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Autore: Roscoe24    13/02/2016    0 recensioni
"Devi promettermi che qualsiasi cosa ti sembrerà strana, mi chiamerai immediatamente. E io arriverò il prima possibile."
Era stato lui a dirglielo, quel giorno di sei anni fa quando si erano salutati.
"Promettimelo."
Lei aveva promesso, senza capire bene a cosa potesse riferirsi.
Genere: Generale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Bobby, Dean Winchester, Nuovo personaggio, Sam Winchester
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Settima stagione
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Sono in viaggio da qualche ora ormai. Sam e Dean hanno recuperato la macchina che avevano nascosto e il minore si è sistemato con Talia nel sedile posteriore. Tal dorme da quando sono partiti e Sam non ha smesso un attimo di assicurarsi che stia bene. Le ha medicato la fronte con l’occorrente che tengono nel borsone delle armi e ha tamponato tutte le ferite per fare in modo che smettessero di sanguinare. Ha potuto fare ben poco per i segni sul collo che non smette di guardare da quando sono in viaggio.
Dean, alla guida, nota quel particolare. Guarda Sammy dallo specchietto retrovisore che tiene la testa di Talia sulle gambe e le accarezza i capelli, come se volesse farle sentire la sua presenza, ma il suo sguardo non lascia un attimo il collo della ragazza, segnato da una riga violacea. Lo conosce abbastanza da capire che Sam si sta silenziosamente incolpando delle condizioni di Talia, pensando che probabilmente se lui avesse insistito di più, lei sarebbe rimasta a casa, al sicuro. Dean non ne è molto convinto, se deve essere onesto. Non conosce quella ragazza quanto la conosce Sam, ovviamente, ma una cosa l’ha capita: è piuttosto testarda. Si era messa in testa di andare con loro e nessuno le avrebbe fatto cambiare idea, nemmeno se Sam si fosse messo in ginocchio. Ciò non toglie che se potesse tornare indietro, legherebbe Tal a una sedia fino al loro ritorno. Almeno adesso lei non sarebbe ridotta in queste condizioni e suo fratello non avrebbe quell’espressione sofferente in viso.
Continua a guidare, in silenzio, guardando la macchina di Bobby davanti a loro. Periodicamente lancia un’occhiata a suo fratello che è teso come una corda di violino, gli guarda lo zigomo gonfio e il rivolo di sangue secco che parte dal sopracciglio rotto e arriva fino a sotto l’occhio. Quando arriveranno a casa dovrà mettergli almeno due punti.
“Sam, andrà tutto bene.” si trova a dire, di punto in bianco.
Sam porta lo sguardo su di lui e lo guarda con gli occhi colmi di sgomento.
“Ne sei sicuro? È ridotta così per colpa mia. La conoscono, Dean. Non è finita qui, capisci? Noi abbiamo così tanto lavoro da fare e lei non può starsene da sola, sanno chi è! Se la volessero tornare a prendere? Se le facessero del male, o la torturassero?” la sua voce si incrina e Dean può chiaramente notare dallo specchietto che un velo di lacrime ha riempito gli occhi di suo fratello. Sam le ricaccia prepotentemente indietro strizzando gli occhi un po’ più forte del dovuto.
“Ascolta, Sammy. Sanno chi è, è vero, ma chi lo sapeva è morto e anche se avesse dovuto dirlo a qualcuno, le troveremo un nascondiglio adeguato, ok? Quando tutto questo sarà finito, potrà tornare alla sua vita normale, ma fino ad allora starà nascosta al sicuro, lontana da tutto questo.”
“Sono ovunque, come faremo ad essere certi che sarà lontana abbastanza da essere al sicuro?”
“Bobby saprà come fare.”
Sam si trova ad annuire, senza convinzione. Porta lo sguardo su Talia e per un momento gli sembra così fragile, sotto le sue dita, che teme che solo accarezzandola possa romperla. La rivede per un attimo rannicchiata a quel muro che aspetta che lui – il finto lui – finisca di ferirla e nello stesso istante, rivive l’immagine di Talia ragazzina che, in lacrime, gli confessa l’inferno che è costretta a vivere tutti i giorni. Gli occhi arrossati dal pianto, la voce spezzata dallo sgomento, le guance rigate dalle lacrime e il corpo scosso da un tremito di angoscia e terrore. Era in momenti come quelli che lui la stringeva a se e le sussurrava che tutto si sarebbe sistemato, che sarebbero riusciti a dimostrare ciò che era costretta a subire dal proprio padre e che quell’uomo l’avrebbe pagata, in un modo o nell’altro. Lei si aggrappava a lui così forte che a volte Sam pensava potesse addirittura togliergli il respiro. Quel gesto era la tacita richiesta di aiuto che Talia gli rivolgeva quasi ogni sera, quando lui la riaccompagnava a casa e lei doveva fare i conti con ciò che l’aspettava. In una sera come quelle, dove il suo abbraccio era più forte del solito, Sam aveva deciso che se non potevano dimostrare come veniva trattata in casa propria, allora in quella casa non ci avrebbe proprio messo più piede.
