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Autore: SusanTheGentle    07/03/2016    8 recensioni
Lui fece una mezza risata, ma senza allegria.
«Buffo pensare a me come a una persona normale»
«Ma tu sei una persona normale, Ben»

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Nell'inverno 2013, Claire Riccardi si trasferisce negli Stati Uniti d'America, più precisamente nello Utah, nella città di Ogden, decisa a dare una svolta alla sua vita. E proprio quello stesso inverno, in quella stessa città, Ben Barnes si sta preparando a girare il suo prossimo film. Il destino, o semplicemente il caso, fa sì che i due si conoscano. Ed è in questo scenario che i loro mondi si scontrano. Entrambi con una dolorosa storia sentimentale alle spalle, si trovano, si comprendono. Le loro vite così diverse si intrecciano e, inevitabilmente, l'amicizia lascia spazio a un sentimento più profondo.
Ma possono due persone tanto dissimili vivere una relazione in totale libertà? Possono, se le cicatrici bruciano ancora e hanno tanta paura di amare di nuovo?
La storia può sembrare sempre la stessa: la cameriera e l'attore. Forse, all'inizio può sembrare così, ma questa è una storia di sentimenti, di vita e d'amore. Soprattutto d'amore.
E' la storia di Ben e Claire.
Genere: Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie ''A Place For Us''
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23. Secondo problema.
 
 
Ci sono tre cose che odio nella vita: i peperoni, i ragni, e le cose viscide…


 
La giornalista continuava a sorridere, lanciando sguardi perplessi prima ad Emily e poi a...Claire? Chi era Claire? La piccola Emy la ricordava benissimo, ma lei no.
Ruth scordava difficilmente un volto. L’essere perspicace e fisionomista erano le qualità che l’avevano resa la cocca del redattore di Seven Star Magazine, il giornale di gossip più in voga del momento sulla East Coast degli Stati Uniti.
Perciò, se non ricordava il volto di Claire tra quello degli attori che aveva incontrato al suo arrivo, significava che non era un’attrice. Era una semplice comparsa? Poteva essere. O magari faceva parte dello staff.
La faccenda si fa interessante…
Ben Barnes in compagnia di una ragazza sconosciuta... Poteva essere spunto per un nuovo articolo, giusto in tempo per stuzzicare i lettori durante le feste di Natale.
Il suo istinto di giornalista la spinse ad esprimere i suoi dubbi ad alta voce. Tese la mano verso la ragazza dai capelli scuri e, sempre sorridendo, disse: «Non ricordo di averti incrociata, in questi giorni. Lavori con Ben?»
Per istinto e educazione, Claire strinse la mano della donna ma non seppe cosa rispondere.
Ruth percepì immediatamente la tensione della ragazza. Mantenne il sorriso, continuando a stringerle la mano.
«Ti ha mangiato la lingua il gatto?» chiese, ridendo da sola della propria battuta. Lasciò andare Claire, la quale ritrasse la mano e guardò di nuovo Ben, perplessa.
«Allora, Ben, non mi presenti la tua…come posso dire…?»
«Ehm…lei è…» fece lui, aggottando la fronte come se stesse cercando di trovare la più difficile tra le soluzioni.
I due ragazzi presero a parlare insieme.
«Veramente io sono…»
«…la mia assistente!»
Claire ebbe un mezzo infarto. Si bloccò, le labbra incurvate a pronunciare una frase che non avrebbe mai terminato. Si voltò verso Ben, smarrita.
«Ah sì?»
«Ah sì?!» fece Emily. «Ma io credevo che fos…»
Ben le coprì la faccia con una mano. Emily si dibatté qualche minuto per riuscire a parlare, ma senza successo.
«Claire è la mia nuova assistente» riaffermò lui con nonchalance.
Claire spalancò gli occhi tanto da farseli praticamente schizzare fuori dalle orbite. Ben non la guardò. Di proposito. Se lo avesse fatto avrebbe riso: lei aveva appena sbattuto due volte le palpebre e a mo’ di gufo. L’espressione era esattamente quella.
«Ma pensa» fece Ruth in tono dubbio. «Non sapevo avessi un’altra assistente»
«Tyler non può occuparsi di tutto da solo, non le pare?»
«Certamente no»
Emily strattonò via la mano di Ben dalla propria faccia. «Oh, basta adesso! Abbiamo già perso fin toppo tempo». Diede le spalle ai tre adulti e schiacciò impaziente il pulsante di chiamata dell’ascensore. Pochi istanti dopo, le porte si spalancarono e lei vi salì senza aspettare gli altri.
«Ci diamo una mossa?»
Ruth le lanciò un’occhiata infastidita. Detestava le ragazzine impertinenti e petulanti. Spostò poi lo sguardo sulla custodia nera della chitarra che Ben stringeva nella mano destra. «Cosa andate a fare di bello tutti e tre insieme?»
«I fatti nostri» rispose Emily afferrando l’attore per un braccio, trascinandolo dentro l’ascensore.
Claire li seguì immediatamente, pigiando il pulsante con il numero 1.
Le porte dell’ascensore iniziarono a chiudersi.
«Un momento» esclamò in fretta Ruth, posandovi una mano in mezzo per fermarle. «Mi piacerebbe tanto fare ancora due chiacchiere con te, Ben. Che ne dici se ci incontriamo nella sala ristorante, quella giù al pian terreno, verso mezzogiorno?»
«Bhè, veramente io dovrei…»
«Se vuole, può venire anche la tua…emh, assistente».
Ruth ammiccò verso Claire.
Lei e Ben si scambiarono uno altro sguardo veloce.
«No, non…»
«Ma si, invece!» Ruth fece un passo indietro e salutò i tre ragazzi muovendo la mano in modo un po’ sciocco. «Ci vediamo»
Le porte dell’ascensore si chiusero con un lieve tonfo sordo. La giornalista rimase a fissarle per qualche secondo.
Dieci a zero che quella ragazza non era affatto l’assistente di Ben Barnes.
«Mi ci gioco la carriera» disse fra sé, prima di tornare in camera a pensare al suo nuovo articolo.
 
