A Mimi,
Perché ci abbiam creduto fino alla fine
Nel Mimato e ci crederemo
[sempre ù_ù].
Auguroni.
<3
…:Return:…
“Ti
sento
E parlo
di profumo
T'infili
in un pensiero
E non lo
molli mai
Io ti
sento
Al punto
che disturbi
Al punto
che è già tardi
Rimani
quanto vuoi…”
[“Ti
sento”, Ligabue]
È una luce calda e avvolgente quella che disturba il suo
sonno.
L’aria odora un po’ di chiuso, di pelle e passione, di
smog misto alla frizzante brezza del primo mattino, che spira leggera fra i
grattacieli di quella grande – immensa
– città.
Mimi mugugna qualcosa di indefinito ancora assonnata,
sprofondando sotto le candide lenzuola – vuote
e gelide - che la avvolgono a malapena.
Sente la lunga chioma accarezzarle le spalle morbide e
setose – nude – dondolando al ritmo
del leggero venticello, che le lambisce il volto e la spalla che sfugge al
leggero velo del lenzuolo; rabbrividisce, passandosi una mano sulla parte
infreddolita del corpo lievemente, con la vaga intenzione di riscaldarla.
Dovrebbe alzarsi per prendere la coperta che, come sempre,
sarà finita a terra a causa del suo solito sonno irrequieto. Ma quello stato di
dormiveglia è così dolce e privo di preoccupazioni che abbandonarlo le pare
quasi una pazzia, un oltraggio al buonsenso umano.
Quindi accomoda nuovamente la testa sul cuscino, mentre
quella brezza fresca continua a lambirle il corpo discinto, importunandola. E
nello stato catatonico, Mimi pensa che ucciderà la mente brillante che ha
pensato di spalancare la finestrella di fianco al suo letto all’alba.
È un tonfo sordo ad interrompere il suo stato di
beatitudine, proveniente probabilmente dal corridoio, seguito da una
imprecazione sibilata con tono irritato.
-“Merda…”-
Una voce roca, bassa, sexy… maschile. A giudicare dal
tono, doveva essere sveglio da poco pure lui.
Ma chi…?
Mimi si sforza di aprire gli occhi, e la luce calda e
soffusa che trapela dalle veneziane appena sollevate le ferisce gli occhi
d’ambra con accecante violenza.
Si abitua lentamente al sole, che con i suoi primi raggi
illumina la sua stanza, rivelandone l’estremo disordine. Del resto, da quando
viveva da sola in quell’appartamentino in centro, il tempo di fare le pulizie
lo aveva assai raramente – e la voglia di farle era ancora più scarsa, a dire
il vero.
La prima cosa che il suo minuzioso sguardo da gattina
infastidita fulmina è la finestra bellamente spalancata poco lontana da lei,
dalla quale il frenetico frastuono di clacson si insinua prepotente, riempiendo
la sua stanza già dalle prime ore dell’alba.
Velocemente, i suoi occhi si spostano sulla scrivania,
studiando il profilo dei suoi eleganti e un po’ pacchiani mobili da “Barbie” –
come li apostrofa sempre lui, con
quel suo insopportabile fare saccente. Ed eccola lì, a proposito, la sua chitarra, appoggiata alla parete fra
lo specchio e la scrivania, avvolta in quell’ingombrante custodia nera che lo
rappresenta anche un po’.
Sempre cupo, sempre scuro, sempre avvolto da quell’alone
di impenetrabile distanza.
Sempre rude e freddo all’apparenza, ma maledettamente
sensuale e magnetico dentro.
Sempre così dannatamente lui.
Yamato Ishida.
O semplicemente, Matt.
Adesso che ci pensa, quel profumo forte e sensuale che
aleggia vago nell’aria della camera, è proprio il suo.
Ma ora che ci pensa ancora di più, ricorda anche che quei marchi violacei che intravede sulla
sua spalla e sul suo petto glieli deve aver fatti lui – come ogni volta.
E pensandoci ancora meglio, può sentire ancora le coperte
calde dietro di sé, e un lieve formicolio sul fianco destro, arroventato da una
scia più calda – dove il suo braccio
forte ma elegante l’ha cinta per tutta la notte.
Ma… forse è ora di smettere di pensare.
Perché pensare la porterà a ricordare che quel brusio
irritante che sente provenire dal salottino altro non è che Matt, col suo
brusco modo di fare le valigie che un po’ stona sul suo aspetto da principino
del reame.
Il suo svaligiare burbero le ricorda che probabilmente ha
fretta, fretta di tornare in Giappone, fretta di tornare da Sora… ma basta pensare, insomma, Mimi.
Perché il tuo pensare è sempre direttamente proporzionale
al tuo sognare ad occhi aperti, e sai che sognare su Matt Ishida
ti ferirà ancora, come ti ha già ferito tutte le altre volte – a morte.
Ed è proprio la sua figura ad interrompere i suoi pensieri
– che si era ripromessa di non fare, oltretutto.
Alto, fisico snello ma ben scolpito, capelli scompigliati
di quel biondo così bello che fa quasi paura, buon gusto in fatto di vestiario,
cantante e musicista terribilmente bravo e affascinante.
