Film > Captain America
Ricorda la storia  |       
Autore: Itsamess    27/02/2016    3 recensioni
[Steve Rogers + Bucky Barnes]
Idealmente ambientata dopo CATWS: Bucky lascia il lato oscuro e si unisce allo SHIELD, ma la sua prima, nuova, missione è recuperare un rapporto ammaccato dal tempo più di uno scudo di vibranio.
Bucky fece un passo verso di lui ma si fermò nel vedere l’amico indietreggiare. Davvero aveva paura di lui? Non gli avrebbe mai fatto del male.
Mai più, almeno.
«Steve-»
«Il fatto è che mi manchi. E vorrei poterti abbracciare in questo momento ma non riesco a smettere di pensare che abbracciandoti potresti pugnalarmi alla schiena. Quindi non lo farò. Perché non ce la faccio. Non ora»
Steve parlava a scatti, come se ogni parola gli costasse un quantitativo di energia superiore alle sue forze e dovesse fermarsi per riprendere fiato.
«Ma sappi che mi manchi. Sono- anni che mi manchi»
Genere: Fluff, Introspettivo, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: James 'Bucky' Barnes, Steve Rogers
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
   >>
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A
 
La lista delle cose che ci siamo persi dormendo
 
 
 
 Non voglio chiudere gli occhi
Non voglio addormentarmi
Perché ti perderei, amore
 e non voglio perdermi niente
 
I Don’t Wanna Miss A Thing, Aerosmith
(32esimo punto della lista delle cose da recuperare)
 
 
 
 
 
 
Capitolo 1 Il perdono, questo sconosciuto
 
La gente ha una visione distorta degli Agenti Speciali.
Se li  immagina sempre vestiti di tutto punto, con i capelli impomatati e le scarpe appena lucidate, pronti ad utilizzare avanzatissime tecnologie di intelligence per salvare la Terra un giorno sì e l’altro pure.
Purtroppo per loro, la realtà è ben diversa.
Anche per gli Agenti Speciali esiste il lunedì mattina, la calca in metropolitana e la coda in mensa per aggiudicarsi l’ultima porzione di pizza fantasia.
 
«Non ti azzardare» lo minacciò Bucky in tono serissimo, sfiorando lentamente il bordo zigrinato del coltello con la punta delle dita.
Era tagliente, bene strano.
Alzò lo sguardo sull’altro, aspettandosi di vederlo tremare di paura o quantomeno allontanare la mano, eppure Steve non si mosse di un millimetro.
 
«Altrimenti cosa fai? Mi pugnali con le posate di plastica?»
 
«Non tentarmi» lo avvertì, tenendo gli occhi fissi sul coltello.
 
Steve non poté fare a meno di notare che l’amico aveva fatto uno strano sorriso. L’idea di una battaglia all’ultimo sangue nella mensa dello S.H.I.E.L.D. gli piaceva più di quanto fosse lecito, e si sentì percorrere da un brivido di paura.
Sapeva che razionalmente non c’era nessun motivo per essere spaventato, dato che la mente di Bucky era stata epurata dai condizionamenti dell’HYDRA e che alla fine stavano solo scherzando su una stupida fetta di pizza… eppure non riusciva a togliersi dalla testa l’immagine del suo migliore amico che puntava un’arma contro di lui. Perché Bucky era davvero capace di pugnalarlo, ne aveva avuto la prova solo poco tempo prima. La ferita alla spalla poteva essersi cicatrizzata all’esterno, ma aveva lasciato traccia anche dentro di lui..
 
Quasi riuscisse a leggergli nella mente, Bucky riprese «Non ti conviene combattere con me. Sai quanto sono abile nel corpo a corpo»
 
«Per carità, risparmiateci i dettagli della vostra vita privata!» 
Non ebbero nemmeno bisogno di voltarsi per sapere che la voce stentorea che li aveva appena rimproverati apparteneva a Tony Stark, il quale senza farsi alcuno scrupolo si fece largo fra di loro, sporgendosi verso la vetrinetta. L’uomo aprì lo sportello, prese l’ultimo piatto di pizza fantasia e lo posò sul vassoio. Poi levò gli occhi sui due amici ed aggiunse «Rogers, Barnes, smettetela di flirtare, state bloccando la fila»
 
