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Autore: SuperEllen    17/02/2016    1 recensioni
Il giorno in cui Pain attacca e distrugge Konoha in cerca di Naruto, nei pensieri di Iruka c'è solo una persona: Kakashi.
Dalla storia:
Sento lo spostamento d’aria, l’attacco del nemico sta per raggiungere il mio volto. Io sono ancora seduto in terra, non posso nemmeno evitarlo.
Poi non sento più niente.
Nessun dolore, nessuna ferita. Sono morto così in fretta?
Riapro gli occhi, e davanti al mio viso c’è una mano a bloccare la lama che avrebbe dovuto colpirmi.
Alzo lo sguardo sul mio salvatore.
Kakashi!
Genere: Angst, Introspettivo, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Shonen-ai | Personaggi: Iruka Umino, Kakashi Hatake
Note: Missing Moments | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Naruto Shippuuden
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Note: E dopo ANNI E ANNI dall'ultima cosa che ho postato, eccomi fare ritorno su EFP con una KakaIru.
Dunque... Ho scritto l'inizio di questa fanfiction nel 2009. Poi, come per la maggior parte di quello che inizio a scrivere, la storia è rimasta buttata in una cartella del mio computer. È stata incompiuta per anni, tanto che pensavo non l'avrei mai finita. Invece qualche giorno fa ho avuto l'ispirazione per riprenderla in mano e scrivere la parte mancante. Siccome io conosco fin troppo bene il mio stile di scrittura, quando la rileggo riesco a notare in maniera palese il punto da cui ho ripreso in mano la storia giorni fa, ma spero che agli occhi del lettore ciò non sia altrettanto evidente e che la storia risulti uniforme. Se così non è, chiedo umilmente scusa.
Spero comunque che possiate apprezzare quello che ho scritto, e come sempre mi fa piacere ricevere un parere da parte dei lettori! :)

Paura di Perderti

Ho paura.
L’Akatsuki ha attaccato Konoha ed io ho paura.
La paura non si addice ad un chunin della Foglia. Non si addice ad un uomo che ha deciso di dedicare la sua vita ad insegnare alle nuove generazioni le tecniche dei ninja.
Eppure io sono terrorizzato.
Non appena ho sentito che qualcosa non andava mi sono precipitato fuori da casa, e poco dopo è iniziato l’attacco.
Attraverso velocemente le vie del villaggio. C’è gente in fuga ovunque. Si respira aria di morte.
Corro con tutte le mie forze. Devo trovare le persone a cui tengo, devo accertarmi che stiano bene.
Per fortuna Naruto non è qui. Sono certo che gli invasori stiano cercando lui. Ma Naruto non è di certo l’unica persona del villaggio ad avere un posto nel mio cuore. Voglio trovare prima di tutto i miei allievi dell’accademia. E poi, se è possibile, anche…
No, non c’è tempo per cercare anche lui. Lui sta bene, ne sono certo. Un jonin del suo livello corre certamente meno rischi di me.
Aumento la velocità, salto sul tetto di un edificio semi distrutto. E poi, in uno spazio fra le macerie, qualcosa attira la mia attenzione. Un compagno ninja della Foglia è a terra.
Da qui non riesco a capire se è ferito, svenuto, o morto… No, non posso essere pessimista. Non posso pensare che i nostri valorosi ninja possano cadere uno dopo l’altro come mosche per mano del nemico. Mi avvicino a lui.
Non è messo bene ma è vivo, forse non tutto è perduto.
Sto per sollevarlo e portarlo via di qui, ma qualcuno mi si avvicina. Lo guardo. Indossa una cappa nera a nuvole rosse. Non c’è dubbio, fa parte dell’Akatsuki.
Sento il mio corpo che trema. Dannata paura!
Vorrei poter fare qualcosa, ma purtroppo contro nemici così potenti le mie forze sono pressoché inutili.
«Dov’è il portatore della bestia a nove code? Sputa il rospo. Se non me lo dici, ti uccido.»
E quelle parole hanno il potere di farmi gelare il sangue. Ed ora ci siamo… Questa è l’Akatsuki…
Naruto…
Sta tranquillo, Naruto, non ti tradirò. Anche a costo di essere ucciso.
Ma io non voglio morire. Comincio a sudare freddo, non posso fare niente per evitarlo. Spero solo che l’uomo di fronte a me non se ne accorga. Non voglio dargli la soddisfazione di vedermi spaventato dalla sua minaccia.
«Dimmelo.»
Mi sento impotente. Il nemico insiste, ma io non voglio rispondere.
Però ho paura. Non voglio morire.
Vorrei avere il tuo coraggio, Naruto.
«Non ti dirò niente!»
Non so se la mia voce ha tremato o è stata gelida come volevo che uscisse. Non me ne sono potuto nemmeno rendere conto. Però almeno ho parlato. Gli ho detto chiaramente che non aprirò bocca, a qualsiasi costo.
Lo guardo con determinazione.
Ho paura, ma non per questo tradirò Naruto!
«Capisco…»
E poi si muove. È troppo veloce, non credo di poter respingere il suo attacco. Non ci provo nemmeno.