 
 
***
 
 
 
Nonostante l’imprevisto, il resto della mattina trascorse liscio e davvero piacevole. La passarono al bar del primo piano: secondo Ben, era molto più tranquillo rispetto a quelli del piano terra, e poi gli piaceva di più. Nell’aspetto era molto simile all’All the Perks, rustico ma con un tocco di eleganza in più rispetto ad esso: lampade ovali appese alle pareti spandevano una luce dorata su poltroncine rosse e divanetti a due posti, collocati attorno a tavolini rettangolari di legno lucido. In fondo alla sala, faceva bella mostra di sé uno splendido pianoforte a coda, posto su un piccolo rialzo in legno.
Emily e Ben eseguirono la loro canzone, non una ma diverse volte. La ragazzina aveva una voce davvero molto bella. In seguito, ripercorsero quasi l’intera colonna sonora del film. A Claire sarebbe piaciuto unirsi a loro ma conosceva solo una canzone, e nemmeno così bene: Southbound, così si chiamava il brano che Ben le aveva già cantato una volta all’All the Perks, un mese e mezzo prima. Si era letteralmente innamorata di quelle note.
Verso mezzogiorno, la madre di Emily entrò nel bar in cerca della figlia. Delusa che fosse già così tardi, la ragazzina si alzò dal suo posto salutando i due ragazzi, facendosi promettere di passare ancora un’altra mattina come quella. Abbracciò Ben e poi Claire, lasciando quest’ultima un po’ stupita.
«Ci vediamo a gennaio. Buon Natale e buon anno a tutti e due». Poi corse via, i capelli biondi ondeggianti sulla schiena.
Claire posò le braccia sulla sponda del divano per osservarla qualche istante ancora, fino a quando non sparì oltre la soglia. «Che carina»
«Sì, è vero» disse Ben, riponendo la chitarra dentro la custodia nera.
Claire osservò le sue mani chiudere la cerniera. «Ben?»
«Mh?»
«Dovremo davvero pranzare con quella giornalista?»
Lui la guardò un attimo soltanto, sfregandosi la barba sul mento. «Eh…»
«Mi farà un mucchio di domande, già lo so»
«No, non credo»
«Scommettiamo?»
Ben si alzò dal divano, afferrando i manici della custodia. «Un’altra scommessa?» ammiccò.
Lei storse le labbra in un sorriso incerto, alzandosi a sua volta e seguendolo fuori dal bar. Incrociò le braccia al petto, sospirando ansiosa. Ben le mise un braccio attorno alle spalle. Un gesto che, in parte, ebbe il potere di calmarla.
«Posso andare a nascondermi in camera tua?»
Lui sorrise e crollò il capo. «No, piccolina, tu veni con me»
Claire mugugnò il suo dissenso. Ben non fu certo se fosse per il ‘piccolina’ o per la prospettiva di dover pranzare con una giornalista impicciona.
«Dai, sta tranquilla. Intervisterà me, non te»
«Come faccio a stare tranquilla quando so che il suo unico scopo è quello di incastrarti? Oh, dai, non guardarmi in quel modo, lo sai che è vero. Mi ha passata ai raggi x mente aspettavamo l’ascensore, prima; sa che nascondo qualcosa. Non ha creduto a una parola, ma non la biasimo: ho la faccia da assistente, io?»
Ben ripiegò il capo di lato, osservandola con curiosità. «Perché, che faccia hanno gli assistenti?»
Lei sorrise. «Dai…»
Raggiunsero la reception, dove lui chiese cortesemente se poteva lasciare la chitarra lì all’accettazione e ritirarla più tardi. Claire si stupì un poco nel sentire il ragazzo in giacca rossa e pantaloni bianchi rispondergli con un ‘Sì, signore’. Ma era normale in alberghi a quattro stelle, anche se le suonava strano davvero.
Fu inevitabile incontrare parecchi colleghi di Ben in giro per l'hotel, visto che la maggior parte del cast e dello staff alloggiava lì. Claire aveva temuto anche questi incontri ma, a differenza di ciò che aveva temuto, nessuno le chiese nulla. Nessuno tranne Tyler, ovviamente. Tuttavia, nonostante sospettasse qualcosa (e sospettava giusto) non si mostrò invadente e sgarbato come la prima volta. Tutto ciò che fece fu dire a Ben di ‘fare attenzione’, lanciando un’occhiata eloquente a Claire.
«E’ tutto ok, non ti preoccupare» rispose un calmissimo Ben.
E lo pensava davvero. Lui era abbastanza tranquillo; peccato che lei non lo fosse affatto...
Katherine fu felice di rivederla, così come Aylie, la ragazza dai tratti asiatici che lavorava l’assistente di studio.
E fu allora che Claire trovò la soluzione ai suoi problemi.
Aylie! Ma certo…Come ho fatto a non pensarci prima?
«Aylie? Che c’entra lei con la giornalista?» fece Ben.
«Poi ti spiego, aspetta…Ciao, Aylie!»
«Ciao ragazzi!» rispose quest’ultima venendo loro incontro. «Claire, che sorpresa. Sei venuta a trovare Ben?»
«Sì. Cioè, in realtà sono venuta a restituirgli una cosa che gli serviva con una certa urgenza»
«Con questo tempaccio sarà stata una seccatura»
«No, affatto»
Aylie era una persona discreta, e anche lei, come altri, non pose domande di alcun genere. Si limitò ad annuire, poi sorrise di nuovo loro.
Ben osservò le due ragazze parlare – si erano incontrate una sola volta, eppure sembravano essere già grandi amiche – e d’un tratto iniziò a capire quale idea fosse venuta in mente a Claire.
«State andando a pranzo?»
«Già» rispose Ben. «Con Ruth Thomposn»
Aylie si sistemò gli occhiali sul naso. «Auguri!»
Claire sentì una strana e fastidiosa contrazione allo stomaco. «Perché?»
«Ha tanto l’aria di una volpe nell’ovile. Sta girando per l’hotel da due giorni a caccia di pettegolezzi, e la cosa dà un po’ fastidio a tutti. Ma d’altra parte è il suo mestiere»
Claire lanciò a Ben l'ennesima occhiata veloce e ansiosa.
Aylie si mosse verso il banco della reception. «Vi lascio andare, ora. Claire, ci vediamo ancora»
«Certo»
«E’ bloccata qui finché non smette di nevicare» precisò Ben.
«Bene. Allora avrò tempo per fare gli auguri di Natale ad entrambi, prima di partire»
«Sei già in partenza?» chiese di nuovo lui.
«Sì. Te lo annuncerebbe Ami; più tardi vuole riunire un momento il cast ma, già che sono qui…Ami ha deciso che, anche se il tempo dovesse rimettersi in sesto a breve, è inutile riprendere a girare a pochi giorni dalla pausa natalizia. Così, molti ne hanno approfittato per anticipare le partenze»
«Capisco»
«Fino a domani sera sono qui, comunque. Se la bufera non mi impedirà di prendere l’aereo, si intende»
«Speriamo di no» disse Claire.
«Già, speriamo»
«Non sia mai» fece Ben in tono scherzoso, «Aylie non può passare il Natale senza il suo fidanzato»
«Oh, smettila». Aylie divenne rossissima. «Beh, vado. Buon pranzo!»
La ragazza si allontanò con un gran sorriso stampato in faccia. Dopodiché, Claire e Ben si avviarono il più lentamente possibile verso la loro meta, con un’espressione molto meno contenta della sua.
 
