’erba umida, ripulendosi il retro dei jeans chiari. “Ci vediamo domani, Newton”
A Newt non dava fastidio l’erba umida. Lui non sentiva niente. Non sentiva freddo, non sentiva l’acqua sui palmi delle mani poggiate sull’erba, non sentiva il calore del caminetto ogni volta che rientrava a casa e non sentiva dolore fisico, ma poteva benissimo capire che Teresa era arrabbiata, perché anche lui provava sentimenti.
Era ovvio, altrimenti non avrebbe mai potuto spiegare il vuoto che aveva sentito all’altezza del petto quando la sua amica se n’era andata.
 
Sapeva che Teresa non aveva ascoltato neanche una parola di quello che aveva detto ma era rimasto comunque sorpreso quando, al loro solito posto, non aveva trovato la sua ‘amica’, ma un ragazzo.
 “Ehi!” lo aveva chiamato Newt. Il ragazzo si era girato e Newt si era ritrovato faccia a faccia con l’essere più bello che avesse mai visto.    
‘Il tipo’, come aveva deciso di rinominarlo Newt, era alto, aveva la pelle chiarissima e i capelli neri, ma la cosa che più lo stupì furono un paio di occhi azzurro ghiaccio, quasi bianchi.  
“Ciao” aveva risposto il ragazzo. “Tu devi essere Newton, giusto? Teresa mi ha detto che volevi incontrarmi”
“Io non ho mai…” aveva cominciato Newt ma aveva deciso, all’ultimo secondo, di stare zitto. Non poteva permettersi che quel ragazzo se ne andasse. Era l'unica persona che poteva capirlo, in mezzo a tutta quella gente che faceva solo finta.
"Si, sono io. Tu chi sei?"
"Io sono Thomas" aveva risposto, porgendogli la mano. "Il fratello di Teresa"
Teresa non gli aveva mai detto di avere un fratello così bello. Lei non faceva altro che parlare dei suoi stupidi amici e del fatto che Thomas fosse stato ucciso da un idiota. Newt non parlava quasi mai, lui si limitava ad ascoltare (o fare finta, dipendeva dai casi), ad annuire e ad intervenire nei momenti giusti, cercando però di non incrociare gli occhi di Teresa.
Invece con Thomas era diverso. Non appena il moro apriva bocca, Newt si ritrovava a cercare i suoi occhi color ghiaccio, anche se gli facevano venire decisamente i brividi.
"Tu l'hai sentito, prima di morire?"
Improvvisamente si ricordò la ragione per cui evitava quelli come lui. Loro non facevano altro che parlare della morte. Com'erano morti, cos'avevano provato prima di morire, a chi avevano pensato, a chi avevano chiesto perdono. Newt a quelle cose non ci pensava. A lui interessava solo chi era prima di morire e infatti si comportava proprio come se fosse ancora quel Newt diciassettenne, sano, un po' schivo e silenzioso. Per lui era come se non fosse successo nulla; niente cancro, niente ospedali, niente visite e nessuno che lo guardava con compassione, gli occhi che sembravano dire "morirà presto, povero ragazzo".
Thomas aveva i suoi occhi gelidi su di lui, in attesa di una risposta.
"Che cosa?"
"L'orologio. L'hai sentito anche tu?" aveva chiesto nuovamente. Newt aveva scosso la testa, confuso.
Allora Thomas aveva sospirato. "Io ho sentito ogni singolo ticchettio, come se ci fosse stato qualcuno accanto a me con un orologio in mano ad aspettare che arrivasse la mia ora" aveva preso un filo d'erba e se lo era attorcigliato intorno al dito. "Tic tac, Thomas, è quasi ora"
Erano rimasti in silenzio per quasi un'ora, guardando il cielo scurirsi sempre di più.
"Ho passato gli ultimi cinque minuti della mia vita così" aveva ripreso Thomas. "A contare ogni secondo che mi divideva dalla morte. Non ho pensato a Tessa, ai miei genitori o ai miei amici. Non ho chiesto scusa a nessuno"
"Piuttosto triste" aveva commentato Newt, cercando di cambiare discorso. Non aveva intenzione di parlare di quelle cose, non con Thomas. Gli ricordava che anche a lui era successa la solita cosa. Lì, da solo nella stanza buia, aveva contato tutti i battiti che man mano si facevano sempre più radi, fino ad arrestarsi del tutto.
"Dobbiamo per forza parlarne?" aveva domandato allora, cercando di evitare gli occhi di Thomas per la prima volta.
"Di cosa, della morte?"
"Di solito le persone che si sono appena incontrate non parlano di morte"
"Che io sappia è l'unica cosa che abbiamo in comune"
 
