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Autore: fourfiveseconds    18/02/2016    0 recensioni
Blair, 18 anni.
Justin, 20 anni.
Blair e Justin sono conoscenti fin dall’età di 2 anni per via della stretta amicizia che lega i loro padri Thomas e Jeremy.
Tuttavia non sono mai stati grandi amici: interessi diversi e compagnie diverse.
Con l’omicidio di Thomas e la scomparsa di Jeremy si persero del tutto di vista.
Blair e Justin però non sanno di avere un grosso segreto in comune che permetterà loro di capire tante cose.
Tratto dalla storia:
“Sei senza sogni, Justin” affermai guardandolo diritto negli occhi.
Se mi ci perdevo in quegli occhi? Decisamente.
“Avevo dei sogni, la vita me li ha strappati.” Disse portandosi la sigaretta alle labbra.
“Ti aiuterò a ritrovarli allora. Ti insegnerò come si ama. Lascia perdere la droga: sarai completamente dipendente da me quando avrò finito con te.”
Genere: Generale, Mistero, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Un po' tutti
Note: AU | Avvertimenti: nessuno
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15 Dicembre 2015, New York.

Il periodo natalizio era sempre stato una delle migliori parti dell’intero anno; le luci, gli addobbi e la musica natalizia spargevano così tanta allegria nei cuori della gente che diventava persino piacevole il dover andare a scuola. A differenza degli altri anni, però, questo potrebbe essere descritto propriamente come l’antitesi della felicità natalizia, non c’era niente che potesse essere ricollegato alla spensieratezza e all’allegria caratterizzante del Natale.
L’intera scuola era sconvolta per il recente suicidio di Ryan Barkley, quarterback della squadra di football della ‘Hudson East High’.
Da quando è accaduto sembra che tutti temano per la loro incolumità, che siano spaventati, atterriti dall’ansia. 
Era diventato così difficile camminare nei corridoi cercando di fingere che non fosse successo nulla, c’erano fiori, lettere di addio e foto ricordo di Ryan in qualsiasi zona della scuola: aule, corridoi, mensa, palestra, biblioteca. Per non parlare della miriade di forze pubbliche che, ormai da parecchi giorni, gironzolava in cerca di prove per tutta la scuola.

D’altra parte tutti sapevano com’era Ryan: impulsivo, arrogante, stava sempre sulle sue e se ci fosse stato qualche affare losco da portare a termine non si sarebbe mai tirato indietro.

“Non ti fa un po’ pena Bieber?”

La voce della mia migliore amica Hayls mi riportò alla realtà e non riuscì a fare a meno di voltarmi. Bieber era il suo migliore amico e da quando Ryan era scomparso non aveva fatto altro che chiudersi in sé stesso, non riusciva neanche più a giocare a football senza di lui.

“Sinceramente non m’importa Hayls.”

Con me non era mai stato cortese. In verità con nessuno se non con il suo gruppo di amici stretti ai quali voleva più bene che a sé stesso.
Non mettevo in dubbio il fatto che volendolo avrebbe anche potuto essere un ragazzo d’oro capace di donare il cuore per qualcosa che considerasse grande. Sarebbe stato capace di sputare sangue per salvaguardare qualcuno a lui caro e probabilmente per Ryan non era riuscito a fare abbastanza, si storceva per questo.
Lui non ne parlava ma la sua espressione sì. Era deluso, insoddisfatto, si sentiva in colpa. Non era improbabile che nascondesse qualcosa di troppo conto.

“Come sei acida Blair! Ha perso un fratello, dovrebbe importarti un minimo.”

Lasciai perdere prima che emergesse la parte arrogante del mio carattere, ma non me ne fregava un cazzo di Bieber. Se mi dispiaceva? Sì. Avrei voluto aiutarlo ad uscirne? No. Non erano problemi miei, dalla morte di mio padre ne ero uscita da sola, senza l’aiuto di nessun altro. Poteva farcela anche lui, non era debole. Lo sapevo per certo, si intuiva dalla sua immagine.

Drin!

Raccolsi la mia roba e mi recai all’uscita senza nemmeno salutare Hayls. Percorsi i corridoi più velocemente possibile per evitare di vedere pianti su pianti e raggiunsi il belevedere retrostante della scuola: da un paio di mesi mi recavo lì perchè avevo deciso che volevo starmene un po’ da sola. Regalava un’ottima vista di buona parte della città di New York e aiutava a riflettere.

