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Autore: Manu_Green8    19/02/2016    2 recensioni
La questione era sempre quella: che fossi io su quel divano con la febbre o che fosse lui con una ferita d'arma da fuoco sulla spalla. Ero il suo fratellino e Dean mi avrebbe protetto. Sempre.
Genere: Fluff, Slice of life | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Dean Winchester, Sam Winchester
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Quarta stagione
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Stavo seduto sulla sedia di legno scuro del salotto di Bobby. Continuavo a pensare a ciò che era accaduto quella sera e a fissare il divano, nel quale Dean giaceva e stava intraprendendo un sonno poco tranquillo. Ma dopo essere stato sparato alla spalla era normale dormire in modo difficoltoso, no? 
Visto in quel modo, adagiato sul divano marrone con il petto nudo, la spalla fasciata e il cuscino sotto la testa sembrava quasi un bambino indifeso, nonostante le sua sopracciglia aggrottate nel sonno, le rughette intorno agli occhi e il sottile strato di sudore che gli imperlava la fronte mostrasse chiaramente - almeno a me - tutto ciò che aveva passato. Dean non era affatto un bambino, ma un uomo adulto con una vita complicata. Proprio come la mia.

Sospirai, mentre mio fratello gemeva di dolore e cercava di trovare una posizione più comoda. Stava soffrendo e ancora una volta era colpa mia. Perché ovviamente io c'entravo sempre.
Dean pensava di avere un compito nella vita, fin da quando eravamo bambini: proteggere suo fratello minore.
E anche quella sera era stato così, quando quella strega mi aveva puntato la pistola contro, mentre io ero completamente disarmato.
Mi veniva quasi da ridere, perché se Dean era decisamente più basso di me, quello era stato un bene per la sua vita.
Si era piazzato davanti a me senza esitazione e il proiettile che doveva finire nel mio cuore era finito sulla sua spalla sinistra, facendolo ricadere indietro contro di me.
Mi veniva da ridere perché la nostra differenza di altezza era stata la sua salvezza. La nostra salvezza.
Il solo pensiero di perderlo un'altra volta mi faceva sudare freddo.
Lo avevo già fatto troppe volte. Non volevo che ce ne fosse un'ennesima.
Potevo ricordare così tante di quelle volte in cui Dean si era sacrificato per me, da farmi venire il mal di testa. Come quando aveva fatto il patto con il demone degli incroci solo per riavermi indietro, con la conseguenza di finire all'inferno. Beh, in effetti quello poteva essere considerato l'esempio più eclatante.
Voltai la testa verso la finestra, attratto dall'improvviso rumore di pioggia. Sorrisi divertito, pensando a Bobby là fuori, che avrebbe iniziato ad imprecare e sarebbe tornato in caso bagnato dalla testa ai piedi.
E più il rumore della pioggia battente diventava più forte, più un ricordo riaffiorava nella mia mente.

 

"Dean". La mia voce era stata fievole, ma non c'era bisogno di ripetere il suo nome ad alta voce, perché mio fratello era già lì, in ginocchio davanti allo stesso divano marrone che stava nel salotto di Bobby da sempre. 
"Ehi, Sammy" mi disse con un piccolo sorriso triste sulle labbra. Quel sorriso che ogni volta mi faceva capire che mio fratello maggiore non stava bene con se stesso. Quella volta era il senso di colpa che lo stava divorando. Perché se io ero sofferente su quel divano, lui non riusciva a smettere di pensare che la colpa fosse sua.
"Ho freddo".
E lui si era alzato ed era tornato dopo qualche minuto con una spessa coperta tra le mani e mi aveva avvolto ancora di più. "Meglio?" chiese, accarezzandomi la fronte bollente.
E io avevo annuito. "Grazie".
Dean aveva sospirato e si era seduto sul bordo del divano. "Dovevo dirti di no e basta" si era lasciato sfuggire, mentre guardava un punto indefinito per terra.
Quel pomeriggio, nonostante papà e Bobby ci avessero detto chiaramente di restare all'interno dell'abitazione per quel paio di giorni in cui saremmo rimasti soli, Dean mi aveva lasciato uscire, disobbedendo agli ordini.
Sapevamo entrambi che sarebbe potuto uscire di lì soltanto lui, il maggiore tra i due - il fratello che nonostante avesse soltanto dodici anni aveva più responsabilità di uomini adulti - solo in caso di necessità. Ma quando quel guaito aveva attirato la mia attenzione alla finestra, facendomi osservare ciò che fuori stava accadendo e portandomi a supplicare mio fratello, Dean non era riuscito a dirmi di no.
Inizialmente era semplicemente rimasto in silenzio, guardandomi con fare pensoso.
"Dean, è incastrato sotto la lamiera. Sono non aiutiamo quel cucciolo, potrebbe perdere la zampa. Continua a tirarla peggiorando la situazione. Per favore" avevo detto in tono supplichevole.
E lui si era convinto. Eravamo usciti di casa senza le giacche, sotto la pioggerella leggera che aveva iniziato a venir giù dal cielo scuro.
Ci avevamo impiegato troppo tempo a liberare quel cane da sotto la lamiera di una macchina sgangherata del parcheggio pieno d'auto di Bobby, tanto che la pioggia si era infittita e noi eravamo tornati in casa completamente bagnati, con Dean che teneva tra le braccia il cane dalla zampa ferita.
Lo avevamo medicato e nutrito. E adesso stava in cucina, dormiente in un cumulo di coperte.
Ma nel modo di farlo avevamo finito per dimenticare che i nostri vestiti erano bagnati. Solo alla fine avevamo fatto una doccia calda e indossato qualcosa di asciutto.
Il risultato? La sera stessa a me era venuta la febbre, mentre Dean continuava a colpevolizzarsi e nonostante cercasse di non darlo a vedere, continuava a pensare a quale sarebbero state le conseguenze di quella bravata. Nostro padre sapeva come metterci in riga e speravo vivamente che una volta tornato da noi, io sarei stato bene, così da poter stare accanto a Dean e non fargli subire da solo le conseguenze.
Non che me lo avrebbe permesso. Dean era così bravo a prendersi tutte le colpe e a distorcere la verità solo per proteggermi. Anche agli occhi di nostro padre. Non sapevo se John Winchester si fosse mai accorto di quante volte Dean gli avesse rifilato eventi falsi. E probabilmente sì, ma a lui andava bene così. Tutti, da sempre, pensavano che io fossi il più debole della famiglia e che andassi protetto. Era per questo che anche nostro padre, fiero di Dean, fingeva di bersi tutto quello che il suo primogenito gli diceva.
"Non è colpa tua, Dean" gli avevo detto, seppellendo di più il viso nelle coperte.
"Sì, invece".