Rimango lì, immobile, impotente.
Chiudo gli occhi, ed in un solo istante mi riappare in mente un volto. Il volto di qualcuno che avrei voluto rivedere almeno un’ultima volta prima di morire.
Kakashi! Kakashi! Kakashi!!
Kakashi, avrei voluto dirti un’infinità di cose prima di morire, ed invece dovrò andarmene con un rimpianto.
Sento lo spostamento d’aria, l’attacco del nemico sta per raggiungere il mio volto. Io sono ancora seduto in terra, non posso nemmeno evitarlo.
Poi non sento più niente.
Nessun dolore, nessuna ferita. Sono morto così in fretta?
Riapro gli occhi, e davanti al mio viso c’è una mano a bloccare la lama che avrebbe dovuto colpirmi.
Alzo lo sguardo sul mio salvatore. Kakashi!
Non riesco a crederci. Kakashi… Kakashi mi ha salvato!
Il suo Sharingan e il Rinnegan del nemico si scrutano.
Non ho mai visto uno sguardo più serio sul viso di Kakashi. Probabilmente questo è il nemico più potente che abbia mai incontrato. Non lo biasimerei sei avesse paura anche lui.
Io lo conosco bene. So che dietro alla maschera dell’invincibile jonin si nasconde un uomo normale, con le sue incertezze e le sue paure.
«Così quella era solo una distrazione così che tu potessi cercare senza essere notato...»
Le sue parole mi sorprendono. Quanto sangue freddo.
Immagino che per “distrazione” intenda la distruzione di mezzo villaggio.
Mi alzo a fatica in piedi. Le gambe mi tremano, non sono sicuro che riescano a reggermi.
Ho ancora paura, ma questa volta non per la mia vita. Ora ho paura per lui.
«Kakashi!»
Solo dopo mi rendo conto di averlo detto ad alta voce. Probabilmente ha capito che sono preoccupato per lui.
«Prendi quell’uomo ferito e vai via di qui. Lascia fare a me.»
So che se la situazione fosse stata diversa, se il nemico fosse stato diverso, avrebbe detto quelle parole con un sorriso fiducioso. Ma non si vede l’ombra di un sorriso sul suo volto concentrato. Anche lui è in pericolo a combattere contro un avversario come quello che ha davanti, e lo sa.
«Va bene…»
Anche io devo fare quel che posso per rendermi utile. Non posso restare a combattere al fianco di Kakashi, gli sarei solo d’intralcio, quindi tutto ciò che posso fare è obbedire.
Mi chino di nuovo, circondo con un braccio la vita del ferito e mi metto un suo braccio intorno al collo, pronto ad andare via.
Buona fortuna, Kakashi!
Ti prego, esci vivo da questa battaglia. Non so come potrei continuare a vivere sapendo di averti perso per avermi salvato.
Poi velocemente mi allontano. E la battaglia ha inizio.
Non posso guardare, non ce la faccio. Semplicemente me ne vado.
Mentre mi allontano, i ricordi invadono la mia mente.
 
§flashback§
Era notte fonda. Iruka si trovava nel suo letto, a rigirarsi fra le coperte. Non riusciva a prendere sonno. La sua mente era affollata di pensieri, ed al centro di essi si trovava Kakashi. Era buffo pensare come era cambiato il loro rapporto nel corso degli anni. Quando si erano conosciuti, Iruka avrebbe desiderato farlo a pezzi. Sentiva un impulso di violenza attraversargli il corpo ogni volta che il jonin parlava dei suoi ex studenti come fossero carne da macello. Ma poi, col passare del tempo, aveva compreso che anche Kakashi teneva a quei ragazzi, e che se parlava di loro come si poteva parlare di un ninja adulto era perché in effetti erano cresciuti dai tempi dell’accademia.
Col passare del tempo, il chunin aveva smesso di pensare all’altro ninja come ad una specie di mostro insensibile, e si era trovato suo malgrado ad essere affascinato da lui. Più di una volta aveva desiderato conoscerlo meglio, passare del tempo con lui, scoprire che cosa si nascondeva dietro quella maschera. E, senza nemmeno rendersene conto, pian piano vi era riuscito. Ormai Iruka e Kakashi erano diventati amici, se così li si poteva chiamare.
Durante i tre anni che Kakashi aveva passato senza i suoi allievi, aveva avuto molto più tempo libero di quanto avrebbe mai potuto immaginare. Per questo motivo aveva cominciato a passare più tempo a passeggio per il villaggio, e molto spesso finiva col passare dall’accademia, dove a volte si appostava su un albero anche per ore intere, a guardare Iruka che faceva lezione. L’Umino però non era stupido, si era accorto di come l’altro lo spiava da lontano. Fu allora che cominciarono ad uscire una volta ogni tanto. Andavano ogni volta a mangiare all’Ichiraku Ramen, per poi passeggiare per Konoha, parlando di tutto e di niente. Ad Iruka, costantemente bloccato al villaggio con i suoi doveri da insegnante, piaceva la sua vita, ma certe volte si sentiva a disagio quando sentiva Kakashi raccontargli le avventure che viveva costantemente ogni volta che andava in missione. Tramite quei racconti si sentiva vivo, e ben presto sentì nascere in sé una forte stima nei confronti del jonin. Col passare del tempo, però, quella stima divenne affetto, e prima che lui potesse rendersene conto divenne amore.