 
 
***
 
 
 
L’idea di Claire consisteva in questo: se Ruth Thompson le avesse fatto un interrogatorio su come svolgeva il suo presunto lavoro, lei non avrebbe fatto altro che ripeter quello che le aveva detto Aylie il giorno in cui era andata sul set a trovare Ben. Claire era sicura di poter ricordare quasi tutto. Era pur vero che una normale assistente e una assistente di studio non fanno proprio le stesse cose; ma se si fosse trovata in difficoltà, ci avrebbe pensato Ben a venirle in aiuto. Dovevano soltanto sperare che Ruth ci cascasse, e si convincesse che Claire fosse effettivamente la sua l’assistente.
«Ci sono già passato un sacco di volte, basta smentire ogni allusione»
«Ma come ti è venuto in mente di dirle unacosa del genere?»
«Non lo so» ammise lui con aria colpevole. «E’ la prima cosa che mi è venuta in mente»
Entrarono nel ristorante al piano terra, dove sapevano che la Thompson li aspettava. La individuarono facilmente, poiché questa stava sorvegliando l’entrata da dieci minuti buoni. Appena li vide, la donna fece scattare la mano in aria per richiamare la loro l’attenzione. Non che fosse difficile per lei, con i capelli rosso mogano e il tailleur fuxia...
Claire seguì Ben al tavolo, sfoderando l’espressione più rilassata che le riuscì di esibire.
Ruth si alzò, accogliendoli con una stretta di mano. «Salve, Ben. Salve…ehm…»
«Claire»
«Certo. Sì. Claire. Un nome così semplice eppure non me lo ricordo».
Ruth le sorrise a trentadue denti. La ragazza ricambiò a labbra chiuse, tesa come una corda di violino.
Presero posto a tavola, Ben apparentemente rilassato, Claire agiatissima.
«Siamo in ritardo?» chiese lui.
«In verità sì. Io mi sarei già permessa di ordinare per me. Vi dispiace?»
«No, ha fatto bene»
La donna prese la borsetta da sotto il tavolo, armeggiando con il cellulare che, poco dopo, posò sulla tovaglia.
«Cosa vi ha trattenuto?»
«Qualche collega» rispose Ben, iniziando a rispondere alla raffica di domande che gli furono rivolte.
Ruth non si risparmiò. Non prendeva nemmeno fiato tra una frase e l’altra, tanto sembrava ansiosa di sapere questo o quello. Lasciò da parte la maschera di professionalità indossata alla prima intervista con Ben, per indossare quella che le stava meglio: la sua, quella della giornalista a caccia di gossip. E ci sapeva fare, constatò Claire. La Thompson aveva un metodo tutto suo: non rivolgeva mai domande veramente dirette, ma insinuava, scoccava fastidiose frecciatine, girava attorno ad argomenti di vario genere (quali amicizie aveva coltivato Ben sui vari set, l’ultima vacanza, l’ultimo appuntamento, ex fidanzate, presunti flirt), cercando di far si che il suo interlocutore si tradisse da solo. Purtroppo per Ruth, lui non si tradì per niente. E anche Claire fu davvero brava a non farsi scoprire. La ragazza aveva pensato al peggio, invece fu semplicissimo. Ruth le chiese da dove veniva, come si trovava a lavorare con Ben, quali erano le sue mansioni, ecc… Insomma, nulla di compromettente.
«Dunque sei italiana, ma pensa! Non ho capito bene, però: uno dei tuoi genitori è americano, o…»
«Il mio bisnonno era americano»
«Aahh. E come mai hai deciso di fare proprio questo lavoro?»
«Mi piace il cinema»
«Potevi fare l’attrice, allora»
Claire alzò le spalle. «No, non so recitare»
«Avresti potuto studiare recitazione»
«Sì, ma bisogna averlo nel sangue. Il talento, intendo. Studiare recitazione è indispensabile, però nessuno può insegnarti ad avere talento»
Ruth alzò le sopracciglia ben disegnate da uno spesso strato di matita. «Ma che filosofa. Ben, tu che dici? Passerà l’esame e diventerà una valente assistente?»
«Claire è brava in quello che fa. Ci mette impegno e dedizione»
«Senti, senti» la giornalista studiò con attenzione le loro espressioni: il sorriso che lui le rivolse, e quello più ampio che lei cercava di nascondere. «Vi conoscete da molto, voi due?»
«No» risposero a una sola voce.
Ben prese parola. «Claire è arrivata all’inizio delle riprese, è ancora in prova. E’ nuova del mestiere, dell’ambiente. Ha tante cose da imparare»
Ruth trotterellò col le unghie sul tavolo. «Sarà Tyler a decidere se dovrà rimanere?»
Ben appoggiò la schiena alla spalliera della sedia. «No. L’ultima parola spetta a me. E credo di aver già deciso».
La convinzione nelle parole di lui colpirono entrambe le due donne, ma in due modi completamente differenti.
Ruth li osservò ancora.
C’era qualcosa. Lo sapeva che c’era qualcosa in quei due, e avrebbe scoperto cos’era.
«Oh, ecco il mio pranzo» annunciò allegramente qualche attimo dopo.
