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Autore: GabrielleWinchester    07/02/2016    7 recensioni
Ispirandomi al videoclip della canzone "The familiar Taste of Poison", ecco a voi la storia d'amore malato tra Evelyn, giovane donna americana, e Francois, uomo nato violento e manager di una società che vende pc aziendali...una storia di violenza con un finale da pugno allo stomaco...Non mi resta che augurarvi buona lettura.
Genere: Drammatico, Triste | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: Tematiche delicate, Violenza
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Buon pomeriggio a tutti,
ispirandomi al videoclip della canzone "The Familiar Taste of Poison" degli Halestorm, ecco a voi "Miele Amaro" la storia di Evelyn, giovane donna americana, la quale vive una storia d'amore tormentata con un uomo violento, violento per sua natura, violento di nascita e che utilizza la donna per scaricarsi, nonostante sia stato cresciuto da una madre amorevole che aveva tentato in tutti i modi di insegnarli la parità tra uomo e donna...mi scuso fortemente se ci fossero errori presenti nel racconto o fosse poco scorrevole. Ringrazio di vero cuore tutti coloro che la leggeranno e la recensiranno e tutti coloro che mi hanno messo e mi metteranno come propria autrice preferita :-) Buona lettura. Gabrielle.
Miele amaro

“Amore, hai visto che bella sorpresa che ti ho preparato?”
La donna si guardò intorno spaesata, il trucco che non riusciva a coprire i segni delle torture subite, di quei segni indelebili che suo marito le aveva lasciato lungo tutto il corpo, segni che sarebbero stati il suo lasciapassare se mai lui avesse deciso di mandarla all’altro mondo, un modo per riconoscerla tra le tante anime che popolavano i regni ultraterreni e che erano lì prima del tempo stabilito. Aveva lunghi capelli biondo cenere Evelyn, quel biondo che era la mescolanza tra il colore del grano e la terra bruciata, lunghi capelli che le avevano regalato la bellezza e non la felicità.
Occhi azzurri come il cielo, una volta universale tempestata di fulmini e saette.
Una bellezza non meritata, una bellezza sfruttata solo per fare scena e non per amore, una donna scappata dall’America per cercare fortuna e aveva trovato l’Inferno.
I suoi parenti le avevano consigliato di scappare via, di allontanarsi da quell’uomo dai modi violenti, da un uomo che ostentava una gentilezza falsa davanti agli altri e una violenza gratuita e genuina nei suoi confronti.
Le avevano consigliato di ritornare da loro, il ranch era ritornato operativo e c’era bisogno di una mano nella contabilità, visto che Evelyn si era laureata a pieni voti in Economia ma lei si era rifiutata, affermando che sperava che lui potesse cambiare…
Sapendo benissimo che si stava dicendo una bugia per giustificare un comportamento ingiustificabile.
Ella era la donna da presentare alle cene di lavoro con i colleghi, i quali non potevano immaginare la vita dietro i sorrisi, non potevano assolutamente sospettare che razza di mostro avevano tra di loro. Tutti lo elogiavano come un perfetto manager a capo di un’importante società che vendeva pc aziendali, ma nessuno sapeva chi fosse veramente, quale razza di mostro fosse dentro casa.
Lei era la bambolina bionda che veniva usata durante le cene di lavoro, che doveva annuire ad ogni sua battutina squallida e sessista, una bambolina che veniva punita ogni qualvolta che decideva di ribellarsi o era in disaccordo su una cosa, su un argomento che doveva essere incontrovertibile sotto ogni aspetto.
La sua parola era legge e come tale doveva essere accettata, pena uno schiaffo se era nel sì o un calcio in pieno volto se era nel no.
Era stato un amore spensierato all’inizio, un amore che era stato il preludio della sua rovina.
All’inizio fiori e carezze e adesso…
“Non sei felice Evelyn? Ti avevo promesso che ti avrei portata a cena fuori..”
Evelyn annuì, mosse la testa come un cagnolino ammaestrato, come un piccolo animale che obbedisce al padrone per evitare di essere punito, per evitare di portare sul corpo i segni della violenza. Si guardò intorno, il ristorante era pieno di belle persone, donne piene di gioielli e di vitalità e uomini facoltosi e con il Rolex sul polso destro, gente con uno status elevato e con la felicità che si misurava con il conto in banca.
Gente che ostentava felicità o almeno la sua parvenza.
