Serie TV > Il Trono di Spade/Game of Thrones
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Autore: Stella94    08/02/2016    4 recensioni
Dal testo:
"Era il Lord Comandante dei guardiani della notte, un uomo fatto con il corpo frastagliato da cicatrici frutto di numerose e cruente battaglie. Ma con le donne non era mai stato bravo.
Erano un mondo complicato, fuori dal comune. Potevano darti tutto anche con un sorriso, negarti la vita con il prezzo di un bacio.
Sansa poi era sempre stata quella più difficile da capire, e il suo universo di pizzi, merletti e cantate un’idea imperscrutabile, che di per certo non era mai stato in grado di allettarlo. Ma l’aveva sempre vista, e sempre si era sforzato di dimostrarle che essere un bastardo valeva quanto essere un fratello. Forse solo ora lo aveva capito."
Genere: Introspettivo, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Jon Snow, Sansa Stark
Note: nessuna | Avvertimenti: Incest
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(NDA) Ho immaginato cosa sarebbe successo se Sansa fosse scappata dalle grinfie di Ramsay per rifugiarsi al Castello Nero, dove Jon, Lord Comandante dei Guardiani della Notte, è pronto a proteggerla.
 
 
 
 
 
"Tu mi hai rapito il cuore, o mia sorella, sposa mia.
Tu mi hai rapito il cuore con uno solo dei tuoi sguardi,
Con uno solo dei monili del tuo collo."

(Cantico dei Cantici, capitolo 4)
 
 
 
  
                                                                   