Arrivò un cameriere con un piatto in una mano e due menù nell’altra: il primo lo pose dinanzi a Ruth; Ben e Claire presero il menù e ringraziarono.
«Ho anche ordinato da bere. Vino rosso va bene?»
«Sì» rispose Ben. «Claire?»
Claire deglutì, cercando di rispondere. Se ne stava lì, immobile, lo stomaco in subbuglio, gli occhi fissi sugli strani cosi rotondi posati sopra le foglie di insalata dentro al piatto della giornalista…
«Claire?» la chiamò ancora Ben.
«Io acqua. Sono astemia»
«Oh, che sciocchezza» fece Ruth, sistemandosi in grembo il tovagliolo.
«No, davvero. Acqua frizzante, grazie»
Il cameriere annotò sul suo blocchetto. «Quando avete deciso cosa ordinare, chiamatemi» disse gentilmente prima di allontanarsi.
«Dimmi, Ben» riprese Ruth, afferrando una strana pinza posata al lato del suo piatto. «Riprenderete a girare nonostante la bufera?»
«No, non credo proprio. Siamo vicini al Natale; sarebbe inutile ricominciare per due o tre giorni e interromperci di nuovo»
«Già, le feste. Le passerai in famiglia?»
«Sì» rispose lui distrattamente. Guardava Claire.
«E tu, cara? Dove passerai il Natale?» chiese Ruth.
Claire non rispose.
Ben la fissò interdetto. «Cosa?» mimò con le labbra.
Gli occhi di Claire saettarono al piatto della giornalista, a lui, poi ancora al piatto, e Ben finalmente capì cosa c’era che non andava.
Ruth aveva ordinato lumache!
«Allora?» riprese questa. «Non hai risposto alla domanda»
«Io...»
«Di dove sei di preciso? Il tuo accento è strano» Ruth afferrò la lumaca, la infilò nella pinzetta apposita e, con l’altra, mano prese una forchetta per estrarre il mollusco.
Non farlo, non farlo…
Claire chiuse gli occhi. Un disgustoso risucchio indicò che la giornalista aveva fatto uscire la lumaca dal guscio.
«Su, ragazzi, scegliete cosa mangiare. Che aspettate?» li invitò con impazienza.
Ben sfogliò il menù senza attenzione, continuando a guardare Claire con aria preoccupata. Era diventata improvvisamente pallida.
«Io non credo che mangerò» disse lei con voce strozzata.
Ruth si fece perplessa. «Non hai fame?»
«No»
«Claire, non ti senti bene?» chiese Ben.
Lei fece segno di no col capo. «Per niente»
«Oh, mi dispiace, tesoro». La giornalista alzò un braccio, schioccando le dita per chiamare un cameriere. «Sia gentile, porti qualcosa di caldo alla mia ospite. Non si sente bene»
«Ma certo. Cosa desidera, signorina?»
«Niente, grazie»
«Una tisana?»
«No, sto bene così»
«Un thè forse è meglio» suggerì Ruth.
«No»
«Magari un brodino, cara?»
«Niente!» gridò Claire, schiarendosi la gola un attimo dopo, cercando di sorridere. «Grazie. Non voglio niente»
Ben si portò la mano alla bocca, emettendo un colpo di tosse ma solo per soffocare una risata.
«D’accordo. Niente allora» fece Ruth un pò offesa. Un’ospite che rifiutava il cibo a un pranzo dove era stata invitata non era il massimo dell’educazione. Rassegnata, posò una mano sul braccio del cameriere. «Senta, già che è qui, posso ordinare il resto del mio pranzo?»
«Certo» fece quello, estraendo dalla tasca della camicia immacolata il blocchetto e una penna.
«Ben, tu hai già scelto?» chiese la Thompson.
«Faccia prima lei»
Ruth si rivoltò verso il cameriere.
Ben approfittò della momentanea distrazione della donna per dare una lieve gomitata a Claire da sotto il tavolo.
Lei si girò dalla sua parte. «Che c’è?» mormorò pianissimo.
«Smetti di fissarla con gli occhi sbarrati, sembri pazza» sibilò l’attore a sua volta.
«Ben, io sto male. Ti giuro che ora sto male»
«Non guardarla»
«E’ un po’ difficile, mi sta davanti!» Claire stinse l’avambraccio di lui in una morsa granitica. «Sta-mangiando-lumache
«Lo so, e tu mi stai distruggendo il braccio!»
Ben tentò di liberarsi dalla stretta, ma Claire mantenne la presa. Ci fu una breve e buffa lotta in cui lui ne uscì vincitore.
«Sono viscide, mollicce... Le mettono in pentola VIVE
«Sshht!»
Ruth congedò il cameriere e si voltò verso di loro, stranita. «Tutto bene?»
«Sì» disse lui.
«No» ribatté lei.
Ben le diede un’altra gomitata. Claire sbuffò dal naso.
Ma, come si dice, non tutti i mali vengono per nuocere. Con la scusa di non stare bene, poté restare in silenzio per quasi tutto il resto del pranzo. Ben continuava a lanciarle occhiate ansiose, notando il modo in cui stringeva le labbra. Nonostante la preoccupazione, però, ora che il ragazzo aveva capito la fonte del suo malessere, non riuscì a non trovare in quella situazione un non so che di divertente.
In quanto a Claire, fece davvero uno sforzo enorme per non stare male sul serio, tirando un sentito sospiro di sollievo quando il cameriere portò via il piatto delle lumache e lo sostituì con uno di verdure grigliate.
 