“Potresti parlarmi!” esclamò l’uomo con un sorriso feroce, un sorriso che aveva l’effetto di mille schiaffi “Ti assicuro che oggi non muoverò un dito, farò il bravo marito”
“Grazie mille, Francois” affermò Evelyn cauta, non sapendo che cosa dire per evitare di farlo arrabbiare “Sei stato…carino a portarmi qui”
Gli occhi verdi del marito si strinsero come un predatore che studiava la preda e la donna sapeva che aveva detto qualcosa di sbagliato, lo sentiva dal crepitio nell’aria, dal fatto che la tensione stava salendo. Evelyn sperava e si augurava che non si ripetesse l’ultima volta, quando, dopo averlo fatto innervosire, era stata buttata giù per le scale ed era stato solo per un puro caso di fortuna che non era finita sulla sedia a rotelle.
Le avevano consigliato di lasciarlo ma lei non voleva, non voleva, stava sbagliando ma era legata a lui e dentro di sé speranzosa di cambiarlo.
Ma gli uomini violenti non cambiavano, diventavano solo peggiori di quanto non lo fossero già.
Non si poteva pretendere che un diavolo diventasse un serafino.
“Sei solo una puttana ingrata” sibiló Francois furibondo mentre la gente intorno a lui chiacchierava dell’ultimo film di James Bond, Blackout, totalmente ignara del litigio fra i coniugi “Io faccio del mio meglio e tu non sei mai…”
La sgridata dell’uomo venne interrotta bruscamente e fortunatamente dal cameriere in livrea turchese, un giovane ventitreenne con un lieve accenno di barba e occhi castani “Benvenuti al Maison Fleur, madame e monsieur. Avete già deciso il menù?”
“Io vorrei una bistecca al sangue con contorno di patate novelle aromatizzate all’aceto balsamico” affermò Francois, guardando con diffidenza il menù “E tu, amore?”
Evelyn rabbrividì e il cameriere non potè fare a meno di domandarle “Signora, si sente bene?”
La donna lo guardò come se fosse la sua ancora di salvezza e poi sospirò dicendo “Sto bene, è solo un giramento di testa dovuto al fatto che non mangio da stamattina…” guardò e decise “Io vorrei una zuppa di cereali, per favore”.
“I signori saranno subito serviti”
Il cameriere se ne andò ed Evelyn cominciò a rabbrividire. Francois la guardò incazzato, ma non si arrischiò a dire nulla per evitare di attirare troppo l’attenzione su di sé, era pur sempre un manager di alto livello e non poteva assolutamente sfigurare di fronte a una clientela prestigiosa, doveva darsi un contegno. Furono serviti in men che non si dica e l’uomo disse in tono mellifluo “E poi non dire che non ti penso”
Evelyn annuì e assaporò la zuppa di cereali, lasciandosi trasportare dalla musica e riconoscendo le note. Era The Familiar Taste of Poison, la canzone degli Halestorm che rappresentava una storia d’amore malata, la storia di una donna che si accorgeva che lui non era buono per lei ma nel contempo non poteva farne a meno, il suo ritratto…
“I tell myself that,
you’re no good for me..”
Lui non era buono, non era affatto buono, era la malvagità sotto forma di uomo. Continuò a fissarla mentre mangiava ed Evelyn deglutì a vuoto. Si sentì circondata, non ebbe il coraggio di parlare, l’uomo le sorrise maligno e dopo se ne andarono via dal ristorante, lasciando una mancia generosa al cameriere, in modo tale da non insospettirlo e a farli credere che loro era una coppia normalissima e che avevano solo un diverbio tra coniugi. Niente d’importante.
Saliti in macchina, Francois mollò un manrovescio a Evelyn, la quale sbattè contro il finestrino “Mi hai fatto fare una figura di merda!”
“Mi dispiace…”
“Ti dispiace, sai solo dire mi dispiace. Patetica!”
Durante il tragitto, la canzone l’accompagnò e si riconobbe. Specialmente nel titolo “The Familiar Taste of Poison”, in altre parole il gusto familiare del veleno, un amore malato ma da cui non si poteva fare a meno, nel cui video si mostrava una donna uccisa e trovata all’interno di una fontana, una donna che sapeva che quello non era vero amore ma era solo ossessione, un’ossessione da cui non si poteva uscire.
Arrivati a casa, Francois la scaraventò sul divano, senza un motivo valido. La donna si rialzò a fatica e di nuovo altri schiaffi e percosse. Non c’era un motivo perché lo facesse, non era ubriaco, non avevano problemi di soldi o giudiziari, era una coppia ammirata da tutti e tutta questa violenza non se la spiegava.
Qualunque cosa lo facesse arrabbiare, c’era Evelyn che doveva subire tutto!
“Perché lo fai?”
“Perché le donne sono tutte puttane e tu ne fai parte”.