              
                                                                 CERTE COSE OSCURE
 


Era nel bel mezzo di un incubo quando percepì l’odore di Spettro penetrargli nelle narici fino a fargli aprire gli occhi. Il meta-lupo era accucciato con la testa sopra il materasso, una zampa aperta contro le lenzuola attorcigliate intorno al suo corpo ancora tremante.
Gli occhi rossi dell’animale guizzavano come rubini liquefatti nella semioscurità della stanza. Erano vigili ed imploranti, le zanne per metà spalancate sembravo suggergli quanto si fosse affaticato prima di riuscire a destarlo dal suo sonno inquieto.
Jon allungò un braccio sfiorandogli la testa. Il pelo di Spettro era morbido e caldo al contatto con le dita, un tocco sicuro, quasi un balsamo dopo i turbamenti del suo inconscio.
─Cosa c’è? Senti qualcosa?
Il meta- lupo si agitò contro il letto. Si mise diritto sopra le imponenti zampe, spinse con il muso il suo braccio sollevandolo di poco, poi con una scattante rotazione si avviò verso la porta, grattando con gli artigli lungo il telaio cedevole.
─Ma che ti prende?
Jon era confuso mentre si metteva a sedere sul materasso. Era pressoché nudo, con una leggera camiciola bianca e un paio di pantaloni sgualciti, leggeri, comodi per allungarsi con agio sotto le coperte pesanti. Si strofinò la faccia con le dita, Spettro ringhiava agitandosi come impazzito.
−Ho capito, vuoi che ti segua.
Anche se ne ignorava il motivo, Jon scese dal letto con aria sospettosa e un leggero senso di panico che lo mise in allerta. Afferrò la sua spada appoggiata delicatamente contro il muro accanto al caminetto ormai spento, e decise di rimanere scalzo, sicuro di rendere maggiormente felpato il suo passo già di per se discreto.
Raramente Spettro osava svegliarlo di notte. Era sempre stato autonomo e abbastanza intelligente da provvedere alle sue necessità senza dovergli chiedere aiuto. Inoltre il meta-lupo sembrava agitato, ansioso. Quando fece scattare la serratura della porta si precipitò lungo il corridoio veloce quanto una tempesta , lasciandolo al buio, in silenzio, ad ascoltare il rumore del suo respiro sempre più irregolare.
Jon si fece avanti senza indugi. Il Castello Nero sembrava assorbire le tenebre nelle notti gelide.
Le poche torce lasciate accese alle pareti, proiettavano ombre oblunghe, tremanti, rostri acuminati lungo la pietra viva della fortezza. Aveva imparato a conoscere quei luoghi, quasi quanto quelli più familiari e rimpianti di Grande Inverno. Non c’erano angoli o spazi vuoti che gli fossero sconosciuti, nè ostacoli improvvisi che non riuscisse ad evitare.
Si fece largo tra i corridoi stretti e deserti, Spettro che lo precedeva a passo spedito, una macchia bianca nelle fitte ombre. Teneva Lungo artiglio stretta in un pugno, le orecchie pronte a captare l’arrivo di qualsiasi minaccia.
Ma nulla di particolarmente inquietante sembrava turbare la quiete di quella notte scossa dai tumulti di una nuova tempesta gelida. C’era silenzio intorno a lui, bisbigli smorzati dei suoi confratelli accucciati nei letti poco confortevoli e attempati. Prese un respiro assottigliando la vista.
Fu allora che la vide. Una presenza ben definita, distesa, forse accucciata, tremante contro una parete come se fosse stata abbandonata.
Sembrava una figura oscura, soffocata dalle ombre che non riusciva a sopraffare. Gemeva, Jon si rese conto, un pianto timido di pura rassegnazione. Tenne la spada ben tesa lungo il corpo e temerario si avvicinò a quella presenza che Spettro aveva già raggiunto. Il meta- lupo stava accucciato contro la figura che adesso aveva preso a muoversi. La luce di una torcia riuscì a colpirle una parte del viso.
Jon respirò di sollievo. Sansa. Solo Sansa. La piccola e fragile Sansa. La sua Sansa.
Si affrettò sinceramente preoccupato. Lasciò la presa su Lungo artiglio, e l’acciaio valyriano della spada piombò a terra in un tonfo sordo, un raschiante rimbombo tra le mura sibilanti e annose.
Sansa alzò lo sguardo su di lui, era sconvolta proprio come aveva sospettato. La chiamò quasi a destarla dal suo sonno di incubi e terrore. Lei represse un gemito e nascose la testa tra le gambe piegate contro il petto.