Da un giorno all’altro si ritrovò ad aspettare con ansia i momenti in cui Kakashi lo andava a trovare, provando una forte sensazione di oppressione e di ansia ogni volta che lo sapeva fuori dal villaggio in missione. Sensazione che spariva solo quando lo vedeva comparire alla sua finestra al termine della missione, con un sorriso sul volto, facilmente riconoscibile nonostante il viso quasi completamente coperto.
 
E quella notte Iruka era inquieto perché Kakashi era in missione. Alla partenza gli aveva detto che sarebbe tornato dopo due giorni, e che si sarebbero incontrati alle 7 davanti all’Ichiraku per cenare insieme. Il giorno per cui era previsto il suo ritorno Iruka si era presentato al chiosco a metà pomeriggio, nel caso l’altro fosse rientrato prima. Eppure egli non si era fatto vedere. Anche quando le 7 furono passate, il chunin non si scoraggiò. L’Hatake era un ritardatario nato, era certo che fosse solo per quel motivo che non si era presentato. Lo aspettò per tutta la notte, e solo quando le prime luci dell’alba cominciavano ad intravedersi all’orizzonte accettò il fatto che non sarebbe venuto.
Tornò all’Ichiraku la sera dopo, e quella dopo ancora, ma del jonin non c’era traccia. La terza sera rimase a casa, ma aveva dentro di sé un’angoscia sempre maggiore. La paura che la missione fosse andata male e fosse successo qualcosa a Kakashi trovava riscontro nella sua attesa apparentemente infinita.
Ma poi, mentre con gli occhi gonfi e lucidi si rigirava insonne nel letto, sentì un rumore familiare. Qualcuno si era appollaiato sulla sua finestra aperta.
Si mise a sedere, girò lo sguardo e vide Kakashi. Era ferito in più punti in modo superficiale, bendato alla buona, ma sorrideva.
«Scusa il ritardo!» disse il jonin con tono gioviale.
Sorpreso e sconvolto, Iruka non si concesse nemmeno un attimo per pensare. Kakashi era lì, era tornato, e tutto ciò che voleva fare era impedirgli di andarsene di nuovo.
Saltò giù dal letto, si avvicinò alla finestra e con un gesto deciso ma non violento afferrò Kakashi per un polso tirandolo all’interno della stanza. A quel punto lo abbracciò, stringendolo con forza, ancorandosi a lui con disperazione. Il ninja dai capelli d’argento rimase spiazzato per un attimo, ma poi ricambiò l’abbraccio, accarezzando con gesti incerti i capelli dell’altro. A quel contatto, l’Umino sentì cedere tutte le sue difese. Affondò il viso nell’incavo del collo dell’uomo che amava e si lasciò andare ad un pianto liberatorio.
La velocità dei battiti del cuore di Kakashi aumentò a dismisura, ma Iruka non riusciva a sentirlo. Lì per lì non si rese nemmeno conto che i suoi piedi non toccavano più terra, o che lui e il jonin si trovavano distesi sul letto, sempre abbracciati come prima. Quando però percepì le labbra di Kakashi fare una leggera pressione sulla sua fronte, finalmente si riscosse.
Sollevò lo sguardo, per notare che il volto dell’Hatake non era più coperto. Era la prima volta che lo vedeva senza la maschera. Ed era bellissimo. Bello come non lo avrebbe mai potuto nemmeno immaginare.
Senza pensare a cosa stava facendo, Iruka depositò un lieve bacio sulle labbra di Kakashi. Sentì che erano morbide, proprio come credeva che fossero. Poi, senza notare il rossore che si era dipinto sul volto del jonin a quel gesto, si addormentò fra le sue braccia sereno come un bambino.
 
Al risveglio, il mattino successivo, Iruka si trovò da solo. Per alcuni istanti fu convinto di aver sognato tutto, che Kakashi non era stato veramente lì quella notte. Ma poi notò un biglietto sul cuscino accanto a sé.
“Questa mattina dovevo vedere l’Hokage. Scusa se me ne sono andato senza dire niente, ma non volevo svegliarti. Ci vediamo più tardi.”
Solo allora Iruka si tranquillizzò, stringendo a sé quel pezzo di carta come avrebbe voluto fare con la persona che lo aveva scritto. Era certo che quel giorno avrebbero potuto parlare, che avrebbe potuto confessargli i suoi sentimenti. Ma l’attacco al villaggio non glielo aveva permesso.
§fine flashback§
 
Lascio il ferito all’ospedale, poi ricomincio a girare per il villaggio in cerca di qualcun altro che abbia bisogno d’aiuto.
Dove c’è appena stata un’esplosione trovo Sakura, le dico di andare in ospedale a dare una mano con i feriti, e lei obbedisce. Poi mi allontano insieme ad un gruppo di chunin e jonin che si stanno unendo alla battaglia.