 

"Sammy". Dean aveva finalmente aperto gli occhi.
"Come stai?" gli chiesi, alzandomi dalla sedia e andandomi a sedere sul bordo del divano, mentre lui si spostava per lasciarmi un po' di spazio.
"Come se mi avessero sparato".
Io scossi la testa, voltando la testa per guardarlo. Il suo sorrisino beffardo era tornato e sentire la sua ironia nella voce mi stava facendo rilassare un po'. Decisamente meglio dell'espressione sofferente che aveva sul viso qualche ora prima mentre infilavo una pinza nella sua spalla per rimuovere il proiettile e lui continuava a bere whisky e ad imprecare, con i muscoli tesi e velati di sudore.
"Sei un idiota" lo insultai bonariamente.
"Grazie".
Rimasi qualche secondo in silenzio prima di tornare a parlare. "Dean, mi dispiace".

 

"Sammy, mi dispiace" aveva detto, facendomi spalancare gli occhi dallo stupore.
"Per cosa?" avevo chiesto, tirandomi su. "Dean, non devi proteggermi sempre".
"Sei il mio fratellino. Sì, che devo".

 

"Per cosa, Sammy?" mi aveva chiesto, aggrottando le sopracciglia.
"Non devi proteggermi sempre".
"Sei sempre il mio fratellino. Sì, che devo".
E io non riuscivo a capire se anche lui ricordasse quella conversazione avvenuta tanti anni prima, quando le nostre condizioni erano decisamente contrarie. O se fosse solo un riflesso, causato da alcuni ricordi involontari.
"Ti farai ammazzare per me. Di nuovo" dissi amaramente, passandomi una mano sul viso e gettando i capelli indietro con la mano libera.
"E che importa?" chiese lui, come se fosse una delle cose più stupide che mi avesse sentito dire.
"Importa a me, Dean. Sei mio fratello. E sinceramente non sei l'unico ad aver paura di vivere senza la tua famiglia accanto. Lo stesso vale per me, lo sai".
Dean non mi aveva risposto ovviamente e aveva chiuso di nuovo gli occhi.
Rimasi in silenzio per un po' e quando pensai che si fosse ormai addormentato una seconda volta, sussurrai: "Ti voglio bene, Dean".

 

"Dean?".
"Sì?" si era voltato a guardarmi, aspettando forse che gli chiedessi qualcos'altro di cui avessi bisogno.
"Ti voglio bene".
E lui mi aveva sorriso. "Anch'io te ne voglio, Sammy".
"Sta piovendo ancora?".
Dean aveva annuito. "E continuerà ancora per tutta la notte, credo. Riposa un po', va bene?".
E io avevo annuito, prima di chiudere gli occhi.

 

"Sam?" quasi sobbalzai, sentendo che era ancora sveglio, nonostante continuasse a tenere gli occhi chiusi.
"Sì?".
"Sta piovendo ancora?" chiese con voce impastata, a causa della stanchezza.
Ancora? Ma se aveva appena iniziato. Sorrisi, scuotendo la testa. Era proprio come pensavo. Le parole di Dean erano influenzate da quei ricordi involontari. E forse io non ero stato molto d'aiuto usando le stesse parole di un tempo, scolpite nella mia mente.
"Sì. Credo che lo farà per tutta la notte. Riposa, Dean".

 

 

  
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