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Autore: rossella0806    13/02/2016    1 recensioni
Il commissario Alessandro Terenzi è ormai alla sua terza indagine letteraria: un lunedì mattina di inizio novembre, viene ritrovato cadavere il noto imprenditore delle ceramiche torinesi Giorgio Appiani Uzia, ucciso nell'ufficio della sua fabbrica e, così, per il poliziotto, si apre un nuovo rompicapo da risolvere il prima possibile.
Ghirodelli, il fedele collega ed ispettore, sarà sempre al suo fianco, così come Ginevra, la simpatica ed impicciona archeologa ormai diventata la fidanzata ufficiale del commissario, la cui unica compagnia, fino ad allora, era stata Miss Marple, la tartaruga di terra.
Tra malanni di stagione, ex mogli, segretarie eccentriche, vecchiette diffidenti e figli ambigui, accompagneremo Terenzi in questa nuova avventura dai risvolti, man mano, sempre più oscuri.
Genere: Comico, Mistero, Suspence | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Ore 16.00, abitazione di Clelia Camoletti, Torino



Quel giorno, al negozio di abiti da sposa, la vedova Appiani non si era vista: l’aveva chiamata per darle la terribile notizia lo stesso Carlo Della Robbia, così Terenzi, facendo un passo indietro, le aveva telefonato per chiederle se avrebbe potuto riceverlo nel pomeriggio.
L’appartamento della donna si trovava nella zona bene della città, a cinque minuti dal centro.
Il commissario aveva parcheggiato la macchina in una viuzza lontana, approfittando del flebile sole e del fatto di essere in anticipo per fare una camminata che gli sgranchisse gambe e pensieri.
Il cappotto color cammello abbottonato fino al collo e una sciarpa blu notte avvolta attorno al viso puntellato di barba, si ritrovò a passare davanti a negozi di cui neppure si ricordava l’esistenza, a vecchi bar con le scritte ormai in piena decadenza, costeggiando nuovi locali, gli sconosciuti ristopub, che si stavano riproducendo come funghi nel sottobosco, le insegne degne dei colori dell’abito di Arlecchino.
Ma, la cosa che più lo stupì, che lo convinse a fermarsi, fu quella che aveva tutta l’aria di essere una vera e propria distesa di automobili piazzate in doppia fila, un paradiso per i colleghi della municipale.
Il suo senso del dovere lo sfiorò per una manciata di secondi, spingendolo ad avvisare i vigili urbani della ghiottoneria di cui era testimone; tuttavia, lasciò perdere, proseguendo di buona lena per non arrivare in ritardo all’appuntamento, le mani infreddolite subissate nelle tasche.
Alle sedici spaccate, il poliziotto citofonò al quinto ed ultimo piano dell’interno A di un palazzo signorile, che si presentava ai visitatori con la curiosa forma della prua di una nave, la facciata color granito disseminata da una miriade di finestrelle con le imposte verdi.
Quando, con l'ascensore dalle pareti in vetro, raggiunse l’attico, trovò la porta già accostata.
-Permesso… -
L’uomo entrò con cautela, ritrovandosi in un salotto degno di un principe, il parquet ricoperto di tappeti persiani e un immenso arazzo raffigurante un cesto di frutta e fiori a pochi metri davanti a lui.
La porta finestra che dava sulla terrazza occupava un’intera parete, proprio dietro il primo dei due divani color panna.
Terenzi si avvicinò e guardò fuori, attirato dalla calda luce del tramonto che si spargeva, come fasci colorati, al di là delle lunghe vetrate: l’uomo, le mani in tasca, non si stupì più di tanto del fatto che riuscisse a scorgere molto bene la mole Antonelliana e quasi tutta Torino, data l’incantevole posizione dell’appartamento.
Constatò che, quella che si vedeva parecchi metri sotto di lui, non era la strada che aveva percorso pochi attimi prima, ma una delle tante vie che si snodavano dal retro del palazzo.