Non potrò fare nulla per Kakashi, ma posso ancora fare qualcosa per il villaggio. Posso fare tutto ciò che è in mio potere per difenderlo.
 
Il villaggio è distrutto. Io e molti altri siamo vivi per miracolo, solo grazie a Katsuyu e a Tsunade. Ma di Konoha non è rimasto più nulla.
Dove prima sorgeva il villaggio, ora c’è solo un’immensa voragine piena di morte. In troppi hanno perso la vita.
Katsuyu ha detto che Naruto è tornato e che ora sta combattendo da solo. È cresciuto così tanto da quando mi faceva dannare a corrergli dietro ai tempi dell’accademia. Ora è diventato più forte di chiunque altro al villaggio, e tutto ciò che posso fare è avere fiducia in lui.
So che non posso rendermi utile alla battaglia in alcun modo, perciò tanto vale pensare ad altro. Al momento c’è una cosa che mi preme enormemente fare: trovare Kakashi.
Comincio a girare fra i corpi dei defunti, i feriti e chi bene o male è ancora in forze. Chiedo a tutti coloro che mi sembrano in grado di parlare, chiedo di Kakashi. Ma nessuno sa dirmi nulla. Poi mi avvicino ad un gruppetto di jonin. Con loro c’è Katsuyu. Alla mia domanda, è l’evocazione dell’Hokage a rispondermi. Kakashi è morto nello scontro con Pain.
Sento il mio cuore andare in frantumi, sento il mondo cadermi addosso.
No, non è possibile, Kakashi non può essere morto. Lui è… È Kakashi Hatake, è troppo in gamba per morire!
Ma in fondo chi voglio prendere in giro se non me stesso? Katsuyu non si può sbagliare, se ha detto che Kakashi non c’è più deve per forza essere così…
Sento di non riuscire più a controllare le mie emozioni. Cado in ginocchio, con una mano a coprirmi il volto e l’altra sul petto, a stringere spasmodicamente la maglia all’altezza del cuore. Il mio corpo è interamente scosso dai singhiozzi, mentre piango tutta la mia disperazione.
E nemmeno mi importa che tutti mi possano vedere. Nel gruppetto di jonin che ho davanti, alcuni mi guardano con apprensione, altri con disgusto. Lo so bene anch’io che i ninja non mostrano mai le loro lacrime. È la regola numero venticinque.
Ma al diavolo le regole! Kakashi è morto!
La mia paura più grande, la paura di perderlo, è infine diventata realtà.
Non potrò mai più vedere il suo viso, assaggiare le sue labbra, sentire il suo profumo, aprirgli il mio cuore.
È tutto finito, finito troppo presto.
Sento qualcosa che mi tocca, nella mia disperazione mi rendo appena conto che si tratta di Katsuyu che mi si avvolge intorno. Improvvisamente mi sento più calmo… Non so cosa mi stia facendo, che potere stia usando, ma riesce a placare il mio pianto.
Mentre lentamente mi alzo e mi allontano, sento dentro di me un po’ di gratitudine nei confronti di quella lumaca…
 
È tutto finito. Naruto ha sconfitto Pain. Ancora non posso crederci.
Ora, da quel che ho capito, è andato a cercare il vero corpo di quel mostro per uccidere anche lui…
Mi aggiro fra i resti del villaggio, cercando il corpo di Kakashi. Vederlo steso a terra senza vita mi farà malissimo, ma ho bisogno di vederlo per avere la certezza che non tornerà più da me.
Continuo a cercare, ma nulla. Durante il tragitto mi imbatto più volte in Katsuyu, ma non ho il coraggio di chiederle dove si trova il corpo di Kakashi. Voglio essere io stesso a trovarlo, non importa quanto ci metterò. Con il villaggio in rovina, ridotto ad una voragine e qualche maceria, trovare un corpo non dovrebbe essere un lavoro semplicissimo; specialmente se per caso è finito seppellito dai detriti durante la distruzione del villaggio. Ma non voglio chiedere all’evocazione dell’Hokage se lo ha visto, sarebbe troppo doloroso per me dirigermi verso un punto preciso con la completa consapevolezza di trovarvi l’uomo che amo privo di vita.
Scuoto la testa per eliminare il pensiero del corpo di Kakashi, punto lo sguardo davanti a me e finalmente lo vedo.
Kakashi è steso a terra, Katsuyu ancora parzialmente su di lui; deve aver cercato di preservare l’integrità del corpo. Accanto a lui c’è Choji, che piange la sua morte come aveva pianto quella di Asuma. Meno di un metro oltre, un’altra Katsuyu sta curando le ferite di Choza Akimichi, che fatica a mantenere una posizione seduta ma sembra comunque essere fuori pericolo.
Mi avvicino, incredulo. Fisso il cadavere. Allora è morto davvero.