Jon fu costretto ad inginocchiarsi e da quella posizione poté vedere ogni cosa. Le lacrime che le avevano inzuppato le dita, il candore della sua pelle di latte, i lunghi capelli rossi che restavano accesi e fluenti anche nelle tenebre più fitte, le sue gambe delicate lasciate scoperte dalla vestaglia leggera che indossava. Bellissima come una visione. Jon poteva solo arrendersi ad una consapevolezza simile.
−Che ci fai qui, Sansa? ─Le chiese con un tono un po’ troppo duro, dettato dal turbamento ─Perché te ne vai in giro tutta sola nel cuore della notte?
La ragazza tirò su col naso costringendosi a rimanere ferma. Alzò leggermente la testa e Jon si ritrovò subito immerso nei suoi occhi blu e profondi.
C’era stato un breve periodo nella sua vita in cui aveva dimenticato quel colore. Da bambino si era ritrovato ad ammirarlo spesso, così come quello più aspro e impenetrabile di Arya. Lo sguardo di Sansa però aveva sempre avuto un effetto diverso su di lui. Osservare Arya era come ammirare una parte nascosta di se stesso, un frammento del suo spirito che gli aveva concesso, uno specchio in cui la sua immagine era semplicemente più acerba, incontenibile. Ma le iridi di Sansa erano acciaio e ghiaccio. Sapevano essere micidiali come una lama e gentili quanto il tocco di una piuma delicata.
Provava un certo imbarazzo ad osservarla, perché in Sansa aveva sempre letto quella verità dalla quale lui stesso si era sempre sforzato di fuggire. Ma scoprì che ora  c’era solo terrore in quello sguardo sperduto, ma la bellezza era rimasta immutata. Zaffiri liquefatti che tramavano alla luce delle stelle.
─Ho avuto in incubo ─ Spiegò con un tono gracile ─Ero venuta a cercarti ma mi sono persa. Non riuscivo più a tornare indietro e non sapevo dove fossi.
Jon allungò un braccio deciso a donarle conforto, ma lo ritirò subito indietro. Arya, con lei sarebbe stato più semplice. Avrebbe abbracciato Arya, ma non Sansa.
─Sai che è pericoloso ─La ammonì ma senza rancore ─Non puoi andartene in giro per il Castello Nero tutta da sola. Te l’ho spiegato, Sansa. Devi avere pazienza.
─Lui non va via, Jon. ─ Si impuntò la ragazza aggrottando la fronte pallida ─Lui non va mai  via!
A quel punto qualcosa in lui fu più forte della paura stessa. Le dita si mossero da sole, come spinte da fili invisibili tirate da un burattinaio determinato nel spazzare via ogni incertezza. Fu così che si ritrovò a sfiorare i suoi capelli, le ciocche morbide e ramate come i più belli dei tramonti che avesse mai visto.
Ygritte, oh anche lei li aveva rossi quei capelli. Rossi come il peccato e il sangue dei suoi confratelli che aveva fatto versare. Rossi come il desiderio, rossi come l’alba in un cielo acerbo ancora macchiato dalle tenebre.
Ma quel rosso si era spento, Jon lo ricordava. Quel rosso non aveva brillato nell’oscurità né spiccato nei suoi inconfessabili sogni, che lo facevano sudare fino a togliergli il respiro.
Ora lo vedeva come doveva essere. Pieno di vita, delicato ma fiero di mostrarsi, con la consapevolezza di non avere eguali. Eccolo quel rosso. Il rosso di Sansa, una stella soffocata dalle ombre, ma pur sempre una stella.
Le poggiò una ciocca dietro l’orecchio. Nel sfiorarle il viso Jon poté constatare quando fosse umido di lacrime, la guancia soffice e calda al contatto con le sue dita.
Sansa lo stava guardando, ma si scoprì più avventato di quanto avesse immaginato.
Era il Lord Comandante dei  guardiani della notte, un uomo fatto con il corpo frastagliato da cicatrici frutto di numerose e cruente battaglie. Ma con le donne non era mai stato bravo.
Erano un mondo complicato, fuori dal comune. Potevano darti tutto anche con un sorriso, negarti la vita con il prezzo di un bacio.
Sansa poi era sempre stata quella più difficile da capire, e il suo universo di pizzi, merletti e cantate un’idea imperscrutabile, che di per certo non era mai stato in grado di allettarlo. Ma l’aveva sempre vista, e sempre si era sforzato di dimostrarle che essere un bastardo valeva quanto essere un fratello. Forse solo ora lo aveva capito.
Quando in lacrime e piena di incertezze aveva urlato il suo nome a gran voce fuori dai cancelli del Castello Nero. Quel girono Jon conobbe nei suoi occhi l’amore, la gratitudine, il sollievo e la gioia di quando era un bambino, ed ogni suo pensiero era un pensiero innocente. Quel giorno si sentì a casa dopo tanto tempo e non poté negarle nulla. Era con lui adesso.
