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Autore: bradbury    25/02/2016    7 recensioni
Dean è ubriaco, nell'Impala, tormentato dai suoi pensieri. Sta pensando a Castiel e a quello che ha fatto.
[Questa storia si colloca fra la 11x14 e 11x15, perciò contiene spoilers]
Genere: Angst, Sentimentale, Triste | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Dean Winchester
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Contesto generale/vago
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 ******************************************** NOTE *********************************************
Non mi riprenderò mai, sto scrivendo per superare questo momento difficile della mia vita. Potrei contiuare a scrivere all'infinito sul denial di Dean, perchè è bellissimo. Un grazie di cuore a tutti coloro che leggeranno e parteciperanno al mio dolore. 









L’esistenza di Dean Winchester consisteva in un’infinita montagna russa cosparsa da rari picchi di alti, da una quantità inaccettabile di bassi e da altri momenti così schifosi che scendevano sotto il livello del mare fino a raggiungere il centro della Terra. Era disseminata di eventi sopportabili e da altri che gli facevano desiderare di chiudere gli occhi in eterno. Sfortunatamente per lui non ci sarebbe stato sollievo nemmeno nella morte, perciò tanto valeva continuare ad andare avanti per la propria strada e cercare di trovare qualcosa a cui aggrapparsi per non sprofondare nella merda più di quanto non lo fosse già. Dean riusciva sempre a trovare un appiglio, era un esperto nel riempirsi la testa di illusioni, a mantenere vivo lo spirito concentrandosi su dettagli assolutamente insignificanti se paragonati alla dimensione spropositata dei suoi problemi, ma che comunque lo tenevano ancorato alla vita da trentasette anni.

Per prima cosa, dopo tanto tempo Sam stava bene, niente più strani poteri o inquietanti visioni, nessuno lo possedeva e la sua anima era dove doveva essere. Dean non voleva sbilanciarsi troppo, ma aveva anche la sensazione che non gli tenesse più niente nascosto, il che era l’equivalente di una vincita molto generosa alla lotteria. Poi c’era Castiel, angelo del signore, traditore professionale, era morto, risorto, morto ancora, risorto un’altra o forse altre cento volte. Spesso e volentieri se l’era vista brutta, specialmente quando quella testa di cazzo nota a tutti con il nome di Metatron, l’aveva preso allegramente per il culo e rubato la sua grazia, il tutto in un colpo solo. Anche Castiel stava bene. Finalmente vivevano tutti insieme appassionatamente sotto il tetto corazzato del bunker e passavano le giornate trastullandosi alla ricerca di un modo per uccidere l’Oscurità. Un vero spasso.

Tirando le somme, Dean era orgoglioso della sua piccola famiglia disfunzionale, era tutto ciò che aveva e tutto ciò per cui valeva la pena lottare. Eccetto che ora lui era una fottuta marionetta alle dipendenze di una psicopatica, Sam probabilmente si sarebbe fatto male nel tentativo di ammazzarla al posto suo e Castiel aveva deciso di spezzare la monotonia della quotidianità offrendosi come tramite di Lucifero. Quella era stata la goccia che aveva fatto traboccare il vaso, il punto di non ritorno, la pugnalata dritta al cuore.

Dean prese l’ennesima, lunga sorsata di whiskey scadente dalla bottiglia che aveva comprato lungo la strada, e si sdraiò sul sedile dell’Impala. Si era dileguato dal bunker prima che a Sam sfuggisse la situazione di mano e lo legasse ad una sedia per obbligarlo a sfogarsi. Sarebbe dovuto passare sul suo cadavere piuttosto che torturarlo con le sue stronzate da strizzacervelli mancato. L’unica cosa di cui aveva bisogno Dean era ubriacarsi fino a perdere i sensi per smettere di pensare a quello stupido angelo. Sperava solo che l’alcol si sbrigasse a fare effetto, perché nel frattempo il suo cervello sembrava non riuscire a sintonizzarsi su altro.