 
 
***
 
  
 
«E’ stato il pranzo più schifoso, orrendo – non ridere! – terrificante, rivoltante e…»
Claire si buttò sul divano della suite, rabbrividendo al ricordo, cercando altri vocaboli per descriverlo.
Avevano lasciato il ristorante in fretta e furia non appena Ruth Thompson, finito di mangiare, si era messa a commentare quanto buone fossero state le lumache, e che loro avrebbero dovuto provarle alla prossima occasione. Allora, Claire - che era appena riuscita a togliersi dalla mente quell'immagine abominevole - aveva dichiarato di sentirsi di nuovo poco bene. Dopodiché, era scapatta fuori dal ristorante, mentre Ben congedava la giornalista.
E visto che, in fin dei conti, ormai era certo che Claire non sarebbe stata male affatto, Ben poté finalmente ridere.
Claire lo guardò senza capire cosa ci trovasse di ridicolo. Era stato vomitevole! 
«La pianti di ridere?»
Lui cercò di darsi un contegno, deglutendo, alzando una mano come a dirle ‘un attimo’, continuando a sghignazzare.
Poi si schiari la gola. «Scusa. No, davvero scusa, ma a ripensarci adesso non posso farne a meno».
Claire si incupì lievemente. «Tu ridi, ma io non mi sono divertita. È stato disgustoso! Stavo per sentirmi male sul serio». Rabbrividì di nuovo da capo a piedi. 
Ben sedette con lei. «Non immaginavo ti facessero così orrore le lu…» 
«Non nominale!» gridò lei, alzando le mani per fermarlo. «Non-farlo. Ti prego». Piegò la schiena all’indietro, come per allontanarsi da qualcosa di contagioso. 
Ben pensò fosse un atteggiamento decisamente esagerato, ma non poteva biasimarla fino in fondo. Se avessero chiesto a lui di mangiare verdure bollite, probabilmente sarebbe stato ugualmente disgustato. 
«Ti fanno proprio schifo, eh?»
«Da vive no, le trovo graziose. Per il resto…»
«I miei ravioli ripieni erano buoni»
«Ecco, bravo: mi chiedo perché anche lei non abbia ordinato da mangiare un piatto di ravioli, come tutti gli esseri umani normali»
«Dai, Claire…» 
« ‘Dai, Claire’ un corno. Per colpa di quella là avrò il voltastomaco per tutto il giorno»
«Ancora non ti senti bene?»
«No, no, sto decisamente meglio adesso, grazie»
Ben le passò il dorso della mano sul viso. «Eri pallida come un fantasma. Mi ero preoccupato»
Lei tiro un sospiro, sentendo che, pian piano, il senso di nausea si attenuava. «Ad ogni modo, è andata bene. Intendo il nostro piano»
Lui sorrise. «Già. Vedi? Non c’era nulla di cui preoccuparsi»
«Per adesso»
«Non finirai su una rivista di gossip solo perché ci ha visti insieme, sta tranquilla»
«Lo spero veramente. Certo che ti ha fatto proprio un mucchio di domande inutili»
Lui piegò le labbra in un mezzo sorriso. Abbandonò la testa sullo schienale, scompigliandosi la frangia con un gesto rapido delle dita. «Ti ha dato fastidio quando ha parlato delle mie ex?»
«No». Lei era sincera. «Però non capisco cosa importi a lei di sapere quante ragazze hai avuto»
«Una richiesta del tutto normale. Tu non vuoi saperlo?»
Claire esitò. «Ehm...Diciamo che non muoio dalla voglia»
Si sorrisero. Lui si raddrizzò. «Certo che Aylie aveva ragione: è una vera volpe nell’ovile»
«Già». Claire sollevò le gambe sul divano. «Forse dovrei tornare subito a casa, che dici?»
Ben la fissò con la fronte leggermente contratta. «Perché?» 
«Non posso rimanere. Non se rimane anche lei. Se torno a casa possiamo evitare altri incontri, sia con Ruth Thompson che con altri membri del cast»
«Non è colpa tua se si è creata questa situazione» 
«In parte si». Lei si mosse, sistemandosi per potergli essere di fronte. «Pensaci: se mi vedessero uscire dalla tua stanza sarebbe un vero guaio» 
Ben la fissò per un istante senza parlare. «Mi dispiace» disse. L’aria divertita aveva ceduto il posto a una più pensosa. «Questo era esattamente ciò che volevo evitare». 
«Sono io che ti dovrei chiedere scusa, non tu.  Se ieri sera non fossi venuta, non avresti avuto tutti questi casini, oggi» 
«Se non fossi venuta, mi sarebbe molto, molto dispiaciuto» 
Lei sorrise e abbassò il capo.
Ben si avvicinò e la prese per i fianchi.«Se la Thompson fosse ripartita subito dopo l’intervista dell’altra sera, saremmo stati noi a non doverci inventare tutte queste storie» 