Dovette distogliere lo sguardo, poiché un riverbero di sole più accecante dei precedenti gli aveva annebbiato la vista, nello stesso istante in cui le fronde degli alberi avevano ripreso a muoversi al ritmo del vento, quel vento freddo e padrone del tempo.
-Commissario- il poliziotto si voltò in direzione della voce che lo stava chiamando, una voce gentile e roca.
-Buona sera, signora- la donna gli si avvicinò cautamente e gli strinse la mano: era tiepida e liscia, mentre quella dell’uomo era fredda e grande.
-Mi scusi se l’ho fatta aspettare, ma ero andata a riposare e, quando lei ha citofonato, mi ero appena alzata-
Terenzi abbozzò un sorriso di circostanza e, subito, replicò cordialmente:
-Spero di non averla disturbata: avevo capito che sarei potuto venire a quest’ora … -
-Infatti, la colpa è mia, lei ha capito benissimo. Sa, dopo pranzo ho preso un leggero sedativo che mi ha fatto addormentare. Ma prego, si accomodi-
La signora Clelia Camoletti, ora vedova Appiani, era una donna dai lineamenti e dal portamento fieri.
Non doveva avere più di cinquantacinque anni, i capelli raccolti in uno chignon leggermente scompigliato da due ciocche che pendevano dietro le orecchie, il viso senza un’ombra di rughe, arricchito da una bocca sottile lievemente dipinta.
Il poliziotto incrociò gli occhi verdi della padrona di casa, considerandoli vacui ed assonnati.
-Prima di cominciare, signora, vorrei comunicarle le mie condoglianze per la perdita del suo ex marito ... -
-Grazie, commissario. Anch’io vorrei dirle una cosa: nonostante fossimo separati da ormai cinque anni, sono sinceramente addolorata per ciò che gli è accaduto- il tono della donna era pacato e ruvido, tuttavia suonava sincero.
-Non c’è bisogno che si giustifichi, signora: quello che prova o provava per il signor Appiani riguardava solamente voi. L’importante è che lei mi risponda con onestà alle domande che le sto per porgere, o che non venga a sapere che la vostra passata relazione abbia qualcosa a che fare con le indagini …  -
Clelia annuì, le mani incrociate sulla gonna del completo color pervinca.
-So che è stato Carlo a trovarlo. Mi ha detto che questa mattina lo avete interrogato … -
-Sì, infatti- Terenzi si schiarì la gola, quindi continuò:
-A questo proposito, com’erano i rapporti tra il signor Della Robbia e il suo ex marito? –
-Ottimi- replicò senza il minimo dubbio.
-Carlo era il suo braccio destro, lavorava in fabbrica con lui da venticinque anni e, da dodici, era diventato vice direttore della fabbrica- spiegò con tono pacato la vedova, passandosi una mano tra i capelli ribelli.
-Lei, perciò, lo conosce molto bene?-
-Fino a quando siamo stati sposati, ci frequentavamo spesso: Carlo è un uomo di piacevole compagnia, così come la moglie. Negli ultimi anni, però, come può ben immaginare, non siamo più usciti insieme… -
-Capitava che suo marito si fermasse a dormire in ufficio?-
-No, per lo meno fino a quando siamo stati sposati, non è mai accaduto. Vede, era molto abitudinario, andava al lavoro presto e, spesso, rientrava tardi, ma ha sempre dormito a casa. Me lo ha chiesto perché lo avete trovato in fabbrica, vero?-
-Sì- ammise l'uomo -era morto da una decina di ore-
-E si sa già come è successo?-
-No, non ancora- spiegò con sincerità l’altro -il medico legale comincerà a fare l’autopsia solamente domani-
-Capisco- la donna distolse lo sguardo per un secondo, concentrandosi sulla notte che ormai era calata al di là della finestra.