Castiel era la personificazione delle sue certezze. L’unico briciolo di fede che Dean possedeva era devota a lui, ciò che era diventato lo doveva in parte anche alla sua all’influenza. Non si era mai sentito solo perché sapeva che lui sarebbe sempre rimasto al suo fianco. Castiel al momento non era più fra loro e Dean si sentiva autorizzato a sprofondare nel baratro di disperazione in cui non si azzardava avventurarsi più del necessario.

Stupido, stupido figlio di puttana. Dean era così incazzato da aver immaginato con meticolosità maniacale il momento in cui l’ordine sarebbe stato ristabilito e Castiel avrebbe di nuovo rioccupato il suo corpo. Ad aspettarlo ci sarebbero stati Dean e il suo pugno, con il quale avrebbe colpito ogni centimetro della sua brutta faccia. Bevve un altro sorso, poi un altro.
“Non la passerai liscia” biascicò Dean, strascicando le parole. Probabilmente se non fosse stato ubriaco fradicio a quell’ora starebbe facendo qualcosa di diverso dal minacciare a distanza un angelo che forse nemmeno lo stava ascoltando. “Hai fatto una cazzata, Cas. A cosa diavolo stavi pensando? Chiaramente non a me” fece una pausa, ignorando quel barlume di lucidità che gli urlava di chiudere la bocca e smettere di parlare, perché se avesse continuato avrebbe ammesso cose che in condizioni normali l’avrebbero fatto vergognare come un ladro.

“Lo sapevi che non sarei stato d’accordo ma l’hai fatto lo stesso, tanto chi se ne frega se adesso sto perdendo la testa per colpa tua” guardò con astio il tettuccio dell’Impala allo stesso modo di come avrebbe guardato Castiel se fosse stato accanto a lui. “Sono così furioso con te, Cas. Non so se riuscirò a rivederti e ho paura, non ti ho nemmeno detto addio, non ti ho nemmeno detto…” Dean s’interruppe e si passò una mano sulla faccia, prima di abbandonarsi ad un sospiro intriso di amarezza. “Perché mi hai lasciato quando avevo più bisogno di te, uh? Se ti stai vendicando per tutte le volte in cui sono stato io quello ad averti abbandonato ti assicuro che sta funzionando alla grande. Ho imparato la lezione, ora puoi tornare. Ti prego, Cas, torna indietro da me.”

Rimase in silenzio, in attesa, come se Castiel dovesse comparire accanto a lui da un momento all’altro. Era insensato, ma Dean aspettò e aspettò, perché lui arrivava sempre quando lo chiamava, con quel suo ridicolo trenchcoat e i suoi occhi blu costantemente pieni di preoccupazione. L’avrebbe salutato come al solito e poi Dean avrebbe allungato una mano per afferrarlo e picchiato o forse alla fine l’avrebbe solo abbracciato stretto fra le braccia, perché gli era mancato così tanto, dannazione. Doveva solo mettersi buono e aspettare.

Lo fece, almeno finché non terminò il whiskey, e alcune lacrime che stava trattenendo da giorni sfuggirono al suo controllo. Dean le asciugò subito, coprendosi la faccia per nascondere la sua debolezza anche se non c'era nessuno ad osservarlo. Castiel non sarebbe arrivato, Castiel stava facendo l’eroe pagando le conseguenze del suo sacrificio mentre tutto ciò che lui poteva fare era sperare di essere abbastanza fortunato da trovare la maniera di aggiustare la situazione.

“A-ascolta, Cas. Non so se riesci a sentirmi…” gli si spezzò la voce e dovette raccogliere tutta la forza che aveva per proseguire la sua preghiera. “Troverò il modo di salvarti, Cas e non m’importa se Sam continua a ripetere che non è quello che vuoi, io lo farò comunque. Non mi darò pace fino a quando non sarai di nuovo con noi, hai capito? Te lo prometto, Cas, ti verrò a salvare…”
   
 
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