Claire gli circondò il collo con le braccia. «Sì, ma il fatto è che lei c’è, e se resto qui, l’unico modo che avrò per evitarla è restare chiusa in camera tua.»
«Se la eviti, potrebbe insospettirsi» insisté Ben.
«Però, se non la evito, finirà per scoprirmi. Il punto è questo: non sono credibile come assistente»
Ben sorrise alla finta espressione sconsolata di lei. Entrambi sapevano che Ruth Thompson fiutava qualcosa: lei era la volpe e loro le pecore. Inutile negarlo. Claire non aveva torto, ma lui non voleva lasciarla andare via.
«Comunque sia, al momento sei costretta a rimanere in hotel in ogni caso» 
Si voltarono ad osservare verso la finestra. Fuori, la neve cadeva ancora fitta e insistente. Quasi non si riuscivano a distinguere gli edifici dall’altra parte della strada. 
«Hai sentito ancora tua cugina?» chiese di nuovo lui, dopo qualche secondo di silenzio. 
«Si, le ho telefonato. I mezzi non funzionano. C’è solo una linea della metro, ma tu non vuoi farmela prendere» 
«No, infatti»
Claire sbuffò. «Uomo di poca fede»
«No, è inutile che insisti, non mi fido»
«Lo so, lo so…». Lei gli passò una mano tra i capelli.
«Quindi, anche se volessi, non potresti muoverti di qui, perciò ci resti» sentenziò lui con aria soddisfatta.
Claire rilasció le spalle con un sospiro a labbra chiuse. «Eh sì. Temo proprio di doverlo fare» 
«Temi?» fece Ben, guardandola con aria furba.  «Hai tanta fretta di andar via da me?» 
«Tutt’altro. Ma non posso rimanere in pianta stabile da te, come devo dirtelo?» 
«Perché no? Non mi da alcun fastidio»  
Claire gli accarezzò le spalle. Era un tesoro a dire quelle cose. «Prima di tutto, non è giusto che io approfitti di te» 
«Detto così sembra una cosa equivoca» 
Lei buttò indietro la testa. «Ma no, non in quel senso» 
Ben rise. 
«E poi non ho un cambio d’abito» continuò Claire.«Per un paio di giorni posso anche indossare gli stessi vestiti, ma ho bisogno di cambiarmi, perciò devo andare...» 
«Ah!» esclamò lui improvvisamente, separandosi da lei e facendo un salto indietro sulla poltrona. 
Claire sussultò, «Co-cosa c’è?» 
«E’ vero! Non ti sei cambiata! Che sudiciona!»
«COSA?!». Lei gli si butto addosso, iniziando a picchiarlo con un cuscino. «Ripetilo se hai coraggio, brutto disgraziato!»
Ben si fece scudo con le braccia. Le strappò il guanciale di mano e lo fece volare oltre la sponda del divano.
«Di chi è la colpa se non ho potuto andare a casa a cambiarmi?»
«Potevi mandare i vestiti giù alla lavanderia dell’hotel, furbona»
Claire si fermò un secondo. «Ah...hai ragione, non ci ho pensato. Ma non è lo stesso una buona scusa per darmi della sudiciona. Maledetto spilungone!»
Ben scoppiò in una risata fragorosa. Acciuffò alche il secondo cuscino con cui lei aveva preso a malmenarlo. «Ahia! Che donna violenta»
«Rimangiati tutto, subito!»  
Lui riuscì ad afferrarle i polsi e fermare in parte il suo assalto. Tra braccia che si muovevano senza coordinazione precisa, Ben scese con le mani sul bordo inferiore del maglione di lei, alzandoglielo sopra la pancia. 
«E adesso che stai facendo?»
«Te l’ho detto: mandiamo i tuoi vestiti in lavanderia» 
«Cos…?»
Ben tirò il maglione ancora più su, e le parole di Claire vennero soffocate dalla lana morbida che le coprì il viso.
«Aspetta, non così»
«Stai ferma» 
«Aiuto. Mi sono incastrata» 
Insieme, districarono il maglione dalla testa di lei.
Quando poté vederlo di nuovo in faccia, Claire sfoderó un'espressione di divertita perplessità attraverso le ciocche spettinate che le erano finite sul volto. «Cosa diamine combini?» 
«Ti spoglio» rispose lui con calma, scendendo ad armeggiare con i jeans. 
«Ho capito, ma...Ehi!» Claire fermò le sue mani che indugiavano sul bottone. Gli sorrise. «Ehi, frena un attimo» 
Ben si arrestò e la guardò, temendo di aver fatto qualcosa di sbagliato. Ma nello sguardo di lei non c’era rimprovero, solo stupore. 
Claire si riavviò i capelli. «Piano» mormorò con attenzione, più per paura di un’errata interpretazione da parte di Ben che per imbarazzo. 