-Non fraintenda la mia domanda, signora, ma … dov’ era questa notte?-
La vedova riprese a guardare Terenzi, sorridendo mestamente:
-Qui a casa. Ero da sola, non può confermarlo nessuno, se è questo quello che vuole sapere … -
-Non ho motivo per non crederle- l’uomo rimase in silenzio per una manciata di secondi, come a voler testare la sicurezza e l’onestà della Camoletti, la quale rimase impassibile e in attesa di proseguire.
-Che tipo di persone frequentava il suo ex marito? Voglio dire, ha mai avuto dei problemi, di qualsiasi tipo, con qualcuno?-
-Che io sappia no. Tutti i suoi amici erano e, credo lo siano ancora, persone assolutamente normali, per lo più gente del nostro ambiente. Lui ci sapeva fare con tutti, era molto espansivo ed estroverso: non l’ho mai visto litigare con nessuno ... -
-E per quanto riguarda la parte amministrativa dell’azienda? Nel passato, ci sono stati debiti o carenze nel bilancio?-
-Se si riferisce a problemi economici, non ne ho mai saputo nulla: il mio ex marito era molto riservato a tal proposito. L'unica cosa che le posso dire, commissario, è che non mi ha mai fatto mancare nulla, anzi. Vede, quando ci siamo sposati, io avevo appena vent’anni, lui invece era già un uomo maturo, con un'esperienza lavorativa e di vita già consolidata.
I miei genitori erano imprenditori di un certo livello, frequentavano la Torino bene e capitava, assai di frequente, che i miei futuri suoceri venissero a farci visita nella nostra casa, perciò lui ed io ci incontravamo spesso. Fu mio padre a decidere il nostro matrimonio, credo lo considerasse una sorta di affare: la famiglia del mio ex marito era di sangue nobile, discendevano da un ramo collaterale di alcuni conti piemontesi e, può ben immaginare, quanto potesse essere motivo di orgoglio imparentarsi con persone così altolocate … -
Clelia Camoletti si fermò per un istante, mentre un lieve sorriso comparve sulle sue labbra.
-Dopo altrettanti anni di matrimonio, capii che avevo sacrificato non tanto la mia vita per lui, quanto il mio amore e la mia dignità. Il mio ex marito amava circondarsi di belle donne e, un giorno, mi arrivò a casa una lettera anonima in cui era scritto in modo inequivocabile che lui mi tradiva. Da allora, non ho più voluto saperne nulla di lui. E’ per questo che ci siamo separati, non sopportavo di essere stata presa in giro per così tanto tempo-
Terenzi annuì, le mani incrociate sulle ginocchia.
-La vostra, perciò, non è stata una separazione consenziente?-
-Oh no, non fraintenda le mie parole, commissario. Forse mi sono spiegata male, ma la causa di separazione è stata voluta da entrambi. Eravamo stanchi di una relazione di facciata, in cui ormai nessuno di noi due era libero di comportarsi come meglio voleva-
-So che il signor Appiani le ha allestito il suo negozio proprio vicino alla fabbrica ... - cambiò discorso il poliziotto, scongiurando ulteriori motivi di tensione.
-Sì, infatti. All’inizio, volevo venderlo, perché non mi andava di continuare a vederlo, ma vede, commissario, quel negozio è tutto quello che ho, rappresenta la mia indipendenza. In ogni senso-
-L’ atelier è intestato a lei?-
La donna annuì, seria e fiera.