Notai che la mia solita panchina era occupata. Mi girai, infastidita, per andarmene ma qualcosa in me mi disse che dovevo restare. Che dovevo aiutarlo. Mettere da parte il rancore che avevo verso di lui anche se sarebbe stato difficile. Così seguì il mio istinto e mi diressi alla panchina.

“E’ bello stare qui, mh?”

Non si smosse di un solo millimetro. Non annuì, non fece un cenno. Fissava il vuoto davanti a lui.
Mi sedetti al suo fianco anche se non avrei dovuto. Perché avrei dovuto farlo? Non m’importava. Eppure non riuscivo a vederlo così, il mio inconscio voleva che lo aiutassi.

“Jus-“ mi corretti: “Bieber, ascoltami quando ti parlo… me lo devi.”

Ancora nessun cenno di vitalità. Come ci era finito uno come lui a ridursi così?
Una perdita ti cambia, lo confermo. Ma non fino a questo punto.

Presi lo zaino e mi alzai per dirigermi verso casa: “Senti mi sono stufata, non avrei dovuto seguire l’istinto. Non sei mai stato bravo ad aprirti, non so cosa speravo di ottenere venendo qui. Buona serata.”

Mi afferrò per il braccio e lo guardai negli occhi. Aveva gli occhi così rossi e gonfi a causa del pianto e della marjiuana che a guardarli mi faceva tenerezza.

“Resta Blair.” Lasciò la presa. “Ti prego.”

Lo guardai ancora negli occhi e me ne andai senza neanche rispondergli. Non sono stata una stronza, semplicemente ognuno raccoglie quello che ha seminato ed io… io non sono più pronta a riaccoglierlo nella mia vita.

Flashback:

Le lacrime scorrevano sul mio volto a fiumi quel giorno, non riuscivo ad uscire dalla mia stanza neanche per respirare.
Perdere mio padre era stato distruttivo, soprattutto non sapendo i motivi del suo omicidio. Era uscito la sera prima a prendere il latte ma non era più tornato e nessuno sapeva darci una spiegazione valida.
 “Non sempre c’è una spiegazione agli omicidi”, diceva quell’agente di polizia, “a volte capitano e basta”.
Eppure dentro di me sapevo che una spiegazione c’era. Nessuno commette un omicidio senza un motivo.

Qualche giorno dopo decisi di recarmi dall’unica persona che avrebbe potuto sapere qualcosa in più: Justin Bieber. O meglio: suo padre, nonché migliore amico di mio padre.
Sapevo che recandomi nel suo quartiere avrei potuto morire, ma al tempo ero così depressa che pensavo di non aver nulla da perdere.
Arrivai davanti a casa sua e lo trovai in giardino.

“Bieber, giusto?” mi rivolsi a lui.

“Cosa ci fai qui? Va’ a casa Blair, non è posto per te.” Mi parlava senza neanche degnarmi di uno sguardo, continuava a fumare la sua sigaretta come se fosse ancora da solo.

“Mio padre è morto. Ho bisogno di parlare con tuo padre, Justin.”

Questa frase sembrò catturare la sua attenzione. Si voltò di scatto verso di me e sussurrò qualche imprecazione ma non riuscii a capire chiaramente. Spense la sigaretta per dirigersi verso di me. Uscì dal cancello e lo chiuse alle sue spalle per poi oltrepassarmi e andare per la sua strada.

“Prima di andartene dimmi dove posso trovare tuo padre!” urlai quando era ormai a qualche metro di distanza da me.

“Non lo troverai. Mi spiace per tuo padre ma non puoi farci nulla, va’ a casa se non vuoi avere guai!”

Quella sera tornai a casa, delusa. Qualche giorno dopo scoprì che il padre di Bieber era partito, aveva lasciato il paese. La voglia di sapere mi assaliva talmente tanto che decisi di tornare a casa sua ma sfortunatamente non trovai nessuno.

Decisi che sarebbe stato meglio vivere con la convinzione che non c’era stato un vero motivo, qualcuno doveva semplicemente aver sbagliato.

   
 
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