Non si può andare avanti così, non possiamo continuare a lasciarti nelle sue mani pur sapendo quello che ti fa. Verrai a stare con noi.
Verrà a cercarmi, Sam.
Non mi interessa. Forza, andiamo via di qui.

Aveva rimesso in moto la macchina e si erano avviati verso quella che era casa sua e di Jessica. Ricorda benissimo che Jess non aveva battuto ciglio sulla questione, anzi, era quasi più convinta di lui che dovesse restare.
Era così spaventata, Talia. Una ragazza così giovane con delle cicatrici così profonde nell’anima che difficilmente l’avrebbero abbandonata. Un trauma marchiato a fuoco sul cuore dal suo stesso sangue, da colui che tecnicamente avrebbe dovuto amarla più della sua stessa vita, avrebbe dovuto rispettarla, avrebbe dovuto volerla vedere felice, da colui che semplicemente avrebbe dovuto volerla vedere crescere e starle accanto mentre lo faceva.
Talia non ha mai avuto niente di tutto questo.
Talia non ha mai avuto una madre e suo padre era un mostro.
Talia è diventata donna troppo presto, rinunciando alla spensieratezza tipica dell’infanzia perché doveva fare in conti con qualcosa di crudele come la realtà in cui viveva.
Tutto ciò gli fa pensare che Talia sembra fragile – così fragile da potersi frantumare sotto ad una carezza – ma non lo è affatto. Nonostante tutto quello che ha passato, ha trovato il modo di andare avanti, di farsi una vita, di cavarsela da sola. Si è piegata, ma non si è mai spezzata. Ha guardato i suoi demoni in faccia e li ha affrontati. Probabilmente non è sempre uscita vincitrice – del resto, nessun essere umano riesce a sconfiggere tutti i demoni che vivono dentro di se – ma ha imparato a convivere con quelli più ostili, dando loro la buonanotte prima di andare a dormire e salutandoli la mattina appena sveglia, accettando la loro esistenza senza per forza farsi schiacciare dalla loro presenza. Talia è più forte di quanto si possa pensare.
Sam accenna un debole sorriso, a quel pensiero. Le passa una mano sulla guancia e in quel momento, lei sorride impercettibilmente, muovendo solo un angolo della bocca. Piano, piano apre gli occhi e mette a fuoco la figura di Sam che continua a guardarla per assicurarsi che vada tutto bene.
“Ciao.” Lo saluta. Si guardano negli occhi, incastrandosi l’uno nello sguardo dell’altra per un attimo che sembra non finire mai. Sam sorride, sentendo la sua voce. Non è mai stato così felice di sentire quel suono come in questo momento.
“Ciao.” Le risponde.
Talia si mette piano, piano a sedere e si accosta vicino a lui, appoggiando la testa sulla sua spalla. Sam si aggiusta in modo che lei stia comoda, appoggia la testa su quella di Talia e le prende la mano, facendo incrociare le loro dita.
“Ciao Tal, sono felice tu ti sia risvegliata!” dice Dean, sentendosi in imbarazzo e improvvisamente di troppo. Non ha visto lo sguardo di Talia, ma ha visto quello di Sam – e quello era uno di quegli sguardi che non necessitano di parole, o di spiegazioni, era uno di quegli sguardi che parlano anche troppo, che gridano con una voce udibile anche a chi non vuole sentire. Nel momento esatto in cui Talia ha aperto gli occhi, Sam ha ricominciato a respirare.
Sono legati da qualcosa di così profondo, quei due, che risulta difficile anche affermare cosa sia perché dandogli un nome, semplicemente verrebbe ridotto, quasi ridicolizzato. Non c’è amicizia, tra di loro, né amore: c’è appartenenza. Sono legati da un filo conduttore indistruttibile che li porterà sempre a ritrovarsi lungo la loro strada. Non importa quante volte si separeranno, quante volte non condivideranno lo stesso destino, troveranno sempre un modo per ricongiungersi.

--

Quando Dean parcheggia la macchina davanti a casa è ormai tardo pomeriggio. Il viaggio è durato un bel po’ e lui è tremendamente stanco.