Quella sera, non appena rientrò dalla seconda serata più strana della sua vita, Newt si guardò allo specchio per la prima volta da quando era ritornato a casa. Pensò alla pelle quasi trasparente di Thomas e ai suoi occhi color ghiaccio. Si chiese di che colore fossero gli occhi di Thomas, quando era vivo. Forse erano azzurri, come quelli di Teresa, o verdi, come le foglie d’estate? Magari li aveva castani, di quel castano caldo, quasi color cioccolato, che ti faceva sentire a casa con un solo sguardo.
Non riusciva ad immaginarsi un colore adatto a quegli occhi che gli scavavano dentro ogni volta che lo fissavano. Lo spaventavano parecchio, anche se sapeva che erano uguali identici ai suoi, solo che lui li nascondeva, Thomas no.
Thomas non nascondeva ciò che era, non aveva paura di mostrare la sua vera natura a tutti. Sapeva che anche il moro era perseguitato dalle orribili cose che aveva fatto prima di essere guarito dalla loro "malattia", ma dal suo sguardo, Newt capiva che se ne fregava altamente di quello che pensavano gli altri di lui.
 
Fu facile innamorarsi di Thomas. Più difficile fu dirglielo, ma parecchio tempo prima si era ripromesso di fare le cose senza pensare troppo alle conseguenze. E così fece. Non pensò alle conseguenze.
Quel "Penso che tu  mi piaccia" gli era scivolato dalle labbra in modo così spontaneo che quasi si stupì. La voce non gli tremava neanche.
"Anche tu piaci a me, Newt" gli aveva risposto il moro, seduto al suo solito posto, con la testa appoggiata sulla spalla del biondo.
"Ma io intendo che tu mi piaci piaci. Mi piaci come mi piaceva Alby quando avevo sedici anni, capisci? Quel tipo di 'mi piaci'"
Thomas aveva sorriso così tanto che Newt pensò che la sua faccia sarebbe rimasta così per sempre.
"Anche tu piaci a me, Newt" aveva detto Thomas. "Così come sei"
Newt era così felice che neanche si oppose quando Thomas cercò di togliergli il fondotinta dalla faccia. Dopo aver ammirato bene il suo volto, Thomas lo baciò. E non fu un bacio qualsiasi. Non fu come quando a sedici anni aveva baciato Alby, e neanche come quando ne aveva tredici e aveva baciato Rachel. Fu un bacio vero. Newt neanche credeva che quelli come loro potessero provare così tante emozioni insieme, eppure lo sentiva.
Sentiva di essere in grado di amare Thomas, anche se i suoi occhi gli facevano venire i brividi, e non in senso positivo.
Eppure, in quei mesi, aveva imparato ad apprezzare tutto ciò che riguardava Thomas. Gli occhi glaciali, la pelle bianchissima e anche le cicatrici sparse su tutto il corpo. Sembrava un sopravvissuto, in un certo senso, anche se in realtà non lo era.
Newt si rese conto che avevano più cose in comune di quanto pensasse. Entrambi avevano perso le loro battaglie e contro ogni previsione si erano trovati, nel momento in cui avevano bisogno dell'altro.
"E se ce ne andassimo?" aveva detto alla fine Thomas. "Prendiamo tutto e ce ne andiamo, io e te, a Londra"
"E le nostre famiglie?" aveva risposto Newt. "Come facciamo a lasciare tutto qui e andarcene?"
"Ricominceremo una nuova vita, in un nuovo posto, dove tu non avrai paura di essere quello che sei veramente"
Thomas gli accarezzò una guancia, sorridendo. Era stato un tocco così leggero che quasi non se ne accorse, ma poi sentì. Sentì la freddezza della mano di Thomas contro la sua guancia, sentì l'aria scompigliargli i capelli già spettinati, sentì le gocce di rugiada sull'erba.
E capì.
Capì che Thomas lo faceva sentire vivo.
Vivo come non era mai stato. 

 
 
GUESS WHO'S BACK??
Okay, ciao a chi già mi conosce e chi non ha ancora avuto questa sfortuna lol. Si, sono ancora io, arrivata per rompere le palle con un'altra AU! Chi è contento?
Bene, che dirvi. Morivo dalla voglia di tornare con un'altra os, avevo quest'idea in mente da esattamente quattro mesi e solo oggi sono riuscita a finirla. Per questo ringrazio la Putela, perché mi ha dato una grande idea per il finale, e anche Ele, perché mi ha dato la grande notizia che vedrò Gio Sada e questo mi ha reso davvero happy.
SOOOOO. Spero che la precisazione all'inizio vi sia stata un po' di aiuto (se no, non esitate a chiedere, sono a conoscenza del fatto che non so spiegare le cose)
Eee niente, sono contenta di essere tornata e sappiate che ho anche un'altra os che attende di essere finita da tre mesi, quindi non penste di esservi liberati di me c:
Spero davvero che vi sia piaciuta. DAVVERO LO SPERO.
Se avete voglia di passare dalle altre mie storie, ci sono Sing Me To Sleep, 5 Steps e If you talke enough sense then you'll lose your mind. Quindi, mi farebbe davvero piacere se passaste ♥
Bè, me ne vado.
Un bacio,
-h   
  
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