Si insinua come sempre nei suoi pensieri, interrompendoli,
scuotendole l’anima nel profondo, causandole un’accelerazione cardiaca che non
aveva mai provato prima di allora – prima di tutto quello.
E quand’era iniziato quello?
Difficile a dirsi. Difficile a ricordarsi. Troppo
tempo prima, comunque.
Matt si china verso la chitarra, raccogliendola e
coricandosela in spalla con un sospiro. Nel farlo, si volta verso il letto,
incontrando gli occhi inaspettatamente spalancati di Mimi.
-“Ah… sei sveglia.”- le sussurra, con voce roca e
suadente, avvicinandosi leggermente al letto.
-“Già…”- sospira lei, stringendosi nelle lenzuola
imbarazzata – assurdo, considerando tutto
quello fatto la notte precedente, tutto quello visto e sentito in quel
groviglio informe di coperte candide.
Mimi si scosta una ciocca di capelli ondulati,
portandosela dietro l’orecchio, in un gesto che semplicemente sconvolge Matt,
spingendolo ad avviarsi verso la porta con scatto repentino, lasciandola senza
parole.
-“Scappa, scappa.”- lo sbeffeggia lei, con tono risentito
e pieno di dolore.
Matt si ferma sullo stipite della porta, affondando con
forza la mano sul legno, che scricchiola sotto quella pressione.
Abbandona la chitarra a terra con un pesante tonfo, per
poi voltarsi e raggiungere a grandi falcate il letto a baldacchino al centro
della stanza. Vi si fionda, cingendo Mimi da dietro e trascinandola contro il
proprio petto, stringendola in un abbraccio carico di passione e struggimento.
-“Questo è dannatamente sbagliato e tu lo sai, Mimi. Io
non dovrei essere qui, noi non dovremmo essere qui insieme, non sullo stesso letto. Tu non dovresti essere mia, e io
non dovrei essere tuo… questo non…”-
-“E allora vattene, coraggio. Vattene come fai ogni volta.
Perché torni sempre indietro…”- protesta lei, con voce strozzata dal pianto,
che si accumula sul suo petto sofferente portandolo al limite, vicino alla
frattura. –“…vattene, maledetto codardo.”-
-“Io ti sto usando Mimi, ti sto usando e tu non fai nulla
per impedirmelo. E il peggio è che non ne capisco la ragione, non so da dove
nasca questo mio bisogno di… te. E sei arrabbiata con me, e fai bene. Ma perché
mi apri sempre quella porta ogni volta che arrivo a New York? Sbattimela in
faccia, quella fottuta porta, Mimi. Fallo.”- la istiga Matt, sibilandole quelle
parole sferzanti all’orecchio, con tono sconvolto e scosso, ma carico di
sentimenti forti repressi.
-“Bel consiglio, Matt. La prossima volta cercherò di
seguirlo, visto che sembra così facile.”- commenta lei sarcastica, liberandosi
con grande fatica di quel braccio caldo e possente che la stringe a quel petto
che aveva baciato per notti intere. –“Ti lascerò fottere al freddo di New York,
vedi di venire in inverno, magari.”-
-“Non mancherò. Me lo merito.”- le sussurra infine lui,
stampandole un dolce bacio sulla spalla morbida, per poi allontanarsi con passo
felpato.
-“…come se tu non avessi la chiave dell’appartamento.”-
sospira infine la ragazza, lasciandosi andare sul letto come un sacco di
patate, privo di vita e grazia.
-“Non la userei mai contro la tua volontà, Mimi.”-
-“...sicuro?”-
Ma a quella domanda, Matt non diede mai una risposta.
Mimi l’attese a lungo, ma udì solamente il rumore pesante
di valigie muoversi e la porta chiudersi con un colpo secco.
E poi la sua risatina isterica, che poi divenne divertita,
per finire rassegnata, e svanire in un mare di lacrime, confuse fra le lenzuola
e i suoi capelli serici da principessa sparsi su di esse.
Come tutte le volte
in cui se ne andava.
E, dopo nemmeno due mesi, la serratura della porta del suo
appartamento di New York scattò dall’esterno, aperto da una chiave.
-“Matt, ma questa
chiave da dove salta fuori?”-
-“Boh, non mi
ricordo, Sora.”-
-“Però è graziosa…
sembra quasi da donna! Sarà di tua madre?”-
-“Probabile. Senti
Sora… fra qualche giorno devo partire.”-
-“Per dove?”-
-“New York.”-
-“…capisco.”-
ab
*Angolo
di Luly*
Cara Mimi,
eccoti la Mimato che ti promisi molto tempo fa. ^__^
Non ne ho mai scritte, spero che sia venuto fuori qualcosa
di decente. ù_ù
So che ultimamente c’è tipo un oceano fra di noi, ma ci
tenevo davvero a scriverti questa cosuccia per il compleanno.
Oh, a proposito… buon compleanno! *O*
Mille di questi [bianchiH]
giorni!
Ti voglio bene,
Luly