Sam e Talia si sono addormentati da un’oretta, ancora con le mani incrociate e le teste vicine. È un’immagine così tenera che Dean si trova a sorridere, guardandoli. Talia gli sta simpatica, non gli dispiacerebbe vederla intorno a Sam – e poi quando lei è nelle vicinanze, suo fratello sembra meno preoccupato, come se lei avesse la capacità di fare da balsamo ai suoi problemi. Ovviamente, la preoccupazione di Sam aumenta se pensa ad una possibile situazione di pericolo in cui Talia potrebbe essere coinvolta, ma nelle azioni quotidiane – come quando a casa della ragazza Sam era intento a osservarla mentre preparava il caffè – sembra che il suo cuore si alleggerisca. E Dio solo sa quanto Sam abbia bisogno di sentire un po’ il cuore leggero.
Dean si allunga verso il sedile posteriore e tocca appena Sam, chiamandolo sottovoce. Il minore apre gli occhi lentamente e si guarda intorno.
“Siamo arrivati.” Gli sussurra Dean. Per un attimo, gli sembra di rivivere uno dei tanti momenti in cui da bambini, Sam si addormentava e lui, nel sedile del passeggero, si voltava per chiamarlo. Quando apriva gli occhi, Dean gli sussurrava sempre che erano arrivati e Sam  si guardava intorno chiedendo dove si trovassero. Rivolgeva sempre a lui le domande, perché sapeva che John, dopo ore trascorse al volante e chilometri mangiati più velocemente del normale, non era molto propenso al dialogo. Dean lo sapeva, per questo rispondeva sempre lui al suo fratellino.
“Dove siamo?”
“A casa.”
Sam si strofina un occhio con la mano libera e nello stesso momento sente Tal vicino a se che si muove e solleva la testa dalla sua spalla.
“Siamo arrivati?” domanda lei con la voce ancora assonnata.
“Si.” risponde Dean, ancora seduto al volante. “Ce la fai a camminare?”
“Credo di si.”
“D’accordo.”
Dean scende dalla macchina e dopo aver afferrato il borsone delle armi dalla bauliera si dirige verso casa dove Bobby lo aspetta sulla porta.

Sam apre la portiera e scende dalla macchina, facendo il giro e andando ad aprire la portiera dal lato di Talia.
“Forza, appoggiati a me.” Dice quando lei scende e fa il primo passo.
“Sam, ce la faccio.”
“Lo so, ma voglio che ti appoggi a me. Assecondami, ok? Mi fa stare più tranquillo.”
“D’accordo.”
A quel punto, Sam le circonda la vita e la tira a se, delicatamente. Insieme percorrono il breve tragitto fino alla casa ed entrano.
“Come state, ragazzi?” chiede Bobby, appena varcano la soglia della porta, avvicinandosi a loro per controllare con i propri occhi che siano tutti interi.
“Bene.” rispondono Sam e Talia.
Bobby continua a studiarli: passa lo sguardo sulle ferite visibili di entrambi e quando si assicura che non ci sia niente di troppo dannoso, o permanente, si allontana senza dire niente, dirigendosi in cucina.
“Sam, siediti!” urla Dean, dal bagno.
Sam non capisce il perché di quell’uscita, ma ubbidisce e si siede sul divano. Anche perché gli fanno così male le gambe che un po’ di riposo non può fargli altro che bene. Talia si siede vicino a lui. Questa volta, però, non si toccano. Poco dopo Dean fa capolino in sala armato di disinfettante, cotone, ago, filo e cerotto e si dirige deciso verso Sam che lo guarda perplesso.
“Cosa hai intenzione di fare?”
“Di cucirti la bocca per sempre, almeno smetti di fare domande cretine.”
Dean gli afferra il viso tra le mani e lo volta verso sinistra, in modo da avere una perfetta visuale del sopracciglio destro rovinato.
“Dean, non è necessario.”
“Sta’ zitto.”
Con l’espressione più concentrata che riesce a fare, Dean si mette a tamponare il taglio di Sam, togliendo il sangue secco e disinfettando la ferita.
“Brucia.”
“Lo so.”
Il maggiore continua a tenere gli occhi sulla ferita e, mettendo la lingua tra le labbra, inizia a cucire i due lembi di pelle con cura e cercando di essere il più delicato possibile. Sam si lascia medicare in silenzio, aspettando che Dean abbia finito. Talia osserva la scena in silenzio, non potendo fare a meno di pensare a quanta tenerezza ci sia in quel gesto: Dean, che nonostante abbia riportato delle ferite come Sam, si preoccupa prima di medicare il suo fratellino. E sembra proprio che non gli importi che il fratellino in questione sia quasi due metri e sappia ormai benissimo cavarsela da solo, lui continuerà ad occuparsi di lui, assicurandosi che stia bene.