─E’ tutto finito ─Le disse appoggiandole una mano sul viso, il pollice che finì con il sfiorarle un angolo della bocca ─Nessuno ti farà più del male. Te lo giuro.
Le percorse le labbra con un dito, le vide piegarle leggermente sotto la sua pressione. Morbide, ma allettantemente turgide, linee sinuose , quasi troppo perfette. Si chiese se avessero lo stesso sapore di quelle di Ygritte ma non riuscì a capirne il motivo.
C’era un velo davanti al suo sguardo, ora Sansa gli appariva quasi come un sogno. Sbatté le palpebre e il velo si dissolse. Incatenato dai suoi indicibili desideri, tirò via la mano piegandola verso il petto.
La ragazza non sembrava più rincuorata ma aveva smesso di singhiozzare e le lacrime si stavano asciugando sul suo viso pallido. Jon avrebbe voluto scacciare via ogni suo pensiero, avrebbe voluto poter cancellare tutto. Esisteva una magia, anche oscura, capace di farlo? Sarebbe stato più semplice , ma certe cicatrici rimangono e basta, con tutto il loro dolore, eternamente aperte.
Si rimise in piedi lanciando un’occhiata a Spettro appollaiato accanto a loro. Mentalmente si annotò di doverlo ringraziare.
─Ti riaccompagno nella tua stanza.
Disse,  ma a quel punto la ragazza scattò all’improvviso come se fosse stata punta da un moscone micidiale. Con un slancio fece pressione sulle gambe e gli arrivò addosso, affondando il viso sopra la sua spalla, circondandolo con le braccia tanto forte da farlo paralizzare, come sconvolto.
Era profumata Sansa, e il suo corpo un dolce approdo di invitanti curve e forme perfette. Trattenne il respiro. Non un solo passo.
─Ti prego non portarmi nella mia stanza ─Gli soffiò sul collo mandandogli i brividi ─Non voglio stare da sola. L’ho fatto per troppo tempo. Tienimi con te. Solo per questa notte.
Per un attimo la sua mente fu vuota e ogni altro pensiero solo fumo.
Sapeva che non poteva farla aspettare troppo. Jon sentiva il cuore di Sansa rombargli contro il costato, il suo fiato caldo solleticargli il collo, le mani sottili strette ai bordi della camicia, come determinata a non lasciarlo andare fino a quando non le avrebbe dato ciò che apparentemente desiderava più di ogni altra cosa.
Si arrese. Volle arrendersi. Forse troppo in fretta. Forse non poteva fare altrimenti.
─Una notte soltanto.
Le concesse, perché dire sì e basta non era qualcosa che avrebbe fatto un Lord Comandante. Non era qualcosa che avrebbe fatto un fratello.
La ragazza alzò il viso, l’ombra di un pallido sorriso rese il suo sguardo più prezioso.
La osservò solo per un breve secondo, non potette concedersi altro. Le afferrò una mano prima di guardarsi intorno. I corridoi del Castello Nero sembrano possedere più occhi di quelli che aveva immaginato.
Si fidava di coloro con i quali condivideva i pasti, il sonno, le battaglie e la fame, ma c’era qualcosa in lui che lo faceva sentire come se dovesse essere il primo a giudicare se stesso.
La condusse nelle tenebre stando bene attento a tenere la presa salda sulle sue dita. Per tutto il tragitto Sansa non disse altro, ma poteva percepire il suo fiato corto, l’angoscia che era l’artiglio di un’ombra sul suo viso afflitto.
La porta della sua stanza cigolò quando la aprì. Spettro fu il primo ad entrare.
Il meta-lupo albino si acciambellò davanti al camino ancora acceso e subito chiuse gli occhi, quasi non aspettasse altro. Le candele erano rimaste spente e l’ambiente era tenuamente illuminato dalle braci del focolare, chiazze rosse sopra le pareti di pietra viva.
A Jon quella stanza apparve improvvisamente troppo piccola, esposta, sbagliata nella posizione e perfino nel tempo.
Sansa non c’era mai stata e la scrutò guardarsi intorno incuriosita con una mano sul petto. La tenue luce del fuoco donava riflessi dorati ai suoi capelli vermigli, negli occhi invece accendeva delle stelle, che lui rimase ad osservare per parecchio tempo e ne fu rapito a tal punto da dimenticare che aveva ancora la mano stretta nella sua e che forse sarebbe stato meglio lasciarla.
Tuttavia fu Sansa a sciogliere la presa per prima e di questo Jon le fu grato. La ragazza mosse qualche passo impreciso, osservò il soffitto d’ombre e il grande letto disfatto al centro della stanza. Le parve quasi sperduta.