Sapevo che Kakashi non c’era più, dal momento in cui me l’aveva detto Katsuyu. Ma evidentemente dentro di me era rimasta un minimo di speranza. Neanche io mi ero accorto di averla, non fino ad ora… Adesso quella piccola speranza è stata distrutta, e mentre guardo il corpo senza vita della persona che amo mi rendo conto che niente al mondo ha più senso. Per alcuni minuti non mi importa più di nulla, e cadendo in ginocchio accanto a Choji appoggio le mani sul petto di Kakashi.
Ho bisogno di tempo per assimilare questo dolore ed imparare a conviverci. Forse non riuscirò mai a superarlo. Ma adesso non è il momento di provarci. Questo è il momento in cui posso permettermi di essere egoista e piangere, maledicendo Kakashi per aver deciso di salvarmi la vita.
«Iruka-sensei?» sollevo lo sguardo quando mi sento chiamare. Accanto a me, Choji mi sta guardando con gli occhi pieni di lacrime. Forse è preoccupato per me, o forse non capisce come mai la persona che gli ha insegnato la regola numero venticinque stia ora infrangendo quella stessa regola in una maniera così plateale. Dopotutto lui non è altro che un allievo che piange la morte di un sensei. Io, invece, sono un ninja adulto e con alle spalle esperienze di battaglia; dovrei essere quello che la sa più lunga, ed invece sono solamente quello che piange più forte.
Vorrei dire al mio ex allievo di stare tranquillo, che andrà tutto bene, ma non mi escono parole. Quando apro la bocca per parlare, mi rendo conto di non essere in grado di produrre alcun suono.
«Non intrometterti, Choji.» quando io non sono in grado di emettere un suono, è il padre del ragazzo a prendere la parola.
Mi giro verso l’uomo, e noto che adesso è in piedi. Non sembra essere al massimo della forma, ma Katsuyu ha fatto un buon lavoro e l’ha rimesso in sesto per bene. Vorrei sorridergli, ma non ci riesco. Mi limito quindi a guardarlo con gratitudine, mentre sul mio viso continuano a scorrere lacrime silenziose.
Per diversi minuti rimango lì a piangere, ma mi rendo conto che non posso restare così in eterno. Devo fare qualcosa, devo reagire. Cosa penserebbe di me Kakashi se potesse vedermi ora? Che sono patetico, probabilmente.
Con un braccio mi asciugo le lacrime mentre mi alzo in piedi. I miei occhi cadono di nuovo sul corpo senza vita sotto di me, e per poco non scoppio di nuovo a piangere. Trattengo il respiro nella speranza di riuscire a calmarmi; funziona, almeno un pochino.
Addio Kakashi…
Mi volto e mi allontano, camminando lentamente con le mani in tasca, lo sguardo fisso per terra. Non posso continuare a piangermi addosso…
Naruto è andato ad incontrare il vero Pain, la persona che si trova dietro al nemico che ha ridotto Konoha in un mucchio di polvere. Per quanto si sa, adesso potrebbero stare combattendo. Katsuyu non ha più detto nulla a riguardo. So che almeno lui non è morto, o la lumaca lo avrebbe riferito immediatamente, ma ciò non toglie il fatto che adesso potrebbe essere in pericolo.
Non posso essere così egoista da pensare al mio dolore. Devo pensare a Naruto, al villaggio e al suo futuro. Devo pensare ai miei allievi e a tutti coloro che un giorno potranno ereditare la Volontà del Fuoco.
Devo comportarmi come un vero shinobi, non posso fare la vittima.
 
Cammino. Non mi sono ancora allontanato molto da Kakashi, ma ho tutta l’intenzione di farlo. Per questo motivo procedo dritto per la mia strada.
La mia attenzione viene colta da una bambina che piange. I suoi genitori sono morti, e lei piange sdraiata sui loro cadaveri. La guardo con malinconia; ricordo ancora quando la volpe a nove code ha attaccato il villaggio, uccidendo i miei genitori. Il mio dolore in quell’occasione era lo stesso che sta sicuramente provando la bambina in questo momento.
Mi avvicino per confortarla. Mi inginocchio al suo fianco, mettendole una mano su una spalla. Con l’altra tocco il collo di suo padre, ma non sento battito. Noto a breve distanza Katsuyu che mi guarda e scuote leggermente la testa, per poi voltarsi e allontanarsi. Morti, la lumaca lo conferma senza bisogno di dire una parola.
Cerco delle parole con cui rivolgermi alla bambina, parole che potrebbero aiutarla a trovare un po’ di conforto, ma non so cosa dire. La prima cosa che mi viene in mente è ciò che il Terzo Hokage ha detto a me quando sono rimasto orfano, ma mi rendo conto che in questo caso non potrebbe funzionare. I miei genitori erano ninja, morti combattendo per difendere il villaggio, ed io ero uno studente dell’accademia che si stava allenando per diventare un ninja. Questa famiglia distrutta era di innocenti civili, perciò è impossibile che la bambina riesca a capire il valore del sacrificio dei suoi genitori.
Decido comunque di aprire la bocca e iniziare a dire qualcosa, qualunque cosa, nella speranza di ottenere un qualche effetto. La piccola mi guarda col volto della disperazione mentre la mia mano è ancora poggiata sulla sua spalla.