Non conosceva ancora bene quel lato di lui. Ne aveva avuto un assaggio la notte precedente, ma era stata talmente travolta dagli eventi che aveva accettato tutto quanto le si era presentato senza riserve. Adesso, nella luce del giorno, ogni cosa acquistava una prospettiva diversa, più reale e meno parte di un sogno ad occhi aperti. Le piaceva quel Ben così appassionato ma, per quanto urgente fosse il desiderio di averlo ancora, voleva anche andare piano; godere con serenità di quei momenti, come se avessero tutto il tempo dell’universo. Come se lui non dovesse andarsene mai. 
Ben le passò le mani sulle braccia, con lentezza, guardandola dritto negli occhi. «Ho fatto…?»
Lei crollò il capo. «No. Niente. Solo…vai piano».
Ben le accarezzò il viso, studiandolo come se lo vedesse chiaramente solo ora. Nella luce del pomeriggio, anche lui vide e percepì tutto con diversità. Non certo in senso negativo. Senza l’aiuto del buio, tutto era più chiaro che mai. Claire stessa appariva diversa. La luminosità dei suoi occhi scuri era il riflesso dei suoi desideri. Non più impaurita, forse ancora un po’ insicura, ma sempre incredibilmente dolce e appassionata.
Le accarezzò i capelli, baciandola piano.
Iniziarono così i sospiri sulle guance, sugli occhi, sulla bocca.
La presa sui fianchi di lei si fece più salda. Le mani di lui vagarono sotto la maglia leggera della ragazza. Claire gli strinse il maglione blu sulle spalle, con la voglia incredibile di vederlo senza nulla addosso.
«Puoi rimanere qui tutto il tempo che vuoi» le soffiò sul viso.
Lei si prese un momento per riflettere sulla risposta. «C’è il rischio che ti stanchi di me se ti sto troppo appiccicata»
«No, non credo proprio». Le mani di lui si spostarono sulla sua nuca, infilandosi tra i suoi capelli. «Vorrei che restassi finché non parto»
Claire sfiorò il suo volto ruvido. «Ne sei sicuro?»
«Sì, sono sicuro»
«Non voglio crearti nessun problema»
Lui scosse il capo, ripetendo un no sommesso, che si perse in un altro bacio. «Dimmi che resti»
«Te lo sto dicendo» rispose lei, prendendo fiato prima di dirglielo davvero, solo con le labbra. Labbra che giocarono a rincorrersi, e giocarono bene.
Ben la prese in braccio. Sentire il fruscio degli abiti mentre cercavano un contatto sempre maggiore, fu il principio del fermarsi del tempo, del crearsi di quella dimensione tutta loro.
Lui la liberò della maglia leggera, per poi stenderla sul divano, sollevandosi un poco per non gravarle addosso col proprio peso. Avrebbe voluto toglierle ogni abito e assaporare di nuovo ogni centimetro della sua pelle.
Senza fretta” si ripeté, perché lei voleva così e, dopotutto, lui di fretta non ne aveva.
Claire gli passò le mani sotto gli indumenti e lui le sentì fresche sull’addome.
Ben le baciò il collo, la gola, lentamente ma appassionatamente.
Un tuffo al cuore fu percepire e vedere la bocca di lui scendere ad assaporarla sulle curve dei seni, alzarle il reggiseno senza slacciarglielo. Claire gli massaggiò distrattamente le spalle, la schiena, trovando poi il ritmo di una serie di tranquille e languide carezze. Lo sentì rabbrividire sotto le proprie dita quando gli accarezzò la parte bassa della spina dorsale, appena sopra i glutei, accanto al bordo dei pantaloni.
«Ben, andiamo di là»
«Un secondo»
Lei fremette quando lui si fermò a guardarla, scostandole il pizzo del reggiseno per scoprirle la dolce rotondità e posarvi le labbra aperte.
Claire ansimò e gli sollevò il maglione, invitandolo a smettere un momento per aiutarlo a toglierlo.
Ben se ne liberò volentieri. Poi le riabbassò il reggiseno, le posò un braccio dietro la schiena, l’altro sotto le ginocchia, e la prese in braccio per portarla in camera da letto.
E fu di nuovo fuoco, un continuo cercarsi per poter alimentare quel calore e tentare di spegnerlo al tempo stesso, riuscendo solo ad infiammarsi di più, e ancora.
Cercarono l’incastro perfetto, che poteva essere solo quello dei loro fianchi.
Sentirlo alle soglie di sé stessa, sentirlo entrare piano, per lei significò sprofondare senza più la voglia di riemergere.
Guardarla muoversi sotto di lui, sentire le sue braccia esili che lo stringevano forte, per lui volle dire perdere ogni ragione.
E raggiungere l’apice del piacere insieme, inarcarsi nello stesso istante, fu meraviglioso.
Claire gli circondò la testa dolcemente. Lo sentì spostarsi sopra di sé, poi sollevò il viso e incontrò la sua bocca a metà strada, delicata. 
«Allora, resti?» ansimò lui, liberando un leggero sorriso.

