I'm scared
1959
John aveva distrutto qualsiasi cosa avesse a tiro; per circa mezz’ora aveva fracassato mobili, urlato e scagliato ogni oggetto possibile contro le pareti della sua camera da letto.
Mimi era disperata, aveva provato ad avvicinare più volte il nipote, ma senza ottenere alcun risultato. Aveva provato a spiegargli che Julia era anche sua sorella e che nessuno poteva capire quanto significasse quel vuoto quanto lei, ma John si rifiutava di ascoltare; urlava imprecazioni e bestemmie che Mimi non aveva mai sentito in vita sua, e si chiudeva in camera sua, escludendo se stesso da tutti, chiudendosi in un mondo in cui la disperazione più totale regnava sovrana.
Mimi amava John come un figlio, e vederlo così disperato provocava in lei un dolore che, insieme a quello per la perdita di sua sorella, sembrava farla impazzire. Nonostante la donna non avesse mai in vita sua chiesto aiuto a qualcuno per risolvere un suo problema, ella si ritrovò improvvisamente persa, disarmata, non aveva la più pallida idea di cosa fare.
Mimi era disperata, aveva provato ad avvicinare più volte il nipote, ma senza ottenere alcun risultato. Aveva provato a spiegargli che Julia era anche sua sorella e che nessuno poteva capire quanto significasse quel vuoto quanto lei, ma John si rifiutava di ascoltare; urlava imprecazioni e bestemmie che Mimi non aveva mai sentito in vita sua, e si chiudeva in camera sua, escludendo se stesso da tutti, chiudendosi in un mondo in cui la disperazione più totale regnava sovrana.
Mimi amava John come un figlio, e vederlo così disperato provocava in lei un dolore che, insieme a quello per la perdita di sua sorella, sembrava farla impazzire. Nonostante la donna non avesse mai in vita sua chiesto aiuto a qualcuno per risolvere un suo problema, ella si ritrovò improvvisamente persa, disarmata, non aveva la più pallida idea di cosa fare.
Aveva sempre schernito le lamentele di John riguardo l'ingiustizia della vita nei propri confronti, gli aveva sempre detto che doveva smettere di comportarsi come se fosse l'unico essere al mondo a soffrire, eppure stava cominciando a pensare che tutto quel dolore e quelle pene fossero troppi per un ragazzo di appena diciotto anni.
Paul sedeva immobile con la schiena poggiata alla porta che conduceva alla camera di John, le gambe tirate al petto. Piangeva in silenzio, attento a tenere al minimo il rumore dei suoi respiri; non aveva lasciato nemmeno finire il discorso che suo padre aveva frettolosamente preparato per riferirgli la tragica notizia, che aveva corso da casa sua fino a Mendips, inciampando più volte durante il tragitto, scavalcato il cancelletto d'ingresso e fatto le scale a due gradini alla volta per poi ritrovarsi di fronte ad una porta chiusa a chiave.
Ma a Paul non importava se avesse dovuto aspettare un giorno oppure un mese intero, sarebbe rimasto lì a terra nonostante le ginocchia graffiate, nonostante i pantaloni macchiati di terra, nonostante il dolore che dilaniava il suo petto.
Udì un tonfo sordo e John smise di far rumore continuando a disperarsi, al contrario di Paul, con singhiozzi rumorosi, distinti, irregolari ed affannosi.
Udì un tonfo sordo e John smise di far rumore continuando a disperarsi, al contrario di Paul, con singhiozzi rumorosi, distinti, irregolari ed affannosi.
-Sei sempre lì, vero? – Mormorò John con voce roca, scossa dal pianto. Era seduto anche lui di spalle alla porta, riusciva a vedere l’ombra del compagno attraverso la luce fioca che filtrava da lì sotto.
Paul si affrettò ad asciugare gli occhi con la manica della camicia – Sì John, sono sempre qui.
Paul restò in attesa, attento ad ogni rumore che John produceva all’interno della camera e solo quando udì il leggero “click” della serratura che veniva sbloccata, si accorse di aver trattenuto il respiro per il nervosismo.
John scostò la porta quel tanto per far passare Paul, solo Paul. E quando il più piccolo incrociò lo sguardo del maggiore, non riuscì a contenersi.
Vide nello sguardo disperato di John la sua stessa sofferenza, il riflesso del suo stesso dolore. Si vide nelle sue guance rigate ed arrossate dalle lacrime, e scosse la testa mentre le lacrime cadevano copiose dal suo viso.
Se ne stavano in piedi, l'uno di fronte all'altro, l'uno lo specchio dell'altro, in un silenzio assordante.
Paul si affrettò ad asciugare gli occhi con la manica della camicia – Sì John, sono sempre qui.
Paul restò in attesa, attento ad ogni rumore che John produceva all’interno della camera e solo quando udì il leggero “click” della serratura che veniva sbloccata, si accorse di aver trattenuto il respiro per il nervosismo.
John scostò la porta quel tanto per far passare Paul, solo Paul. E quando il più piccolo incrociò lo sguardo del maggiore, non riuscì a contenersi.
Vide nello sguardo disperato di John la sua stessa sofferenza, il riflesso del suo stesso dolore. Si vide nelle sue guance rigate ed arrossate dalle lacrime, e scosse la testa mentre le lacrime cadevano copiose dal suo viso.
Se ne stavano in piedi, l'uno di fronte all'altro, l'uno lo specchio dell'altro, in un silenzio assordante.
- Dimmi qualcosa, Paul – La voce straziata di John fece scuotere la schiena di Paul, che aveva abbassato lo sguardo, incapace di controllarsi.
- Dimmi che lei tornerà, dimmi che lei sta bene, dimmi che starò bene – Pregò John con il fiato corto, scuotendo l’amico per le spalle.
Paul sollevò lo sguardo e nel giro di pochi attimi John lo strinse a sé con una presa quasi soffocante, gli si aggrappava al petto come un bambino perduto, disperato.
- Dimmi che lei tornerà, dimmi che lei sta bene, dimmi che starò bene – Pregò John con il fiato corto, scuotendo l’amico per le spalle.
Paul sollevò lo sguardo e nel giro di pochi attimi John lo strinse a sé con una presa quasi soffocante, gli si aggrappava al petto come un bambino perduto, disperato.
- Ho paura, Paul – Sussurrò John.
- Lo so, John. - Fu tutto ciò che seppe dirgli.
- Lo so, John. - Fu tutto ciò che seppe dirgli.
E a John bastava