L’altra mia mano tocca ancora il collo di suo padre. Sono talmente preso dal cercare una soluzione per la bambina che inizialmente non mi accorgo nemmeno che il corpo sotto le mie dita si è mosso.
Ci metto alcuni secondi ma alla fine me ne rendo conto. E ritraggo la mano di getto, spaventato.
La bambina al mio fianco smette di piangere nel vedere prima suo padre e poi sua madre aprire gli occhi e mettersi lentamente seduti. Si getta fra le loro braccia, probabilmente non le interessa di sapere perché i suoi genitori sono tornati da lei, le importa solo che lo abbiano fatto.
Io invece ho paura. Che accidenti è successo? Erano morti, sono certo che fossero morti!
Salto in piedi, guardandomi intorno. Scene come questa stanno accadendo tutto intorno a me. Ma che cosa vuol dire?
Cerco Katsuyu con lo sguardo, trovandola a circa un metro da me. La guardo confuso, chiedendo spiegazioni senza bisogno di aprire bocca. Lei capisce ugualmente, perché evidentemente non sono l’unico ad avere questo dubbio.
«Le parole di Naruto hanno raggiunto Pain. Il nemico ha sacrificato la sua stessa vita per resuscitare tutti coloro che ha ucciso al villaggio.» spiega la lumaca, ed io rimango pietrificato sul posto.
Stanno tornando in vita. Tutti quelli che sono morti oggi per mano di Pain.
Allora sta tornando in vita anche lui.
Comincio a correre.
 
Raggiungo il punto in cui ho lasciato Choji e suo padre insieme al corpo di Kakashi. E lui è lì, seduto. Vivo.
«Kakashi!» grido per fargli notare la mia presenza.
Non ho voglia di ragionare sul da farsi, in questo momento mi lascio solo guidare dall’istinto. E il mio istinto in questo momento mi dice di correre da lui e abbracciarlo con tutte le mie forze.
Perciò al diavolo la gente e quel che potrebbe pensare. Seguo il mio istinto e basta.
Kakashi mi guarda e so che dietro la maschera sta sorridendo, mentre io mi avvicino velocemente. Choji e Choza fanno un paio di passi indietro mentre cado in ginocchio gettando le braccia al collo dell’uomo che amo.
Lui si muove con fatica ma mi circonda con le braccia. E io mi sento bene come mai mi sono sentito in vita mia.
«Mi hai spaventato a morte!» riesco a mala pena a dire, anche se la mia voce esce forse un po’ più arrabbiata di quel che vorrei.
La verità è che sono stato talmente male, in quei momenti in cui credevo fosse morto, che adesso le mie emozioni si stanno riversando ovunque come un fiume in piena.
«Mi dispiace…» sussurra vicino al mio orecchio, e io sento la maggior parte del mio corpo liquefarsi.
Mi affloscio a terra, seduto, staccandomi dall’abbraccio. Non capisco. Ha detto che gli dispiace? È morto per salvare il villaggio dall’Akatsuki, e gli dispiace di avermi fatto spaventare? Ora più che mai lo si può considerare un eroe, eppure lui ha appena dato a me più considerazione di quanto mi sarei aspettato.
Quindi forse… È possibile che Kakashi ricambi veramente i miei sentimenti?
Mai come ora, mentre me ne sto seduto per terra a fissare Kakashi con aria persa, aspetto che arrivi il momento in cui potremo finalmente parlare da soli, in piena tranquillità.
Voglio dirgli che lo amo e scoprire se anche lui prova davvero qualcosa per me.
Sto per aprire bocca per chiedergli se si sente bene, o qualcosa del genere, per interrompere la tensione che si è creata. Tuttavia non faccio in tempo, perché lui è già in piedi davanti a me e posso vederlo sorridermi attraverso la maschera che porta. Ormai ho passato molto tempo con lui, posso capire quando sorride anche se il suo viso non si vede.
«Katsuyu ha detto che Naruto ha salvato il villaggio. Mi sembra solo giusto che io vada a recuperarlo…» dice, poggiandomi una mano sopra alla testa come farebbe con un bambino.
Sollevo lo sguardo, in parte confuso e in parte infastidito. Mi ha appena trattato come fossi uno dei miei allievi?
«Dopo parliamo.» sono le ultime parole che mi riserva prima di sparire ad altissima velocità.
Mi concedo solo un altro secondo di esitazione, poi mi alzo in piedi anche io. Guardandomi intorno mi rendo conto che Choji e suo padre non sono più qui. Oggi decisamente ho tutta la mia attenzione altrove, se nemmeno mi sono accorto di due persone che si allontanavano; e gli Akimichi, poi, non sono proprio il genere di persone da passare inosservate!
Sospiro, poi mi unisco a tutti gli altri al centro di quello che un tempo era il villaggio. Naruto sta tornando, e tutti lo aspettano.
Quando lo vedo comparire, portato in spalla da Kakashi, non posso fare a meno di sorridere. Il bambino dispettoso che mi faceva impazzire all’accademia è ormai solo vagamente riconoscibile in quel ragazzo con l’aspetto così adulto che viene festeggiato da tutto il villaggio.