 
 
 
 
 
Dopo mesi e mesi di assenza, sono tornata da voi, miei carissimi lettori!!!
Che dire? Ho avuto un blocco, ma non il classico ‘blocco dello scrittore’. Le idee non mi sono mai mancate, il fatto è che ho avuto dei problemi qui su efp, non a livello tecnico ma a livello personale, e avevo quasi pensato di smettere di scrivere. Non entrerò in dettagli, perché ormai per me è storia morta e sepolta, ma ci sono stata davvero male e, se non fosse stato per tutto l’affetto che voi mi avete dimostrato, rimanendo in paziente attesa e inviandomi dolcissimi messaggi su facebook, in chat, va mail e in casella qui sul sito, non so davvero se sarei tornata. Oggi sono qui per me, ma anche per voi tutti. Siete la mia forza e non scorderò con quanto affetto mi avete incoraggiata! Per questo mi impegnerò ancora di più per farvi sognare con le mie storie.
Vi ringrazio, tutti quanti dal più profondo del cuore!!!
 
Ma parliamo un po’ del capitolo :)
Spero vivamente che vi sia piaciuto. Se pensate che la giornalista sia fuori gioco, vi sbagliate: non ha ancora fatto a Claire tutte le domande che vorrebbe ;) Intanto, per lei e Ben, taaaanto love, e nessun pensiero troppo preoccupante. Per ora… La giornalista è il preludio dei casini che andranno ad accumularsi nei prossimi capitoli.
 
Spero tanto di riuscire ad aggiornare domenica prossima. Nel caso vi avverto prima su facebbok. Ecco le mie pagine: Susan LaGentile Clara e Chronicles of Queen.
 
 
Ancora grazie a tutti! Un bacio grandissimo. A presto!
Vostra affezionatissima Susan ♥
   
 
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