 
Si sedettero al primo tavolo libero senza rivolgersi una sola parola, come del resto facevano sempre più spesso. Quello strano silenzio li accompagnava infatti da settimane, da quando a Bucky era stato offerto di unirsi allo S.H.IE.L.D. e a Steve era stato chiesto di aiutarlo ad integrarsi.
Come se fosse facile.: Bucky e il lavoro di squadra non erano esattamente due elementi affini, senza contare poi che non tutti gli agenti erano disposti a lavorare con uno che fino a poco prima aveva combattuto sul fronte opposto. Sostenevano di doversi poter fidare del proprio partner nelle missioni, perché era la loro vita ad essere in gioco e non potevano metterla a rischio solo per far sentire qualcuno parte del gruppo, per questo Bucky era finito per essere sempre quello dispari a mensa, dispari nelle riunioni, dispari nelle esercitazioni.
Era stato allora che Nick Fury aveva avuto la geniale idea del Tutor per l’Integrazione - figura a metà fra il supervisore e il secondino – il quale avrebbe dovuto aiutare l’inserimento del nuovo membro nell’organizzazione, coinvolgendolo nelle attività comuni ed aiutandolo a riguadagnare la fiducia degli altri.
In poche parole, l’incarico perfetto per Steve Rogers, che non solo non aveva ancora perdonato Bucky per quello che era successo nel loro ultimo scontro, ma  che non aveva neanche la minima idea di come convincere altre 500 persone a fidarsi dell’Ex Soldato d’Inverno.
 
 
«Dì un po’, cos’è che scrivi sempre in quel tuo taccuino?»
La domanda di Bucky fu improvvisa e quasi incomprensibile, dal momento che  aveva la bocca piena di patatine, eppure Steve non poté ignorarla. Alzò la testa verso di lui e pensò a quanto sembrasse innocente, lì seduto al tavolo della mensa con in testa quel cappellino da baseball con ricamato sopra il logo dell’organizzazione…eppure, per quanto cercasse di non vederlo,  c’era sempre qualcosa in lui che rendeva impossibile dimenticare il suo passato come Soldato d’Inverno: forse era il sorriso obliquo, forse gli occhi di ghiaccio, forse il braccio metallico che scintillava minaccioso sotto le luci al neon, ma una parte di Bucky sembrava essere rimasta fredda anche dopo la procedura di scongelamento.
 
Il moro dovette notare la sua distrazione, perché ripeté più lentamente «Il taccuino, Steve. Lo porti sempre con te e mi chiedevo-»
 
«Non è niente di importante» lo fermò Steve scuotendo la testa. In fondo immaginava che prima o poi la gente avrebbe iniziato a fare domande sui misteriosi appunti che prendeva, ma quella richiesta tanto diretta lo fece avvampare.
 
Bucky fece spallucce.
«Ok»
 
«In che senso ok
 
«Ok se non ne vuoi parlare, avrai i tuoi motivi…» gli rispose, riprendendo distrattamente a spiluccare dal piatto «Solo che pensavo che la regola numero uno fra amici fosse “Niente segreti”»
 
«No, la regola numero uno fra amici è “Non uccidersi”!» sbottò Steve, incapace di trattenersi oltre. La voce gli uscì  molto più dura di quanto desiderasse - tanto che un paio di persone sedute al tavolo accanto si voltarono incuriosite verso di lui - eppure non si pentì delle proprie parole: era davvero stanco che lui e Bucky continuassero a comportarsi come se non fosse successo niente, come se fossero ancora i due migliori amici che saltavano la scuola insieme per andare a vedere la parata militare in piazza. A dividerli c’erano 70 anni di lontananza, una guerra combattuta su fronti diversi, quattro pallottole e innumerevoli lividi, non tutti visibili.
 
«Ah, allora è questo il problema! Non l’hai ancora superata!» concluse Bucky sollevato, rilassandosi sulla sedia come se stessero discutendo di questioni di cuore e non di tentati omicidi. Assaggiò un’altra patatina e aggiunse in tono sereno «Immagino che ti ci voglia del- tempo, no? Per elaborare la cosa, accettare quello che è successo, riacquistare la fiducia nei mei confronti… tanto io non ho fretta. Non ti farei mai pressioni, mi conosci»
 
«No, non ti conosco! Non ti riconosco» stava urlando e lo sapeva, ma da troppo tempo desiderava dirgli la verità e ora che aveva iniziato non riusciva più a fermarsi «Quando ti guardo non vedo il mio Bucky e non vedo nemmeno il Soldato d’Inverno, vedo solo un estraneo a cui chissà come hanno dato un badge dello S.H.I.E.L.D. e dei buoni per la mensa»
 
Il moro, sorridendo divertito, gli fece segno di abbassare la voce.
«Me li hanno dati per merito tuo! Sei stato tu a venirmi a cercare, ricordi?»
 