-Se vuole avere notizie sulle mie finanze, la fermo subito dicendole che non ho mai avuto alcun problema economico: le vendite sono sempre state in positivo e, per fortuna, le clienti non mi mancano. Nonostante la separazione, siamo stati costretti a mantenere un certo contegno davanti agli altri, anche se, tra di noi, le cose non sono certo cambiate. Anzi, le dirò di più: dato che non siamo riusciti a completare le pratiche di divorzio, qualsiasi sarà l’eredità che mi spetta, non avrò alcuna remora a tirarmi indietro, a rinunciarvi: da lui, non voglio più niente-
Il poliziotto alzò il sopracciglio sinistro e replicò con un lieve sorriso:
-Scusi la franchezza, signora, ma da ciò che ho potuto capire, lei non ama pronunciare il nome del suo ex marito-
-E’ così. Lo detestavo per come mi ha trattata in questi anni, però, in cuor mio, credo che ne fossi ancora innamorata. Il nostro è stato sempre un rapporto di amore e d'odio, almeno da parte mia-
-Ritornando alle indagini, lei non ha idea del perché suo marito sia morto, di chi possa aver compiuto un tale gesto?-
-No- ammise l'altra -come le ho detto, i nostri rapporti erano molto limitati. Tuttavia, pensandoci, c’è una cosa che dovrei dirle ... - continuò la vedova, arricciando le labbra.
-Nell’ultima settimana, ho accompagnato un paio di clienti in fabbrica, per stilare la lista di nozze. Ecco, in una di queste occasioni, ho incontrato il mio ex marito e, beh, non so come spiegare, ma l’ho visto molto teso, diverso dal solito. E’ da qualche giorno che non vado all’atelier, perché sono stata influenzata, però, le posso assicurare che, fino a pochi giorni fa, ho notato un cambiamento in lui-
-In che senso?- s’interessò Terenzi, passandosi una mano sulla barba incolta.
-Quando ci incontravamo, lui mi salutava con gentilezza, mentre, ultimamente, la sua cortesia si era trasformata in… irrequietezza, sì, irrequietezza. Sfuggiva il mio sguardo, non sorrideva ... era diverso-
-E’ troppo sperare che lei sappia per quale motivo si comportasse così?- continuò speranzoso l’uomo, il cui entusiasmo venne subito smorzato dal cenno di diniego della donna.
-Non ho le prove di quello che le sto dicendo, commissario, però credo che, per certe cose, conoscevo ancora abbastanza bene il mio ex marito: sapevo interpretare i suoi stati d’animo e, in quest’ultimo periodo, le ripeto, non era affatto tranquillo-
Il poliziotto annuì serio e pensieroso.
-Oh, mi scusi, sono stata una maleducata a non offrirle nulla da bere! Sandra, la mia domestica, oggi ha il giorno di riposo e, questo mal di testa, mi ha fatto scordare le buone maniere!- esclamò addolorata la padrona di casa, scuotendo il capo desolata e alzandosi dal divano.
-Non si preoccupi, sto bene così, grazie- la fermò prontamente l’uomo, attendendo che la donna ritornasse a sedersi.
-Un’ultima domanda: lei e il signor Appiani avete figli?-
-Sì, Anita e Gabriele, però non abitano qui a Torino: mia figlia lavora a Padova e mio figlio a Milano. Anzi, adesso che mi ci fa pensare, non li ho ancora avvisati della morte del padre … -
-Vorrei far loro delle domande, sa, di pura circostanza. Mi farebbe un favore, signora, se potessero venire in commissariato a breve … -
-Certamente- annuì convinta, mentre il poliziotto si alzò e strinse la mano di Clelia Camoletti.
-Per me può bastare così. Si tenga a disposizione e, appena saprò qualcosa in più su come è morto il suo ex marito, glielo farò sapere. Ah, ovviamente, se quello che mi ha detto sul comportamento anomalo della vittima venisse confermato anche da altri, dovrà venire in commissariato a formalizzare la testimonianza ... -
La vedova acconsentì senza indugi.
-Grazie, commissario, mi ha fatto bene parlare con lei. Venga, l’accompagno … -
Quando arrivarono alla porta, l’uomo si accomiatò sorridendo:
-Le lascio il mio biglietto da visita, nel caso le venisse in mente qualcosa … -
Salutò ancora una volta ed uscì.

   
 
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