Si sfregò le mani sulle braccia e a quel punto Jon ricordò che forse doveva sentire freddo.
─Stai congelando. Mettiti sotto le lenzuola.
La vide annuire lievemente, ma in quel gioco di oscurità e luce era difficile capire cosa ci fosse impresso davvero nel suo sguardo. La ragazza raggiunse il letto un po’ barcollando, fissò qualche secondo le coperte, come improvvisamente indecisa, prima di scostarle per sedersi sul materasso comodo di piume emettendo un lungo sospiro, libera.
Dei! Sembrava così sbagliato. Jon potè avvertire il suo cuore accelerare il battito. Neppure da bambini avevano mai condiviso lo stesso letto. Sansa era sempre stata scostante, fredda. 
Di giochi insieme ne avevano fatti, ma lei si stancava ogni volta troppo in fretta e doveva stare costantemente attento a non rovinarle i vestiti, a trattarla come una signora nobile, sfiorandola senza mai pretendere troppo.
L’aveva vista come una bambola e dopo un po’ giocare con lei non era stato neppure divertente.  Faceva il bagno con Arya e andava a caccia con Robb, ma Sansa era sempre stata quel no chiaro e indiscutibile, incomprensibile da accettare. Si sentiva uno stupido.
C’era un legame di sangue tra di loro, ed era diventato ancora più forte nel momento in cui era stata proprio lei a tenderle la mano.
Non doveva provare timore nel starle accanto, ma compiacersi dell’idea di poterla stringere dopo aver temuto che gli sarebbe stato impossibile farlo ancora.
Tuttavia quell’idea era affilata e minacciosa. Lucida e splendente, quasi una daga micidiale e sfarzosa, ma insidiosa,  una trappola che non sapeva sviare.
─Non vieni anche tu?
Jon si riscosse dai suoi pensieri scrollando lievemente la testa.
─Si.
Rispose soltanto, un po’ impreciso, timoroso. La raggiunse in pochi passi e lì, di fronte a lei, stretta sotto le lenzuola con i capelli di tramonto sparsi sul cuscino, la studiò incantato, perdendosi in quelle curve tanto familiari che lo commuovevano di nostalgia e rimpianti. Sansa era un ricordo prezioso.
Si liberò della sua camiciola e per un attimo giurò di averla vista trattenere il fiato. Quando scostò le lenzuola per farsi spazio sul materasso, Sansa si fece da parte e lui si adagiò dolcemente, indeciso su dove posizionarsi, se fosse giusto osare o rimanere in silenzio.
Eccolo il suo profumo. Lo investì quasi subito e non tentò neppure di opporsi. Ne era completamente assuefatto. Coperti da strati di pelliccia e lana, l’intera realtà sembrava più piccola, e in quello spazio stretto, intimo e protetto, Jon ne fu certo, si sentì nuovamente a casa.
C’era calore, cose belle da guardare, il mondo lontano, oltre la finestra, e il suono di un familiare respiro che si confondeva con il suo. Forse stava ancora sognando.
Sansa lo guardava con la testa inclinata sopra il cuscino. Il suo viso adesso era completamente avvolto nell’ombra ma Jon ne distingueva comunque i contorni. Non c’era qualcosa che davvero riuscisse a spegnere la sua bellezza.
Scoprì che gli piaceva seguire le linee dei suoi zigomi, e contare quante sfumature avessero i suoi occhi repressi dall’oscurità. Le labbra leggermente schiuse diventavano più sottili quando di tanto in tanto gli faceva dono di un sorriso e dimenticava tutto il resto nel momento in cui la vedeva sbattere le palpebre.
“E’ mia sorella. È mia sorella.”
I pensieri si soprapponevano troppo in fretta per occuparsene con ordine e trovarne un senso. Voleva poterli spegnere ma ne aveva bisogno.
Si chiese se anche a Sansa stava succedendo lo stesso. Dalla sua espressione sembrava aver trovato qualcosa che cercava da tempo. Se aveva avuto degli incubi, nei suoi occhi splendenti ora erano del tutto scomparsi. Se aveva avuto paura non c’era più segno di angoscia nel suo sguardo rilassato, confortante, dolce.
Non se ne preoccupò quando la vide allungare un braccio fino a sfiorarlo con cura, le sue dita leggeri tocchi timidi che gli mandarono subito i brividi. Con l’indice la ragazza seguì i contorni di alcune sue cicatrici, quella lunga sul fianco destro, una un po’ più frastagliata, irregolare accanto al ventre.
Steso di fonte a lei rimase a guardare e basta, facendosi molte domande, trovando più dubbi che risposte. Rimuginando su quanto tempo fosse passato dall’ultima volta che una donna aveva avuto modo di toccarlo, scoprendo che, dopotutto, gli era mancato.