Sam, dal canto suo, sembra così abituato a gesti del genere che non ribatte nemmeno più di tanto e lascia che Dean lo medichi, probabilmente come quando lo faceva da ragazzino, quando Sammy gli correva incontro con la bua e lui doveva curarlo. Tal può solo ipotizzarlo, ma dalle cose che le disse Sam ai tempi di Stanford, ha idea che se il piccolo Sam si fosse sbucciato un ginocchio, sarebbe andato dritto da Dean e non dal loro papà. Chissà se John  lo sapeva e, nel caso l’avesse saputo, chissà cosa provava all’idea che il proprio figlio, in caso di necessità, si rivolgesse al fratello e non a lui. Probabilmente, sarebbe stato combattuto tra il rimanerci male e l’essere felice che i suoi figli fossero così uniti.
Questo le fa pensare a quanto la loro unione sia palese. Tal l’ha notato, nonostante sia stata poco con loro. Sam e Dean gravitano uno intorno all’altro esattamente come fa la Luna intorno alla Terra. È come se ci fosse una calamita tra di loro che li spinge ad avvicinarsi sempre di più, una dipendenza che persiste nel tempo e supera le diversità.   
“Finito?”
La voce di Sam la desta dai suoi pensieri.
Vede Dean annuire.
“Grazie.”
Il maggiore non gli risponde, si limita ad accennare un sorriso a labbra strette, senza mostrare i denti. Si passa velocemente una mano sulla faccia.
“Avete fame? Perché io sto morendo.” Esordisce poi.
Sam annuisce, così Dean porta l’attenzione su Talia che annuisce a sua volta.
“Bene, vado a prendere qualcosa.” conclude, prendendo la giacca e infilandosela. “Bobby!” grida. “Esco, vado a prendere da mangiare, vuoi qualcosa?”
“Aspetta, vengo con te!” urla in risposta, arrivando dalla cucina dove era rimasto fin’ora a fare solo Dio sa cosa.
“Posso farcela!”
“Sei morto solo da qualche ora e vuoi già farti vedere in una tavola calda a prendere da mangiare? Dimmi, ragazzo, ti sei bevuto il cervello?”
Dean rimane con la bocca aperta e un dito a mezz’aria con tutta l’intenzione di rispondere per le rime a quella affermazione, ma come sempre Bobby ha ragione, quindi a lui non resta che chiudere la bocca – altrimenti potrebbe rischiare di mangiarsi una mosca senza volerlo – abbassare il dito, prendere le chiavi e uscire da quella casa seguito dal vecchio cacciatore.

Sam e Talia, ormai rimasti soli, si aggiustano meglio sul divano, in modo che la presenza di uno non costringa l’altro a stare scomodo. Tal teme che Sam non ci stia proprio su quel divano con lei vicino, vista la sua altezza, così si sistema in fondo lasciando a lui più spazio possibile. A Sam, però, quel gesto non piace. La guarda aggrottando le sopracciglia, confuso.
“Dove vai?”
“Ti lascio spazio!”
“Ne ho abbastanza di spazio, vieni qua.”
Lei si avvicina, felice che lui gliel’abbia chiesto. In realtà, ora che il problema “sosia Leviatani” è risolto, è felice di stare con lui e di averlo così vicino. Sa benissimo che tutto questo non durerà, sa benissimo che la sua guerra è ancora lunga e per ora ha vinto solo una battaglia, sa benissimo che come ogni soldato, Sam dovrà tornare al fronte, ma per adesso vuole solo pensare al fatto che possono stare insieme e concedersi un minimo di tranquillità. D’istinto si trova a cercare la mano di Sam per stringerla con la sua, come se quel gesto rendesse più reale la sua presenza, come se stringendolo in quel modo lui fosse più concreto.
“Come stai, Tal?” le chiede.
 Con la mano libera, lei traccia dei piccoli cerchi immaginari sul dorso della mano di Sam, stretta alla sua.
“Sto bene, Sam. Stai tranquillo.”
“Non ci riesco. Non faccio altro che pensare a te rannicchiata a quel muro e alle cose che hai potuto pensare vivendo quell’esperienza.”
“Sapevo che non eri te, Sam. So che non mi faresti mai una cosa del genere.”