Grazie Naruto.
Grazie per aver salvato quel che rimane di Konoha.
Grazie per aver cambiato il cuore del nemico, allo stesso modo in cui col tempo hai cambiato quello di tutti gli abitanti del villaggio.
Ma soprattutto… Grazie per avermi riportato Kakashi.
 
Nel raggio di centinaia di metri non c’è più nulla. Mentre me ne sto sulla testa di pietra del terzo Hogake posso notare che, alla luce del tramonto, Konoha ha un aspetto davvero lugubre. O meglio, la conca di terra brulla che fino a questa mattina era Konoha.
Sospiro mentre mi siedo tra i capelli rocciosi dell’Hokage. Anche con la poca luce, posso vedere diversi metri sotto di me i ninja della foglia montare tende, per cercare di accomodare un rifugio per la notte per tutti quanti. Dopotutto ogni singolo abitante del villaggio oggi ha perso la propria casa.
Mi sdraio a terra, con la gamba sinistra che oscilla verso il viso scolpito e la destra piegata in modo da essere saldamente poggiata sul pavimento. Con le braccia dietro la testa, osservo il cielo mentre gli ultimi raggi di luce del sole spariscono e la luna s’innalza maestosa.
Sono in questa posizione da un bel po’ quando sento dei passi avvicinarsi alle mie spalle.
«Scusa il ritardo. Non riuscivo a trovare la montagna degli Hokage.» sono le parole che mi rivolge il nuovo arrivato.
Che scusa idiota… Com’è possibile non trovare la montagna degli Hokage, quando questa è l’unica cosa rimasta di Konoha? Maledetto ritardatario bugiardo…
Vorrei saltare in piedi e mettermi a urlargli contro per il ritardo e per la scusa idiota con cui lo ha giustificato, ma non ce la faccio. Non oggi. Non dopo aver avuto così tanta paura di perderlo.
Mi alzo in piedi con calma, raggiungendolo. Vedo i suoi capelli argentei quasi illuminarsi alla luce riflessa della luna.
«Mi sarei preoccupato di più se fossi arrivato in ora-» la mia frase viene interrotta.
Non l’ho visto né sentito muoversi, eppure un attimo prima era a circa tre metri da me e un attimo dopo aveva le labbra contro le mie, con la maschera abbassata.
E quando mi rendo conto che mi sta baciando, ogni pensiero o preoccupazione se ne va al diavolo. La paura, l’ansia, il dolore dei ricordi di quello che è successo oggi. È come se nulla fosse mai accaduto.
Gli getto le braccia al collo, felice e finalmente rilassato. Le sue braccia sono avvolte in maniera possessiva intorno alla mia vita, al punto di farmi avvampare. Accidenti, è l’unica persona che sia mai stata in grado di farmi arrossire come una ragazzina innamorata!
Poi le nostre labbra si separano e, alla fievole luce della luna, i miei occhi incontrano il suo. I nostri sguardi s’intrecciano, e per un momento mi sembra che il mondo intero sia perfetto.
Così perfetto, in effetti, che le parole che da tutto il giorno avrei voluto dire a Kakashi si fanno strada da sole verso le mie labbra.
«Ti amo.» confesso in un soffio, senza smettere di guardare l’uomo davanti a me.
E poi me ne accorgo: è solo un attimo, ma posso riconoscere la paura nell’unico occhio visibile di Kakashi.
L’ho spaventato? L’ho traumatizzato? L’ho spinto a scappare via da me? Adesso sono io ad avere paura.
Abbasso lo sguardo mentre lui fa un passo indietro, non riesco a sopportare quella sua aria sconvolta. Trovo di nuovo il coraggio di guardarlo negli occhi quando mi accorgo che si è lasciato cadere a terra come un grosso sacco di patate.
Poi, inaspettatamente, scoppia a ridere.
Il mio cuore va in frantumi. Eppure credevo davvero che ricambiasse i miei sentimenti! Invece, a quanto pare, ai suoi occhi io non sono altro che un gioco.
Mi sento ferito in maniera indelebile. Nel profondo.
Che stupido sono stato… Come ho fatto ad innamorarmi di un simile stronzo? Eppure, dopo aver passato tanto tempo con lui, non lo vedevo più come uno stronzo. Ma adesso, col senno di poi, è evidente che la mia prima impressione di lui quando è diventato il sensei di Naruto era quella giusta: Kakashi Hatake è uno stronzo.
Cerco di ricacciare indietro le lacrime mentre corro via. Non mi dirigo verso Konoha ma dalla parte opposta. Non voglio vedere nessuno, voglio rimanere da solo.
Non riesco ad allontanarmi di molto, però, perché qualcuno mi raggiunge e mi circonda con le braccia da dietro. Mi stringe forte, immobilizzandomi le braccia lungo i fianchi. E non è da me, ma sono così debilitato in questo momento che non solo non capisco se è un nemico oppure no, ma neanche mi importa.
«Si può sapere perché te ne sei andato?» mi chiede la persona alle mi spalle, senza smettere di stringermi, e io sento la sua voce perdersi nella mia mente.