Evelyn sbiancò, pensando alla povera madre di Francois, una donna che aveva cercato di insegnare la parità tra uomo e donna e che si era resa conto che aveva partorito uno psicopatico, un uomo a cui non importava nulla dei diritti delle donne, costringendo la povera Isabelle ad allontanarsi e a troncare ogni rapporto, a rinchiudersi in un monastero e a pregare che un povero santo lo guarisse da quella rabbia incontrollata.
Nonostante gli sforzi della povera donna, non era successo il miracolo.
“Perché sei così? Isabelle non è stata una cattiva madre…”
Francois scoppiò a ridere maligno “Mia madre è una povera cretina, non mi è mai importato nulla dei suoi insegnamenti, la mia vera natura l’ho trovata in strada, laddove la dura legge ti insegnava cosa fosse giusto o no…”
Difatti Evelyn aveva saputo da sua suocera che Francois da adolescente le aveva dato troppi pensieri, un adolescente ribelle e violento, il quale sperperava tutti i soldi della paghetta in sigarette e corse clandestine con la moto, una violenza che era dentro di lui da sempre e che era stata ampliata grazie alla frequentazione di cattive compagnie, compagnie che lo avevano portato verso un periodo detentivo in un carcere minorile, un periodo laddove si era sperato che lui fosse cambiato e si era cercato di introdurlo nel mondo del lavoro, per trovargli un impiego che incanalasse la sua rabbia.
Quando aveva conosciuto Evelyn, Isabelle aveva sperato che Francois cambiasse, che quella donna americana, tanto dolce quanto remissiva, potesse operare il miracolo e cancellasse tutta la rabbia e l’odio ingiustificato.
Non era successo nulla di tutto questo.
Era stato in cura da uno psichiatra, il quale gli aveva prescritto dei psicofarmaci che potessero controllare l’umore e gli scatti d’ira e puntualmente le medicine venivano buttate nel gabinetto e attivato lo scarico, affermando che lui non era malato e che tutta la rabbia e la violenza lo rendevano vitale e per questo non aveva bisogno di tutto questo, che non aveva bisogno di diventare remissivo ovvero un pappamolla.
Evelyn si era ribellata a tutto questo ed era finita in ospedale per un mese e mezzo, un lasso di tempo dove lui aveva finto di fare il marito caritatevole, una maschera che indossava per non destare sospetti.
“Oggi ho voglia di picchiarti”
Da qualche parte sopraggiunsero le note di “Addicted” di Kelly Clarkson e la donna si riconobbe anche in questa canzone, un amore che soffocava, un uomo che aveva le parvenze di un demone, un amore dal quale fuggire e nello stesso tempo era una droga da cui non si poteva fare a meno.
Molte sue amiche le avevano dato della masochista per il fatto che avesse deciso di restare con lui e lei sapeva che avevano ragione ma non riusciva a liberarsi…
“Per favore…”
“Preferisci…?”
La donna scansò una bastonata al fianco destro e scappò in cucina, sprangando la porta ed evitando che lui potesse entrare. L’uomo colpì a calci e pugni la porta, urlando e strepitando ed Evelyn intuì con orrore che quella sarebbe stata la sua ultima notte, in quanto l’obiettivo finale di Francois era quella di distruggerla e non si sarebbe fermato fino a quando non avesse raggiunto il suo scopo, fino a quando non l’avesse uccisa.
L’aveva picchiata, l’aveva malmenata in tutte le maniere ma si era sempre fermato, oggi non lo stava facendo…
E poi ci sarebbe stata un’altra donna su cui sfogare la rabbia repressa…
Dentro di sé maturò la decisione che dovesse impedirlo, la storia dovesse finire qui, per evitare che un’altra povera donna potesse prendere il suo posto. Prese in tempo un coltello da cucina da venticinque centimetri e la porta fu divelta con un calcio. Quando l’uomo la vide con il coltello, scoppiò in una risata di scherno “Tu con un coltello? Ma se hai paura perfino di schiacciare una mosca!”
Evelyn strinse compulsivamente il coltello e dopo con un coraggio non da lei si scagliò contro di lui e gli assestò un unico fendente al cuore, un fendente che trapassò lo sterno fino ad arrivare ai polmoni. L’uomo non reagì, in quanto rimase lì a ghignare e a sostenere quanto lei non fosse capace di tale gesto.
La donna lasciò cadere il coltello, stupefatta di quello che aveva appena fatto e prese il telefono, sussurrando all’operatore della polizia che aveva risposto “Venite ad arrestarmi”
Poi aprì la credenza e prese un barattolo di miele, mangiandone grandi cucchiaiate. Il sangue di Francois coprì le piastrelle di marmo bianco e la dolcezza del miele stemperò per un attimo l’amarezza di una vita passata a soffrire e avere paura. 

 
  
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