E come dimenticarlo?
Steve aveva passato mesi a raccogliere informazioni sul suo conto, interrogando chiunque avesse avuto a che fare con il Soldato d’Inverno. Aveva mappato, passo dopo passo, ogni luogo in cui lo avevano avvistato, spinto solo dall’urgenza di ritrovarlo prima che fosse troppo tardi. Natasha, Fury, Tony - avevano tutti cercato di dissuaderlo, avvertendolo che Bucky era una persona diversa da quella che conosceva e che poteva essere pericoloso dargli la caccia, ma Steve non aveva voluto sentire ragioni: per anni aveva pianto la morte dell’amico ed ora che lo aveva rivisto non poteva pensare di perderlo di nuovo.
Tuttavia, dopo settimane e settimane di ricerche infruttuose nell’Europa orientale, era stato costretto ad arrendersi: se ne era andato, una volta per sempre. Doveva accettarlo. Con la morte nel cuore e la foto di Bucky ancora nella tasca, aveva prenotato il primo volo diretto a New York. Era stato allora - nella hall dell’albergo dove stava aspettando il taxi – che lo aveva visto: il Soldato d’Inverno, dall’altra parte della stanza, che stringeva la mano ad un uomo sconosciuto.
Steve avrebbe scoperto solo in seguito che quel losco figuro era un industriale pronto a pagare migliaia di dollari per i suoi servigi da mercenario; avrebbe capito troppo tardi che non si può salvare chi non vuole essere salvato.
In quel momento, si era semplicemente alzato dal divanetto ed era corso verso l’amico.
La prima cosa che Bucky aveva fatto era stato abbracciarlo.
La seconda pugnalarlo.
 
«Forse è stato un errore»
La ferità al costato pulsò dolorosamente in assenso.
 
«Andiamo, Steve. È davvero così difficile perdonarmi?» domandò il moro sgranando gli enormi occhi azzurri, incapace di credergli. Smise di dondolarsi sulla sedia e ridendo aggiunse «Se ci è riuscito Nick Fury, ce la puoi fare anche tu»
Probabilmente con quella battuta si aspettava di far sorridere l’amico, ma Steve restò in silenzio, le labbra tirate per lo sforzo di trattenersi dal prenderlo a pugni.
La voce di Bucky si addolcì «Dimmi solo cosa posso fare per riconquistare la tua fiducia ed io lo farò, te lo prometto»
 
«Così come mi avevi promesso di restare con me fino alla fine? Non immaginavo intendessi dire che saresti stata tu, la mia fine »
 
L’ultimo, speranzoso sorriso sul volto di Bucky si spense di colpo.
«Wow, ok» alzò le mani in segno di resa e prese un profondo respiro «Io propongo di prenderci una pausa a questo punto. Non ho intenzione di restare qui a sentirmi urlare in faccia tutto quello che ho sbagliato in questa fottuta vita»
 
Infatti non restò.
Steve lo guardò allontanarsi senza fare nulla per trattenerlo.
 

 
 
 


Angolino dell'autrice
Allora, premetto giustificando quello che molti di voi forse staranno pensando: Steve ha perdonato Bucky e lo sappiamo tutti. Sa che non è stata colpa sua, sa che sono stati i condizionamenti dell'HYDRA a trasformarlo in sicario e sa che sono gli anni in Russia ad avergli fatto mancare un paio di appuntamenti dal parrucchiere. Lui lo sa. Razionalmente lo sa. Nella sua mente si rende conto che non può fargliene una colpa. Ma la fiducia si basa su un organo molto più subdolo della mente, sul quale abbiamo ben poco controllo.
Questa storia sarà articolata in una decina di capitoli, che seguiranno la famosa lista delle cose perse dormendo.
Significherebbe tutto sapere che cosa ne pensate :)
Ah e se avete tempo e non la conoscete cercatevi la canzone degli Aerosmith che apre il capitolo. Prima di tutto perchè è bellissima, e secondo perchè è un classicone, la classica canzone che dal titolo non ti dice niente e che invece scopri di aver sentito mille volte.
(Ho scritto questa storia come regalo di Natale per la mia sorellina Leo, che condivide con me e Steve Rogers un amore segreto per Bucky, quindi of course la dedico a lei)
Itsamess
  
Leggi le 3 recensioni
Ricorda la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
   >>
Torna indietro / Vai alla categoria: Film > Captain America / Vai alla pagina dell'autore: Itsamess