Sento Kakashi respirare vicino al mio collo. Non ha rimesso su la maschera, è evidente, altrimenti il suo fiato sarebbe molto più smorzato e forse neanche riuscirei a sentirlo. Invece in questo momento lo sento eccome, e mi fa venire i brividi.
Nonostante il piacere che provo nel sentirlo così vicino a me, istintivamente mi irrigidisco.
«Bastava dire che non ricambi. Non c’era bisogno di ridermi in faccia.» la mia voce esce fuori un po’ più dura di quanto avrei voluto.
«Hai frainteso, non ti ho riso in faccia!» percepisco urgenza nella sua voce «Cioè sì, forse tecnicamente si può dire che ti ho riso in faccia, ma ti assicuro che non volevo!» dice quasi tutto d’un fiato.
«Baciarmi… È un gioco per te?» domando a bruciapelo, senza stare nemmeno a pensarci: la domanda esce praticamente da sola, prima che io possa pensare. La mia voce, però, è malinconica, anche se avrei preferito non lo fosse.
Un attimo di silenzio, poi Kakashi si discosta da me quanto basta per afferrarmi le braccia con le mani e farmi voltare verso di lui con la forza. Per un istante penso di ribellarmi, ma alla fine lo lascio fare.
Con una mano mi solleva il mento per portarmi a guardarlo in viso, mentre l’altra mano tiene ancora saldamente il mio braccio.
«Un gioco dici?» sento la sua voce diventare dura «Oggi quando mi sono reso conto che il villaggio era sotto attacco sono andato nel panico. Tutto quello che volevo fare era trovarti e accertarmi che stessi bene. E quando ho visto che eri in pericolo di vita mi sono sentito spaventato come mai mi era successo prima. Ho avuto tanta di quella paura di perderti che ho rischiato di tuffarmi in maniera suicida davanti a te per prendere il colpo al posto tuo! Ci ho messo un paio di secondi a rendermi conto che potevo salvarti senza ferirmi, e ti assicuro che non mi era mai capitato prima di pensare in maniera irrazionale in battaglia. Come puoi pensare che per me sia solo un gioco?»
Il suo è un tono di rimprovero, ma la sua voce sembra così sincera…
Mi sento sciogliere. Quindi vuol dire che tiene a me? Non ci capisco più niente, vorrei solo che la smettesse di contraddirsi da solo e mi dicesse una volta per tutte come stanno le cose.
«Oggi sono morto e ho incontrato mio padre. Credo di avere il diritto di reagire a sproposito, per una volta.» aggiunge dal nulla, lasciandomi paralizzato sul posto.
Quando è morto ha incontrato suo padre? Non riesco a trattenermi dallo spalancare la bocca per la sorpresa nel sentire quelle parole. Non mi sono mai chiesto cosa succede quando si muore, ma a chiedermelo ora direi che non avrei mai pensato si potessero incontrare altre persone defunte.
Eppure, delle parole di Kakashi, non è questo che mi sconvolge di più. Ha menzionato suo padre, e lui non parla mai di suo padre. Anni di amicizia, e questa è la prima volta che glielo sento nominare!
Ok, forse posso capire perché è scombussolato. E mi sento in colpa per avergli parlato come un bastardo.
Gli sorrido, cercando di trasmettergli tutti i miei sentimenti con quel semplice gesto.
«Quando stamattina mi sono svegliato e ho trovato il tuo biglietto, speravo potessimo parlare in pace. E invece l’Akatsuki ha attaccato il villaggio, e la mia unica preoccupazione eri tu. Quando credevo che Pain mi avrebbe ucciso, è a te che sono andati i miei pensieri. Quando sei venuto a salvarmi, però, è stato col terrore nel cuore che ti ho lasciato lì a combattere. Avevo così tanta paura di perderti che faticavo a concentrarmi su quello che stavo facendo io. E quando Katsuyu mi ha detto che eri morto mi sono sentito crollare il mondo sotto i piedi. Perché non potevo accettare che te ne andassi senza sapere quello che provo per te. Senza sapere che ti amo.»
Che bisogno c’è ormai di nascondersi? Nessuno. È per questo che non ho problemi a mettere tutte le carte in tavola.
Finito di parlare mi trovo a fissare il suo unico occhio visibile, finché non lo vedo diventare lucido. Ma sono abbastanza certo di essermi sbagliato. Kakashi non ha la lacrima facile; non è come me.
Più lo fisso e più quell’occhio mi sembra decisamente più lucido del normale, anche se nessuna lacrima ne scende. E mi basta guardarlo per pochi secondi per capire che quell’occhio ha ormai da molto tempo dimenticato come si piange.
Un tocco delicato sul viso mi distrae da questi pensieri. Sono le mani di Kakashi che si poggiano sulle mie guance.
«Anche io ti amo.»
Lo stupore mi fa sgranare gli occhi, e mentre cerco di ragionare su qualcosa di senso compiuto da dire… Mi bacia. Con dolcezza e passione.
Mi ama.
E nient’altro al mondo ha senso.
  
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