Non vuole dirgli del terrore che ha provato e che la paralizzava guardando il viso di Sam e associandolo alle azioni che faceva suo padre, perché sa che lo farebbe stare male. E lei non vuole che lui si senta in colpa di qualcosa che non ha fatto.
“Mi dispiace, Tal.”
“Non è colpa tua, ok? E poi, guardami, sto bene.”
Sam d’istinto abbassa lo sguardo sul suo collo, sulla riga viola e marcata che lo divide a metà. Tal se ne accorge e gli porta due dita sotto al mento per fargli alzare la testa facendogli distogliere lo sguardo da quella ferita. Vuole che Sam si concentri su altro e non su quel segno, vuole che dai suoi occhi si cancelli quello sguardo colpevole e che provi a tranquillizzarsi un po’.
“Smettila di guardarlo. Nemmeno questo è colpa tua. Niente di tutto ciò che mi è successo è colpa tua. È stato tutto conseguenza di una mia scelta, di un mio comportamento e se la vogliamo dire tutta della mia totale incapacità di combattere.” Si trova a sorridere mentre dice l’ultima frase, per cercare di sdrammatizzare un pochino quella situazione.
Sam ricambia accennando un sorriso timido e breve.
“Ecco, voglio vedere un sorriso su quel viso. Sappi che te ne ho visti fare di meglio, Winchester. Devi riprovare!”
Sam abbassa gli occhi e sorride per davvero, questa volta, grato per quel tentativo di alleggerire la situazione e l’atmosfera. Tal ha sempre avuto questa capacità. Quando si trovava a Stanford, c’erano dei momenti in cui l’indecisione di chiamare Dean per sapere come stava, si faceva più forte del solito, ma puntualmente rinunciava per paura che potesse rispondere John. Quei momenti lo facevano stare male, perché gli mancava suo fratello, ma non voleva sentire John e le sue sgridate dal momento che sapeva come sarebbe andata a finire: una lite, una parola di troppo e sarebbero andati ad allargare quella voragine che ormai lo divideva da suo padre. Sam non voleva che la voragine si creasse anche con Dean, quindi non li ha mai chiamati. Non aveva mai detto a Talia il motivo del suo malumore e lei aveva sempre rispettato il fatto che lui non ne volesse parlare, ma ha sempre trovato il modo di tirargli su il morale. Sempre. Mai una volta che si fosse tirata indietro. Lui si rattristava e lei era lì al suo fianco armata di un sorriso luminoso e una birra. Bevevano e parlavano del più e del meno, dalle cose futili, alla creazione dell’universo, dall’importanza del progresso nel mondo, all’affronto che si fa alla pizza condendola con l’ananas.
Ritrovava il buonumore ogni volta.
“Quello è un sorriso per cui posso ritenermi soddisfatta.”
Sam alza lo sguardo su di lei e questa volta non si sofferma a guardare il segno sul collo, ma si perde a guardare i suoi occhi di quel colore che gli è sempre piaciuto, ma non è mai riuscito ad identificare, così grandi, luminosi e pieni di fiducia nonostante abbiano visto cose orribili durante la loro vita. La guarda rendendosi conto di metterla sotto ad una luce completamente diversa da quella in cui l’ha sempre messa e sente il cuore accelerare non appena quella consapevolezza lo colpisce all’improvviso come un fulmine a ciel sereno. D’istinto avvicina il viso al suo e quando vede che lei non si ritrae, senza nessuna logica, si trova ad appoggiare le labbra sulle sue. È un contatto così delicato che teme che Tal possa percepirlo appena, ma poi lei schiude la bocca e lo bacia per davvero. Sam le prende il viso tra le mani e lei appoggia le proprie sui suoi polsi. Gli sembra di essere un adolescente alle prime armi, come se tutta l’esperienza fatta negli anni non esistesse più. Si baciano con la timidezza di quei baci dolci e delicati, quasi insicuri, tipici di chi sta scoprendo per la prima volta, di chi varca quella soglia tra amicizia e attrazione. È una cosa strana per entrambi, ma che allo stesso tempo gli viene naturale fare, come se fosse giusto, come se in un’altra dimensione parallela loro fossero destinati a stare insieme per sempre  come due anime affini che si sono trovate nella moltitudine vasta dell’universo.
Non sanno per quanto vanno avanti e non gli interessa nemmeno saperlo perché l’unica cosa che vogliono, in questo istante, è percepirsi, sentirsi, scoprirsi in un modo totalmente nuovo, ringraziando il cielo, Dio, o chi per esso che siano lì a vivere quell’attimo che sa solo di loro, che appartiene solo a loro e che rimarrà impresso nelle loro menti – e nei loro cuori – per sempre.


 
   
 
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