Scrutarla nell’ombra fu un’esperienza sorprendente. Non erano delle vere e proprio carezze quelle di Sansa, ma uno strano modo di studiare i suoi contorni tracciandoli con le dita. Forse avrebbe dovuto dirle di smetterla e  di mettersi a dormire, ma adesso la sua mano era giunta al centro del petto e si era allargata. Trattenne un gemito, non osava chiudere gli occhi.
─Ti hanno fatto male?
Gli chiese con un tono seriamente preoccupato.
─Cosa?
─Le cicatrici. Ti hanno fatto male?
Jon sospirò ─Alcune più di altre. Ma mi ricordano chi sono, cosa ho scelto e ciò che ho fatto per arrivarci.
─Sei arrivato lontano, Jon Snow ─Dichiarò con l’ombra di un debole sorriso compiaciuto sul viso ─Avrei voluto poter dire lo stesso di me.
Jon le prese la mano che ancora teneva ferma sul suo petto. La strinse come una certezza, e se la portò alle labbra baciandole le dita, indugiando sopra quella pelle di luna.
─Tu sei arrivata qui, adesso. Da Approdo del Re. Non ti sembra di aver fatto un lungo cammino?
Le sorrise debolmente e Jon seppe di aver scacciato almeno una briciola di quella sua inquietudine che l’avevano resa quella Sansa che a lui piaceva un po’ di più.
Allargò le braccia e la racchiuse dolcemente in una stretta calorosa che forse doveva sembrare uno strano modo di scambiarsi affetto fraterno.
Ma non importava più ormai. Aveva sentito la sua pelle fredda al contatto con il corpo, la tensione sciogliersi del tutto nel momento in cui Sansa aveva appoggiato la testa sul suo petto.
Dovette chiudere gli occhi e concentrarsi sui ricordi per fare in modo che il presente fosse più reale, distintamente tangibile.
Sentì il respiro di Sansa infrangersi contro il suo collo, avvertì con un certo stupore il suo totale abbandono e un suono ripetuto, insistente. Forse era solo il suo cuore, o forse il cuore di Sansa. Non seppe distinguerlo. In qualche modo voleva solo che arrivasse il sonno e combatteva contro il desiderio di rimanere ancora sveglio.
Era inevitabile. Sentiva tutto. La morbidezza dei fianchi che si modellavano al passaggio delle sue dita, i seni pieni e soffici che gli premevano contro, una gamba incastrata sotto la sua, le labbra sulla pelle che si aprivano come un invito. Sansa. Nata dal tramonto in una culla fortificata da ghiaccio e neve.
Sansa.
La bella Sansa. L’irraggiungibile e cortese. La Sansa delle cantate e dei sogni, di seta pregiata e satin grazioso. Sansa dalle parole dolci e dai modi gentili. Sansa su di lui, nei suoi tormenti, nelle sue perdute reminescenze.
Sansa. L’unica che era tornata e l’unica che ancora toccava. Sansa dentro i suoi pensieri, Sansa che si muoveva cercando un contatto più profondo. Sansa. Sansa….
Sansa che alzò il viso fino a raggiungere il suo orecchio destro. Per un attimo ci soffiò soltanto facendolo rabbrividire, poi il soffio si trasformò in un sussurro di parole che lo accesero di fuoco.
─Ti sento, Jon.
Gli disse soltanto e lui rabbrividì ma non mollò la presa. La scrutò, colto sul fatto e colpevole, pieno di vergogna e impercettibile timore.
“Perdonami, padre. Perdonami.”
Restò con la bocca chiusa sperando che lei potesse dire tutto il resto.
Ma anche Sansa aveva perso la parole, il suo viso impassibile celato da un velo di imbarazzo.
Sapeva di volerla, ne era fin troppo cosciente. Nello stesso modo in cui avrebbe desiderato una cosa oscura.
─Dormi, Sansa. Dormi.
E così fece. Raggomitolata contro di lui, con il velo di un sorriso a renderla ancora più dolce. Forse continuò a sentirlo, e Jon doveva fare in modo che non accadesse. Ma lei gli apparteneva, era venuta da lui.
Il sonno non tardò ad arrivare.

 
 

 
                                                                                                                                                            FINE.
 
 
 
 
 
 
Grazie ragazzi per essere arrivati sino a qui. Spero che questa shoot vi sia piaciuta tanto quanto è piaciuta a e scriverla. Se vi fa piacere farlo, fatemi sapere cosa ne pensate, quali sono state le vostre impressioni, mi renderebbe davvero felice.
Grazie ancora a tutti!

 
 
 
 
 
   
 
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